REPUBBLICA ITALIANA

N.  604/05   Reg.Dec.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.    1530    Reg.Ric.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunziato la seguente

ANNO  2000

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 1530/2000, proposto da

CASESA GERLANDO,

rappresentato e difeso dall’avv. Girolamo Rubino, ed elettivamente domiciliato in Palermo, via Oberdan n. 5, presso lo studio dello stesso;

c o n t r o

il CO.RE.CO. – SEZIONE CENTRALE DI PALERMO e la COMMISSIONE REGIONALE PER LA FINANZA LOCALE (C.R.F.L.) oggi ASSESSORATO FAMIGLIA POLITICHE SOCIALI ED AUTONOMIE LOCALI DELLA REGIONE SICILIANA, in persona dell’Assessore pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici in via A. De Gasperi n. 81 è ope legis domiciliato;

e contro

il COMUNE DI AGRIGENTO, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sede di Palermo (sez. II) - n. 1331/2000 del 28 giugno 2000;

            Visto il ricorso con i relativi allegati;

            Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per l’Amministrazione regionale appellata;

            Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

            Visti gli atti tutti della causa;

            Relatore alla pubblica udienza del 18 maggio 2005 il Consigliere Antonino Corsaro, e uditi, altresì, l’avv. G. Rubino per l’appellante e l’avv. dello Stato Tutino per l’Amministrazione regionale appellata;

            Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

F A T T O

            Con ricorso presentato innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia - sede di Palermo, portante il n. 733/1995 il signor Gerlando Casesa chiedeva l’annullamento 1) della decisione n. 12356/12706 dell’8.9.1994, pervenuta al Comune di Agrigento in data 26.10.1994, con la quale il CO.RE.CO. avava annullato la delibera 78/94 avente ad oggetto: “integrazione delibera commissariale n. 230/92, recepimento decisione 142/92 della Commissione regionale per la finanza locale”; 2) della condizione apposta dalla C.R.F.L. con decisione n. 142/92 alla deliberazione consiliare n. 265/91 avente ad oggetto: “trasformazione posti sub-apicali della dotazione organica del Comune”; 3) della delibera consiliare n. 265/91, nella parte in cui aveva posto la decorrenza del 7.6.90 anzicchè 19.4.1990 ai fine della trasformazione dei posti sub-apicali di VIII qualifica dirigenziale; degli atti presupposti e conseguenziali.

            Con decreto del Ministro dell’Interno n. 17200 del 19.4.1990, il Comune di Agrigento veniva incluso fra quelli di prima classe. Conseguentemente, con delibera consiliare 265/91, il Comune disponeva  la trasformazione dei posti sub-apicali di VIII qualifica funzionale in posti di prima qualifica dirigenziale e il relativo inquadramento dei titolari.

            In sede di riscontro tutorio, la Commissione provinciale di controllo trasmetteva la delibera alla C.R.F.L., che con decisione 142/92 approvava l’atto a condizione che venisse riveduto ed integrato in riferimento alle specifiche motivate esigenze di servizio.

            Con delibera 230/92 il Commissario regionale pro tempore presso il Comune di Agrigento recepiva la decisione ma la delibera, a fronte di una richiesta di chiarimenti rimasta inesitata, non diveniva mai esecutiva.

            Il Consiglio Comunale, con delibera 78/94 recepiva la decisione ma il Co.Re.Co la annullava.

            I motivi dell’originario ricorso innanzi al T.A.R. erano i seguenti: 1) Violazione e falsa applicazione della L. 8.1.79, n. 3, nonchè incompetenza; 2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 40 del d.p.r. 347/83; 3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 6 bis della L. 537/93.

            Si costituiva in giudizio l’amministrazione comunale, che eccepiva l’infondatezza del ricorso.

            Dello stesso tenore le costituzioni del Co.Re.Co. e della C.R.F.L..

            Con sentenza n. 1331/00, l’adito TARS Palermo rigettava il primo motivo di ricorso perchè erano di competenza della C.R.F.L. le modificazioni di pianta organica che determinassero aumento di spese, ed in ogni caso, il provvedimento era fatto proprio dalla stessa C.P.C.. Rigettava anche il secondo motivo perchè nessuna norma stabilisce che la riclassificazione di un ente porti automaticamente alla riqualificazione dei posti.

            Appella la citata decisione la parte soccombente, deducendo: 1) violazione e falsa applicazione della L. 3/79, nonchè incompetenza; 2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 40 d.p.r. 347/83. Eccesso di potere.

            Resisteva l’Assessorato Famiglia Politiche Sociali e Autonomie Locali della Regione Siciliana (Co.Re.Co Sezione Centrale e C.R.F.L) che concludeva per il suo rigetto.

D I R I T T O

1)        L’appello va respinto; le censure sono infatti infondate.

            Il d.P.R. 25 giugno 1983 n. 347 ha individuato le nuove qualifiche e il relativo meccanismo di attribuzione ai dipendenti degli enti locali, sia determinando le conseguenziali modifiche ai regolamenti organici sulla base delle nuove figure professionali, sia la previsione di spesa.

In base ai principi generali del pubblico impiego - secondo cui il conferimento di una qualifica presuppone che nell'organico dell'ente sia istituito il relativo posto - ed in forza dell'art. 7 d.l. 7 maggio 1980 n. 153, convertito dalla l. 7 luglio 1980 n. 299 - in virtù del quale ogni modifica di pianta organica del personale degli enti locali che determini l'aumento della spesa deve essere sottoposta dall'esame della commissione centrale per la finanza locale - la diversa classificazione dell'ente non può avere effetti automatici sul rapporto d'impiego dei dipendenti, sia pure di qualifica apicale, ma va valutata nell'esercizio del potere di organizzazione e con le garanzie proprie di tale potere, ai fini di una ridefinizione della pianta organica per cui deve escludersi che una simile valutazione possa risultare per implicito da una deliberazione di reinquadramento non sottoposta agli specifici controlli previsti per le modifiche di pianta organica (C.d.S., Ad. plen., 17 novembre 1995, n. 30).

            Peraltro, va osservato che la giurisprudenza richiamata dall’appellante, che afferma invece che la deliberazione di inquadramento in qualifica più elevata rispetto a quella precedentemente rivestita dal dipendente non è soggetta al controllo della commissione centrale per la finanza locale, trattandosi di atto dovuto privo di margini di discrezionalità (C.d.S., sez. V, 22 febbraio 1993, n. 272), viene quindi superata da quella dell’Adunanza Plenaria, che afferma invece che la diversa classificazione dell'ente non può avere effetti automatici sul rapporto d'impiego dei dipendenti, sia pure di qualifica apicale, ma va valutata nell'esercizio del potere di organizzazione e con le garanzie proprie di tale potere, ai fini di una ridefinizione della pianta organica, e da tale orientamento, questo Consiglio ritiene di non potere discostarsi.

            Quindi correttamente il TAR ha applicato l’art. 7 del D.Lgs. 153/80, non condividendo l’assunto di parte ricorrente che la riclassificazione di un ente porti automaticamente alla riqualificazione dei posti.

            Per quanto sopra, anche il secondo motivo di appello va respinto, in quanto ai fini dell'inquadramento in ruolo del personale degli enti locali a norma dell'art. 40 d.P.R. 25 giugno 1983 n. 347, l'avvenuto passaggio del Comune ad una classe superiore non comporta automaticamente l'attribuzione di nuove qualifiche ai suoi dipendenti, in quanto il passaggio di qualifica presuppone necessariamente l'istituzione dei relativi posti in sede di ridefinizione della pianta organica, sottoposta - ove comporti aumenti di spesa - al controllo della commissione centrale per la finanza locale (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 5 maggio 1997, n. 68).

2)        Conclusivamente l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata l’impugnata decisione.

            Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P. Q. M.

            Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata. Spese compensate.

            Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

            Così deciso in Palermo, dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, nella camera di consiglio del 18 maggio 2005, con l’intervento dei signori: Giuseppe Barbagallo, Presidente, Pier Giorgio Trovato, Raffaele Maria De Lipsis, Antonino Corsaro, estensore, Francesco Teresi, Componenti.

F.to: Giuseppe Barbagallo, Presidente

F.to: Antonino Corsaro, Estensore

F.to: Loredana Lopez, Segretario

Depositata in segreteria

    il 14 settembre 2005