REPUBBLICA ITALIANA

 

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

            Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n. 21/2005, proposto dalla

CAROGI COSTRUZIONI s.r.l.,

rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Lo Castro, con domicilio eletto in Palermo, via Nicolò Turrisi n. 35, presso lo studio dell'avv. Antonella Li Donni;

c o n t r o

la SCA.CE.BIT. s.a.s. di DI MARCO SALVATORE e C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Felice Caruso, con domicilio in Palermo, via Filippo Cordova n. 76, presso la Segreteria di questo Consiglio;

e nei confronti

dell’ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI DI MESSINA, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per  la  riforma

della sentenza n. 1944, in data 23 luglio 2004, del Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, III;

            Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

            Visto l'atto di costituzione in giudizio della SCA.CE.BIT. s.a.s.;

            Visti gli atti tutti della causa;

Vista l’ordinanza n. 87/2005, in data 2 febbraio 2005, con la quale è stata accolta la domanda di sospensione cautelare della esecuzione della sentenza appellata;

            Visto il dispositivo n. 167 in data 14 giugno 2005;

Relatore il Consigliere Pier Giorgio Trovato; udito, alla pubblica udienza dell’8 giugno 2005, l’avv. M. Alì, su delega dell’avv. F. Caruso, per la SCA.CE.BIT. s.a.s.;

            Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

1.         Con atto pubblicato il 31 dicembre 1999, l’Istituto autonomo case popolari di Messina bandì una gara per l’affidamento dei lavori di costruzione di cinque palazzine nel Comune di Roccella Valdemone, da aggiudicarsi con il criterio del massimo ribasso ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge regionale 2 settembre 1998, n. 21 s.m.i., per l’importo a base d’asta di lire 2.503.644.000 (euro 1.293.024, 22).

            Nella seduta del 14 marzo 2000, il seggio di gara, escludeva la SCA.CE.BIT. s.a.s. per avere prodotto una cauzione provvisoria insufficiente (pari all’1,5% dell’importo dei lavori, anzichè al 2% come richiesto dal bando).

L’appalto era aggiudicato alla impresa Mangano Antonino.

            La SCA.CE.BIT. s.a.s. impugnava:

- in parte qua il bando con ricorso straordinario;

- la sua esclusione e la aggiudicazione alla impresa Mangano con ricorso n. 2920/2000 al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania.

Il Tribunale, con ordinanza n. 2041, in data 29 settembre 2000 (confermata dal C.G.A.), sospendeva l’esecuzione degli atti impugnati con il ricorso n. 2920/2000.

Si costituivano in giudizio l’Istituto autonomo case popolari di Messina e la impresa controinteressata.

2.         L’Istituto autonomo case popolari di Messina, in esecuzione della ordinanza cautelare, riapriva le operazioni di gara.

In particolare (da ultimo con verbale del 21 aprile 2001):

- riammetteva in gara la SCA.CE.BIT. s.a.s.;

- escludeva le concorrenti CISA Costruzioni s.p.a., SILCO s.r.l., Palumbo Giuseppe e Testa Costruzioni s.r.l. per non veridicità dei requisiti autocertificati in gara;

- escludeva anche la impresa Livoti Vincenzo, che nel frattempo aveva mutato forma giuridica, trasformandosi da impresa individuale in società in nome collettivo;

- dopo il calcolo della nuova media dei ribassi offerti dalle imprese rimaste in gara aggiudicava provvisoriamente l’appalto alla Carogi Costruzioni s.r.l..

            La SCA.CE.BIT. s.a.s. impugnava anche questo verbale, unitamente agli atti presupposti, avanti al Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania (ricorso n. 2303/2001).

            Si costituivano in giudizio l’Istituto autonomo case popolari di Messina e la impresa controinteressata.

3.         Con decreto del Presidente della Regione siciliana n. 28/2003, adottato con richiamo al parere n. 99/2001, in data 4 settembre 2002 del C.G.A. in sede consultiva, era accolto il ricorso straordinario contro il bando di gara.

4.         Con sentenza n. 1944, in data 23 luglio 2004, il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, III, riuniti i due ricorsi n. 2920/2000 e n. 2303/2001, li accoglieva.

            La sentenza è stata appellata dalla Carogi Costruzioni s.r.l. relativamente alla parte in cui è accolto il ricorso n. 2303/2001.

            Si è costituita in giudizio la SCA.CE.BIT. s.a.s., svolgendo puntuali controdeduzioni.

Alla pubblica udienza dell’8 giugno 2005, l’appello è passato in decisione.

D I R I T T O

1.         L’appello è fondato.

            Oggetto del contendere, in questo grado di giudizio, è, unitamente agli atti presupposti, il verbale 21 aprile 2001 con il quale, a seguito di rinnovazione della gara, il seggio ha aggiudicato alla Carogi Costruzioni s.r.l. l’appalto per l’affidamento dei lavori di costruzione di cinque palazzine nel Comune di Roccella Valdemone.

La gara era stata bandita dall’Istituto autonomo case popolari di Messina con atto pubblicato il 31 dicembre 1999 e con il criterio del massimo ribasso ai sensi dell’art. 1, comma 6, della legge regionale 2 settembre 1998, n. 21 s.m.i., per l’importo a base d’asta di lire 2.503.644.000 (euro 1.293.024, 22).

La rinnovazione era stata disposta in esecuzione di ordinanza cautelare n. 2041, in data 29 settembre 2000, con la quale nel giudizio introdotto dalla SCA.CE.BIT. s.a.s con precedente ricorso n. 2920/2000 il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, Sezione staccata di Catania, aveva sospeso gli atti con esso impugnati (esclusione della stessa SCA.CE.BIT. s.a.s per polizza fideiussoria insufficiente e aggiudicazione alla impresa Mangano Antonino).

A seguito della ordinanza cautelare (confermata dal C.G.A. con ordinanza n. 1096 del 21 dicembre 2000), l’Amministrazione adottava, tra l’altro, i seguenti atti:

- delibera n. 91, in data 22 febbraio 2001, con la quale il Consiglio di amministrazione dell’Istituto disponeva la riapertura della gara con l’ammissione della SCA.CE.BIT. s.a.s.;

- nota n. 102, in data 28 febbraio 2001, del Settore amministrativo - Gruppo contratti in cui si affermava che a seguito di verifica del detto ufficio (previo sorteggio delle imprese da sottoporre a controllo) sulla veridicità dei requisiti autocertificati in sede di gara non risultavano in regola le concorrenti CISA Costruzioni s.p.a., SILCO s.r.l., Palumbo Giuseppe e Testa Costruzioni s.r.l.;

- verbale in data 21 aprile 2001, nel quale il seggio, oltre a richiamare gli atti testè menzionati, rilevava che da quanto risulta agli atti del Settore tecnico e, precisamente, dai dati rilevabili all’Albo delle imprese di fiducia di questo Ente, l’impresa Livoti Vincenzo, iscritta al detto Albo di fiducia, ha mutato la forma giuridica trasformandosi da impresa individuale in società s.n.c. e che quindi deve essere esclusa dal presente procedimento; con lo stesso verbale dopo il calcolo della nuova media dei ribassi offerti dalle imprese rimaste in gara aggiudicava provvisoriamente l’appalto alla Carogi Costruzioni s.r.l..

2.         In primo grado contro il verbale del 21 aprile e gli atti presupposti la SCA.CE.BIT. s.a.s. proponeva il ricorso n. 2303/2001, nel quale faceva presente che ove non fossero state illegittimamente escluse le ditte Livoti e Testa l’odierna ricorrente si sarebbe resa ancora una volta aggiudicataria della gara: la media, infatti, sarebbe stata pari a 0,87109% (con conseguente aggiudicazione in favore della SCA.CE.BIT. che ha offerto un ribasso dello 0,866%).

            Quali motivi di gravame deduceva:

1) violazione del bando di gara nonchè dei principi in materia di trasparenza e par condicio; difetto di procedimento; violazione dell’art. 35 della legge n. 109/1994, sul rilievo che il seggio di gara aveva illegittimamente escluso dalla gara la Livoti; la trasformazione della sua forma giuridica era intervenuta solo nel dicembre del 2000, dopo nove mesi dall’espletamento della gara e dopo la scadenza del termine massimo di vincolatività della sua offerta (60 giorni dall’espletamento della gara); inoltre in forza dell’art. 35 della legge n. 109/1994 dovrebbe ritenersi ammissibile il subentro di cessionaria di azienda nel corso della gara previa verifica del possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dalla norma stessa; tanto più il subentro dovrebbe ritenersi ammissibile in caso (quale è quello di specie) di mera trasformazione della forma giuridica;

2) violazione del bando di gara e dell’art. 1 della legge regionale 2 settembre 1998, n. 21, sostenendo che la irregolarità contributiva nei confronti delle Casse edili (addotta dall’Amministrazione quale causa di esclusione della ditta Testa) non rileva come causa di esclusione dalle gare d’appalto;

3) violazione del bando di gara e dell’art. 1 della legge regionale 2 settembre 1998, n. 21 sotto altro profilo; violazione degli artt. 3 e seguenti della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10; difetto di procedimento, rilevandosi, quanto alle altre tre imprese (CISA Costruzioni s.p.a., SILCO s.r.l., Palumbo Giuseppe), che non sussisterebbero o comunque non sarebbero provati i presupposti del carattere recidivo e della qualificata gravità solo in presenza dei quali può configurarsi la causa di esclusione; l’Istituto avrebbe dovuto approfondire le connotazioni degli adempimenti evidenziate in note degli enti previdenziali;

4) violazione dell’art. 1 della legge regionale 2 settembre 1998, n. 21 e dell’art. 10 della legge n. 109/1994; violazione e falsa applicazione del bando di gara; difetto di procedimento; violazione del principio di segretezza delle offerte, sul rilievo che l’Amministrazione non avrebbe correttamente operato il sorteggio delle imprese da verificare e effettuato la verifica (con effetti di esclusione dalla gara, dopo l’apertura delle offerte).

            Il TAR ha ritenuto fondati tutti i motivi ed ha quindi accolto il ricorso.

3.         Come esattamente dedotto dalla Carogi Costruzioni s.r.l. la sentenza in primo grado non è condivisibile laddove ritiene illegittima la esclusione dalla gara della Livoti a seguito della trasformazione da impresa individuale (tale all’epoca della domanda di partecipazione alla gara e durante l’originario esperimento di gara prima sospeso e poi annullato dal TAR ) a società in nome collettivo (tale all’epoca della rinnovazione).

            Sulla questione di principio (ammissibilità di modificazione del soggetto partecipante alla gara tra la fase della domanda e la stipula contrattuale) gli orientamenti giurisprudenziali non sono uniformi (cfr., con diverse soluzioni; Consiglio Stato, sez. V, 10 febbraio 2000, n. 754; Consiglio Stato, sez. VI, 11 luglio 2003, n. 4151).

            Questo Consiglio si è già espresso al riguardo con ordinanza (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., ord. 8 novembre 2004, n. 896), affermando che il principio della personalità ed immutabilità del soggetto durante la partecipazione alla gara di appalto vieta la sostituzione (in corso di procedura) di una impresa con un'altra, non essendo applicabile, in via analogica, l'art. 35, l. n. 109 del 1994, in quanto la lettera della stessa norma ipotizza il subentro "nella titolarità del contratto", e la "ratio" della stessa va intesa nel senso di evitare che il subentro possa consentire al cedente di sottrarsi ad una puntuale verifica di tutti i suoi requisiti soggettivi ed oggettivi e al controllo delle sue dichiarazioni.

Del resto anche a volere applicare in via analogica i principi affermati dall’art. 35 citato secondo cui le cessioni di azienda e gli atti di trasformazione, fusione e scissione relativi ad imprese che eseguono opere pubbliche non hanno singolarmente effetto nei confronti di ciascuna amministrazione aggiudicatrice fino a che il cessionario, ovvero il soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, non abbia proceduto nei confronti di essa alle comunicazioni previste dall'art. 1 d.P.C.M. 11 maggio 1991 n. 187, e non abbia documentato il possesso dei requisiti previsti dagli art. 8 e 9 della suddetta legge (comma 1), (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 11 luglio 2003, n. 4151) si dovrebbe comunque ritenere che l’Amministrazione deve essere destinataria di tale comunicazione a cura del soggetto interessato e che in difetto, ove la modifica risulti comunque accertata, legittimamente la concorrente viene esclusa dalla gara.

            Nella specie, in corso di rinnovazione della gara, il seggio di gara una volta accertata la trasformazione (da impresa individuale Livoti Vincenzo in s.n.c. Livoti Vincenzo e Livoti Mario costruzioni-società in nome collettivo - di Livoti  Vincenzo e Livoti Mario) ha esattamente escluso la impresa Livoti, che non aveva fatto pervenire alcuna comunicazione al riguardo.

            Non rileva poi il fatto che la offerta delle concorrenti fosse vincolata nel tempo (per la durata di 60 giorni dalla partecipazione alla gara).

La circostanza non incide sul diverso problema della immutabilità del concorrente durante la gara, preordinata alla corretta verifica dei requisiti di partecipazione, vale a dire ad un’esigenza che perdura sino alla aggiudicazione (eventualmente rinnovata come nel caso di specie). Tale verifica si sarebbe resa necessaria in particolare in relazione al nuovo socio della costituita società in nome collettivo nei cui riguardi - come rileva l’appellante senza essere contestato in punto di fatto da controparte - non era stato prodotto nessuno dei documenti richiesti dal bando di gara.

4.         L’accoglimento del motivo è assorbente, dal momento che, per affermazione della SCA.CE.BIT. s.a.s., la stessa risulterebbe aggiudicataria sia in caso di annullamento totale delle esclusioni disposte in sede di rinnovazione sia in caso di annullamento della esclusione delle ditte Livoti e Testa.

            La legittimità della esclusione della Livoti rende impraticabili entrambi gli esiti auspicati dalla odierna resistente.

Il che sembra sufficiente a rendere inammissibile il ricorso originario nella parte in cui è diretto contro le esclusioni CISA Costruzioni s.p.a., SILCO s.r.l., Palumbo Giuseppe e Testa Costruzioni s.r.l..

5.         Per le ragioni che precedono l’appello va accolto e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, il ricorso n. 2303/2001 proposto avanti al TAR Sicilia, Seziona staccata di Catania, dalla SCA.CE.BIT. s.a.s. va in parte respinto e in parte dichiarato inammissibile.

            Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

P. Q. M.

            Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giurisdizionale accoglie l’appello.

            Compensa le spese dei due gradi di giudizio.

            Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

            Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio dell’8 giugno 2005, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, con l'intervento dei signori: Riccardo Virgilio, Presidente, Pier Giorgio Trovato, estensore, Giorgio Giaccardi, Antonino Corsaro, Francesco Teresi, Componenti.

F.to: Riccardo Virgilio, Presidente

F.to: Pier Giorgio Trovato, Estensore

F.to: Loredana Lopez, Segretario

Depositata in segreteria

il 29 settembre 2005