N. 153 REG. SENT.

ANNO 2005

n.  972  Reg. Ric.

Anno 2004

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

PER LA TOSCANA

- I^ SEZIONE -

ha pronunciato la seguente:

S E N T E N Z A

sul ricorso n. 972/04 proposto da ESSELUNGA s.p.a., in persona del vicepresidente rag. Giovanni Maggioni, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Ragazzini ed elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo, in Firenze, via Duca d’Aosta n. 10,

c o n t r o

il Comune di Pistoia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso  dagli avv.ti Vito Papa e Federica Maria Cristina Paci, con domicilio eletto presso lo studio legale Lessona, in Firenze, via de’ Rondinelli n. 2,

per l’accertamento

della decadenza della società ricorrente dal diritto di superficie, costituito con rogito notaio Rogantini Picco del 3 luglio 1996, per la scadenza del termine ivi previsto per il ritiro della concessione edilizia e, comunque, per la mancata realizzazione del fabbricato, dichiarando, altresì, la risoluzione della predetta convenzione;

e per condanna

previo accertamento del relativo obbligo, del Comune di Pistoia al rimborso delle somme corrisposte da Esselunga s.p.a. per il pagamento dell’indennità di esproprio, pari a € 456.131,40, oltre a rivalutazione, ai sensi degli artt. 5 e 8 della suddetta convenzione;

e per la dichiarazione

che per le eventuali rideterminazioni dell’indennità di esproprio, obbligato al pagamento, ai sensi dell’art. 12 della convenzione, è unicamente il Comune di Pistoia.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore, alla pubblica udienza del 1° dicembre 2004, il dott. Bernardo Massari;

Uditi, altresì, per le parti l’avv. Ragazzini e l’avv. Papa;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

F A T T O

Con deliberazione del Consiglio comunale n. 248 del 13 marzo 1989 il Comune di Pistoia adottava il P.I.P. per l’area della grande distribuzione di via Erbosa, successivamente approvando il bando per l’assegnazione del diritto di superficie, previa espropriazione e parziale urbanizzazione in regime concessorio, nonché lo schema di convenzione per la concessione in diritto di superficie dell’area destinata ad insediamenti produttivi di tipo commerciale.

Con deliberazione del 3 ottobre 1992 in favore della società Esselunga, vincitrice della gara all’uopo disposta, veniva rilasciata la concessione ad espropriare e urbanizzare parzialmente le aree in questione, al fine di realizzarvi una struttura commerciale per la grande distribuzione.

Eseguite le procedure di esproprio (decreto sindacale del 28 agosto 1995), a mezzo atto notaio Luigi Rogantini Picco del 3 luglio 1997, rep. 8148, veniva stipulata tra il Comune e la società concessionaria una convenzione per la regolamentazione dei reciproci rapporti inerenti l’esercizio della concessione.

L’art. 5 di detta concessione stabiliva che “nel caso in cui la concessione edilizia non fosse conseguita nel termine stabilito per qualsiasi fatto o atto imputabile al richiedente, il Comune provvederà a dichiarare decaduto il superficiario e risolvere il contratto restituendo al superficiario decaduto una somma pari al corrispettivo come stimato all’art. 2, diminuito del 10% del totale a titolo di penale”.

Esselunga, pur avendo domandato il rilascio della concessione edilizia in parola, non provvedeva al suo ritiro, né tantomeno dava inizio ai lavori per la realizzazione del centro commerciale, per cui con deliberazione del 3 aprile 2002 il Consiglio comunale di Pistoia stabiliva di predisporre la redazione di una variante al PRG relativamente a tale area e proponendo, ai fini della riqualificazione della stessa, la realizzazione in loco di un parco pubblico attrezzato.

Con istanza del 10 gennaio 2003 la società ricorrente diffidava il Comune intimato affinché, sul presupposto dell’avvenuta decadenza, ai sensi del succitato art. 5 della convenzione, l’Amministrazione comunale provvedesse a dichiarare risoluta la convenzione stessa con la conseguente restituzione delle somme corrisposte a titolo di indennità di esproprio come sopra determinate.

A fronte del silenzio serbato dall’Amministrazione la società Esselunga proponeva, dinanzi a questo Tribunale, ricorso ex art. 21 bis l. n. 1034/1971 per sentire dichiarare l’obbligo dell’intimata a provvedere nel senso richiesto.

Con sentenza n. 1274 del 27 aprile 2004 questo T.A.R. dichiarava inammissibile il gravame trattandosi di questione attinente a diritti soggettivi per la quale non poteva essere utilizzato il procedimento speciale previsto dalla norma sopra citata.

Conseguentemente la società Esselunga s.p.a. propone l’odierno ricorso per le statuizioni in epigrafe, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:

- Violazione della convenzione in data 3 luglio 1996 n. rep. 8148, rogata notaio Luigi Rogantini Picco, in particolare degli artt. 5 e segg. nonché dei principi generali in materia di esternazione degli atti amministrativi.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ed opponendosi all’accoglimento del gravame.

Alla pubblica udienza del 1° dicembre 2004 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

D I R I T T O

Con il ricorso in esame viene domandato l’accertamento della decadenza della società ricorrente dal diritto di superficie, relativo alla convenzione costituita con atto notarile del 3 luglio 1996, per la scadenza del termine ivi previsto per il ritiro della concessione edilizia e, comunque, per la mancata realizzazione del fabbricato, dichiarando, altresì, la risoluzione della predetta convenzione e condannando il Comune di Pistoia al rimborso delle somme corrisposte dalla medesima società per il pagamento dell’indennità di esproprio, pari a € 456.131,40, oltre a rivalutazione, ai sensi degli artt. 5 e 8 della suddetta convenzione.

Viene, inoltre, chiesto di accertare che per l’eventuale rideterminazione dell’indennità di esproprio, obbligato al pagamento, ai sensi dell’art. 12 della convenzione, è unicamente il Comune di Pistoia.

Preliminarmente occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del gravame avanzata dalla difesa di controparte in relazione all’asserito difetto di giurisdizione di questo giudice, trattandosi di questione attinente a posizioni di diritto soggettivo e dovendosi parimenti escludere che la controversia sia riconducibile fra quelle disciplinate dall’art. 5 della l. n. 1034/1971, atteso che solo gli atti e i provvedimenti relativi a concessioni sono conoscibili dal giudice amministrativo, restando esclusi, invece, gli atti che non siano espressione di un potere pubblicistico.

L’argomentazione non può essere condivisa.

Si può prescindere dall’esaminare la questione sotto l’aspetto della permanente applicabilità dell’art. 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in materia urbanistica ed edilizia, alla luce di quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n.   281 del 13 - 28 luglio 2004.

Ritiene, infatti, il Collegio che la fattispecie sia piuttosto sussumibile nell’ambito delle previsioni di cui all’art. 11 della l. 7 agosto 1990, n. 241.

Dispone detta norma che “In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell'art. 10, l'amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero, nei casi previsti dalla legge, in sostituzione di questo.

Gli accordi di cui al presente articolo debbono essere stipulati, a pena di nullità, per atto scritto, salvo che la legge disponga altrimenti. Ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili”.

Al comma 5 si statuisce, poi, in tema di giurisdizione che “Le controversie in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli accordi di cui al presente articolo sono riservate alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo”. 
Nell’interpretazione assegnata dal giudice amministrativo alla norma in questione si è ritenuto che le convenzioni di lottizzazione di cui alla l. 6 agosto 1967 n. 765, quali strumenti di pianificazione di tipo attuativo del piano regolatore generale, avendo appunto natura di accordi sostitutivi del provvedimento, rientrino nell’ambito delle previsioni di cui all'art. 11 l. 7 agosto 1990 n 241 con la conseguenza che le relative controversie debbano essere conosciute dal giudice amministrativo (Consiglio Stato, sez. V, 15 settembre 2003, n. 5152; T.A.R. Lombardia Brescia, 13 agosto 2003, n. 1157; T.A.R. Marche, 6 agosto 2003, n. 939).

Nel caso in esame la convenzione stipulata tra il Comune di Pistoia e la società Esselunga si riconduce alle previsioni dell’art. 27 della l. 22 ottobre 1971, n. 865, secondo cui “I comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione approvati possono formare, previa autorizzazione della Regione, un piano delle aree da destinare a insediamenti produttivi”, stabilendo, altresì, all’ultimo comma che “contestualmente all'atto di concessione, o all'atto di cessione della proprietà dell'area, tra il comune da una parte e il concessionario o l'acquirente dall'altra, viene stipulata una convenzione per atto pubblico con la quale vengono disciplinati gli oneri posti a carico del concessionario o dell'acquirente e le sanzioni per la loro inosservanza”.

Non vi è motivo di ritenere, ad avviso del Collegio, che anche tali convenzioni non debbano farsi rientrare nel novero di quelle disciplinate dall’art. 11 della l. n. 241/1990 in materia di formazione, conclusione ed esecuzione degli "accordi" in base ai quali venga individuato il contenuto di un provvedimento che la p.a. deve emettere a conclusione di un procedimento preordinato all'esercizio di una pubblica funzione amministrativa.

Se ne deve concludere, perciò, che la cognizione della controversia oggetto del ricorso appartenga alla giudice amministrativo.

Peraltro, l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo non conduce, passando al merito delle questioni proposte con il gravame, alle conclusioni divisate dalla parte ricorrente.

La società Esselunga chiede di dichiarare che, per effetto del proprio inadempimento e in forza di quanto statuito dalla convenzione, si sia formato un atto amministrativo implicito che dichiari la decadenza della medesima società dal diritto di superficie e la risoluzione della convenzione stipulata con l’Amministrazione resistente.

Invero, la questione è piuttosto da ricondurre, coerentemente con l’impostazione assegnata in precedenza alla controversia, alla sussistenza delle condizioni necessarie per pronunciare la risoluzione della convenzione-contratto conclusa tra le parti secondo “i princìpi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili”, come stabilito dall’art. 11 della l. n. 241/1990.

In particolare, nella fattispecie si rendono applicabili l’art. 1453 cod. civ., secondo cui “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l'altro può a sua scelta chiedere l'adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno”, nonché l’art. 1456 in tema di clausola risolutiva espressa.

A mente di tale ultima norma “I contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite. 
In questo caso, la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva
”.

Orbene, tali norme attribuiscono solo alla parte che ha subito l’inadempimento il potere di domandare la risoluzione del contratto.

Si è in proposito affermato che in tema di contratti, la clausola risolutiva espressa attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto per l'inadempimento di controparte. La risoluzione del contratto per il verificarsi del fatto considerato, come in genere la risoluzione per inadempimento, non può dunque essere pronunciata d'ufficio, ma solo se la parte nel cui interesse la clausola è stata inserita nel contratto dichiari di volersene avvalere. Differentemente, la risoluzione consensuale, o la sopravvenuta impossibilità della prestazione, che determinano automaticamente il venir meno del contratto, rappresentando fatti oggettivamente estintivi dei diritti nascenti da esso, possono essere accertati d'ufficio dal giudice (Cassazione civile, sez. II, 11 luglio 2003, n. 10935).

In altre parole, la clausola risolutiva espressa non è apposta a tutela della parte inadempiente che, infatti, secondo la valutazione fattane a priori dai contraenti, non ha interesse a dedurre il proprio inadempimento, liberandosi così, come nel caso in esame, da ulteriori conseguenze pregiudizievoli, pur non contemplate dal vincolo contrattuale.

Viceversa, posto che la parte che ha subito l’inadempimento potrebbe avere ugualmente interesse alla sopravvivenza del contratto, nonostante la clausola che gli conferisce il diritto di considerarlo risolto, solo quest’ultima ha interesse ed è, quindi, legittimata a domandare in giudizio la pronuncia dichiarativa dell’avvenuta risoluzione. In proposito la norma non dà adito a dubbi interpretativi, affermando, come si è visto che “la risoluzione si verifica di diritto quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva”.

Ne discende che la società ricorrente è priva, in questa sede, della legittimazione a domandare l’accertamento della risoluzione del contratto per il verificarsi delle condizioni stabilite nella clausola risolutiva espressa contenuta nell’art. 5 della convenzione stipulata con il Comune di Pistoia.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva della parte ricorrente.

Le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti in presenza di giusti motivi.

P. Q. M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione I^, definitivamente pronunciando, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Così deciso in Firenze, il 1° dicembre 2004, dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:

dott. Giovanni VACIRCA                    - Presidente

dott. Giuseppe DI NUNZIO                 - Consigliere

dott. Bernardo MASSARI                   - Primo referendario, est.

F.to Giovanni Vacirca       

F.to Bernardo Massari

F.to Mario Uffreduzzi - Direttore della Segreteria

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 18 GENNAIO 2005

Firenze, lì 18 GENNAIO 2005

                                         IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA

                                                      F.to Mario Uffreduzzi

                                                                                    m.p.

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               Ric. n. 972/04