REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Reg. Dec. 1532/05
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Lecce,
Sezione Seconda
composto dai Signori Magistrati
dr. Antonio Cavallari presidente
dr. Giulio Castriota Scanderbeg componente est. dr. Claudio Contessa componente
ha pronunciato la seguente
sentenza
sul ricorso n. 1991/88 proposto da EDILCAP srl, in liquidazione, in persona del liquidatore sig.ra Lucia Capeto, rappresentata e difesa in giudizio dall’ avv. Giovanni Pellegrino, ed elettivamente domiciliata nello studio di questi in Lecce alla via Augusto Imperatore n. 16;
contro
il Comune di Ostuni, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituito;
e nei confronti
dell’impresa Valente Giuseppe, in persona del titolare legale rappresentante, rappresentato e difeso in giudizio dall’avv. Stefano Cavallo ed elettivamente domiciliata in Lecce alla via Orsini del Balzo 62 ( c/o avv. F. Parigi);
per l'annullamento, previa sospensione
Visto il ricorso ed i relativi allegati;
Vista la memoria prodotta dalla impresa controinteressata;
Visti tutti gli atti di causa;
Udito alla camera di consiglio del 24 febbraio 2005 il giudice relatore dott. Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per la ricorrente l’avv. Gianluigi Pellegrino in sostituzione dell’avv. Giovanni Pellegrino e l’avv. Ruggero in sostituzione dell’avv. Cavallo per la controinteressata;
uditi altresì i difensori delle parti;
Ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente, risultata in prima battuta aggiudicataria provvisoria della licitazione privata per i lavori di completamento della biblioteca comunale avviata dal Comune di Ostuni con lettera-invito n. 06245 del 27.2.1987, lamenta col ricorso all’esame la illegittimità degli atti successivi - qui specificamente gravati - a mezzo dei quali l’amministrazione appaltante, in esito alle risultanze cautelari del ricorso proposto da altra impresa concorrente (Valente) avverso la detta aggiudicazione, avrebbe dato corso alla revoca del precedente affidamento e contestualmente avrebbe aggiudicato la gara ad essa impresa Valente.
Si duole in particolare la ricorrente della circostanza che, così operando, l’Amministrazione, sia pur in via di asserita esecuzione della statuizione cautelare del giudice di appello, avrebbe in concreto frustrato il possibile effetto a sé favorevole riveniente dalla pronuncia nel merito del ricorso proposto dal Valente contro l’aggiudicazione a suo favore, incidendo dunque a mezzo del nuovo e repentino affidamento della gara sul definitivo assetto d’interessi evincibile dalla emananda sentenza.
Inoltre, la ricorrente lamenta la obliterazione degli oneri partecipativi in relazione al procedimento avviato con la rinnovazione delle operazioni di gara e culminato con la nuova aggiudicazione, in aperta distonia con le previsioni partecipative enucleabili dal disposto di cui all’art. 89 del RD 23/5/1924 n. 827.
Di qui i motivi di gravame articolati sotto i distinti profili dell’eccesso di potere e della violazione di legge e la richiesta consequenziale di annullamento degli atti gravati, con ogni statuizione ulteriore sulle spese di lite.
Si è costituita in giudizio la impresa controinteressata per contestare la fondatezza del ricorso e per chiederne il rigetto.
All’udienza pubblica del 24 febbraio 2005 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1.-Il ricorso è fondato e va accolto.
2.- Col primo motivo la ricorrente sostanzialmente lamenta la erronea interpretazione, in cui sarebbe incorsa la intimata amministrazione comunale, degli obblighi conformativi nascenti dalla pronuncia cautelare favorevole ad altra impresa partecipante alla medesima gara d’appalto. Come anticipato in fatto, l’amministrazione comunale di Ostini, a seguito e per effetto della ordinanza sospensiva del Consiglio di Stato sul ricorso proposto dall’impresa Valente, ha ritenuto di far luogo alla immediata revoca dell’aggiudicazione provvisoria già disposta in favore della odierna ricorrente e all’affidamento dei lavori oggetto di gara alla impresa Valente.
A fondamento di tale nuovo atto di aggiudicazione- e cioè della delibera di GM n. 485 del 21.4.1988, qui oggetto specifico di impugnativa – l’amministrazione adduce la sola circostanza della sopravvenienza del citato provvedimento giurisdizionale, senza aggiungere altre considerazioni che possano sorreggere sul piano motivazionale il nuovo provvedimento di aggiudicazione sostitutivo del primo. Nella prospettiva dell’amministrazione, in definitiva, il nuovo corso della gara, con aggiudicazione della stessa ad altro soggetto – l’odierna controinteressata - a seguito e per effetto della determinazione della nuova media delle offerte di maggior ribasso, altro non è se non attuazione di un obbligo conformativo prodotto dalla ricordata ordinanza sospensiva; e che questo soltanto sia stato il movente della riedizione dell’azione amministrativa della stazione appaltante è fuori discussione, perché lo si evince a chiare lettere e dal gravato atto giuntale e dal verbale di gara 20.4.1988, del primo preparatorio.
2.1- Senonchè l’argomento utilizzato dall’amministrazione per far luogo alla censurata nuova aggiudicazione della gara è erroneo e fuorviante, e colora di illegittimità tutto il tratto di azione amministrativa - qui oggetto specifico di scrutinio- successivo alla adozione della richiamata pronuncia cautelare; ne viene che, in accoglimento del gravame, gli atti gravati vanno rimossi perchè palesemente viziati da carenza motivazionale ed errore nel presupposto.
2.2 E’ noto che nel processo amministrativo l’effetto sospensivo tradizionale dell’ordinanza cautelare di accoglimento non può andare oltre la mera sterilizzazione dell’efficacia del provvedimento impugnato, nel senso che quest’ultimo diviene provvisoriamente incapace di produrre gli effetti suoi propri fino all’adozione della sentenza che definisce il merito del giudizio; tale ultima decisione, poi, nella cui portata precettiva resta assorbita l’ordinanza cautelare, o suggella definitivamente, nel caso di accoglimento del mezzo, l’inefficacia del provvedimento impugnato, quale portato naturale del suo annullamento ovvero, in caso di rigetto del gravame, gli restituisce l’efficacia di cui era stato provvisoriamente privato.
Questo è, in estrema sintesi, il quadro degli effetti che le decisioni cautelari e di merito di tradizionale appannaggio del giudice amministrativo producono normalmente sul provvedimento amministrativo oggetto di impugnazione; non è qui il caso di indugiare, giacchè sarebbero considerazioni ultronee e certo non funzionali alla definizione della controversia, sull’esame della vasta gamma di pronunce cautelari di cui si è arricchito negli anni il giudizio amministrativo, grazie agli interventi correttivi, di portata storica, della Corte costituzionale e a non meno significativi interventi del legislatore.
E’ piuttosto da aggiungere, sempre sul piano delle considerazioni di principio, che appare evidente che in modo del tutto conforme alla natura ed alla portata dei provvedimenti giurisdizionali adottati nelle singole fattispecie devono essere interpretati gli effetti conformativi dagli stessi nascenti, alla cui puntuale attuazione è chiamata, già nella fase cautelare, l’amministrazione coinvolta nella vicenda giudiziale come anche – ma il prevalente modello annullatorio del giudizio amministrativo rende più rara l’ipotesi – le altre parti private cui è riferibile il dictum iudicis. Ed è chiaro, allora, per quel che si è detto, che l’effetto conformativo nascente da un provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia di una aggiudicazione di una gara ( come nel caso di specie) non può andare oltre la inibizione dall’adottare i provvedimenti che normalmente conseguono alla aggiudicazione (aggiudicazione definitiva – ove la prima sia solo provvisoria-, stipula del contratto, consegna dei lavori etc.); è solo in tale effetto inibitorio che si compendia tutta la portata precettiva della sospensione del provvedimento impugnato ( aggiudicazione), senza che possa in nessun modo ragionevolmente ricondursi al suo interno l’attività relativa all’ulteriore corso della gara con l’aggiudicazione ad altro soggetto, che è senz’altro attività esorbitante rispetto alla portata naturale del provvedimento cautelare sospensivo.
Se si opinasse diversamente, e si immaginasse - per assurdo - che a fronte della mera sospensione dell’atto gravato, nascesse l’obbligo conformativo dell’attivazione dell’ulteriore (rispetto all’atto gravato e sospeso) segmento procedimentale, si finirebbe per snaturare la funzione stessa della fase cautelare del giudizio, che per definizione è solo quella di assicurare la proficuità della decisione di merito facendo in modo che questa intervenga su una situazione sostanziale non compromessa (come usa dire, re adhuc integra). Ma giammai la fase cautelare potrebbe assimilarsi a quella di merito nelle conseguenze prodotte sulla res iudicata, nè sortire effetti conformativi analoghi a quelli propri del giudicato conseguente alla definitiva decisione. Peraltro, se si sostituisse, nella sede degli adempimenti ottemperativi, la precarietà degli effetti propri della decisione cautelare con la loro stabilità, in aggiunta alla deformazione degli strumenti processuali, si rischierebbe di compromettere la stessa utilità della funzione giudiziale in confronto delle altre parti del giudizio: come appunto nel caso all’esame, in cui l’odierna ricorrente ha visto affidare ad altri la gara già aggiudicata a suo favore per effetto di una pronuncia cautelare poi caducata nel merito; con il risultato di aver inesorabilmente ( attesa la irreversibilità degli effetti attuativi) perduto un quid ( l’aggiudicazione) che le spettava in base alla decisione di merito.
2.3 Le considerazioni che si sono svolte danno allora immediata contezza della valutazione in termini di illegittimità che il Collegio ha inteso riservare agli atti amministrativi sottoposti al suo esame.
L’Amministrazione comunale di Ostuni non avrebbe potuto fare aggio soltanto sulla pronuncia cautelare del Consiglio di Stato per far luogo a nuova aggiudicazione della gara perché questo non era un effetto conformativo ricollegabile alla citata decisione, limitata alla mera sospensione della aggiudicazione in confronto della odierna ricorrente. Sotto tal profilo, dunque, gli atti gravati esibiscono un evidente vizio di eccesso di potere per difetto del presupposto, oltre che di motivazione apparente, attesa la rilevata inconsistenza del rinvio motivazionale al dictum giudiziale asseritamente impositivo dell’obbligo di aggiudicare ad altri la gara.
3.-Per le considerazioni
esposte il ricorso deve pertanto essere accolto, con assorbimento
dei restanti profili di censura.
4.-Le spese di lite seguono la
soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sede di Lecce, sez. II, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (1991/88 r.g.), lo accoglie e per l’effetto annulla gli atti impugnati.
Condanna la intimata amministrazione comunale di Ostuni e la impresa Valente, in solido tra loro, al pagamento in favore della società ricorrente delle spese e competenze del giudizio, che liquida in complessivi Euro 2.000 ( duemila), oltre IVA e CAP come per legge.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce, nella camera di consiglio del 24 febbraio 2005.
Antonio Cavallari
-Presidente-
Giulio Castriota Scanderbeg –est.
Pubblicata il 18 marzo
2005