N. 239/2005 

registro sentenze 

N.819 del 2004

registro ricorsi 
 
 
 
 
 
 
 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO

SEZIONE STACCATA DI LATINA

composto dai Magistrati

-Dott. Franco BIANCHI - Presidente

-Dott. Elia ORCIUOLO - Consigliere relatore

-Dott. Davide SORICELLI - Primo Referendario

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n.819 del 2004, integrato con atto contenente motivi aggiunti, proposto da FARRIS Giovanni, SUBIACO Luigi, TOMBOLILLO Eligio, MIGLIORELLI Alfonso, PERFILI Argeo, DE ANGELIS Luigino, LIBRALATO Giorgio, rappresentati e difesi dall’Avv. Angelo Clarizia, con domicilio eletto in Latina, Via Carducci n.7 (c/o Avv. Di Ciollo);

con intervento ad adiuvandum di

FRANCIA Massimo ed altri 189, difesi e rappresentati dall’Avv. Francesco Di Ciollo, con domicilio in Latina, Via Carducci n.7;

contro

COMUNE DI PONTINIA, in persona del Sindaco, rappresentato e difeso dall’Avv. Corrado de Simone, con domicilio in Latina, Viale dello Statuto n.24;

per l’annullamento previa sospensione

di atti in tema di dichiarazione di dissesto finanziario.

      Visto il ricorso con i relativi allegati.

      Visto l’atto contenente motivi aggiunti.

      Vista la costituzione in giudizio del Comune di Pontinia.

     Visto l’atto di intervento ad adiuvandum.

     Viste le memorie prodotte.

     Viste le consulenze tecniche.

      Viste le ordinanze cautelari emesse.

      Visti gli atti tutti di causa.

      Relatore il Consigliere Dott. Elia Orciuolo.

      Uditi, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2005, l’Avv. Angelo Clarizia per i ricorrenti, l’Avv. Corrado de Simone per il Comune resistente, l’Avv. Francesco Di Ciollo per gli interventori.

     Ritenuto e considerato quanto segue.

IN FATTO:

      Con ricorso notificato il 10 luglio 2004, depositato il successivo 12 luglio, FARRIS Giovanni e gli altri in epigrafe indicati, alcuni quali consiglieri comunali di Pontinia, altri quali cittadini dello stesso Comune, hanno impugnato, unitamente agli atti connessi, la deliberazione n.20 del 17 maggio 2004 con cui il Consiglio Comunale di Pontinia ha dichiarato lo stato di dissesto finanziario dello stesso Comune, ai sensi e per gli effetti dell’art.244 del DLvo 18 agosto 2000, n.267, sull’ordinamento degli enti locali.

      A tale declaratoria il Consiglio Comunale è giunto, previa coerente relazione del Collegio dei Revisori, dando atto di un rilevante squilibrio di bilancio, che sarebbe stato cagionato dalla sistematica copertura delle spese correnti, a partire dall’anno 1998, mediante l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione, dal sistematico utilizzo di entrate straordinarie a copertura di spese correnti stabilizzate, dalla riduzione degli estimi catastali con negativa influenza sul gettito dell’ICI, la cui aliquota è stata anche ridotta nel corso degli anni, dal mancato rispetto del patto di stabilità con necessità di aumento del ricorso alla anticipazione di cassa, dalla stabilizzazione di lavoratori socialmente utili con conseguente venir meno del connesso contributo statale, dall’aumento delle spese di gestione della società TRA.SCO. s.r.l., partecipata dal Comune al 60%, incaricata di espletare il servizio di trasporto scolastico, i servizi ecologici, i servizi di manutenzione e di refezione scolastica, con oneri contrattuali rilevanti per il Comune, dal forte indebitamento a medio e a lungo termine, dalla esistenza di debiti fuori bilancio per un totale di € 10.644.633,21 ai quali non è possibile far fronte con le modalità di cui agli artt.193 e 194 del predetto DLvo n.267 del 2000, dalla esistenza di una differenza negativa per € 42.034,92 nella gestione dei residui.

      Il Consiglio Comunale ha poi dato atto che la riduzione della spesa corrente necessaria per garantire il pareggio finanziario dell’ipotesi di bilancio 2004 non consentirebbe comunque di garantire i servizi indispensabili, così come individuati con D.M. 28/5/1993.

     Avverso tale deliberazione i ricorrenti hanno articolatamente dedotto la inesistenza dei presupposti per dichiarare lo stato di dissesto, osservando, anche mediante la esposizione di dati numerici, che il Comune sarebbe in grado di garantire i servizi indispensabili e che i debiti fuori bilancio sopra indicati non costituiscono, in favore di terzi, crediti liquidi ed esigibili; cosicché la dichiarazione di dissesto sarebbe ingiustificata.

      La questione è stata oggetto di ampia istruttoria, anche mediante consulenza tecnica di ufficio, affidata a un collegio di tre tecnici, i quali, con relazione depositata l’11 ottobre 2004, hanno concluso per la sussistenza delle condizioni per la dichiarazione dello stato di dissesto in quanto il Comune, alla data di adozione della impugnata deliberazione, pur in assenza di crediti liquidi ed esigibili di terzi, non era in grado di assolvere regolarmente alle funzioni e ai servizi indispensabili.

      Tale consulenza è stata contrastata da altra consulenza redatta da tre tecnici incaricati dai ricorrenti.

      Entrambe le suddette consulenze sono state oggetto di note critiche redatte da un consulente del Comune.

      Le parti hanno ampiamente esposto le loro difese con scritti.

      Inoltre, nella camera di consiglio del 12 novembre 2004, si è proceduto alla audizione dei consulenti di parte, al fine di chiarire taluni aspetti della questione.

      Indi, con ordinanza n.819 del 12/19 novembre 2004, la domanda cautelare è stata accolta al fine del riesame del deliberato da parte del Consiglio Comunale di Pontinia, essendosi rilevata, circa la asserita impossibilità di far fronte agli oneri per garantire i servizi indispensabili, incoerenza fra quanto precisato nella deliberazione impugnata (nella quale servizi del genere sono individuati in quelli elencati nel sopra citato DM 28 maggio 1993; decreto emesso dal Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro del Tesoro) e quanto ritenuto dalla difesa comunale, secondo cui indispensabili sarebbero anche servizi in tale decreto non indicati; essendosi inoltre rilevato che il Comune non aveva opposto convincenti argomentazioni a contrasto della possibilità, allo scopo di utilmente fronteggiare eventuali difficoltà, di aumentare fino alla misura massima consentita la tassa per lo smaltimento dei rifiuti e gli oneri a carico dei privati per i servizi a domanda individuale, oltre che di escludere talune spese per servizi non indispensabili e per contributi di liberalità; essendosi rilevato ancora che non sussistono senz’altro per l’anno 2004 crediti di terzi liquidi ed esigibili a cui è necessario far fronte senza averne la possibilità.

      Il Consiglio Comunale ha riesaminato il proprio deliberato in data 17 dicembre 2004 (delib.n.43), analiticamente osservando: che le funzioni e i servizi indispensabili non sono da considerare soltanto quelli indicati nel cennato DM 28 maggio 1993; che l’eventuale aumento di tasse e imposte e degli oneri a carico dei privati per i servizi a domanda individuale costituiti dal trasporto alunni e dalla mensa degli stessi non risolverebbe il problema; che per debiti liquidi ed esigibili sono da considerare anche quelli che, pur non essendo tecnicamente tali, in base a valutazione prudenziale potrebbero ragionevolmente dar luogo alla necessità di effettuarne il pagamento nel corso dell’anno e che comunque esistono debiti del Comune per rate di mutuo (per complessivi € 149.886,64 per l’anno 2004) e per leasing (per complessivi € 27.257,08 al 17 maggio 2004).

      A tale deliberazione sono state allegate tabelle anche numeriche dimostrative degli assunti.

      Avverso detta deliberazione sono stati proposti motivi aggiunti, notificati il 27/28 dicembre 2004, depositati il 29 successivo, articolatamente e nuovamente contrastandosi la legittimità, per insussistenza dei presupposti, della dichiarazione di dissesto.

      Il Comune ha ampiamente dedotto a contrasto di tali motivi.

      Hanno poi proposto intervento ad adiuvandum FRANCIA Massimo ed altri 189 cittadini di Pontinia, che hanno anche prodotto specifiche note di contrasto delle tabelle allegate alla deliberazione n.43 del 2004.

      Sono state prodotte ulteriori note critiche e memorie.

      Il Comune di Pontinia aveva intanto proposto, ai sensi dell’art.41 del codice di procedura civile, ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione (sostenendo questa spettare al giudice contabile); tale ricorso è stato da questo TAR LT dichiarato manifestamente infondato con ordinanza n.783 del 9 novembre 2004, così disponendosi per il prosieguo della trattazione del ricorso principale e comunque per la trasmissione del fascicolo di ufficio alla Corte di Cassazione.

      I ricorrenti, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2005, hanno rinunciato alla trattazione della istanza, notificata il 22 dicembre 2004 ed allegata all’atto contenente motivi aggiunti, di esecuzione della ordinanza cautelare di accoglimento n.809 del 2004; istanza che aveva dato luogo ad articolata memoria del Comune a dimostrazione della sua inammissibilità.

      Indi nella stessa camera di consiglio, previa avvertenza che il ricorso avrebbe potuto essere definito nel merito ai sensi degli artt.21, decimo comma, e 26, della legge 6 dicembre 1971 n.1034, come modificata ed integrata con la legge 21 luglio 2000 n.205, lo stesso ricorso, previa discussione, è stato ritenuto per la decisione.

IN DIRITTO:

      Tenuto conto dell’ampia produzione documentale, delle consulenze svolte e delle articolate difese delle parti, il che ha consentito di chiarire inequivocabilmente i punti fondamentali della questione, il ricorso può essere definito senz’altro nel merito, ai sensi degli artt.21, decimo comma, e 26, della sopra citata legge n.1034 del 1971; dello stesso ricorso, infatti, si evidenzia la manifesta fondatezza.

      E invero.

      E’ da rigettare innanzi tutto l’eccezione di inammissibilità del ricorso in parte qua, trattata dal difensore del Comune durante la discussione nella camera di consiglio del 28 gennaio 2005, secondo la quale i consiglieri comunali non sarebbero legittimati ad impugnare una deliberazione dell’organo di cui essi stessi fanno parte.

      Il principio, valido in astratto in quanto i conflitti interorganici non trovano composizione in sede giurisdizionale, bensì in via amministrativa (cfr. Cons. Stato, V, 31 gennaio 2001, n.358), si rivela inapplicabile nel caso concreto.

      Quelli dei ricorrenti che sono consiglieri comunali, infatti, con la dichiarazione del dissesto finanziario del Comune vedono messa in discussione la loro onorabilità di politici, dato che il verificarsi delle cause del dissesto viene fatto risalire al periodo in cui tali ricorrenti costituivano la maggioranza consiliare; cosicché essi agiscono, allo stato, a tutela della propria immagine politica, che costituisce, all’evidenza, un bene pertinente alla persona, a tutela del quale non può disconoscersi la possibilità di azione in via giurisdizionale.

      Non quindi di mero conflitto interorganico trattasi, ma di conflitto fra i ricorrenti consiglieri comunali e il Comune, in cui i primi difendono un proprio bene, messo in discussione dalla deliberazione in argomento.

      Nessun dubbio sussiste poi sulla legittimazione degli altri ricorrenti e degli interventori, cittadini di Pontinia, dato che essi, a seguito della dichiarazione di dissesto, tenuto conto delle conseguenze negative, in termini, per quanto occorre, di vincoli di spesa in generale, che tale dichiarazione comporta per il Comune e, di riflesso, per gli stessi cittadini, hanno interesse ad opporsi.

      Quanto al merito.

      Giusta l’art.244 del DLvo 18 agosto 2000 n.267 (sull’ordinamento degli enti locali), il dissesto finanziario si ha allorquando l’ente non possa garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, oppure allorquando esistano nei suoi confronti crediti liquidi ed esigibili di terzi ai quali non possa validamente farsi fronte con le modalità di cui ai precedenti articoli 193 e 194, per le fattispecie in tali articoli previste.

      Necessita cioè, per potersi legittimamente dichiarare lo stato di dissesto, che sussista (almeno) uno dei predetti presupposti: impossibilità di garantire le funzioni e i servizi indispensabili; crediti di terzi ai quali non possa farsi fronte.

      Quanto al primo presupposto, gli atti di causa ne dimostrano la insussistenza.

      Occorre partire dal concetto di funzioni e servizi indispensabili.

      Manca una precisa definizione normativa di funzioni e servizi del genere, pur se si rinviene una indicazione nell’art.37, terzo comma, lett. [h], del DLvo 30 dicembre 1992 n.504 (sulla finanza degli enti territoriali), in base al quale i servizi indispensabili sono quelli che rappresentano le condizioni minime di organizzazione dei servizi pubblici locali e che sono diffusi sul territorio con caratteristica di uniformità.

      A tale indicazione si è riferito il sopra citato DM 28 maggio 1993, allorquando è stato necessario individuare i servizi locali indispensabili al fine di escludere l’assoggettabilità ad esecuzione forzata delle somme ad essi destinate.

 Si presenta pertanto conforme a logica applicare nella presente questione, quanto meno per analogia, i criteri in tale DM precisati.

     Ciò perché, se quei servizi sono stati ritenuti indispensabili in quanto l’eventuale esecuzione forzata delle relative somme avrebbe compromesso le condizioni minime di organizzazione dei servizi pubblici locali, per cui – sembra ragionevole presumere – si sarebbe potuto ritenere finanche che gli enti locali, ove impossibilitati ad assicurare tali condizioni minime, avrebbero perso la loro ragion d’essere, conseguentemente, al fine di ritenere la sussistenza di una delle condizioni per dichiarare lo stato di dissesto, si presenta utile riferirsi allo stesso DM.

      E’ quindi da ritenere che l’ente locale che venga dichiarato in stato di dissesto finanziario sia quello che non riesce a garantire, al livello minimo compatibile con la giustificazione della esistenza dello stesso ente, quelle funzioni e quei servizi di cui non può assolutamente fare a meno, e che pertanto sono da considerare indispensabili.

      Per cui, non sembra inutile puntualizzare, nel caso in cui l’ente potesse garantire tali funzioni e servizi indispensabili, mai potrebbe dichiararsi lo stato di dissesto.

      A fortiore, tale stato non potrebbe essere dichiarato allorquando l’ente avesse disponibilità per assicurare, oltre le funzioni e i servizi indispensabili, anche altre funzioni e servizi.

      Ugualmente non potrebbe dichiararsi il dissesto allorquando l’ente, mediante inserimento in bilancio delle relative spese, dimostrasse di ritenere di avere le occorrenti disponibilità per assicurare funzioni e servizi non indispensabili.

      E’ invero da osservare, con riferimento a tale ultima ipotesi, che la dichiarazione dello stato di dissesto non può essere la immediata conseguenza di scelte di spesa che rendano impossibile la sopravvivenza dell’ente, ma può derivare soltanto, per quanto qui occorre, dalla obiettiva impossibilità per l’ente stesso di garantire attualmente, per gestioni pregresse sulle quali non può più influirsi, certe funzioni e determinati servizi al livello minimo.

      Ben può il Consiglio Comunale, nell’ambito della sua discrezionalità, stabilire di erogare taluni servizi che obiettivamente non potrebbero essere definiti indispensabili tenuto conto del sopra citato DM del 1993. Ma, allorquando ciò avvenisse, non potrebbe poi lo stesso Consiglio Comunale invocare le relative spese per dichiarare lo stato di dissesto; ché, in ipotesi del genere, stato siffatto costituirebbe, in definitiva, una scelta dell’ente, e non potrebbe essere legittimamente invocato come ragione per conseguire quei vantaggi nella gestione (esemplificativamente, preclusione delle azioni esecutive in danno dell’ente medesimo; art.248 del DLvo n.267 del 2000 cit.) che lo stato di dissesto assicura; l’ente, cioè, in una evenienza del genere, provocherebbe un danno a se stesso (e cioè lo stato di dissesto) per poi invocare tale danno al fine di ottenere quanto conseguibile da ciò; operazione questa da ritenere illegittima tenendo presente anche il principio, di diritto romano, in base al quale quis ex culpa sua damnum sentit, non intellegitur damnum sentire (D, L, 17, 203).

      Ma la regola che si desume dall’art.244 in questione (in cui si parla della impossibilità di garantire talune funzioni e determinati servizi) è che la dichiarazione dello stato di dissesto – attese anche le conseguenze che, esemplificativamente, ciò comporta in fatto di compressione dei diritti dei creditori, a favore dei quali, a partire da tale dichiarazione, non decorrono interessi e rivalutazione monetaria (cfr. il predetto art.248) – deve trovare la sua radice in una situazione obiettivamente riconoscibile che l’ente non è più in grado di controllare.

      Cosicché assume sicura valenza la individuazione dei servizi indispensabili il cui soddisfacimento rappresenta la linea di demarcazione per poter dichiarare lo stato di dissesto; nel senso che, fin quando quei servizi (individuabili, per quanto sopra detto, in quelli elencati nel DM del 1993) siano assicurabili, il dissesto non può essere dichiarato.

      Tanto precisato, va osservato che, giusta quanto riportato nelle tabelle allegate alla deliberazione n.43 del 2004, il Comune ha mantenuto nel proprio bilancio spese per servizi che non possono considerarsi indispensabili.

      Infatti (vengono esaminate le due voci con maggiore importo riportate nella tabella allegato A di detta deliberazione), quanto previsto per assistenza scolastica ed altro e quanto previsto per assistenza, beneficenza e servizi alla persona non attengono a servizi indispensabili in base al DM del 1993 sopra citato, dato che questo non comprende, al suo interno, l’assistenza scolastica e l’assistenza alla persona.

      In ordine alla assistenza scolastica sembra utile precisare, innanzi tutto, che il suddetto DM del 1993 considera indispensabili i servizi di istruzione primaria e secondaria, il che indica cosa diversa dalla assistenza scolastica, dato che il servizio di istruzione comporta la messa a disposizione degli utenti di quanto occorrente per la frequenza della scuola, mentre la connessa assistenza scolastica comporta la messa a disposizione di quanto ritenuto più conveniente per assicurare una maggiore, ma non indispensabile al fine della istruzione, comodità per la fruizione della stessa scuola.

      E non è dubbio che nell’ambito dell’assistenza il Comune ha compreso soltanto quanto rientrante nella seconda ipotesi, avendo indicato esclusivamente (cfr. la stessa tabella allegato A) materiali pulizia mensa, provvista generi alimentari, acquisto e manutenzione attrezzatura mensa, libri braille, automezzi, TRA.SCO. per mensa, CO.CO.CO. mensa, TRA.SCO. trasporti scuolabus, frequenza convitto e semiconvitto, leasing acquisto scuolabus, fornitura gratuita libri scuola media/sup., borse di studio, interessi passivi, imposte e tasse.

      Sempre in ordine all’assistenza scolastica, va precisato, sul punto essendosi soffermate la deliberazione consiliare n.43 del 2004 e la difesa comunale a sostegno della inevitabilità della previsione di spesa, che il servizio mensa scolastica e il servizio trasporto alunni, pur essendo obbligatori nella ricorrenza di talune condizioni (cfr. artt. 9 e 10 della legge regionale 30 marzo 1992 n.29), soggiacciono comunque alla disponibilità del bilancio, come emerge dall’art.6, primo comma, della stessa legge regionale, in cui, nel trattare del piano annuale comunale, si precisa che i comuni … tenuto conto … delle disponibilità di bilancio, deliberano … un piano di intervento nel settore del diritto allo studio.

      Cosicché diventa agevole conclusione che, potendo anche gli specifici interventi per la mensa scolastica e per il trasporto degli alunni non essere effettuati in caso di assenza delle disponibilità di bilancio, gli stessi interventi non costituiscono servizi indispensabili.

      Tanto precisato, è da osservare che le somme previste per le due suddette voci di assistenza indicano una inequivoca (e ribadita con la deliberazione n.43 del 2004) propensione del Comune a svolgere servizi non indispensabili ed una speculare remora a ridurre, o sopprimere, tali servizi; riduzione o soppressione che eviterebbe la dichiarazione dello stato di dissesto; come può dimostrarsi calcolando la riduzione di spesa che comporterebbe la (ipoteticamente totale) soppressione delle previsioni di assistenza sopra indicate.

      Una eventuale soppressione del genere darebbe luogo: quanto alla prima voce (assistenza scolastica), alla riduzione di spesa per € 967.174,34 (1.278.674,34 previsti, meno 230.000,00 da non considerare in quanto costituiscono entrata per proventi da privati (cfr. alleg. C alla stessa deliberazione n.43 del 2004), meno 81.500,00 da escludere in quanto finanziamento regionale); quanto alla seconda voce (assistenza alla persona), alla riduzione di spesa di € 491.718,87 (841.027,14 previsti meno 349.308,27 perché contributi regionali); il totale della riduzione ammonterebbe quindi ad € 1.458.893,21.

      Ove si consideri che, giusta le note critiche del consulente del Comune, depositate il 14 gennaio 2005, alla data del 27 dicembre 2004, come precisato dal Direttore Generale del Comune e dal Responsabile del Settore con nota n.17756 del 28 dicembre 2004 indirizzata al Sindaco e all’Assessore al Bilancio, la differenza fra entrate accertate e spese impegnate manifestava un disavanzo di € 776.817,38, emerge chiaramente che il Comune, opportunamente riducendo o sopprimendo, secondo proprie autonome valutazioni, spese per servizi non indispensabili, avrebbe potuto evitare di adottare le deliberazioni in discussione.

      Sembra opportuno precisare, anche se ciò risulta da quanto testé detto, che non si intende, con quanto osservato, indicare le modifiche al bilancio che necessariamente il Consiglio Comunale di Pontinia avrebbe dovuto operare per evitare lo stato di dissesto; non si è inteso cioè specificare come il bilancio avrebbe dovuto essere compilato.

     Non è invero questo il compito del giudice.

      Si è inteso soltanto evidenziare che il Consiglio Comunale avrebbe potuto evitare la dichiarazione di dissesto qualora avesse operato escludendo, in toto aut in parte, talune spese non indispensabili (ma non necessariamente quelle esaminate; a titolo di esempio, possono richiamarsi anche (cfr. il suddetto allegato A), fra le spese non indispensabili, quelle relative alle biblioteche, al teatro ed altro, allo stadio comunale e alle manifestazioni sportive, ai servizi per l’infanzia).

     Non avendo il Comune a tanto provveduto, resta dimostrato che il suo operato è inficiato da eccesso di potere per erroneo presupposto, avendo esso ritenuto indispensabili, e assolutamente non evitabili, spese che tali caratteristiche non hanno.

     Passando alla trattazione dell’altro presupposto (sui crediti di terzi non fronteggiabili), è da osservare che l’originaria indicazione di € 10.644.633,21, contenuta nella deliberazione n.20 del 2004, è risultata non concreta, essendo stata riportata in essa indicazione di crediti non aventi le caratteristiche della liquidità e della esigibilità, come accertato dai consulenti tecnici di ufficio e non contrastato ex adverso.

     E’ ben vero che, come anche precisato in giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, V, 22 settembre 1999, n.1142), i crediti di cui deve tenere conto il Comune ai fini che qui occorrono sono quelli che comunque esistono sul piano sostanziale e comportano la responsabilità dell’ente ai sensi dell’art.2740 del codice civile, cosicché non necessita attendere senz’altro il momento, che potrebbe essere distante nel tempo, in cui gli stessi assumeranno le caratteristiche della liquidità e della esigibilità.

     Va tuttavia considerato che, a proposito della predetta somma, è mancata ogni possibile valutazione sull’effettivo correlato debito del Comune da soddisfare senz’altro nel corso dell’anno 2004; e i ricorrenti, in proposito, hanno dedotto, senza essere utilmente contrastati, che, quanto meno per alcuni, pendono liti giudiziarie, per cui ne risulta teoricamente messa in discussione la stessa esistenza.

     Quanto poi alla indicazione di due debiti ammontanti, per l’anno 2004, ad € 149.886,64 e ad € 27.257,08 (cfr. alleg. D alla deliberazione n.43 del 2004), va osservato che ad essi, per la entità delle relative somme, si presenta senz’altro possibile far fronte mediante la riduzione (sopra rilevata) di talune spese per servizi non indispensabili.

     Cosicché si evidenzia la insussistenza anche di un’altra delle ipotesi sopra evidenziate, che costituiscono, ciascuna essendo bastevole da sola, il presupposto per la dichiarazione dello stato di dissesto.

     Conclusivamente, le deliberazioni in discussione si presentano illegittime; con conseguente accoglimento del ricorso.

     Quanto alle spese, si ravvisa la sussistenza di motivi per disporne fra le parti la integrale compensazione.

     Ma le spese per la consulenza tecnica di ufficio, giusta i princìpi, vanno poste a carico del Comune soccombente; esse vengono liquidate forfetariamente, tenuto conto delle indicazioni effettuate dagli stessi consulenti, in una somma media fra il minimo di € 5.416,32 e il massimo di € 10.556,33 per ciascuno dei consulenti (Dott. Fabrizio Di Vittorio; Dott. Maurizio Guerrini; Dott. Agostino Turturro); cosicché a ciascuno di essi spetta la somma forfetaria di € 7.986,33.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, definitivamente pronunciando:

-ACCOGLIE il ricorso in epigrafe, proposto da FARRIS Giovanni ed altri, con intervento ad adiuvandum di FRANCIA Massimo ed altri, contro il COMUNE DI PONTINIA;

-per l’effetto, ANNULLA le impugnate deliberazioni consiliari n.20 del 17 maggio 2004 e n.43 del 17 dicembre 2004;

-COMPENSA fra le parti le spese del giudizio;

-CONDANNA il Comune di Pontinia, in persona del Sindaco, al pagamento, in favore dei consulenti tecnici di ufficio, della somma forfetaria, a ciascuno, di € 7.986,33 (settemilanovecentottantasei/33);

-ORDINA che la presente sentenza sia eseguita dalla Autorità Amministrati-va.

      Così deciso in Latina, nelle camere di consiglio del 28 gennaio e del 10 febbraio 2005.

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

          (Dott. Elia Orciuolo) 

                                                                                     IL PRESIDENTE

                                                                                 (Dott. Franco Bianchi) 

IL SEGRETARIO 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 12 febbraio 2005

(art.55 L. 27.4.1982 n.186)

IL DIRETTORE DI SEGRETERIA