IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA
(Sezione II)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti
I
n. 210/2003 proposto dalla IM.CO S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Vincenzo La Russa ed elettivamente domiciliata presso lo stesso in Milano, viale Regina Margherita 30
contro
il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Rita Surano ed Armando Tempesta ed elettivamente domiciliato presso gli uffici della Avvocatura Comunale in Milano, via della Guastalla n. 8
per l'annullamento previa sospensione
della nota del Comune di
Milano – Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R. – Progetto
Stralcio Edilizia Privata – Ufficio Stralcio Grandi Opere – Gruppo 3 in data 7
ottobre 2002 (pg. 264.398.400/1992 sub 14 dell’8 novembre 2002) recante
comunicazione di avvio del procedimento amministrativo finalizzato
all’accertamento, alla determinazione e all’irrogazione della sanzione
amministrativa di cui all’art. 3 della l. n. 47/1985 per l’omesso versamento di
oneri concessori;
II
n. 233/2003, con motivi aggiunti, proposto dalla medesima ricorrente, rappresentata e difesa ed elettivamente domiciliata come indicato per il precedente ricorso;
contro
il Comune di Milano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato difeso e domiciliato elettivamente come indicato per il precedente ricorso;
per l'annullamento
della nota del Comune di Milano – Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R. – Progetto Stralcio Edilizia Privata – Ufficio Stralcio Grandi Opere – Gruppo 3 in data 7 gennaio 2003, rectius 19 dicembre 2002, (pg. 264.398.400/1992-16 del 23 dicembre 2002) recante l’irrogazione della sanzione amministrativa di EURO 2.262.982,00, ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. c), della l. n. 47/1985
VISTI i ricorsi con i relativi allegati;
VISTI gli atti di costituzione in entrambi i giudizi del Comune di Milano;
VISTE le memorie e i documenti depositati dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
VISTO il ricorso per motivi aggiunti notificato il 7 febbraio 2003;
VISTI tutti gli atti di causa;
Nominato relatore alla pubblica udienza del 10 marzo 2005 il Referendario Pietro De Berardinis;
Uditi i procuratori presenti delle parti costituite, come da verbale d’udienza;
Considerato in fatto ed in
diritto quanto segue:
FATTO
La Lambrate 81 S.r.l., poi fusa per incorporazione nella Nuova Finanziaria Moderna S.p.A. (che ha assunto dal 2000 la denominazione sociale di IM.CO S.p.A.), nel 1984 stipulò con il Comune di Milano una convenzione di lottizzazione concernente un intervento di edilizia a destinazione terziaria. Per tale intervento il Comune rilasciò la concessione edilizia n. 376 del 12 luglio 1985, nonché le successive concessioni edilizie in variante ed a sanatoria nn. 384 del 29 luglio 1986 e 697 del 24 giugno 1991.
Nella convenzione di lottizzazione de qua era tra l’altro stabilito che la società lottizzante, a scomputo del contributo di concessione ex art. 3 della l. n. 10/1977, avrebbe realizzato il secondo lotto di un centro sportivo polivalente. Successivamente, tuttavia, il Comune decise che non si desse seguito alla realizzazione di tale progetto, in quanto il progetto relativo al primo lotto non aveva avuto possibilità di esecuzione.
Nel comunicare tale decisione, con nota del Settore Edilizia Privata – Ufficio Esecuzione Opere di Urbanizzazione prot. n. 232212/30093 E.P. 88 del 4 febbraio 1993, il Comune di Milano dispose perciò di introitare, in luogo della realizzazione del suddetto centro sportivo, l’importo residuo del contributo di concessione, decurtato dell’ammontare relativo alle opere di urbanizzazione primaria realizzate dalla predetta società a scomputo degli oneri di diverse concessioni edilizie (e precisamente, la n. 549 del 3 agosto 1987 e la n. 561 del 4 agosto 1987).
Dell’importo così determinato, pari a £. 4.381.744.341, fu richiesto il pagamento con avviso della Ragioneria del Comune di Milano del 26 febbraio 1993, in cui si invitava la Lambrate 81 S.r.l. a recarsi presso la Ragioneria stessa per ritirare il deposito cauzionale versato, salvo pagamento del predetto importo “per scomputo oneri”.
La società impugnò davanti a questo Tribunale la predetta nota del Comune del 4 febbraio 1993, chiedendone l’annullamento e chiedendo altresì l’accertamento dell’infondatezza della pretesa di pagamento contenuta nell’avviso della Ragioneria del 26 febbraio 1993.
Questo Tribunale accolse la domanda di sospensione del provvedimento impugnato, previa prestazione di idonea garanzia fideiussoria, ma poi nel merito rigettò il ricorso con sentenza n. 532/94 pubblicata il 22 luglio 1994.
Analogamente, in sede di giudizio di impugnazione della sentenza di primo grado davanti al Consiglio di Stato, quest’ultimo accolse la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, ma poi respinse il ricorso in appello, confermando la sentenza di primo grado, con decisione n. 4839/2000 pubblicata il 21 settembre 2000.
Successivamente il Comune di Milano, con la nota della Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R.–Progetto Stralcio Edilizia Privata–Ufficio Stralcio Grandi Opere–Gruppo 3 in data 7 ottobre 2002 (pg. 264.398.400/1992 sub 14 dell’8 novembre 2002), ha comunicato, ai sensi degli artt. 7 e segg. della l. n. 241/1990, l’avvio del procedimento di accertamento, determinazione ed irrogazione della sanzione amministrativa di cui all’art. 3 della l. n. 47/1985 per l’omesso versamento del contributo concessorio.
Peraltro, la Ragioneria del Comune di Milano–Settore Entrate–Ufficio Riscossioni Diverse, con avviso del 26 novembre 2002, in applicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 4839 cit., ha invitato la IM.CO S.p.A. a versare entro trenta giorni dalla notifica della stessa gli oneri concessori dovuti in relazione alla vicenda in esame, quantificandoli in complessivi EURO 3.597.707,52 (comprensivi pure degli interessi legali maturati), con l’avvertenza che il mancato tempestivo pagamento avrebbe comportato l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 3 della l. n. 47/1985.
L’odierna ricorrente provvedeva al pagamento in data 31 dicembre 2002.
Infine, con nota del 19 dicembre 2002 (pg. 264.398.400/1992-16 del 23 dicembre 2002), il Comune di Milano–Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R.–Progetto Stralcio Edilizia Privata–Ufficio Stralcio Grandi Opere–Gruppo 3, considerando decorso il termine di duecentoquaranta giorni di cui all’art. 3, comma 2. lett. c) della l. n. 47/1985, che prevede, in caso di omesso pagamento dei contributi concessori entro il predetto termine, la sanzione dell’aumento del contributo dovuto in misura pari al 100% dello stesso, ha irrogato alla IM.CO S.p.A. la sanzione amministrativa di EURO 2.262.982,00, corrispondente, per l’appunto, al contributo residuo non corrisposto (£. 4.381.744.312). Ciò, in quanto la società concessionaria era tenuta al pagamento dei contributi concessori dovuti nei termini indicati dall’avviso della Ragioneria del Comune di Milano del 26 febbraio 1993.
Avverso la comunicazione del 7 ottobre 2002 la IM.CO S.p.A. (come già detto, subentrata nel frattempo alla Lambrate 81 S.r.l.) ha presentato ricorso (R.G. n. 210/2003), deducendone l’illegittimità e chiedendone l’annullamento, previa sospensione, per i seguenti motivi:
eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti;
eccesso di potere per contraddittorietà fra più atti;
violazione di legge per vizio del procedimento;
violazione di legge ed eccesso di potere per illogicità manifesta.
La IM.CO S.p.A. ha, inoltre, presentato distinto ricorso (R.G. n. 233/2003) avverso la nota del Comune di Milano pg. 264.398.400/1992-16 del 23 dicembre 2002 recante l’irrogazione della sanzione amministrativa di EURO 2.262.982,00, chiedendone l’annullamento, previa sospensione, per i seguenti motivi:
eccesso di potere per contraddittorietà fra più atti;
eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti;
violazione di legge per vizio del procedimento;
violazione di legge ed eccesso di potere per erronea valutazione dei fatti;
violazione di legge;
eccesso di potere per illogicità manifesta (sotto due distinti profili).
Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 7 febbraio 2003, la IM.CO S.p.A. ha inoltre formulato un motivo aggiunto di ricorso avverso la nota impugnata del Comune di Milano del 23 dicembre 2002, deducendone l’illegittimità per non avere il Comune preventivamente richiesto il pagamento al fideiussore, alla luce di quanto stabilito dal Consiglio di Stato con la decisione n. 32/2003 del 10 gennaio 2003.
Il Comune di Milano si è costituito in ambedue i giudizi ed ha chiesto, previa riunione dei ricorsi, che il ricorso R.G. n. 210/2003 fosse dichiarato inammissibile e/o improcedibile e che il ricorso R.G. n. 233/2003 fosse respinto in quanto infondato. A tale ultimo riguardo, ha eccepito, altresì, l’infondatezza del motivo aggiunto di ricorso proposto nel giudizio R.G. n. 233/2003.
Nella Camera di Consiglio del 20 febbraio 2003 il Tribunale, con ordinanza n. 307/03, ha disposto la riunione dei giudizi n. 210/2003 e n. 233/2003, perchè le ragioni di connessione soggettiva, oggettiva e procedimentale ne consigliavano la decisione interinale con un’unica ordinanza, ed ha poi dichiarato improcedibile il ricorso n. 210/2003, in quanto proposto nei riguardi di una mera comunicazione di avvio del procedimento, priva di alcun contenuto provvedimentale, accogliendo, invece, la domanda incidentale di sospensione proposta con il ricorso n. 233/2003.
All’udienza del 10 marzo
2005 le cause sono state riservate dal Collegio per la
decisione.
DIRITTO
In via preliminare è necessario procedere alla riunione, per evidenti ragioni di connessione soggettiva e oggettiva, dei due ricorsi indicati in premessa.
In relazione al primo ricorso (R.G. n. 210/2003), il Collegio non può che confermare quanto già indicato nell’ordinanza n . 307/03, di rigetto dell’istanza di sospensione, circa il fatto che il ricorso stesso risulta proposto avverso un atto (la nota del Comune di Milano–Direzione Centrale Pianificazione Urbana e Attuazione P.R.–Progetto Stralcio Edilizia Privata–Ufficio Stralcio Grandi Opere–Gruppo 3 in data 7 ottobre 2002) recante la mera comunicazione di avvio del procedimento di irrogazione della sanzione amministrativa di cui all’art. 3 della l. n. 47/1985, come tale sprovvista di effetti lesivi e dunque non impugnabile.
Infatti, la giurisprudenza ha chiarito che, poichè la comunicazione di avvio del procedimento è priva di qualsiasi effetto lesivo, avendo mera natura informativa, per mettere il destinatario a conoscenza dell’avvio del procedimento e consentirgli così di parteciparvi, l’impugnazione della comunicazione stessa è inammissibile (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 10 dicembre 2003, n .5734; id., Sez. II, 26 maggio 2003, n, 2377).
Ne segue che il ricorso R.G. n. 210/2003 deve essere dichiarato inammissibile.
Passando all’esame del secondo ricorso (R.G. n. 233/2003), si osserva quanto segue.
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente allega l’illegittimità della nota del Comune di Milano pg. 264.398.400/1992-16 in data 23 dicembre 2002, recante l’irrogazione della sanzione amministrativa di EURO 2.262.982,00, in quanto viziata da eccesso di potere per contraddittorietà fra più atti.
Ciò alla luce del fatto che, mentre con l’avviso del 7 ottobre 2002 il Comune comunicava l’avvio del procedimento di accertamento ed irrogazione delle sanzioni amministrative per il mancato pagamento degli oneri concessori, il successivo avviso della Ragioneria comunale del 26 novembre 2002 invitava la ricorrente al versamento dell’importo complessivo dovuto (comprensivo degli interessi legali maturati) a titolo di oneri ai sensi della l. n. 10/1977 ed in applicazione della sentenza del Consiglio di Stato n. 4839/2000, avvertendo che le sanzioni amministrative ex art. 3 della l. n. 47/1985 sarebbero state irrogate solo in ipotesi di mancato pagamento entro trenta giorni dalla notifica dell’avviso stesso.
Il motivo è fondato.
In particolare, osserva il Collegio che, secondo la giurisprudenza, l’eccesso di potere per contraddittorietà di comportamento si verifica quando sussistono più manifestazioni di volontà dello stesso Ente od Autorità, che si pongono tra di loro in contrasto, dando luogo all'irrazionale adozione di contrapposti criteri di svolgimento dell’attività amministrativa (v. C.d.S., Sez. VI, 31 marzo 1987, n. 207).
Nella vicenda in esame, il Comune, dapprima, con la nota del 7 ottobre 2002 ha comunicato l’avvio del procedimento di irrogazione della sanzione amministrativa di cui all’art. 3 della l. n. 47/1985, ma poi, in palese contraddizione con tale nota, con l’avviso della Ragioneria del 26 novembre 2002 ha invitato la IM.CO S.p.A. a pagare nel termine di trenta giorni dalla notifica dello stesso avviso l’importo dovuto a titolo di oneri concessori, comprensivo degli interessi maturati, con l’avvertenza che il mancato rispetto del suddetto termine avrebbe dato luogo all’irrogazione della sanzione di cui all’art. 3 della l. n. 47/1985. Donde l’adozione, in ultima analisi, di criteri di svolgimento dell’attività amministrativa del tutto contrapposti con riguardo alla medesima fattispecie.
Né vale obiettare, come fa la difesa comunale, che trattasi di due atti distinti, afferenti a due procedimenti distinti ed autonomi e che non costituiscono l’uno il presupposto dell’altro.
Infatti, se è vero che tali atti promanano da due diversi uffici del Comune intimato, è altresì vero che, come precisato dalla giurisprudenza (cfr. C.d.S., Sez. VI, 1 agosto 1986, n. 603), il duplice difforme esercizio di competenze devolute ad organi diversi di uno stesso Ente non implica contraddittorietà di comportamenti amministrativi semprechè si tratti di competenze distinte, attribuite per la tutela di distinte sfere di interessi pubblici, suscettibili di autonoma valutazione settoriale.
Nel caso in esame, invece, entrambi gli atti si riferiscono all’introito, da parte del Comune, di quanto dovuto dalla ricorrente per oneri concessori in forza delle concessioni nn. 376 del 1985, 384 del 1986, 697 del 1991 ed a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. 4839 del 2000. Non è pertanto condivisibile la prospettazione della difesa comunale dell’assenza di un nesso di presupposizione tra il procedimento di incameramento di tali oneri e quello di irrogazione di sanzione per il mancato tempestivo versamento degli stessi. Ciò, tanto più, in quanto l’avviso del 26 novembre 2002, nell’assegnare alla ricorrente un termine per pagare l’ammontare dovuto, contiene esso stesso la precisazione che l’omesso pagamento entro tale termine avrebbe comportato l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 3 della l. n. 47/1985. Né può ritenersi che detta precisazione, quale formula prestampata, sia una mera clausola di stile, che prescinde dal caso concreto: l’avviso contiene, infatti, tutta una serie di elementi che sono relativi alla fattispecie concreta (dalla specificazione delle concessioni per cui sono dovuti gli oneri concessori e della sentenza del Consiglio di Stato, alla precisazione delle somme da pagare, del termine entro cui pagare e delle modalità di pagamento), sicchè non si capisce perché proprio (e soltanto) la parte relativa alle sanzioni per il mancato rispetto del termine di pagamento avrebbe natura di mera “formula di stile” e non sarebbe riferita al caso concreto.
In definitiva, deve ritenersi giustificato l’operato dell’odierna ricorrente, che confidando su quanto affermato dall’Amministrazione nell’avviso del 26 novembre 2002, ha provveduto a pagare nel rispetto del termine di cui all’avviso stesso.
Con il secondo e con il terzo motivo di ricorso, che meritano un esame congiunto, si afferma che l’atto impugnato sarebbe affetto da travisamento ed erronea valutazione dei fatti, avendo il Comune irrogato la sanzione alla ricorrente senza che questa fosse venuta ufficialmente a conoscenza dell’esatto contenuto della sentenza del Consiglio di Stato n. 4839/2000, mai notificatale, e prima ancora di calcolare quanto in effetti dovuto dalla stessa dopo la predetta sentenza. L’atto sarebbe poi affetto da violazione di legge, perché la notifica della sentenza in discorso sarebbe avvenuta in via incidentale nell’avviso di pagamento, senza osservare la disciplina prevista dall’art. 137 c.p.c. (applicabile anche al processo amministrativo).
Ambedue i motivi debbono essere condivisi.
In particolare, se è vero che, per la giurisprudenza consolidata, il meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 3 della l. n. 47/1985 opera in via automatica, senza la mediazione di alcun necessario preavviso da parte della Amministrazione creditrice (cfr., ex plurimis, T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 8 luglio 1999, n. 794), è altrettanto vero che, secondo altra parte della giurisprudenza, l’art. 3 cit. non esclude, né vieta all’Amministrazione di rendere edotto il concessionario inadempiente, in applicazione del principio costituzionale di imparzialità dell’attività amministrativa e della regola della correttezza (ed a prescindere dalla natura giuridica della sanzione), delle conseguenze sfavorevoli cui esso potrebbe andare incontro, né di adoperarsi perché non sia aggravata la di lui posizione debitoria, ai sensi dell’art. 1227, secondo comma, c.c. (C.d.S., sez. V, 3 luglio 1995, n. 1001). Ciò, ritiene il Collegio, tanto più in una vicenda come quella in esame, in cui l’obbligo di pagamento scaturiva in esito a una lunga e complessa vicenda giudiziaria e nella quale, per di più, il Comune creditore ha omesso di notificare la sentenza del Consiglio di Stato n. 4839/2000. Da tale omissione il Collegio desume, pertanto, una violazione degli appena ricordati principi e regole, che rende illegittimo l’operato dell’Amministrazione
Con il quarto motivo di ricorso viene dedotta l’illegittimità per erronea valutazione dei fatti, perchè l’avviso della Ragioneria del Comune del 26 febbraio 1993, al quale si riferisce l’atto impugnato per dedurne il mancato rispetto dei termini ex art. 3 della l. n. 47/1985, non reca nessuna intimazione di pagamento e non dà nessuna spiegazione sulle modalità di calcolo dell’importo indicato (£. 4.381.744.341). Inoltre, il Comune non ha inviato alla ricorrente nessuna intimazione di pagamento neppure dopo che la sentenza di primo grado ha respinto il ricorso avverso la nota del Comune stesso del 4 febbraio 1993 (con cui era stato disposto l’introito del contributo concessorio).
Il motivo è irricevibile per tardività, in quanto le censure in esso contenute, a ben vedere, si riferiscono non al provvedimento impugnato con il ricorso in epigrafe, ma all’avviso della Ragioneria del Comune del 26 febbraio 1993, sicchè al riguardo risulta ampiamente decorso il termine decadenziale di impugnativa.
È, inoltre, irrilevante l’argomento dell’omissione, da parte del Comune, dell’intimazione di pagamento pur dopo che la sentenza di primo grado aveva respinto il ricorso avverso la nota comunale del 4 febbraio 1993,
Va, infatti, tenuto conto di quanto la stessa ricorrente soggiunge circa l’ottenimento, in sede di appello al Consiglio di Stato, della sospensione dell’esecuzione della suddetta sentenza, sicchè, anche qualora il Comune avesse provveduto ad intimare il pagamento nelle more del giudizio di appello, l’intimazione avrebbe comunque perso efficacia a seguito dell’ordinanza di sospensione.
Con il quinto motivo di ricorso si sostiene che l’operato dell’Amministrazione comunale sarebbe viziato da illegittimità, per avere essa applicato alla fattispecie de qua le sanzioni ex l. n. 47/1985, abrogata sul punto dalla l. n. 448/2001, anziché quelle di cui alla stessa l. n. 448/2001, quale legge vigente al momento della comunicazione di avvio del procedimento di accertamento ed irrogazione della sanzione.
Il motivo è palesemente infondato.
Infatti, l’art 3 della l. n. 47/1985 è stato abrogato dall’art. 136, comma 2, lett. f) del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 a far data dal 30 giugno 2003 (data di entrata in vigore del d.P.R. n. 380 cit.: cfr. art. 2 del d.l. 20 giugno 2002, n. 122, convertito con modificazioni dalla l. 1° agosto 2002, n. 185). Da tale data, con l’entrata in vigore del d.P.R. n. 380/2001, sono divenute, quindi, vigenti le nuove e più ridotte sanzioni previste dall’art. 42 del menzionato d.P.R. per il ritardato od omesso versamento del contributo di costruzione, come stabilite dall’art. 27, comma 17 della l. n. 448/2001. Quest’ultima ha modificato, pertanto, non l’art. 3 della l. n. 47/1985 (di cui non ha per nulla disposto l’abrogazione, contrariamente alle asserzioni della ricorrente), ma l’art. 42 del d.P.R. n. 380/2001.
Peraltro, il nuovo regime sanzionatorio, come quantificato dall’art. 27, comma 17, della l. n. 448/2001, è entrato in vigore il 30 giugno 2003, cioè in epoca successiva all’emanazione del provvedimento impugnato, al quale non poteva dunque applicarsi la nuova disciplina.
Ne consegue l’infondatezza della censura addotta.
Infine, l’operato dell’Amministrazione viene censurato con due distinti motivi di ricorso, nonché con il motivo aggiunto di cui al ricorso per motivi aggiunti notificato il 7 febbraio 2003, per avere l’Amministrazione medesima avviato la procedura sanzionatoria, anziché provvedere ad incamerare le fideiussioni rilasciate dall’odierna ricorrente in ottemperanza all’ordinanza di sospensione pronunciata da questo Tribunale Amministrativo nel giudizio di impugnazione della nota del Comune del 4 febbraio 1993.
Le censure debbono essere condivise.
Infatti, è vero che l’art. 14 della convenzione di lottizzazione stipulata tra le parti ha previsto il beneficio della preventiva escussione del debitore principale, ai sensi dell’art. 1944 c.c..
Tuttavia, la previsione di tale beneficio investe la fideiussione conclusa dalla Lambrate 81 S.r.l. in esecuzione della stessa convenzione di lottizzazione, non già la distinta fideiussione prestata dall’odierna ricorrente, in ottemperanza all’ordinanza di questo Tribunale n. 704/93, con polizza del 25 novembre 1993 n. D17030607/09, e per la quale, invece, l’art. 5 della predetta polizza esclude espressamente il beneficio della preventiva escussione del debitore principale (nella fattispecie: la IM.CO S.p.A.).
Se ne deduce l’applicabilità, al caso in esame, della regola elaborata dalla giurisprudenza, per la quale, nell’ipotesi in cui il soggetto titolare di una concessione edilizia abbia stipulato polizza fideiussoria priva del beneficio di preventiva escussione dell'obbligato principale, in virtù di quanto disposto dall'art. 1227, secondo comma, c.c., che pone a carico del creditore i danni che questi avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza, non può farsi luogo all’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 3 della l. n. 47/1985 ove l’Amministrazione creditrice, in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, non si sia attivata per tempo per richiedere all'istituto garante il pagamento delle somme dovutele (cfr. C.d.S., Sez. V, 5 febbraio 2003, n. 585; id., 10 gennaio 2003, n. 32).
Nella vicenda de qua il Comune intimato non ha preventivamente provveduto ad incamerare la fideiussione prestata in ottemperanza alla ordinanza di questo Tribunale prima citata, ma ha provveduto direttamente ad irrogare la sanzione al debitore principale. In tal modo, però, alla luce della regola giurisprudenziale appena citata, l’Amministrazione ha violato i doveri di correttezza e buona fede su di essa incombenti ai sensi dell’art. 1227 c.c., con il corollario dell’illegittimità del provvedimento di irrogazione della sanzione, impugnato con il ricorso in epigrafe. Ne segue la fondatezza delle censure dei ricorrenti.
In definitiva, risultano fondate le argomentazioni esposte con il primo, il secondo, il terzo, il sesto ed il settimo motivo di gravame, nonché con il motivo aggiunto e pertanto il ricorso va accolto, con conseguente annullamento della nota del Comune di Milano del 23 dicembre 2002, pg. 264.398.400/1992-16.
Sussistono comunque giusti motivi per compensare le spese di giudizio integralmente tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sez. II, pronunciando sui ricorsi nn. 210/2003 e 233/2003, li riunisce e quanto al primo ricorso (R.G. n. 210/2003) lo dichiara inammissibile; quanto al secondo ricorso (R.G. n. 233/2003), lo accoglie.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella Camera di Consiglio del 10 marzo 2005, con l'intervento dei magistrati:
Angela Radesi Presidente
Cecilia Altavista Referendario
Pietro De Berardinis Referendario est.