T.A.R. Lombardia–Milano – Sez. III - Sentenza 11 novembre 2005, n. 3969 

                         N.     3969/05  Reg.Sent.

N.      218/05  Reg. Ric.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione 3a ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 218/05 proposto da

S.A.P.O. -Società Autoservizi Pubblici Oltrepò s.p.a., con sede in Voghera, in persona dell’Amministratore delegato, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Francesco Adavastro e Paolo Re, con domicilio eletto presso il loro studio in Milano, via Fontana 25

contro

PROVINCIA DI PAVIA

in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Giuseppe Franco Ferrari ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Milano, Corso Vittorio Emanuele II, 15

e nei confronti di

ARFEA - Aziende Riunite Filovie ed Autolineee -s.p.a.

in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Angiolini, Roberto Albertazzi e Riccardo Maia, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Milano, via G. Serbelloni 8

per l’annullamento, previa sospensione,

nonché per la condanna

dell’amministrazione intimata al risarcimento in forma specifica, ovvero per equivalente, dei danni ingiusti patiti e patiendi dalla Società ricorrente, ai sensi del “combinato disposto” degli artt. 33 e 35 del D.Lgvo n. 80 del 1998;

visto il ricorso notificato in data 12 gennaio 2005 e depositato in data 25 gennaio 2005;

visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Pavia e della controinteressata A.R.F.E.A. s.p.a.;

viste le memorie difensive delle parti;

uditi alla pubblica udienza del 29 giugno 2005, relatore il cons. Domenico Giordano, l’avv. Francesco Adavastro per la ricorrente, l’avv. Bruna Gazzola, in delega, per la Provincia di Pavia e per la società controinteressata;

visti gli atti tutti della causa;

ritenuto quanto segue in:

FATTO e DIRITTO

    1) Con determinazione dirigenziale dell’8 ottobre 2002, la Provincia di Pavia ha indetto una procedura ristretta per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per un periodo di sette anni, dei servizi di trasporto pubblico locale interurbano riferiti alla propria rete territoriale e suddivisi in tre lotti da aggiudicarsi separatamente (lotto1: sottorete Pavese; lotto 2 sottorete Oltrepò; lotto 3: sottorete Lomellina).

    In relazione al lotto n.2, il bando ha indicato una percorrenza annua minima pari a 3.560.000 bus/km, con un importo complessivo a base dasta fissato in 29.916.286,19 + IVA al 10%, per i sette anni di durata dellaffidamento.

    In esito alla fase di prequalificazione, la commissione di gara con verbale in data 27 novembre 2003, ha ammesso a partecipare alla gara riferita alla sottorete Oltrepò”: S.A.P.O. - Società Autoservizi Pubblici Oltrepò s.p.a. (di seguito: SAPO) e A.R.F.E.A. - Aziende Riunite Filovie ed Autolinee s.p.a. (di seguito: ARFEA), nonché altro concorrente (Società Autoservizi La Marca Trevigiana s.p.a.), che ha rinunciato a presentare l’offerta.

    In seguito, la medesima commissione ha proceduto, in sedute riservate, alla valutazione delle componenti tecniche delle offerte mediante il sistema del confronto a coppie, attribuendo punti 58,231 ad ARFEA e punti 37,332 a SAPO; in applicazione delle formule previste nell’allegato II alla lettera di invito, la commissione ha poi proceduto al calcolo dei punteggi relativi alle offerte economiche, pervenendo all’assegnazione di punti 31,589 a SAPO e di punti 31,846 ad ARFEA. Questa è stata quindi collocata al primo posto della graduatoria finale con il punteggio totale di 90,077, seguita da SAPO con 68,921 punti.

    In esito a tali operazioni è risultato che l’offerta economicamente più vantaggiosa per il lotto 2 è stata presentata dal ARFEA, che è stata dichiarata provvisoria aggiudicataria dell’appalto.

    La Provincia di Pavia, preso atto dello svolgimento delle operazioni di gara, ha definitivamente aggiudicato, con determinazione dirigenziale n.2436/41942 del 6 dicembre 2004, il servizio di trasporto pubblico locale per il lotto 2 – Sottorete Oltrepò ad ARFEA s.p.a.

    2) Con il ricorso in epigrafe, SAPO ha impugnato il verbale di aggiudicazione provvisoria, gli atti e i verbali descrittivi delle operazioni di gara, il bando di gara e la lettera di invito.

    A sostegno del gravame, la ricorrente ha dedotto: l’illegittimità per plurimi motivi dell’ammissione alla gara di ARFEA; l’illegittimità delle previsioni della lettera di invito, che demandano al metodo del confronto a coppie la possibilità di attribuire un punteggio eccessivo; l’errata applicazione del metodo del confronto a coppie in presenza di due sole offerte in gara; l’illegittima costituzione della commissione di gara in una fase temporale antecedente quella di presentazione delle offerte; la “genetica” illegittimità degli elementi di valutazione, in quanto inidonei a consentire il corretto apprezzamento dell’offerta economicamente migliore e la sua effettiva sostenibilità economica; plurime illegittimità valutative in cui sarebbe incorso il seggio di gara nell’esame della proposta tecnica ARFEA.

    La Provincia di Pavia e la società controinteressata hanno controdedotto, con ampie e articolate memorie, deducendo l’inammissibilità delle censure riferite al bando di gara, alla lettera di invito, all’ammissione di ARFEA alla gara, ai criteri di comparazione delle offerte e all’aggiudicazione provvisoria, trattandosi di atti non tempestivamente gravati da SAPO e, nel merito, l’infondatezza di tutti i motivi di doglianza.

    La società ricorrente ha replicato con articolata memoria difensiva alle eccezioni formulate dalle controparti insistendo per l’accoglimento del ricorso.

    Alla udienza odierna, la controversia è stata posta in decisione.

    3) Il ricorso è infondato nel merito.

    Può prescindersi, pertanto, dall’esame delle questioni che sono state formulate in rito dalle parti resistenti.

    4) Nel primo motivo del ricorso si contesta l’operato della stazione appaltante per non aver previsto, e successivamente disposto, l’esclusione dalla gara delle società che, come ARFEA, gestiscono servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di procedure non ad evidenza pubblica, o per effetto dei relativi rinnovi. Al riguardo si deduce la violazione dell’art.18 D.Lgs.n.422/97, dell’art.113, sesto comma, D.Lgs.n. 267/2000 e dell’art.20 L.R. n.22/98, nelle formulazioni vigenti all’epoca di espletamento della fase di prequalificazione.

    Più in particolare, la ricorrente sostiene che, nel caso di specie, non ricorrono le condizioni previste dall’art.35 l.n.448/01 per l’operatività della moratoria al divieto di partecipazione alla gara, che risulta quindi opponibile ad ARFEA, essendo scaduto il periodo transitorio, in Lombardia, al 31 dicembre 2002 e trattandosi di procedura avente ad oggetto un servizio che interessa un ambito territoriale diverso da quello esercito da ARFEA in affidamento diretto.

    La tesi esposta non può trovare adesione.

    Le questioni sollevate nel ricorso hanno già formato oggetto di approfondito esame da parte della Sezione, che, nella sentenza 13 aprile 2004 n.1453 con un incedere argomentativo che non è necessario ripercorrere integralmente in questa sede, è pervenuta a conclusioni alle quali è possibile fare rinvio.

    Al riguardo si è osservato che l’art.113 D.Lgs. n. 267/2000 (nel testo anteriore alle modifiche introdotte con il sopravvenuto d.l. n.269/03) ha stabilito, al suo quinto comma, che l’erogazione dei servizi pubblici locali dovesse avvenire in regime di concorrenza e previo conferimento della titolarità delle gestioni esclusivamente a società di capitali individuate mediante l’espletamento di gare con procedura di evidenza pubblica.

    A tali gare, in forza del tuttora vigente comma sesto del medesimo art.113, non sono ammesse a partecipare le società che, in Italia e all’estero, gestiscono a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto o di procedure non ad evidenza pubblica, o per effetto dei relativi rinnovi. Il divieto è esteso anche alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime.

    Di seguito, la portata precettiva di detto divieto è stata allineata alle corrispondenti previsioni contenute nelle normative di settore (dettate nell’art.15 D.Lgs.n.164/2000 per i servizi di distribuzione del gas e nel citato art.18 D.Lgs. n.422/97 per i servizi di trasporto locale), che prevedono un periodo di transizione al nuovo regime, nel corso del quale permangono le concessioni in essere e i loro titolari sono ammessi a partecipare, nello specifico settore in cui operano, alle gare indette per l’affidamento dei servizi pubblici locali.

    Difatti, l’art.35 l.n.448/01, recante norme in materia di SPL, ha previsto che all’attuazione del regime competitivo delineato nell’art.113 dovesse pervenirsi entro “un congruo periodo di transizione” quale definito dalle singole leggi di settore, o in mancanza di esse dal regolamento attuativo di cui al comma 16, stabilendo altresì, al suo secondo comma, che il divieto fissato al comma sesto del citato art.113 non potesse comunque trovare applicazione “nei casi in cui si tratti dell’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa”.

    Con riguardo al periodo transitorio, il sistema normativo dettato per le concessioni dei servizi di trasporto pubblico locale ha affidato alle regioni il compito di definirne la durata, in modo uniforme nel territorio regionale, prevedendo con l’art.18 comma 3 bis D.Lgs. n.422/97 e con l’art.11 terzo comma l.n.166/02, che lo stesso dovesse comunque concludersi entro il 31 dicembre 2005.

    In Lombardia, l’art.20 della L.R. n.22/98, come modificato dalla L.R. n.32/02, nel dettare le disposizioni dirette a regolare l’attività degli enti locali in pendenza del periodo transitorio, al comma 3 quater ha fissato il termine finale di scadenza delle concessioni dei servizi di trasporto pubblico al 31 luglio 2003; successivamente, la L.R. 11 agosto 2003 n.16 ha prorogato detto termine fino al 31 dicembre 2003 e la L.R. 22 dicembre 2003 n.27 lo ha ulteriormente prorogato fino al 31 luglio 2004. In forza dell’art.7, ottavo comma lett.c), L.R. 3 agosto 2004 n.19 è previsto che, con decorrenza dal 1° agosto 2004, tutti i servizi di trasporto pubblico locale siano affidati nel rispetto della vigente normativa regionale di attuazione della riforma del trasporto pubblico locale; la stessa previsione ha differito al 31 ottobre 2004 il termine di scadenza delle concessioni rilasciate dagli enti locali che non hanno completato le procedure per l’affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale.

    Con la disposizione contenuta nell’art.113 comma 15 quater, aggiunto dall’art. 4 comma 234 l. 24 dicembre 2003 n. 350, l’applicabilità del divieto di cui trattasi è stata differita al 1° gennaio 2007, facendo comunque salva, anche dopo la scadenza di tale termine, la possibilità per gli affidatari diretti di prendere parte alle prime gare indette dopo il periodo transitorio ed aventi ad oggetto gli stessi servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa.

    Ciò sta a significare che, dopo la scadenza del periodo transitorio e nel regime di piena operatività della riforma, le società che ancora gestiscono servizi pubblici in affidamento diretto non possono essere ammesse alle gare indette per l’aggiudicazione di servizi diversi dal settore e dal territorio in cui le stesse operano, ma possono partecipare soltanto alla prima gara che venga indetta per il conferimento del medesimo servizio in precedenza esercito dalla stessa concessionaria.

    La moratoria al divieto di cui al sesto comma dell’art.113 trova quindi piena applicazione durante il periodo transitorio e riguarda le società affidatarie dirette di servizi pubblici anche in settori diversi da quello oggetto di gara, e le società controllate o collegate, nonché quelle controllanti ovvero controllate o collegate con la medesima controllante.

    In tale contesto, la preclusione invocata dall’esponente non è applicabile alla procedura in esame, che si colloca completamente all’interno del periodo di transizione, per il che deve conclusivamente escludersi la possibilità di opporre a ARFEA, quale affidataria diretta di servizi di TPL, la preclusione a conseguire l’affidamento del servizio de quo.

    Detta conclusione è avvalorata da un ulteriore, e in sé autonomo, motivo.

    La stessa ricorrente riconosce che, con riguardo alle prime gare indette al termine del periodo transitorio, il divieto alla partecipazione di società affidatarie in via diretta di pubblici servizi non trova applicazione, quando si tratti dei concessionari uscenti del servizio posto in gara.

    ARFEA, come risulta dall’elenco dei servizi gestiti, è la concessionaria uscente di due linee (identificate dai codici n.152 e 171) comprese nella sottorete oggetto dell’affidamento.

    Ne consegue l’infondatezza delle corrispondenti censure contenute nel ricorso.

    5) Con altro profilo di doglianza, esposto nel primo motivo, la ricorrente sostiene che ARFEA non poteva essere ammessa alla gara, per aver documentato il possesso dei requisiti soggettivi di partecipazione mediante autocertificazioni senza data e, come tali, inidonee ad acquisire valenza di attestazione in quanto prive di un qualsivoglia riferimento temporale.

    La doglianza deve essere disattesa.

    La mancata indicazione della data in cui è stata resa l’autocertificazione si traduce in una semplice irregolarità, inidonea a rendere l’atto privo di effetti. Invero, gli elementi essenziali della dichiarazione sostitutiva sono precisati nell’art. 47 D.P.R. n.445/2000 e nell’art.38 cui il primo rinvia; in forza delle relative prescrizioni, l’autocertificazione deve essere sottoscritta e presentata unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore.

    Ne deriva che la mancata indicazione della data non determina l’invalidità dell’atto, che può derivare soltanto dalla mancanza dei requisiti indispensabili al raggiungimento dello scopo cui esso è diretto, con la conseguenza che, in difetto di previsione espressa della nullità per tale omissione, deve escludersi l’asserita presenza di un vizio idoneo ad inficiare la domanda di partecipazione presentata da ARFEA e il corrispondente obbligo di escludere la società dalla gara.

    E’ vero che la funzione dell’autocertificazione è quella di attestare il possesso dei requisiti di ammissione in un determinato momento, con riferimento al quale deve potersi accertare la veridicità delle dichiarazioni rese, ma tale verifica non è preclusa dalla mancata indicazione della data in cui è stata apposta la sottoscrizione, potendosi a tal fine utilmente identificare il riferimento temporale nella data di scadenza del termine per la presentazione delle offerte.

    Nella situazione in esame, la contestata autocertificazione, con cui il legale rappresentante di ARFEA ha attestato il possesso dei requisiti di ammissione alla gara, costituiva un allegato espressamente richiamato nella domanda di partecipazione presentata dalla società controinteressata e regolarmente datata.

    Ne deriva che la stazione appaltante è stata messa nelle condizioni per poter verificare la situazione giuridica della società in quel determinato momento, il che rende manifesto come, nelle circostanze considerate, non sussistessero i presupposti per disporre l’esclusione di ARFEA dalla gara.

    6) Con il secondo mezzo di censura, la ricorrente lamenta che la stazione appaltante abbia attribuito agli elementi valutativi inerenti al merito tecnico dell’offerta un peso pari al 60% del punteggio complessivo, riservando alla componente economica dell’offerta il punteggio percentuale residuo. Tale dosaggio si rivelerebbe irragionevolmente e immotivatamente discordante dagli indirizzi regionali dettati nella D.G.R. n. VII/7698, e recepiti dall’amministrazione provinciale nel Programma triennale dei servizi di TPL, che prevedono l’attribuzione all’elemento economico di un peso pari almeno al 50% del punteggio complessivo.

    La censura non ha fondamento.

    Al riguardo il Collegio osserva che il modello per la valutazione delle offerte, predisposto dalla Regione Lombardia nell’allegato A.6 della D.G.R. 27 dicembre 2001 n.7/7698, contiene dichiaratamente “indicazioni di carattere generale” con “una selezione orientativa dei rispettivi indicatori”, senza alcuna pretesa di imporsi con carattere di inderogabilità alle stazioni appaltanti.

    Ciò vale, in particolare, con riguardo al profilo in esame, avendo la delibera precisato che “la Regione propone di attribuire al fattore economico un punteggio pari almeno al 50% di quello attribuibile complessivamente”, ma lasciando alle amministrazioni aggiudicatrici il compito di apprezzare la presenza di “particolari esigenze legate ad un consistente miglioramento qualitativo dei propri servizi” e di definire, in funzione di dette esigenze, il peso del fattore prezzo, assegnando allo stesso “una percentuale inferiore a quella proposta”.

    Si tratta quindi della proposta di un modello di riferimento, che non preclude agli enti locali, nell’esercizio dell’autonomia di cui gli stessi sono titolari, di elaborare e definire i metodi di valutazione ritenuti più opportuni e confacenti alla concreta tipologia di gara prescelta, ai contenuti del CSA e alle esigenze della specifica realtà locale.

    Ciò corrisponde alla disciplina di cui all’art.20 L.R. n.22/98, che dopo l’indicazione generale secondo cui “l’aggiudicazione deve avvenire sulla base di modalità operative definite dalla Giunta regionale”, ha comunque affidato agli enti locali il compito di prevedere “nei bandi, nei capitolati di gara e nei sistemi di valutazione delle offerte specifici criteri e parametri volti ad attestare la capacità di concorrere delle imprese”.

    La stazione appaltante è quindi titolare della facoltà discrezionale di modulare la diversa incidenza dei parametri di selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in funzione degli obiettivi di sviluppo, affidabilità e miglioramento della qualità dei servizi di TPL da rendere nel territorio.

    Il che, confluendo nel riconoscimento di specifici ambiti di autonomia, non consente di intravedere sintomi di illogicità nella scelta provinciale di riconoscere una moderata prevalenza agli aspetti qualitativi delle offerte, al fine di orientare i concorrenti a formulare proposte volte alla riqualificazione del servizio e idonee a garantire più elevati standard di qualità dei servizi erogati agli utenti.

    7) La ricorrente contesta inoltre le previsioni della lettera di invito, che demandano al metodo del confronto a coppie la possibilità di attribuire 20 dei 60 punti disponibili per la valutazione del merito tecnico e deduce l’inammissibilità del ricorso a detto metodo in caso di gara con due sole offerte.

    La doglianza è infondata in entrambi i suoi profili.

    7.1) Non riveste, in primo luogo, valore decisivo, al fine di infirmare la legittimità della procedura sotto l’aspetto qui in rilievo, il richiamo alle indicazioni fornite nell’atto regionale di indirizzo prima citato. E tanto sia se si considera che, come già evidenziato, detto atto non assume carattere vincolante nella misura in cui rimette le scelte finali al discrezionale apprezzamento delle stazioni appaltanti in funzione della specificità delle procedure, fissando a titolo solo esemplificativo la soglia del 5/10% degli elementi valutabili con il confronto a coppie; sia se si valuta che, almeno in buona misura, gli indicatori del merito tecnico non erano suscettibili di valutazione matematica alla luce della connotazione anche qualitativa degli elementi oggetto di valutazione discrezionale.

    Nella gara de qua, come si evince dalle tabelle esplicative dei singoli indicatori del merito tecnico, gli elementi sottoposti a valutazione con il metodo del confronto a coppie non assumono una caratterizzazione quantitativa direttamente misurabile mediante l’impiego di opportune formule elaborate sulla base di valori numerici, trattandosi di parametri caratterizzati dall’inscindibile intreccio di profili quanti-qualititivi implicanti apprezzamenti discrezionali non surrogabili con il ricorso a criteri proporzionali.

    Tanto deve affermarsi, a titolo esemplificativo, in assenza di più puntuali riferimenti idonei ad affrancare la censura dell’astrattezza che la connota, con riguardo al criterio “organizzazione del servizio e dell’esercizio”, in cui il numero e la dislocazione degli impianti si intrecciano con parametri qualitativi, quali gli indici di regolarità e di puntualità, l’efficacia degli interventi, l’adeguatezza del parco automezzi; o anche con riguardo agli indicatori riferibili ai piani degli interventi per la manutenzione e la pulizia dei mezzi e delle infrastrutture di esercizio, trattandosi di voci che involgono l’apprezzamento anche dei profili concernenti l’efficienza qualitativa, nell’interesse pubblico, delle prestazioni rese.

    Il che rende manifesta la non censurabilità della decisione discrezionale di procedere all’apprezzamento di tali voci con il metodo del confronto a coppie.

    7.2) Quanto all’ulteriore profilo, si osserva che, in assenza di divieto normativo, anche in caso di gara con due soli competitori il confronto a coppie è congruamente utilizzabile, quando sia adeguatamente indirizzato dai criteri di valutazione stabiliti dalla lex specialis, sia ristretto alle componenti necessitanti di valutazione qualitativa e sia temperato da un criterio compensativo (nel caso concreto, mediante attribuzione all’offerta risultante peggiore nel confronto di un punteggio scalato in proporzione lineare rispetto al punteggio massimo) teso ad evitare l’artificiosa differenziazione dei punteggi in modo non proporzionato alle reali differenze qualitative (cfr. CdS VI n.3843/05).

    In proposito vale altresì rimarcare che la stazione appaltante ha definito nella lettera di invito, e in particolare nel suo allegato II, il sistema di valutazione delle offerte, prevedendo l’attribuzione del punteggio mediante il metodo del confronto a coppie. Il criterio, quindi, è stato approvato in una fase della procedura, in cui si erano qualificati ed erano stati ammessi alla gara tre soggetti, che si sono successivamente ridotti a due, in quanto uno dei concorrenti invitati ha rinunciato a presentare l’offerta.

    Ne deriva che la conoscenza del numero reale delle offerte ammissibili è un post factum rispetto al momento della fissazione del criterio di valutazione, in guisa da non potere costituire elemento decisivo di condizionamento (cfr. CdS VI cit.).

    A questo riguardo il Collegio richiama il principio più volte affermato dalla giurisprudenza, secondo cui la stazione appaltante è tenuta al rigoroso rispetto delle regole fissate nella lex specialis alle quali la stessa si è autovincolata; il che preclude alla commissione giudicatrice di emendare i criteri del procedimento di gara e di adottare, in fase applicativa, modalità di assegnazione del punteggio non conformi a quelle prefigurate nel bando.

    8) Con il terzo motivo di censura, la ricorrente osserva che la nomina e la costituzione della Commissione giudicatrice sono avvenute, con determinazione dirigenziale del 24 dicembre 2002, anteriormente alla scadenza del termine di presentazione delle offerte, fissato per il successivo 13 ottobre 2003. Tale modus operandi della stazione appaltante avrebbe violato la disposizione di cui all’art.21, settimo comma, della legge n.109/94, nonché il principio teso a preservare le imprese concorrenti da qualunque condizionamento nella formulazione delle offerte, con conseguente illegittimità dell’intera procedura anche in via derivata.

    La doglianza è infondata.

    La disposizione invocata dalla ricorrente stabilisce che “la nomina e la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato ai concorrenti per la presentazione delle offerte”; tale norma, come è stato già chiarito dalla giurisprudenza della sezione, non costituisce espressione di un principio generale (cfr. TAR Lombardia, Milano III 23 dicembre 2002 n.5400).

    L’ambito oggettivo della legge n.104 è specificamente fissato, infatti, con esclusivo riguardo ai lavori pubblici, definiti espressamente nel comma 1 dell'art.2.

    Né è possibile conferire alla legge n. 109 valore di normativa di principio e di riferimento anche per le procedure di affidamento degli appalti di servizi nei settori esclusi. Questi, invero, trovano disciplina in una specifica normativa (D.Lgs. n. 158/95) e ciò non consente l’applicazione in via analogica di altre norme (cfr., per il principio, CdS V 10 giugno 2002 n.3207).

    Nelle gare, come quella in questione, per l'aggiudicazione di appalti di servizi nei settori esclusi trovano applicazione, invece, le norme generali di contabilità di Stato, dettate dal R.D. n. 2440/23 e dal relativo regolamento di esecuzione, le quali rimettono alla mera discrezionalità della Amministrazione la facoltà di avvalersi o meno del parere di una commissione all'uopo nominata, senza stabilire né modalità, né tempi della nomina e della costituzione (cfr. TAR Abruzzo, Pescara, 6 novembre 2003, n.924 TAR Campania, Napoli I, 23 marzo 2001, n.1274; TAR Marche, 26 maggio 2000, n.82; CdS VI, 3 dicembre 1998 n.1648).

    Nel caso di specie, la nomina della commissione di gara è stata disposta in applicazione dell’art.8 del regolamento provinciale per la disciplina dei contratti, che non contiene una regola analoga a quella invocata dalla ricorrente.

    Ne discende che non concreta un vizio della procedura la circostanza che la nomina della commissione sia intervenuta prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla gara, non rinvenendosi, per gli appalti pubblici di servizi per i c.d. settori esclusi una regola dal tenore corrispondente a quella eccezionale, stabilita dall’art.21, settimo comma, l.n.109/94 per gli appalti di opere pubbliche (cfr. questa Sezione, 16 marzo 2005 n.611).

    9) L’ultimo motivo del ricorso espone profili di censura che devono esaminarsi partitamente.

    9.1) Si assume, in primo luogo, che la documentazione di gara non consente di valutare l’effettiva valenza esecutiva delle offerte progettuali presentate dai concorrenti, con l’effetto aberrante di demandare alla fase successiva alla stipula contrattuale ogni verifica in ordine alla concreta eseguibilità delle proposte. Ciò, in particolare, con riguardo ai punti 1.3 e 1.1 della tabella contenuta nell’allegato II alla lettera di invito, nei quali si richiede alle concorrenti la sola indicazione del numero e della dislocazione dei depositi e dei punti di vendita, senza alcuna previsione circa gli strumenti goduti dall’offerente per garantire l’effettiva disponibilità di tali risorse in caso di aggiudicazione.

    La doglianza non ha fondamento.

    Non è dubbio che, nel procedere alla valutazione delle offerte, l’ente concedente sia tenuto ad apprezzare l’attendibilità delle proposte progettuali e la serietà dell’offerta, in base alle regole tecniche e al quadro economico di riferimento, dovendosi prevenire il rischio di disservizi legati all’inadempimento degli impegni assunti dall’offerente.

    E’ altresì certo che la presentazione dell’offerta non costituisca “una mera promessa”, ma vincoli il concorrente a garantire alla stazione appaltante i contenuti tecnici del servizio e tutte le prestazioni in essa previste, che - trasfuse nel contratto di servizio - si traducono in corrispondenti obblighi posti a carico dell’affidatario.

    Ciò non toglie che, con particolare riguardo alle dotazioni strumentali all’esecuzione del servizio, l’offerente - seppure sia tenuto a precisare nel progetto tecnico i mezzi e le strutture che intende impiegare per lo svolgimento del servizio - non sia tuttavia obbligato a garantire sin da tale fase l’effettiva disponibilità delle infrastrutture e dei mezzi indicati nell’offerta, che deve necessariamente sussistere al momento della sottoscrizione del contratto di servizio o con le tempistiche in esso previste.

    La tesi della ricorrente implica invece la necessità che tutti i concorrenti, già dalla fase di partecipazione alla gara, assumano una serie di impegni finanziari, non sostenuti dalla certezza di acquisire la commessa oggetto della procedura. Il che, non rispondendo ad alcun apprezzabile interesse della stazione appaltante, pare affatto illogico, non potendosi far gravare su tutti i partecipanti alla selezione oneri che si giustificano in funzione dell’attivazione del servizio e che devono quindi essere assunti soltanto dal soggetto che risulti affidatario del servizio medesimo.

    Del resto, come fa giustamente rilevare la difesa resistente, alla stazione appaltante è riconosciuto il potere di incamerare la cauzione provvisoria, nell’eventualità che gli impegni assunti con la presentazione dell’offerta vengano successivamente disattesi dal concorrente risultato aggiudicatario. La lettera di invito ha infatti espressamente considerato, tra le cause di escussione della cauzione provvisoria, ogni fatto dell’affidatario che determini la decadenza o la revoca dell’aggiudicazione o che impedisca il perfezionamento del contratto di servizio.

    Si tratta di un deterrente che, nel sistema degli appalti pubblici, riveste la specifica funzione di garantire la serietà e la realizzabilità degli impegni assunti con la presentazione dell’offerta.

    Deve quindi escludersi che la disciplina di gara presenti, per i profili considerati, elementi di indeterminatezza che impediscano di valutare l’effettiva valenza esecutiva dei contenuti tecnici delle offerte progettuali.

    9.2) Con altro profilo di censura la ricorrente sostiene l’illegittimità dell’operato della commissione per aver preferito la proposta progettuale di ARFEA, benchè la stessa fosse priva dei necessari contenuti di certezza in ordine alla sua fattibilità e per non aver proceduto ad alcuna verifica circa la concretezza delle soluzioni operative proposte.

    Ciò si assume, in particolare, con riguardo all’indicazione di cinque depositi e di ventiquattro officine, non sostenuta da elementi idonei a confortare detta enunciazione; nonché per l’indeterminatezza degli interventi d’emergenza, per l’implausibilità del parco autobus proposto, per l’astrattezza dei contenuti riferiti alla rete di vendita consistenti nella mera enumerazione di potenziali biglietterie, per l’indeterminatezza del sistema informatico, per l’inconsistenza degli impegni in merito alla manutenzione dei mezzi, degli impianti e delle infrastrutture e, infine, per l’astrattezza, ai confini dell’irrealizzabilità, dei contenuti progettuali relativi alla carta di mobilità e alla sua diffusione, nonché alle relazioni con l’utenza.

    Sui contenuti generali della censura il Collegio soggiunge, alle considerazioni già esposte, che la commissione giudicatrice, nella fase di valutazione del merito tecnico delle offerte in gara, condotta nella seduta del 10 marzo 2004, ha mostrato di apprezzare l’impegno profuso dai concorrenti per “assicurare una qualità aziendale di importante livello” e “avviare significativi piani di investimento finanziario”; il seggio di gara ha altresì sottolineato che la consistenza dei progetti presentati costituisse “espressione di un consolidato valore professionale delle aziende concorrenti”.

    L’organo tecnico, quindi, ha rinvenuto nell’affidabilità professionale delle imprese le garanzie di concreta realizzabilità degli impegni assunti dai concorrenti, senza condividere i sospetti manifestati dalla ricorrente circa l’implausibilità delle componenti dell’offerta presentata da ARFEA, ma al contrario rilevando che i contenuti progettuali di questa si presentassero “ben strutturati, dettagliati, compiutamente descritti” ed evidenziassero “diffusi miglioramenti quantitativi e qualitativi nell’esecuzione dei servizi”.

    Il che vale ad evidenziare come la preferenza accordata ad ARFEA costituisca il naturale precipitato della maggiore vantaggiosità economica dell’offerta e non possa invece ascriversi all’irresponsabile assunzione di impegni irrealizzabili.

    Venendo più in dettaglio all’esame dei punti controversi, il Collegio osserva che:

    - nella tabella 6 del progetto 1 (organizzazione del servizio) sono rappresentati graficamente il numero e la dislocazione territoriale delle officine e dei depositi. Al punto 2.9 del progetto 5 (piano degli interventi per la manutenzione) risulta confermata la presenza delle strutture di assistenza dislocate sul territorio compreso nella sottorete Oltrepò, che è garantita da ARFEA anche con ricorso a convenzioni per la fornitura dei servizi di officina (cfr. lista dei fornitori del sistema di qualità, allegato n.12 al progetto 5);

    - in mancanza di più concreti riscontri che possano sostenerne l’attendibilità, risulta poi generica l’affermazione della ricorrente, secondo cui la limitata consistenza numerica del parco autobus proposto da ARFEA (79 mezzi, a fronte degli 87 veicoli previsti da SAPO) “non sarebbe sufficiente ad assicurare il promesso servizio di emergenza”;

    - con riguardo alla rete di vendita, descritta nel progetto 3 dell’offerta tecnica ARFEA, la stessa si compone di 135 rivendite dislocate sul territorio, di cui 77 corrispondenti allo standard minimo di capitolato e 58 aggiuntive. ARFEA, quindi, ha offerto 4 rivendite aggiuntive in più rispetto alla ricorrente (il cui progetto ne prevede 54), il che le è valsa l’assegnazione, a mezzo dell’apposita formula di calcolo, di un punteggio per tale voce (2 punti), lievemente maggiore rispetto a quello conseguito dalla ricorrente (punti 1,862). Quanto all’asserita astrattezza dei relativi contenuti progettuali, si osserva che le proposte in gara non sembrano presentare sostanziali differenze; entrambe le concorrenti infatti si sono impegnate, l’una ad “acquisire in tempo utile tutti i punti vendita necessari alla realizzazione di una copertura totale del territorio dell’Oltrepò” (SAPO) e l’altra “non solo a garantire l’attivazione, entro sei mesi dall’attivazione del servizio, dei punti vendita assunti come standard minimi, ma …altresì punti vendita aggiuntivi” (ARFEA). Tuttavia, il solo progetto ARFEA presenta, a conferma degli impegni assunti, l’indicazione in una apposita tabella (allegato 2 al progetto 3) delle rivendite obbligatorie e aggiuntive che l’azienda ha dichiarato di aver istituito;

    - quanto al sistema informatico, lo stesso è stato ampiamente descritto dall’aggiudicataria nel progetto “Organizzazione del servizio e dell’esercizio”, ai punti 4 e 5 che definiscono rispettivamente i sistemi operativi di monitoraggio satellitare degli automezzi, nonché i programmi per la gestione del servizio (segnalazione guasti, pianificazione degli interventi di manutenzione e di pulizia, gestione dei turni del personale) e, infine, la struttura hardware del sistema informativo centrale e periferico.

    Risultano quindi prive di pregio le censure con cui la ricorrente ha sostenuto l’indeterminatezza e l’irrealizzabilità della proposta progettuale dell’affidataria.

    9.3) Da ultimo la ricorrente lamenta che la commissione ha omesso di valutare la remuneratività dell’offerta ARFEA, alla luce del rapporto tra i suoi ridondanti contenuti tecnici e le condizioni economiche che, in un settore inidoneo a garantire alle imprese significative economie di gestione, come quello del TPL, ne condizionano l’effettiva sostenibilità economica.

    Al riguardo, al fine di evidenziare l’infondatezza della censura nei termini in cui la stessa è stata formulata, il Collegio osserva che la verifica circa la sostenibilità dell’offerta va condotta in relazione a tutti gli elementi che, nella condizione data, concorrono a formare l’equilibrio economico della prestazione.

    Ciò vale, in particolare, come questa Sezione ha già avuto occasione di precisare, nel modello di gara flessibile e a costo netto, come quella di cui trattasi, nella quale gli introiti tariffari sono di spettanza del gestore e questi è stimolato ad attivare iniziative dirette non solo al contenimento dei costi operativi mediante miglioramenti nella gestione del servizio, ma anche all’incremento delle entrate, il cui volume può essere integrato con introiti diversi dai ricavi tariffari, come quelli derivanti dalla valorizzazione commerciale dei beni strumentali e può essere sviluppato in funzione della capacità strategica dell’impresa di progettare l’organizzazione del servizio e di incentivare l’uso dei mezzi pubblici di trasporto.

    Il gestore, infatti, può conseguire risultati positivi, modificando l’offerta del servizio mediante l’aumento delle frequenze sulle linee più redditizie, con corrispondente riduzione - nei limiti consentiti dagli obblighi di servizio -sulle linee a domanda debole, o ancora intensificando i controlli per il recupero dell’evasione tariffaria o migliorando la qualità del servizio per evitare la dispersione di utenti e ridurre l’uso dei mezzi di trasporto privato, o infine attraverso lo sfruttamento a fini pubblicitari degli impianti fissi (paline, pensiline) e dei mezzi di servizio.

    Al conseguimento di un risultato economicamente sostenibile concorrono quindi gli interventi volti al recupero dell’efficienza produttiva con il contenimento dei costi di produzione del servizio (i quali oltretutto non formano un dato costante, ma divergono in funzione del grado di efficienza tecnica ed economica delle singole aziende), nonché le iniziative dirette ad incrementare il volume dei ricavi del servizio.

    Il che vale ad evidenziare come, nel settore considerato, la valutazione circa l’attendibilità dell’offerta non possa condursi nei termini suggeriti dalla ricorrente, ma debba misurarsi con la capacità dell’impresa di conseguire risultati economicamente sostenibili.

    La circostanza che l’impresa aggiudicataria abbia proposto condizioni sensibilmente migliorative rispetto agli standard minimi richiesti dal capitolato di gara non può quindi costituire motivo da solo sufficiente a far dubitare della remuneratività dell’offerta e della serietà complessiva della proposta formulata dalla società controinteressata, dovendosi aver riguardo a tutti i fattori che concorrono ad assicurare lo svolgimento del servizio in condizioni favorevoli, garantendo al gestore la copertura dei costi aziendali e la remunerazione del servizio e che si legano anche alla capacità e all’efficienza produttiva dell’affidatario.

    La ricorrente, a sostegno della censura in esame, non ha invece offerto alcun elemento idoneo ad evidenziare che la misura dei costi per la produzione del servizio possa risultare tanto elevata da assorbire i margini di profitto a disposizione dell’affidataria, denotando così l’inaffidabilità e l’anomalia dell’offerta.

    10) In conclusione, il ricorso deve essere respinto, per l’infondatezza di tutte le censure con esso formulate.

    Il rigetto del ricorso comporta, di conseguenza, anche la reiezione della domanda di risarcimento danni presentata dalla ricorrente.

    Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, terza Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 218/05 così dispone:

- respinge il ricorso e la domanda di risarcimento danni, proposti da SAPO;

- compensa per intero le spese tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

     Così deciso in Milano il 29 giugno 2005 in camera di consiglio con l’intervento dei magistrati:

     Italo Riggio - presidente

     Domenico Giordano - cons. est.

     Daniele Dongiovanni - ref.

ric. n.218/05:sapo/provincia pavia/arfea


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