n. 604/05 Reg. Sent
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA
QUINTA SEZIONE DI NAPOLI
composto dai Signori Magistrati:
Carlo d’Alessandro Presidente
Ugo De Maio Consigliere
Diego Sabatino Referendario relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella camera di consiglio del 28 ottobre 2004 sul ricorso 731/2003 proposto da:
Grazia Vittoria, elettivamente domiciliata in Napoli, via San Giacomo 15, presso lo studio del procuratore avv. Giovanbattista Iazeolla, che la rappresenta e difende in virtù di mandato a margine del ricorso introduttivo
Ricorrente
contro
Comune di Napoli, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Napoli, presso l’Avvocatura comunale, unitamente ai procuratori avv. Vincenzo Cerulli Irelli, Edoardo Barone e Giuseppe Tarallo, che lo rappresentano e difendono in virtù di mandato in calce al ricorso notificato
Resistente
nonché
Massimo Pacifico, elettivamente domiciliato in Napoli, via Cesario Console 3, presso lo studio del procuratore avv. Riccardo Marone, che lo rappresenta e difende in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta
Controinteressato
per l’annullamento, previa sospensione,
1. degli atti indicati con il ricorso introduttivo, e precisamente:
- della nota prot. n. 5799 del Comune di Napoli del 21/11/2002;
- della nota prot. 35 del 18/11/2002 del Presidente della Commissione Concorsuale, allo stato non conosciuta;
- della graduatoria degli idonei alle prove orali;
- della delibera di G.C. del Comune di Napoli n.176 del 18/1/2002;
- della nota del Comune di Napoli con la quale viene comunicata la modifica del bando di concorso;
- della nota prot. n. 143 del 9/01/02 a firma dell’assessore Losa;
- della nota prot. n. 142 del 9/01/02 a firma dell’assessore Losa;
- della nota, priva di prot., a data e firma della dott.ssa Lidia Genovese;
- dell’ordinanza sindacale del 10/08/2001, prog. n. 145, prot. 2 del 10/08/01;
- di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente e conseguente agli atti impugnati;
2. degli atti indicati con i motivi aggiunti del 27 maggio 2003, e precisamente:
- della disposizione dirigenziale del Comune di Napoli n. 25 del 18.03.2003 con la quale si approva la graduatoria definitiva della procedura selettiva pubblica, per esami per la copertura di n. 17 posti di dirigente Area Amministrativa, bandita con delibera di G.C. del Comune di Napoli n. 4338 del 28/12/00;
- della graduatoria definitiva degli idonei alla procedura selettiva pubblica, per esami per la copertura di n. 17 posti di dirigente Area Amministrativa, bandita con delibera di G.C. del Comune di Napoli n. 4338 del 28/12/00;
Letto il ricorso ed i relativi allegati, e tutti gli atti di causa;
Udito il relatore alla pubblica udienza, Referendario Diego Sabatino;
Uditi altresì i difensori, come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto
Con ricorso iscritto al n. 731/2003, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:
- di aver partecipato alla procedura selettiva pubblica indetta in esecuzione delle delibera di G.C. del Comune di Napoli n. 4388 del 28 dicembre 2000, per la copertura, a mezzo di concorso per esami, di n. 17 posti di dirigente dell’area amministrativa;
- che il bando prevedeva che la detta procedura si sarebbe articolata nello svolgimento di due prove scritte ed una prova orale;
- che con successiva delibera di G.C. del Comune di Napoli n. 176 del 18 gennaio 2002 veniva stabilito di sopprimere la prima prova scritta della procedura, ossia quella consistente nello svolgimento di un elaborato su tematiche di ambito giuridico economico a carattere generale;
- che la parte ricorrente partecipava alla residua prova scritta residua e veniva dichiarata non idonea con comunicazione del 21 novembre 2002.
Ritenendo illegittimo il comportamento dell’Amministrazione, instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali, con contestuale istanza cautelare..
Si costituiva il Comune di Napoli chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Si costituiva altresì il controinteressato Massimo Pacifico, sollevando eccezioni.
All’udienza del 30 gennaio 2003, la causa veniva cancellata dal ruolo.
In data 27 maggio 2003, la parte ricorrente depositava motivi aggiunti notificati.
All’udienza del 16 ottobre 2003, il Collegio disponeva accertamenti istruttori, ed in specie l’acquisizione della documentazione della procedura in esame, e fissava l’udienza di rinvio.
Nelle more, in data 10 dicembre 2003, la parte ricorrente presentava istanza per la integrazione del contraddittorio a mezzo di pubblici proclami, provvedendo a ciò mediante pubblicazione sul B.U.R.C. del giorno 8 marzo 2004.
Alla successiva udienza del giorno 8 gennaio 2004, la causa veniva rinviata alla data del 4 marzo 2004.
In quella udienza, il Collegio, assunta la causa in decisione, con ordinanza n. 486/04 del 21 maggio 2004, disponeva l’integrazione del contraddittorio di fronte i controinteressati non evocati, fissando l’udienza di trattazione.
Alla successiva udienza del 21 ottobre 2004, veniva disposto un rinvio per consentire il deposito degli atti relativi alla integrazione del contraddittorio ed all’udienza del 28 ottobre 2004, il ricorso veniva discusso ed assunto in decisione.
Considerato in diritto
La natura concorsuale rende pertanto del tutto incontestabile il profilo di attribuzione della giurisdizione a questo Collegio.
Al fine della risoluzione della questione, appare peraltro necessario evidenziare come la parte ricorrente sia stata autorizzata, a norma di cui all’art. 16 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, alla integrazione del contraddittorio a mezzo di pubblici proclami e ciò in un momento processuale antecedente. Vi è stato quindi, da parte del procedente, una diversa modalità esecutiva per il raggiungimento dell’obiettivo della effettiva conoscenza, da parte dei controinteressati, della pendenza del giudizio.
Ciò che quindi rimane da valutare è se, esaminando in dettaglio il mezzo tecnico usato, i terzi controinteressati siano stati messi in condizione di cogliere la valenza dell’atto e quindi il loro eventuale interesse a contraddire la domanda azionata. Si tratta cioè di valutare se lo scopo prefisso dalla norma sia stato raggiunto. A tale fine, occorre pertanto valutare l’attività di notificazione svolta e quindi il contenuto della pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Campania, effettuata in data 8 marzo 2004.
In tale documento di partecipazione, a pagina 141, vi è la pubblicazione in questione, dove la parte, evidenziato di essere stata autorizzata all’utilizzo dei pubblici proclami con decreti presidenziali dal n. 19 al 29 del 26 gennaio 2004, ottenuti in relazione ad una consequenziale serie di ricorsi, indicava espressamente, sia il procedimento amministrativo a cui si riferiva l’impugnazione e gli atti direttamente aggrediti, sia i vizi ritenuti. In sintesi, nei limiti di effettiva conoscenza del Bollettino ufficiale, il testo pubblicato era idoneo a permettere al controinteressato, ossia al partecipante alla procedura di concorso, l’esistenza di una serie di ricorsi attinenti la regolarità della procedura e quindi la sussistenza di un proprio interesse alla eventuale costituzione in giudizio.
Ne deriva che, sulla scorta della concreta articolazione del pubblico proclama, non può ritenersi fondata l’eccezione proposta dalla parte resistente, e quindi deve ritenersi correttamente integrato il contraddittorio processuale.
L’articolazione dei motivi secondo tale gradualità di effetti determina una situazione in cui pare oggettivamente valutabile il diverso interesse della parte ricorrente all’accoglimento di uno o dell’altro dei profili di doglianza. Se infatti dovesse accogliersi un motivo di maggiore incidenza, ossia una censura che determinerebbe l’intera ripetizione della procedura, l’interesse stesso sarebbe certamente meno soddisfatto di quanto accadrebbe in caso di accoglimento di una ragione che permetta alla stessa parte la prosecuzione della selezione. Pertanto, la graduazione di rilevanza dei motivi, nonostante non sia espressamente indicata dalla difesa, è palese, in considerazione del diverso effetto utile che ne conseguirebbe la parte ricorrente. Ritiene pertanto il Collegio che, in presenza di un tale ordine di ragioni, l’esame delle censura vada svolto nel senso sopra indicato, ossia esaminando in via prioritaria le doglianze che consentirebbero una più integra soddisfazione dell’interesse leso.
Il Collegio non ritiene necessario esaminare funditus il tema dei limiti del sindacato giurisdizionale sull’operato della pubblica amministrazione quando agisce a mezzo di giudizi valutativi, nell’ambito della cd. discrezionalità tecnica. A tal fine può essere sufficiente ricordare le linee di tendenza espresse dalla giurisprudenza e ritenere quindi, da un lato, assodata la pertinenza al giudizio dell’accesso integrale al fatto, dall’altro, la permanenza di ambiti autonomi della pubblica amministrazione solo in presenza di accertamenti valutativi connotati dalla presenza di una obiettiva difficoltà della individuazione del canone di giudizio (sulla ragione di tale permanenza di un tale potere, Corte giustizia CE, 21 gennaio 1999, Upjohn Ltd. c. Licensing Auth. Established by the Medicines Act 1968).
Nel caso in specie, vertendosi nell’ambito della valutazione di una procedura concorsuale, appare a questo Collegio sufficiente la verifica della congruità tra le censure dedotte dalla parte ricorrente, che si affidano ad una mera doglianza sul comportamento tenuto dalla Commissione, ed il riscontro documentale emergente a seguito del deposito degli atti.
Va quindi evidenziato come, al contrario di quanto sostenuto dalla parte ricorrente, la Commissione, in maniera certamente stringata ma parimenti rispondente ai criteri di correzione autonomamente scelti con verbale n. 6 del giorno 8 marzo 2002, ha articolato le proprie valutazioni in relazione alla diverse prove concorsuali, esprimendo giudizi sintetici e differenziati.
Nel caso della ricorrente, a cui corrispondeva il numero 131 dell’elenco degli elaborati, è stato imputato, accanto al giudizio complessivo di “insufficiente”, la inesatta individuazione del procedimento e delle sue forme (“procedimento errato”) e la minore conoscenza degli istituti giuridici (“povertà nei contenuti”). Il criterio argomentativo della Commissione appare pertanto del tutto ricostruibile a posteriori e, in assenza di censure in merito alle valutazioni espresse, del tutto condivisibile.
La censura va quindi respinta
La palese carenza di interesse determina quindi il rigetto della censura.
Nel caso in specie, invece, il presidente sarebbe stato individuato nel professor Alfonso Cecere, il quale risulta essere assistente nel ruolo ad esaurimento dell’Università di Napoli, Facoltà di economia.
La censura deve essere quindi valutata sotto il doppio profilo, da un lato, della applicabilità della detta normativa alla procedura in questione, e, dall’altro lato, della esistenza in capo al presidente dei requisiti ex lege.
A giudizio delle difesa del Comune, l’interpretazione della norma del bando in esame va svolta tenendo presente che, da un lato, il citato D.P.R. 324 del 2000 ha valenza diretta solo per le Amministrazioni dello Stato, e dall’altro, in virtù della previsione di cui all’art. 111 del DLvo 18 agosto 2000 n. 267, le previsioni valide per tali amministrazioni avrebbero, in campo locale, il mero valore di indicazioni di principi a cui attenersi, mentre non potrebbero far ritenere applicabili anche le disposizioni di dettaglio. Pertanto, ferma la funzione dei principi generali, la norma oggetto di contestazione, ossia l’art. 4 comma 2 del D.P.R. 324 del 2000 non potrebbe essere applicata alla fattispecie in esame perché norma di dettaglio e non di carattere generale.
Il ricostruito criterio argomentativo, proposto dal resistente Comune, appare del tutto condivisibile se si pone mente al valore conformativo che possono avere, in sede di regolamentazione locale, le disposizioni generali imposte dallo Stato. È certamente vero che le norme di dettaglio, specifiche per le Amministrazioni statali, non possono essere applicate, in virtù di una forza propria, all’attività concorsuale degli enti territoriali locali.
Tuttavia, e qui è dato cogliere uno iato nella ricostruzione apparentemente sillogistica svolta dalla difesa del Comune, nella vicenda de qua, non è da valutare se la norma sia applicabile ex se (fatto che pare opinabile, come ben si argomenta nella memoria difensiva), ma se sia applicabile in quanto richiamata dal bando stesso. Si è, cioè, in una situazione in cui la disciplina contenuta in una fonte normativa diviene applicabile non per imposizione dell’ordinamento giuridico generale, ma per scelta diretta del soggetto attributario del potere regolamentare nel caso concreto. Qui è infatti il Comune di Napoli che, pur potendo autonomamente deliberare sulle modalità di nomina della commissione, preferisce optare per un rinvio alla normazione nazionale. Nulla infatti avrebbe impedito all’ente comunale di attuare una propria autonoma determinazione in merito ai criteri di scelta dei commissari di concorso. Tuttavia, tale scelta non vi è stata, essendosi invece il Comune avvalso della tecnica del recepimento della normativa già predisposta in sede statale.
La tecnica del rinvio, la cui scelta può essere consequenziale a più ragioni, non ultima quella di economia della produzione giuridica, implica, se non generalmente almeno nel caso in specie, che la regolamentazione della vicenda specifica avviene in base alle disposizioni vigenti nell’ordinamento a cui si fa riferimento. Ciò che è stato concretamente attuato, nel bando del Comune di Napoli, è allora la rimessione alla norma de qua, proveniente dall’ordinamento giuridico generale, del canone disciplinare per la scelta dei membri della commissione, mentre l’ente locale ha provveduto a dettare direttamente solo alcune regole procedimentali.
Il rinvio alla disposizione di cui all’art. 4 comma 2 del D.P.R. 8 settembre 2000 n. 324 deve quindi considerarsi integrale, salve le regole introdotte dal bando stesso. Ne deriva parimenti, essendo previsto espressamente dalla norma statale, la necessità di scegliere i componenti della commissione unicamente tra coloro in possesso dei titoli ivi indicati. Venendo quindi alla censura esposta dalla difesa della parte ricorrente, appare del tutto corretto richiedere che la scelta del presidente della commissione dovesse avvenire solo tra le categorie di persone ivi indicate, ossia “fra i dirigenti di amministrazioni pubbliche che ricoprano o abbiano ricoperto un incarico di direzione di uffici dirigenziali generali ovvero tra i magistrati del Consiglio di Stato o avvocati dello Stato, nonché tra i professori di prima fascia di università statali o equiparate, anche collocati a riposo”.
Qui la vicenda appare unicamente di fatto. Non vi è infatti contestazione tra le parti sulla circostanza che il detto professor Cecere non sia professore ordinario, ma unicamente assistente nel ruolo ad esaurimento dell’Università di Napoli, Facoltà di Economia. Anche il Comune di Napoli, elencando i titoli professionali e cattedratici del docente, illustra lo svolgimento di una vasta attività didattica, ma non può affermare la titolarità di un insegnamento di prima fascia in una università statale o equiparata.
Appare allora del tutto pacifico che la nomina del professore Cecere quale presidente della commissione di valutazione è in contrasto con la disposizione di cui all’art. 4 comma 2 del D.P.R. 8 settembre 2000 n. 324, non essendo il detto docente inserito in alcuna delle categorie indicate ex lege. La sua nomina, a decorrere dalla nota n. 145 del 10 agosto 2001 (atteso che con la precedente determina del 16 marzo 2001 n. 226, il professor Cecere assumeva unicamente il ruolo di componente), è stata quindi illegittima, e quindi l’intera attività svolta della commissione, dalla nomina dello stesso in poi, deve essere travolta, in via consequenziale per vizio derivato, dalla pronuncia di illegittimità.
In concreto, in relazione all’elenco degli atti impugnati con il ricorso, gli atti devono tutti annullati con l’eccezione di quelle che, non provenendo dalla commissione o non consequenziali ad attività della commissione stessa, non possono essere inficiati del vizio de qua. Tali sono quelli attinenti la modifica alla procedura concorsuale (delibera di G.C. del Comune di Napoli n.176 del 18/1/2002; nota del Comune di Napoli con la quale viene comunicata la modifica del bando di concorso; nota prot. n. 143 del 9/01/02 a firma dell’assessore Losa; nota prot. n. 142 del 9/01/02 a firma dell’assessore Losa; nota, priva di prot., a data e firma della dott.ssa Lidia Genovese), per la quale si è evidenziato la carenza di interesse della parte ricorrente. Tali atti quindi conservano la loro validità, mentre per gli altri deve essere disposto l’annullamento per illegittimità diretta o derivata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, quinta sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:
1. Accoglie il ricorso n. 731/2003 e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, nei limiti di quanto espresso in motivazione;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 28 ottobre 2004.
Carlo d’Alessandro Presidente
Diego Sabatino Referendario Estensore
Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Quinta sezione di Napoli
2003 00731 Sentenza , pag.