n. 604/05 Reg. Sent

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA CAMPANIA

QUINTA SEZIONE DI NAPOLI

composto dai Signori Magistrati:

Carlo d’Alessandro      Presidente

Ugo De Maio       Consigliere

Diego Sabatino      Referendario relatore

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella camera di consiglio del 28 ottobre 2004 sul ricorso 731/2003 proposto da:

Grazia Vittoria, elettivamente domiciliata in Napoli, via San Giacomo 15, presso lo studio del procuratore avv. Giovanbattista Iazeolla, che la rappresenta e difende in virtù di mandato a margine del ricorso introduttivo

Ricorrente

contro

Comune di Napoli, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Napoli, presso l’Avvocatura comunale, unitamente ai procuratori avv. Vincenzo Cerulli Irelli, Edoardo Barone e Giuseppe Tarallo, che lo rappresentano e difendono in virtù di mandato in calce al ricorso notificato

Resistente

nonché

Massimo Pacifico, elettivamente domiciliato in Napoli, via Cesario Console 3, presso lo studio del procuratore avv. Riccardo Marone, che lo rappresenta e difende in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta

Controinteressato

per l’annullamento, previa sospensione,

1. degli atti indicati con il ricorso introduttivo, e precisamente:

- della nota prot. n. 5799 del Comune di Napoli del 21/11/2002;

- della nota prot. 35 del 18/11/2002 del Presidente della Commissione Concorsuale, allo stato non conosciuta;

- della graduatoria degli idonei alle prove orali;

- della delibera di G.C. del Comune di Napoli n.176 del 18/1/2002;

- della nota del Comune di Napoli con la quale viene comunicata la modifica del bando di concorso;

- della nota prot. n. 143 del 9/01/02 a firma dell’assessore Losa;

- della nota prot. n. 142 del 9/01/02 a firma dell’assessore Losa;

- della nota, priva di prot., a data e firma della dott.ssa Lidia Genovese;

- dell’ordinanza sindacale del 10/08/2001, prog. n. 145, prot. 2 del 10/08/01;

- di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente e conseguente agli atti impugnati;

2. degli atti indicati con i motivi aggiunti del 27 maggio 2003, e precisamente:

- della disposizione dirigenziale del Comune di Napoli n. 25 del 18.03.2003 con la quale si approva la graduatoria definitiva della procedura selettiva pubblica, per esami per la copertura di n. 17 posti di dirigente Area Amministrativa, bandita con delibera di G.C. del Comune di Napoli n. 4338 del 28/12/00;

- della graduatoria definitiva degli idonei alla procedura selettiva pubblica, per esami per la copertura di n. 17 posti di dirigente Area Amministrativa, bandita con delibera di G.C. del Comune di Napoli n. 4338 del 28/12/00;

Letto il ricorso ed i relativi allegati, e tutti gli atti di causa;

Udito il relatore alla pubblica udienza, Referendario Diego Sabatino;

Uditi altresì i difensori, come da verbale d’udienza;

Ritenuto in fatto

Con ricorso iscritto al n. 731/2003, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:

- di aver partecipato alla procedura selettiva pubblica indetta in esecuzione delle delibera di G.C. del Comune di Napoli n. 4388 del 28 dicembre 2000, per la copertura, a mezzo di concorso per esami, di n. 17 posti di dirigente dell’area amministrativa;

- che il bando prevedeva che la detta procedura si sarebbe articolata nello svolgimento di due prove scritte ed una prova orale;

- che con successiva delibera di G.C. del Comune di Napoli n. 176 del 18 gennaio 2002 veniva stabilito di sopprimere la prima prova scritta della procedura, ossia quella consistente nello svolgimento di un elaborato su tematiche di ambito giuridico economico a carattere generale;

- che la parte ricorrente partecipava alla residua prova scritta residua e veniva dichiarata non idonea con comunicazione del 21 novembre 2002.

Ritenendo illegittimo il comportamento dell’Amministrazione, instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali, con contestuale istanza cautelare..

Si costituiva il Comune di Napoli chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

Si costituiva altresì il controinteressato Massimo Pacifico, sollevando eccezioni.

All’udienza del 30 gennaio 2003, la causa veniva cancellata dal ruolo.

In data 27 maggio 2003, la parte ricorrente depositava motivi aggiunti notificati.

All’udienza del 16 ottobre 2003, il Collegio disponeva accertamenti istruttori, ed in specie l’acquisizione della documentazione della procedura in esame, e fissava l’udienza di rinvio.

Nelle more, in data 10 dicembre 2003, la parte ricorrente presentava istanza per la integrazione del contraddittorio a mezzo di pubblici proclami, provvedendo a ciò mediante pubblicazione sul B.U.R.C. del giorno 8 marzo 2004.

Alla successiva udienza del giorno 8 gennaio 2004, la causa veniva rinviata alla data del 4 marzo 2004.

In quella udienza, il Collegio, assunta la causa in decisione, con ordinanza n. 486/04 del 21 maggio 2004, disponeva l’integrazione del contraddittorio di fronte i controinteressati non evocati, fissando l’udienza di trattazione.

Alla successiva udienza del 21 ottobre 2004, veniva disposto un rinvio per consentire il deposito degli atti relativi alla integrazione del contraddittorio ed all’udienza del 28 ottobre 2004, il ricorso veniva discusso ed assunto in decisione.

Considerato in diritto

  1. Lo scrutinio dei profili sostanziale della vicenda in oggetto, che coinvolge una procedura concorsuale di notevole rilievo nell’ambito organizzativo del Comune di Napoli, va preceduto, secondo l’ordine giuridico ed argomentativo canonizzato negli artt. 275 e sgg c.p.c., dall’esame delle eccezioni preliminari. In dettaglio occorre soffermarsi, da un lato, sulla vicenda del supposto difetto di giurisdizione, sollevato dalla difesa della parte controinteressata, e per altro verso, sulla eccepita mancata integrazione del contraddittorio, che la parte pubblica resistente imputa alla parte ricorrente.
    1. Per quanto attiene la prima eccezione, va evidenziato che la stessa è stata sollevata prima della pronuncia della Suprema corte n. 15403 del 15 ottobre 2003. A tale fondamentale arresto, del quale il Collegio condivide integralmente l’iter argomentativo, si può fare espresso riferimento, ricordando come spetti a questo Giudice la valutazione delle procedure per l’assunzione nelle pubblica amministrazione ed anche interne, ogni qualvolta si sia in presenza di una procedura concorsuale. Appare quindi essenziale evidenziare come, nella fattispecie de qua, l’attività svolta dall’ente pubblico sia stata proprio nei detti termini, procedendo ad una valutazione d’esame tra i diversi partecipanti e giungendo alla redazione di una graduatoria finale.

La natura concorsuale rende pertanto del tutto incontestabile il profilo di attribuzione della giurisdizione a questo Collegio.

    1. In relazione alla seconda doglianza preliminare, va chiarito che la censura attiene alla circostanza che, nonostante l’ordinanza del Collegio n. 486/04 del 21 maggio 2004, con cui si disponeva l’integrazione del contraddittorio di fronte i controinteressati non evocati, non vi sia stato adempimento.

Al fine della risoluzione della questione, appare peraltro necessario evidenziare come la parte ricorrente sia stata autorizzata, a norma di cui all’art. 16 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, alla integrazione del contraddittorio a mezzo di pubblici proclami e ciò in un momento processuale antecedente. Vi è stato quindi, da parte del procedente, una diversa modalità esecutiva per il raggiungimento dell’obiettivo della effettiva conoscenza, da parte dei controinteressati, della pendenza del giudizio.

Ciò che quindi rimane da valutare è se, esaminando in dettaglio il mezzo tecnico usato, i terzi controinteressati siano stati messi in condizione di cogliere la valenza dell’atto e quindi il loro eventuale interesse a contraddire la domanda azionata. Si tratta cioè di valutare se lo scopo prefisso dalla norma sia stato raggiunto. A tale fine, occorre pertanto valutare l’attività di notificazione svolta e quindi il contenuto della pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Campania, effettuata in data 8 marzo 2004.

In tale documento di partecipazione, a pagina 141, vi è la pubblicazione in questione, dove la parte, evidenziato di essere stata autorizzata all’utilizzo dei pubblici proclami con decreti presidenziali dal n. 19 al 29 del 26 gennaio 2004, ottenuti in relazione ad una consequenziale serie di ricorsi, indicava espressamente, sia il procedimento amministrativo a cui si riferiva l’impugnazione e gli atti direttamente aggrediti, sia i vizi ritenuti. In sintesi, nei limiti di effettiva conoscenza del Bollettino ufficiale, il testo pubblicato era idoneo a permettere al controinteressato, ossia al partecipante alla procedura di concorso, l’esistenza di una serie di ricorsi attinenti la regolarità della procedura e quindi la sussistenza di un proprio interesse alla eventuale costituzione in giudizio.

Ne deriva che, sulla scorta della concreta articolazione del pubblico proclama, non può ritenersi fondata l’eccezione proposta dalla parte resistente, e quindi deve ritenersi correttamente integrato il contraddittorio processuale.

  1. Il concorso indetto con delibera delibera di G.C. del Comune di Napoli n. 4388 del 28 dicembre 2000, per la copertura, a mezzo di concorso per esami, di n. 17 posti di dirigente dell’area amministrativa, è stato gravato dalla parte ricorrente di una pluralità di motivi di gravame, non omogenei dal punto di vista dell’incidenza sulla procedura concorsuale in sé. Infatti, accanto a ragioni che mirano a conservare alla parte ricorrente l’aspettativa per il prosieguo dell’attività concorsuale, e che quindi toccano solo l’attività amministrativa svolta in relazione al singolo soggetto concorrente, ve ne sono altri che riguardano la procedura considerata globalmente. In questo caso, l’interesse della parte ricorrente sarebbe soddisfatto non in via immediata, ossia dal soddisfacimento del desiderio di acquisire il detto profilo professionale, ma dalla possibilità di una riedizione dell’attività concorsuale, consequenziale alla caducazione dell’intero operato della pubblica amministrazione.

L’articolazione dei motivi secondo tale gradualità di effetti determina una situazione in cui pare oggettivamente valutabile il diverso interesse della parte ricorrente all’accoglimento di uno o dell’altro dei profili di doglianza. Se infatti dovesse accogliersi un motivo di maggiore incidenza, ossia una censura che determinerebbe l’intera ripetizione della procedura, l’interesse stesso sarebbe certamente meno soddisfatto di quanto accadrebbe in caso di accoglimento di una ragione che permetta alla stessa parte la prosecuzione della selezione. Pertanto, la graduazione di rilevanza dei motivi, nonostante non sia espressamente indicata dalla difesa, è palese, in considerazione del diverso effetto utile che ne conseguirebbe la parte ricorrente. Ritiene pertanto il Collegio che, in presenza di un tale ordine di ragioni, l’esame delle censura vada svolto nel senso sopra indicato, ossia esaminando in via prioritaria le doglianze che consentirebbero una più integra soddisfazione dell’interesse leso.

  1. Assiologicamente preminente, secondo il criterio sopra descritto, è allora la censura sulla erroneità della valutazione operata dalla Commissione esaminatrice sull’elaborato della parte ricorrente, censura la cui priorità si fonda sulla circostanza che, se fondata, permetterebbe di raggiungere un risultato di maggior pregnanza per la tutela dell’interesse azionato. La censura de qua è formulata nel sesto motivo del ricorso principale (e reiterata senza particolari modificazioni nei motivi aggiunti), come violazione dell’art. 3 e 97 Cost; violazione art. 3 e sgg. della legge 241/90; difetto di congrua motivazione e di corretta valutazione delle prove selettive da parte della Commissione d’esame. In sintesi, la parte ricorrente si duole di una affrettata e sintetica decisione sul valore del proprio elaborato, tant’è che la Commissione si sarebbe attenuta a mere clausole di stile, peraltro ripetute in relazione ai diversi ricorrenti.
    1. L’assunto è infondato e non trova riscontro agli atti.

Il Collegio non ritiene necessario esaminare funditus il tema dei limiti del sindacato giurisdizionale sull’operato della pubblica amministrazione quando agisce a mezzo di giudizi valutativi, nell’ambito della cd. discrezionalità tecnica. A tal fine può essere sufficiente ricordare le linee di tendenza espresse dalla giurisprudenza e ritenere quindi, da un lato, assodata la pertinenza al giudizio dell’accesso integrale al fatto, dall’altro, la permanenza di ambiti autonomi della pubblica amministrazione solo in presenza di accertamenti valutativi connotati dalla presenza di una obiettiva difficoltà della individuazione del canone di giudizio (sulla ragione di tale permanenza di un tale potere, Corte giustizia CE, 21 gennaio 1999, Upjohn Ltd. c. Licensing Auth. Established by the Medicines Act 1968).

Nel caso in specie, vertendosi nell’ambito della valutazione di una procedura concorsuale, appare a questo Collegio sufficiente la verifica della congruità tra le censure dedotte dalla parte ricorrente, che si affidano ad una mera doglianza sul comportamento tenuto dalla Commissione, ed il riscontro documentale emergente a seguito del deposito degli atti.

Va quindi evidenziato come, al contrario di quanto sostenuto dalla parte ricorrente, la Commissione, in maniera certamente stringata ma parimenti rispondente ai criteri di correzione autonomamente scelti con verbale n. 6 del giorno 8 marzo 2002, ha articolato le proprie valutazioni in relazione alla diverse prove concorsuali, esprimendo giudizi sintetici e differenziati.

Nel caso della ricorrente, a cui corrispondeva il numero 131 dell’elenco degli elaborati, è stato imputato, accanto al giudizio complessivo di “insufficiente”, la inesatta individuazione del procedimento e delle sue forme (“procedimento errato”) e la minore conoscenza degli istituti giuridici (“povertà nei contenuti”). Il criterio argomentativo della Commissione appare pertanto del tutto ricostruibile a posteriori e, in assenza di censure in merito alle valutazioni espresse, del tutto condivisibile.

La censura va quindi respinta

  1. Sempre seguendo l’ordine degli interessi, va ora esaminata la censura secondo la quale sarebbe stata illegittimamente modificata la procedura di selezione, eliminando una delle prove scritte. La censura è articolata sotto vari profili e con autonomi punti di doglianza. In primo luogo, si aggredisce il provvedimento in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/90; eccesso di potere per illegittimità manifesta, ingiustizia manifesta e disparità di trattamento. Secondo tale ipotesi, la modifica, intervenuta a termini di presentazione delle domande già spirata, sarebbe lesiva sia dei candidati partecipanti che di quelli non partecipanti, per ledere la loro aspettativa allo svolgimento della prova scritta. In secondo luogo, si evidenzia violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere per illogicità manifesta, carenza di istruttoria, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta. In dettaglio, si afferma che l’eliminazione della seconda prova non consentirebbe la corretta valutazione dei candidati. In terzo luogo, si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 111 del Dlvo 267/00; violazione dell’art. 5 del D.P.R. 324/00 in relazione alla tipologia di prove da sostenere in caso di concorso ex art. 28 Dlvo 29/93; violazione artt. 3 e 97 Cost.; violazione art. 1 della legge 241/90; violazione art. 28 Dlvo 29/93 e successive modifiche; eccesso di potere per sviamento. In questo caso, sarebbe oggetto di censura la possibilità stessa per il Comune di modificare la prova concorsuale in tal senso, venendo ad incidere su una normativa di rango superiore.
    1. L’assunto, in tutte le sue articolazioni, è palesemente infondato, sulla scorta della motivazione che la parte ricorrente non ha alcun interesse all’accoglimento della censura così prospettata. Infatti, da un lato, la parte stessa è stata esclusa, e legittimamente come sopra visto, dalla selezione per non aver superato la prima prova, e non ha quindi alcuna ragione per dolersi della eliminazione di una prova alla quale non avrebbe comunque potuto partecipare. Dall’altro, in relazione alla eventuale lesione di terzi non partecipanti al concorso, non è dato cogliere quale legittimazione abbia la parte ricorrente a vantare profili di doglianza spettanti a terzi. Peraltro, in tale ottica, la ricorrente non avrebbe neppure un beneficio dalla riedizione dell’attività amministrativa, in quanto questa avverrebbe a valle della sua esclusione, ossia la procedura riprenderebbe introducendo una nuova prova successiva alla prima già svolta. La parte ricorrente non potrebbe però parteciparvi, essendo stata già esclusa dall’esito del primo scrutinio.

La palese carenza di interesse determina quindi il rigetto della censura.

  1. Ultimo profilo di censura, di valore più generale ed incidente sull’intera procedura, attiene alla regolarità della composizione della commissione di valutazione. Secondo i vari profili di censura, l’illegittimità si concentrerebbe nella scelta del presidente dell’organo straordinario. Si afferma infatti che, sulla scorta del richiamo, operato dal bando di concorso, al D.P.R. 8 settembre 2000 n. 324 “Regolamento recante disposizioni in materia di accesso alla qualifica di dirigente, a norma dell'art. 28, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29”, stante l’art. 4 comma 2, il presidente avrebbe dovuto essere scelto “fra i dirigenti di amministrazioni pubbliche che ricoprano o abbiano ricoperto un incarico di direzione di uffici dirigenziali generali ovvero tra i magistrati del Consiglio di Stato o avvocati dello Stato, nonché tra i professori di prima fascia di università statali o equiparate, anche collocati a riposo”.

Nel caso in specie, invece, il presidente sarebbe stato individuato nel professor Alfonso Cecere, il quale risulta essere assistente nel ruolo ad esaurimento dell’Università di Napoli, Facoltà di economia.

La censura deve essere quindi valutata sotto il doppio profilo, da un lato, della applicabilità della detta normativa alla procedura in questione, e, dall’altro lato, della esistenza in capo al presidente dei requisiti ex lege.

    1. In ordine al primo profilo, non può non evidenziarsi come il richiamo contenuto nel bando di gara sia del tutto diretto. Nel corpo della delibera n. 4338 del 28 dicembre 2000 “Indizione di una procedura selettiva pubblica, per esami, per la copertura di n. 17 posti di dirigente di area amministrativa”, si legge, a pagina 3, “che, ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. 8.9.2000 n. 324, la commissione esaminatrice è nominata con provvedimento monocratico ed è composta dal presidente e da due membri esperti nelle materie oggetto del concorso …”. Alcuna altra indicazione, in relazione alle qualità personali del presidente, emerge dal detto atto, che si limita a rinviare, senza altra mediazione, alle previsioni del citato D.P.R..

A giudizio delle difesa del Comune, l’interpretazione della norma del bando in esame va svolta tenendo presente che, da un lato, il citato D.P.R. 324 del 2000 ha valenza diretta solo per le Amministrazioni dello Stato, e dall’altro, in virtù della previsione di cui all’art. 111 del DLvo 18 agosto 2000 n. 267, le previsioni valide per tali amministrazioni avrebbero, in campo locale, il mero valore di indicazioni di principi a cui attenersi, mentre non potrebbero far ritenere applicabili anche le disposizioni di dettaglio. Pertanto, ferma la funzione dei principi generali, la norma oggetto di contestazione, ossia l’art. 4 comma 2 del D.P.R. 324 del 2000 non potrebbe essere applicata alla fattispecie in esame perché norma di dettaglio e non di carattere generale.

Il ricostruito criterio argomentativo, proposto dal resistente Comune, appare del tutto condivisibile se si pone mente al valore conformativo che possono avere, in sede di regolamentazione locale, le disposizioni generali imposte dallo Stato. È certamente vero che le norme di dettaglio, specifiche per le Amministrazioni statali, non possono essere applicate, in virtù di una forza propria, all’attività concorsuale degli enti territoriali locali.

Tuttavia, e qui è dato cogliere uno iato nella ricostruzione apparentemente sillogistica svolta dalla difesa del Comune, nella vicenda de qua, non è da valutare se la norma sia applicabile ex se (fatto che pare opinabile, come ben si argomenta nella memoria difensiva), ma se sia applicabile in quanto richiamata dal bando stesso. Si è, cioè, in una situazione in cui la disciplina contenuta in una fonte normativa diviene applicabile non per imposizione dell’ordinamento giuridico generale, ma per scelta diretta del soggetto attributario del potere regolamentare nel caso concreto. Qui è infatti il Comune di Napoli che, pur potendo autonomamente deliberare sulle modalità di nomina della commissione, preferisce optare per un rinvio alla normazione nazionale. Nulla infatti avrebbe impedito all’ente comunale di attuare una propria autonoma determinazione in merito ai criteri di scelta dei commissari di concorso. Tuttavia, tale scelta non vi è stata, essendosi invece il Comune avvalso della tecnica del recepimento della normativa già predisposta in sede statale.

La tecnica del rinvio, la cui scelta può essere consequenziale a più ragioni, non ultima quella di economia della produzione giuridica, implica, se non generalmente almeno nel caso in specie, che la regolamentazione della vicenda specifica avviene in base alle disposizioni vigenti nell’ordinamento a cui si fa riferimento. Ciò che è stato concretamente attuato, nel bando del Comune di Napoli, è allora la rimessione alla norma de qua, proveniente dall’ordinamento giuridico generale, del canone disciplinare per la scelta dei membri della commissione, mentre l’ente locale ha provveduto a dettare direttamente solo alcune regole procedimentali.

Il rinvio alla disposizione di cui all’art. 4 comma 2 del D.P.R. 8 settembre 2000 n. 324 deve quindi considerarsi integrale, salve le regole introdotte dal bando stesso. Ne deriva parimenti, essendo previsto espressamente dalla norma statale, la necessità di scegliere i componenti della commissione unicamente tra coloro in possesso dei titoli ivi indicati. Venendo quindi alla censura esposta dalla difesa della parte ricorrente, appare del tutto corretto richiedere che la scelta del presidente della commissione dovesse avvenire solo tra le categorie di persone ivi indicate, ossia “fra i dirigenti di amministrazioni pubbliche che ricoprano o abbiano ricoperto un incarico di direzione di uffici dirigenziali generali ovvero tra i magistrati del Consiglio di Stato o avvocati dello Stato, nonché tra i professori di prima fascia di università statali o equiparate, anche collocati a riposo”.

    1. Ritenuta allora l’applicabilità della detta normativa alla procedura in questione, va scrutinato il secondo corno della questione, ossia l’esistenza in capo al presidente dei requisiti ex lege.

Qui la vicenda appare unicamente di fatto. Non vi è infatti contestazione tra le parti sulla circostanza che il detto professor Cecere non sia professore ordinario, ma unicamente assistente nel ruolo ad esaurimento dell’Università di Napoli, Facoltà di Economia. Anche il Comune di Napoli, elencando i titoli professionali e cattedratici del docente, illustra lo svolgimento di una vasta attività didattica, ma non può affermare la titolarità di un insegnamento di prima fascia in una università statale o equiparata.

Appare allora del tutto pacifico che la nomina del professore Cecere quale presidente della commissione di valutazione è in contrasto con la disposizione di cui all’art. 4 comma 2 del D.P.R. 8 settembre 2000 n. 324, non essendo il detto docente inserito in alcuna delle categorie indicate ex lege. La sua nomina, a decorrere dalla nota n. 145 del 10 agosto 2001 (atteso che con la precedente determina del 16 marzo 2001 n. 226, il professor Cecere assumeva unicamente il ruolo di componente), è stata quindi illegittima, e quindi l’intera attività svolta della commissione, dalla nomina dello stesso in poi, deve essere travolta, in via consequenziale per vizio derivato, dalla pronuncia di illegittimità.

In concreto, in relazione all’elenco degli atti impugnati con il ricorso, gli atti devono tutti annullati con l’eccezione di quelle che, non provenendo dalla commissione o non consequenziali ad attività della commissione stessa, non possono essere inficiati del vizio de qua. Tali sono quelli attinenti la modifica alla procedura concorsuale (delibera di G.C. del Comune di Napoli n.176 del 18/1/2002; nota del Comune di Napoli con la quale viene comunicata la modifica del bando di concorso; nota prot. n. 143 del 9/01/02 a firma dell’assessore Losa; nota prot. n. 142 del 9/01/02 a firma dell’assessore Losa; nota, priva di prot., a data e firma della dott.ssa Lidia Genovese), per la quale si è evidenziato la carenza di interesse della parte ricorrente. Tali atti quindi conservano la loro validità, mentre per gli altri deve essere disposto l’annullamento per illegittimità diretta o derivata.

  1. La particolarità della vicenda giustifica l’integrale compensazione delle spese tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, quinta sezione di Napoli, definitivamente pronunciando, disattesa e respinta ogni diversa istanza, domanda, deduzione ed eccezione, così provvede:

1. Accoglie il ricorso n. 731/2003 e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati, nei limiti di quanto espresso in motivazione;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 28 ottobre 2004.

Carlo d’Alessandro   Presidente

Diego Sabatino  Referendario Estensore

Tribunale amministrativo regionale per la Campania – Quinta sezione di Napoli



2003 00731 Sentenza , pag.