REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale dell'Umbria ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 8/2005, proposto dalla RICCI NATALE & C. S.A.S. (ora RICCI S.R.L. FORNITURE ALIMENTARI), con sede in Cesenatico (FO), in persona del legale rappresentante pro-tempore Tiziano Ricci, rappresentato e difeso dagli avv.ti Eugenio Lequaglie e Giuseppe La Spina, quest’ultimo anche domiciliatario in Perugia, alla Via Baglioni n. 36;
l’ Agenzia per il Diritto allo Studio Universitario della Regione dell’Umbria – A.Di.S.U., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, anche domiciliataria alla Via degli Offici, n. 14;
e nei confronti
della Cecioni Catering S.r.l., con sede in Calenzano (FI), in persona del legale rappresentante pro-tempore Simone Cavicchi, rappresentata e difesa dall’avv. Piero Fidanza e domiciliato presso la Segreteria del Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria;
per l’annullamento
dell’avviso di gara dell’A.Di.S.U relativo a n. 3 pubblici incanti per la fornitura di generi per la mensa centrale per l’anno 2005, pubblicato sul B.U.R. del 21 settembre 2004, nella parte in cui prevede che i plichi contenenti le offerte devono pervenire all’A.Di.S.U. entro le ore 12 del giorno 29/11/2004 esclusivamente per posta o a mezzo dei servizi privati di recapito postale; del provvedimento di non ammissione della ricorrente al pubblico incanto per il lotto n. 2 e della contestuale aggiudicazione provvisoria al controinteressato; della determinazione del dirigente preposto all’Assegnazione Provvidenze e Gestione Servizi n. 748 in data 20 dicembre 2004, di aggiudicazione definitiva del lotto n. 2; di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, ivi compreso il contratto di fornitura stipulato con l’aggiudicatario;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia e della controinteressata intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Alla pubblica udienza del 29 giugno 2005, data per letta la relazione del Cons. Pierfrancesco Ungari, uditi i difensori delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:
FATTO E DIRITTO
1. L’Agenzia per il Diritto allo Studio Universitario della regione dell’Umbria (A.Di.S.U.), con avviso di gara pubblicato sul B.U.R. del 21 settembre 2004, ha bandito tre pubblici incanti per la fornitura di (tre lotti distinti di) generi alimentari destinati alla mensa di Via Pascoli per l’anno 2005.
Il punto 7 dell’avviso prevedeva che i plichi contenenti le offerte dovessero “pervenire all’Agenzia, all’indirizzo in oggetto (vale a dire, alla sede degli uffici dell’Agenzia), pena esclusione, non più tardi delle ore 12,00 del giorno 29/11/2004, esclusivamente per posta o a mezzo dei servizi privati di recapito postale”.
La società ricorrente ha presentato offerta per il lotto n. 2 (pesce, carni congelate, etc.), consegnando in data 26 novembre 2004 il plico presso l’agenzia n. 1 di Perugia delle Poste Italiane, dove sapeva essere il recapito postale dell’ente appaltante in “casella aperta”.
Senonché, in sede di verifica della regolarità della presentazione delle offerte, si riscontrava che il plico della ricorrente era pervenuto presso gli uffici dell’A.Di.S.U. soltanto alle ore 14,50 del giorno 29 novembre 2004, cioè quasi tre ore dopo la scadenza prevista. Per tale motivo, dopo approfondimenti (cfr. relazione dell’Ufficio Archivio e Protocollo prot. 63 in data 9 dicembre 2004, trasmessa con nota dell’Ufficio Affari Generali prot. 11070 in data 10 dicembre 2004, dove si afferma che alla scadenza del termine previsto dal bando il plico non era disponibile per il ritiro presso l’agenzia postale n. 1, in quanto sarebbe stato “smistato erroneamente” presso il centro di Via Mario Angeloni, dove è stato ritirato dagli addetti dell’A.Di.S.U.), l’offerta della ricorrente veniva esclusa (cfr. verbale di gara in data 13 dicembre 2004) e l’appalto veniva definitivamente aggiudicato all’unica altra impresa offerente (cfr. determinazione dirigenziale n. 748 in data 20 dicembre 2004).
2. La società ricorrente, sottolineando che la propria offerta era la più vantaggiosa, impugna l’esclusione e la conseguente aggiudicazione alla concorrente, unitamente alla clausola di cui al punto 7 del bando, prospettando censure così sintetizzabili:
- sussiste violazione e mancata applicazione dell’articolo 36 del D.P.R. 655/1982, in base al quale l’offerta avrebbe dovuto considerarsi tempestivamente pervenuta;
- la clausola del bando che non consente la presentazione tramite consegna diretta a mani risulta irragionevolmente onerosa e limitativa delle possibilità di partecipazione, in quanto addossa ai concorrenti l’imponderabile rischio del disservizio postale.
Con successiva memoria, ritualmente notificata, ha chiesto la reintegrazione in forma specifica ed il risarcimento del danno per equivalente.
3. Si sono costituite in giudizio l’A.Di.S.U. e la società aggiudicataria ed hanno controdedotto puntualmente.
4. Il ricorso è fondato e dev’essere accolto, nei sensi appresso indicati.
4.1. Va anzitutto sottolineato come non venga contestato che l’offerta della ricorrente sia più vantaggiosa di quella dell’aggiudicataria (né vengano rilevate altre ragioni preclusive dell’aggiudicazione alla ricorrente, qualora la sua offerta risultasse tempestivamente pervenuta).
E’ altresì condiviso dalle parti il susseguirsi dei fatti che hanno condotto alla consegna materiale dell’offerta della ricorrente nelle mani degli addetti dell’A.Di.S.U. soltanto quando il termine previsto dall’avviso era scaduto.
Peraltro, ai fini della decisione, non è necessario stabilire se detto esito sia il frutto di un “disguido” (disfunzione operativa) imputabile alle Poste Italiane (come sostiene l’A.Di.S.U.), ovvero sia il risultato di una normale (e legittima) prassi di funzionamento dell’organizzazione del servizio postale.
4.2. La regola generale della presentazione diretta dell'offerta costituisce espressione di un principio di libertà che non può essere derogata dal bando di gara; pertanto in linea di principio non può ammettersi che l’amministrazione vieti la consegna diretta e faccia gravare sui concorrenti il rischio del mancato rispetto di formalità che non sono nella loro disponibilità (cfr. tra le altre, Cons. Stato, IV, 20 settembre 2000, n. 4934; IV, 20 ottobre 1998, n. 888; VI, 26 settembre 2003, n. 5504).
Se pure una previsione in tal senso della lex specialis in alcuni casi è stata ritenuta legittima in quanto rispondente in concreto ad un interesse pubblico (cfr. Cons. Stato, V, 16 luglio 2002, n. 3964; 27 settembre 1999, n. 813) - come può avvenire, ad esempio, in presenza di esigenze organizzative dell’amministrazione procedente legate all’alto numero dei concorrenti, ovvero della utilità della clausola a garantire la effettiva par condicio evitando che qualcuno possa conoscere preventivamente il numero e la qualità dei partecipanti - occorre che venga comunque salvaguardabile l’interesse dei concorrenti a non risentire delle conseguenze di un comportamento altrui (servizio postale o agenzia privata di recapito). In questa prospettiva, poiché, sulla base dell’art. 36 del D.P.R. 655/1982, la corrispondenza inviata ad una pubblica amministrazione deve intendersi pervenuta al destinatario fin dal momento in cui è nella giuridica disponibilità del medesimo presso l’ufficio postale di destinazione, è pacifico che quando l’amministrazione non consente la presentazione a mano presso i propri uffici delle offerte, essa ha l’obbligo di ritirare nel momento in cui scade il termine per la presentazione delle offerte stesse tutta la corrispondenza giacente presso l’ufficio postale (cfr., tra le altre, Cons. Stato, V, 27 settembre 1999, n. 813; T.A.R. Puglia Lecce, II, 13 dicembre 2003, n. 8911; T.A.R. Basilicata, 18 luglio 2003, n. 773; T.A.R. Marche, 17 maggio 2003, n. 331; T.A.R. Calabria Catanzaro, II, 26 settembre 2001, n. 1448).
Nella medesima prospettiva, questo Tribunale ha ritenuto che la consegna a mano delle offerte direttamente da parte dell’interessato, quale unica modalità idonea ad evitare al concorrente il rischio dell’intempestività derivante da un comportamento non diligente di terzi (si ripete, servizio postale o agenzia privata), deve ritenersi consentita ogni volta che non sia espressamente esclusa dal bando (cfr. sent. 30 aprile 2004, n. 205).
Tuttavia, di fronte all’oggettiva incertezza sulla portata effettiva del bando (che non consenta, né vieti espressamente la consegna diretta), occorre che la posizione dei concorrenti (i quali, com’è avvenuto per la ricorrente, per timore di incorrere in inammissibilità non abbiano provveduto alla consegna diretta) venga adeguatamente tutelata dal rischio suindicato.
Ora, l’applicazione dell’art. 36, citato, non avrebbe una effettiva valenza garantista qualora la suddetta “giuridica disponibilità” venisse sempre e comunque fatta coincidere con la disponibilità di fatto, cioè con la consegna da parte dell’ufficio postale, restando a carico dell’interessato il rischio che, per i motivi più vari (di carattere patologico, come nell’ipotesi di errore o negligenza degli operatori del servizio postale; ma anche in forza di disposizioni organizzative che prevedano lo smistamento della posta ed il passaggio attraverso diversi uffici, prima dell’inserimento nella “posta giacente” destinata all’amministrazione, magari – come nel caso in esame - nello stesso ufficio postale nel quale la posta era stata originariamente consegnata), l’offerta non sia materialmente disponibile al momento prefissato.
Non vale, in contrario, invocare l’articolo 75, commi 4 e 5 del R.D. 827/1924, secondo cui, in caso di recapito delle offerte a mezzo della posta o di terzi, rimane a rischio del concorrente ogni disguido che determini il mancato o il ritardato recapito. Tale disposizione, infatti, è collocata in un contesto normativo che presuppone la possibilità della consegna diretta (la consegna per mezzo della posta o di terze persone è ivi prevista “quando ciò non sia inibito dall’amministrazione nell’avviso d’asta”), e comunque va interpretato alla luce del principio di “assicurazione del rischio”, sopraesposto.
Occorre quindi concludere che, nei casi – come quello in esame - in cui il bando non consente espressamente la consegna diretta dell’offerta ed il concorrente si sia adoperato con ogni possibile diligenza per farla pervenire tempestivamente (vale a dire, presentandola direttamente e con anticipo temporale all’ufficio postale in cui sarebbe stato prelevato dall’amministrazione), ciò che rileva, ai fini del rispetto del termine previsto dal bando, non è la materiale disponibilità del plico da parte dell’Amministrazione, bensì la consegna da parte del concorrente.
In altri termini, in simili casi non possono essere addebitate al concorrente le conseguenze delle modalità operative (come anche dei comportamenti trasgressivi degli operatori) dell’amministrazione postale, che comportino una significativa posticipazione, rispetto al momento della presentazione del plico, del momento in cui di esso viene assicurata la disponibilità al ritiro (“giuridica disponibilità”) da parte dell’Amministrazione.
Da quanto esposto discende, in accoglimento della parte impugnatoria del ricorso, l’annullamento dei provvedimenti impugnati.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale che appare preferibile, l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione comporta l’automatica caducazione del contratto già stipulato con la controinteressata (cfr. Cons. Stato, VI, 5 maggio 2003, n. 2332; 30 maggio 2003, n. 2992; 19 novembre 2003, n. 7470; IV, 27 ottobre 2003, n. 6666).
4.3. Sussistono anche i presupposti della domanda risarcitoria.
Va considerato che l’A.Di.S.U. (a seguito dell’ordinanza del Consiglio di Stato, V Sezione, n. 1832/2005), con determinazione dirigenziale n. 271 in data 2 maggio 2005, ha disposto “di affidare provvisoriamente” fino al 31 dicembre 2005 la fornitura alla ricorrente, e tale situazione può quindi essere resa definitiva disponendo la reintegrazione in forma specifica mediante questa pronuncia di merito.
Infatti:
- dell’illegittimità dell’esclusione dell’offerta della ricorrente, che comporta l’annullamento dell’aggiudicazione alla controinteressata, si è appena detto;
- non è dubbio che dal provvedimento illegittimo sia derivato un ritardo nell’attivazione della fornitura da parte della ricorrente, poiché l’aggiudicataria ha eseguito il contratto fino al 2 maggio 2005, così “consumando” una parte della prestazione oggetto dell’appalto;
- poiché non risulta che l’Amministrazione abbia proceduto ad alcuna valutazione delle osservazioni concernenti la dirimente applicabilità dell’articolo 36 del D.P.R. 655/1982 al caso in esame, presentate dalla ricorrente in data 30 novembre 2004 (prima cioè dell’aggiudicazione provvisoria), deve ritenersi provata anche la sussistenza dell’elemento soggettivo (quanto meno, nel senso della non invocabilità di un errore scusabile).
Per ciò che concerne la residua pretesa risarcitoria per equivalente, circoscritta (conformemente alla richiesta della ricorrente) al periodo 1/1-2/5/2005, il Collegio, ai fini della quantificazione del danno da lucro cessante (mancato guadagno), ritiene di avvalersi del disposto dell’articolo 35, comma 2, del d.lgs. 80/1998, dettando i criteri sulla base dei quali l’A.Di.S.U. dovrà formulare, entro sessanta giorni dalla pubblicazione della presente sentenza, la sua offerta alla ricorrente/creditrice, salva la facoltà di quest’ultima, ove non la ritenga soddisfacente, di proporre un ricorso per ottemperanza.
Quanto ai criteri della quantificazione:
- poiché il danno deriva dall’avvenuta esecuzione (di parte) della fornitura ad opera della controinteressata, ciò che ha ridotto la prestazione per la quale è ancora possibile (attraverso la reintegrazione in forma specifica) l’esecuzione da parte della ricorrente, il risarcimento dovrà corrispondere al valore del guadagno ritraibile da detta (parte della) prestazione già eseguita;
- detto valore dovrà essere determinato sulla base delle quantità dei generi alimentari già forniti, calcolandone il prezzo complessivo con riferimento ai prezzi in ribasso contenuti nell’offerta della ricorrente, ed applicando poi all’importo così determinato la percentuale (presuntiva) del 10 % (anche in questo caso, conformemente alla richiesta della ricorrente);
- trattandosi di debito di valore, l’importo dovrà essere maggiorato della rivalutazione monetaria fino alla data dell’effettivo pagamento;
- dovranno inoltre essere calcolati gli interessi legali per l’intero periodo al saggio di tempo in tempo vigente, assumendo come base di calcolo la media fra il valore iniziale ed il valore finale del capitale (cfr. Cass., 9 giugno 2004, n. 10967).
Non rientrano invece nell’ambito del (risarcimento, chiesto a titolo di) danno emergente le spese di lite, che seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo dell'Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto:
- annulla i provvedimenti impugnati;
- accoglie la domanda risarcitoria nei sensi e limiti indicati in parte motiva.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento in favore della società ricorrente della somma di Euro 2.000,00 (duemila/00) per spese di giudizio, che compensa nei confronti della controinteressata.
La presente sentenza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria di questo Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Perugia, nella Camera di Consiglio del giorno 29 giugno 2005, con l'intervento dei magistrati:
Avv. Pier Giorgio Lignani Presidente
Dott. Pierfrancesco Ungari Consigliere, estensore.
F.to Pierfrancesco Ungari F.to Pier Giorgio Lignani
IL SEGRETARIO
F.to Rossella Cardoni
N.R.G. 8/2005
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