REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sez. 1^ bis – ha pronunciato la seguente

Sent. n.

Anno 2005

R.g. n. 10585  

anno 2005

 

SENTENZA

sul ricorso n. 10585/2005, proposto dalla COOPERATIVA ARX  a r. l., in persona del legale rappresentante, in proprio e quale capogruppo mandatario del raggruppamento temporaneo di imprese con la COOPERATIVA ITALIA NUOVA a r. l., in persona del legale rappresentante, rappresentate e difese disgiuntamente, giusta procura a margine dell’atto introduttivo, dall’avv. Gaetano Tafuri jr e dall’avv. Marcello Magnano di San Lio, ed elettivamente domiciliate presso lo studio dei medesimi, in Roma, v. dei Gracchi, n. 187,

contro

il MINISTERO della DIFESA – Direzione Generale del Commissariato e dei servizi Generali - in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso cui è domiciliato ex lege, in Roma, v dei Portoghesi, n. 12,

per l’annullamento, previa sospensione,

della nota prot. n. 17790 datata 30/08/05, con la quale si esclude e nel contempo si nega al RTI ARX ed Italia Nuova il rinnovo dell’intercorrente contratto di appalto rep. n. 7599 del 18 Gennaio 2005, per le motivazioni in cui infra, e di tutti gli atti presupposti, consequenziali e connessi;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Amministrazione della Difesa;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore alla Camera di consiglio del 5 dicembre 2005 il Consigliere Donatella Scala;

Uditi gli avv. ti Tafuri e Magnano di san Lio per la parte ricorrente, e l’avv. dello Stato de Figueiredo, per la resistete Amministrazione della Difesa;

Visto l’art. 3, legge 21 luglio 2000, n. 205;

Visto l’art. 26 della legge n. 1034/1971, come modificato dall’art. 9, legge n. 205/2000, che consente l’immediata assunzione di una decisione di merito, “con sentenza succintamente motivata”, ove, nella Camera di Consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il giudice ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

FATTO

Espone la Cooperativa ricorrente – titolare del rapporto contrattuale precedentemente indicato (per il quale era espressamente prevista la possibilità di proroga annuale) – che l’intimata Amministrazione, nell’approssimarsi del termine di scadenza del vincolo negoziale de quo, ha comunicato (con l’impugnata nota) di non poter procedere al rinnovo stesso in applicazione della disposizione di cui all’art. 23, comma I, della legge 62/2005.

Avverso tale determinazione vengono dedotti i seguenti argomenti di doglianza:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della legge 18 aprile 2005 n. 62, nonché dell’art. 7 del D.Lgs. 17 marzo 1995 n. 157 e dei principi comunitari in materia di appalto, di cui alla Direttiva CEE n. 92/50. Violazione della lex specialis di gara. Violazione dei principi fondamentali di buon andamento e ragionevolezza, di cui agli artt. 24 e 97 della Costituzione. Violazione del principio del legittimo affidamento. Eccesso di potere per errore nel presupposto, illogicità manifesta e travisamento. Difetto di motivazione.

L’epigrafata disposizione di cui al comma I dell’art. 23 della legge 62/2005, nell’abrogare l’ultimo periodo dell’art. 6, comma II, della legge 24 dicembre 1993 n. 537, avrebbe vietato il solo rinnovo tacito dei rapporti negoziali in essere, nulla disponendo per le ipotesi di rinnovo esplicito (la cui legittima praticabilità sarebbe, nell’attuale assetto ordinamentale, invece consentita in base alla previsione di cui al comma II dell’art. 7 del D.Lgs. 157/1995).

Nel rilevare come, quanto alla vicenda contrattuale in esame, sussistessero tutti i presupposti per dar luogo all’applicazione della disposizione di cui al II comma, lett. f), dell’art. 7 del citato D. Lgs. 157/1995 (e, quindi, per procedere alla trattativa privata ed al consequenziale affidamento del servizio al precedente aggiudicatario), conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L'Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.

Il giudizio relativo al ricorso – chiamato all'odierna Camera di Consiglio per la delibazione della domanda cautelare dalla parte ricorrente incidentalmente proposta – viene immediatamente definito nel merito, ai sensi dell’art. 3, comma I, della legge 21 luglio 2000 n. 205.

DIRITTO

Oggetto di controversia è la determinazione adottata dall’intimato Ministero in ordine alla ritenuta impossibilità di avvalersi della facoltà di procedere al rinnovo del contratto stipulato con la parte ricorrente - avente ad oggetto il servizio di manovalanza occasionale ed urgente presso Enti e Reparti dell’A. D.- lotto 3 – ed in scadenza il 31.12.2005, in relazione all’entrata in vigore dell’art. 23, primo comma, della legge 18 aprile 2005, n. 62, recante “Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004”, 

Come noto, con l’art. 6, legge n. 537/1993, introdotto il divieto di rinnovo tacito dei contratti delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, pena la nullità degli stessi atti negoziali, si disponeva, al secondo comma che, entro tre mesi dalla scadenza dei contratti, le amministrazioni potessero accertare la sussistenza di ragioni di convenienza e di pubblico interesse per la rinnovazione dei contratti medesimi.

Il legislatore nazionale è, da ultimo, intervenuto in ordine a quanto disposto in materia di rinnovo contrattuale, con la sopra richiamata legge 62/2005 - c.d. legge comunitaria 2004 - disponendo, a mente dell’art. 23, 1° comma, la soppressione dell'ultimo periodo dell’articolo 6, comma 2, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, nella parte in cui, appunto era prevista alla facoltà di procedere a rinnovi contrattuali, sia pure sulla base di una valutazione del pubblico interesse.

La norma, in altri termini, non ha espressamente sancito un divieto generalizzato di ricorrere all’istituto del rinnovo negoziale tout court, ma è intervenuta chirurgicamente nell’ambito di pregressa norma finanziaria, elidendone un parte.

La questione che si pone con l’odierna controversia è, dunque, se la novella del 2005 abbia, o meno, valenza estensiva in ordine a qualunque ipotesi di rinnovo dei contratti aventi ad oggetto l’affidamento di servizi pubblici, tenuto anche conto che il legislatore, con disposizione transitoria, ha previsto la possibilità di prorogare per un limitato periodo i contratti in scadenza o già scaduti all’entrata in vigore della stessa disposizione normativa, con contestuale avvio delle nuove procedure di affidamento (c.fr art. 23, secondo comma).

Ritiene il Collegio, in proposito, che la portata della norma in esame, nella parte in cui espunge dall’ordinamento norma recante la possibilità di rinnovo contrattuale - fermo rimanendo il divieto di rinnovo tacito – non può essere disgiunta dal necessario coordinamento con la normativa di matrice comunitaria di cui al D.lgs. 157/1995, recante attuazione della direttiva 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi.

Osserva il Collegio che la ratio sottesa alla soppressione operata dall’art. 23, legge 62/2005, in coerenza con gli obblighi derivanti dall’appartenenza dello Stato italiano all’Unione Europea, può rinvenirsi nell’esigenza di salvaguardia di una effettiva esplicazione della libera concorrenza del mercato, attraverso l’eliminazione di un indiscriminato ricorso a procedure derogatorie al principio della gara ad evidenza pubblica, onde scongiurare una prassi generalizzata di attribuzione di pubblici servizi in assenza di uniformità e trasparenza di procedure.

Peraltro, non può essere disconosciuto come anche all’interno dello stesso ordinamento comunitario sia pacificamente consentito, sia pure in  presenza di determinate condizioni, il ricorso alla trattativa privata, in assenza di previo bando di gara.

Viene in considerazione, sotto il delineato profilo, l’art. 7, secondo comma, lett. f), D. lgs 157/1995, nella parte in cui è previsto che gli appalti ivi contemplati possono essere aggiudicati a trattativa privata, senza preliminare pubblicazione di un bando di gara, tra le altre ipotesi, per nuovi servizi consistenti nella ripetizione di servizi analoghi già affidati allo stesso prestatore di servizi mediante un precedente appalto aggiudicato dalla stessa amministrazione, purché tali servizi siano conformi a un progetto di base per il quale sia stato aggiudicato un primo appalto conformemente alle procedure ad evidenza pubblica, con ammissibilità del ricorso alla trattativa privata, solo nei tre anni successivi alla conclusione dell'appalto iniziale, ove sia espressamente indicato in occasione del primo appalto ed il costo complessivo stimato dei servizi successivi sia stato preso in considerazione dall'amministrazione aggiudicatrice per la determinazione del valore globale dell'appalto.

Osserva il Collegio che il rinnovo contrattuale, consistente, come noto, in una nuova negoziazione tra le medesime parti per l’instaurazione di un nuovo rapporto giuridico, si atteggia quale trattativa privata, ovvero, quale rinnovato esercizio dell’autonomia negoziale tra gli originari contraenti, e che, dunque, la stessa trova piena praticabilità, sia pure nei limiti di un’eccezionale deroga all’esperimento di procedure selettive ad evidenza pubblica, come indicati dalla normativa di matrice comunitaria sopra esaminata.

Il ricorso a detto strumento negoziale, siccome espressamente previsto dalla stessa norma nazionale di recepimento di quella comunitaria, non si pone contrasto con i sopra enunciati principi di concorrenza e trasparenza tutte le volte che detta facoltà sia stata espressamente considerata in sede di indizione della prima gara e recepita nella conclusiva stipula contrattuale.

Ed invero, la conoscenza di una tale possibilità in sede di espletamento della competizione concorsuale pone tutti i partecipanti su di un medesimo piano, in quanto tutti egualmente in condizione di tenerne in debito conto in sede di elaborazione dell’offerta.

Sotto altro aspetto, la stessa stazione appaltante, che pure potrebbe prevedere in sede di gara l’affidamento di un servizio pluriennale, riservandosi, invece, la facoltà di un rinnovo, ha la possibilità di raggiungere un arco temporale più lungo attraverso fasi successive, all’inizio di ognuna delle quali conserva, peraltro, la potestà di verificare la persistenza di un pubblico interesse all’espletamento del servizio, ovvero, di verificarne l’adeguatezza alle esigenze poste a base dell’affidamento.

Con riferimento specifico ai fatti in controversia, deve rilevarsi come l’Amministrazione della Difesa avesse affidato alla parte ricorrente con contratto in data 18 gennaio 2005 il servizio de quo a seguito di espletamento di procedura ad evidenza pubblica, il cui bando prevedeva espressamente la rinnovabilità annuale del contratto, per un massimo di tre anni, dunque nei limiti indicati dall’art. 7, II comma, lett. f), D. lgs. 157/1995.

Dunque, l’aggiudicazione dell’appalto de quo, avvenuta previo esperimento di gara comunitaria, si è concretizzata sulla base della presentazione di offerte calibrate anche in vista di un possibile rinnovo delle prestazioni allo stesso connesse, potendo le imprese partecipanti, ivi compresa l’aggiudicataria odierna ricorrente, ragionevolmente confidare nel rinnovo del contratto, ove ricorrenti le ragioni di pubblico interesse alla base della facoltà del rinnovo stesso.

A quanto sopra consegue che l’avere previsto nel bando di gara prima, e nel vincolo negoziale poi, il ricorso all’istituto del rinnovo del contratto, non pregiudica i sopra enucleati principi, ma anzi si inserisce nello stesso solco della normativa comunitaria, di cui reca applicazione nel nostro ordinamento giuridico il Decreto legislativo 157/1995.

Pertanto, la norma in esame non ha intaccato – né avrebbe potuto – la piena espansività del complesso di norme di rango comunitario in materia di affidamento di pubblici servizi, con la conseguenza che il Ministero della Difesa ha erroneamente ritenuto applicabile al caso che ne occupa la novella del 2005, non potendo la stessa essere considerata preclusiva dell’esercizio del potere di procedere al rinnovo del contratto di appalto de quo, già attribuito alla parte ricorrente a seguito di espletamento di procedura ad evidenza pubblica, in virtù del ricorso dell’istituto della trattativa privata secondo quanto disciplinato con il più volte richiamato art. 7, II comma, lett. f), D. lgs. 157/1995. 

Conclusivamente, sulla base delle superiori considerazioni, è illegittimo il provvedimento in impugnativa, siccome basato su erroneo presupposto di diritto.

Peraltro, stante la manifesta fondatezza del ricorso, il Tribunale può assumere una decisione in forma semplificata, ai sensi dell’art. 3 e 9, L. 205/2000 - della cui possibilità sono state rese edotte le parti in camera di consiglio - con annullamento del provvedimento in impugnativa, e con ogni effetto in ordine al successivo sviluppo procedimentale concernente l’affidamento in controversia, in relazione al potere discrezionale di addivenire all’affidamento del servizio de quo attraverso lo strumento stabilito dall’art. 7, secondo comma, D, lgs 157/1995.

Infine, quanto alle spese di giudizio, le stesse possono essere compensate tra le parti costituite, stante la novità della questione controversa.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sez. 1^ bis, accoglie il ricorso in epigrafe, e, per l’effetto, annulla il provvedimento con lo stesso impugnato, con salvezza degli ulteriori provvedimenti in merito al rinnovo dell’appalto del servizio, come specificato in parte motiva.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma il 5 dicembre 2005, in Camera di consiglio, con l'intervento dei sigg. magistrati:

Dott. Elia Orciuolo                           - Presidente

Dott. Pietro Morabito                       - Consigliere

Dr.ssa Donatella Scala                 - Consigliere, est.

IL PRESIDENTE  L’ESTENSORE