R E P U B B L I C A   I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

- Prima Sezione –

composto dai magistrati:

Reg. Sent. n. 4093/05

Reg. Gen. n. 788/98

 

- Alfredo GOMEZ de AYALA - Presidente

- Roberta VIGOTTI  - Consigliere

- Richard GOSO   - Referendario, estensore

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

sul ricorso n. 788/1998, proposto da CIRCOSTA Lorenzo, successivamente deceduto e sostituito dalle eredi CIRCOSTA Jolanda, in proprio, CANNATA’ Maria e CIRCOSTA Luciana, rappresentate e difese dall’avv. Jolanda Circosta, tutte elettivamente domiciliate presso lo studio dell’avv. Anna Comino in Torino, via Dante di Nanni n. 35;

contro

il COMUNE di TORINO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Anna Maria Arnone e Marialaura Piovano, elettivamente domiciliato presso le stesse in Torino, piazza Palazzo di Città n. 1 (Avvocatura comunale);

per l’accertamento

del diritto soggettivo alla percezione del saldo dei diritti di rogito per i mesi di dicembre 1987 e gennaio 1992.

      Visto il ricorso con i relativi allegati;

      Vista l’ordinanza istruttoria n. 374 del 25 maggio 1998;

      Visto l’atto di costituzione in giudizio e la memoria difensiva del Comune di Torino;

      Vista la sentenza n. 1894 del 16 novembre 2002;

      Visto il ricorso per la riassunzione del giudizio;

      Visti gli atti tutti della causa;

      Relatore all’udienza del 14 dicembre 2005 il referendario Richard Goso;

Uditi i difensori delle parti, come da verbale di udienza;

      Rilevato in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Il ricorrente ha prestato servizio in qualità di Segretario generale del Comune di Torino dal 1° dicembre 1987 al 31 gennaio 1992.

In tale periodo ha svolto attività rogatoria per l’Ente di appartenenza, percependo i relativi diritti di rogito, come previsto dall’articolo 41, terzo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312.

Per il primo mese di servizio (dicembre 1987), tali spettanze furono limitate alla misura di un terzo delle retribuzione mensile dell’interessato, composta da stipendio tabellare, quota della 13ª mensilità e compenso di reggenza; il relativo importo di lire 1.823.740 fu liquidato con deliberazione di Giunta n. 968 del 16 febbraio 1998.

Analogo criterio venne adottato per i diritti relativi agli atti rogati nell’ultimo mese di servizio (gennaio 1992), riconosciuti in misura pari alla somma di lire 1.646.994, liquidata con deliberazione del Commissario straordinario n. 510 del 6 febbraio 1993.

Con lettera del 23 dicembre 1997, ricevuta al protocollo generale del Comune di Torino in pari data, l’interessato contestava i criteri adottati dall’Amministrazione per la liquidazione dei diritti di rogito nei periodi suindicati, assumendo che la quantificazione di tali spettanze non poteva essere limitata a un terzo dello stipendio effettivamente percepito, dovendosi fare riferimento alla retribuzione annua e non a quella mensile.

Con successiva lettera del 2 febbraio 1998, il richiedente sollecitava la riliquidazione dei diritti di rogito, precisando che la somma dovutagli a saldo ammontava a lire 20.061.154 per dicembre 1987 e a lire 2.254.921 per gennaio 1992.

Le due istanze non furono riscontrate dall’Amministrazione.

Con ricorso giurisdizionale notificato in data 16 aprile 1998, l’interessato ha quindi adito questo Tribunale perché fosse accertato il proprio diritto a percepire il saldo dei diritti di rogito nella misura suindicata, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

Con ordinanza istruttoria n. 374 del 25 maggio 1998, ottemperata dall’Amministrazione, erano chiesti chiarimenti documentati in ordine al ricorso.

Si costituiva in giudizio il Comune di Torino, opponendosi all’accoglimento del gravame.

Nelle more della decisione sul ricorso, decedeva l’originario ricorrente; con sentenza n. 1894 del 16 novembre 2002, era quindi dichiarata l’interruzione del processo.

Il ricorso era riassunto dalle signore Maria Cannatà, Jolanda Circosta e Luciana Circosta, nella loro qualità di eredi di Lorenzo Circosta.

Con memoria depositata in prossimità della pubblica udienza, il Comune di Torino articolava le proprie difese, eccependo la prescrizione del credito, con riferimento ai diritti vantati per il mese di dicembre 1987, e contrastando comunque nel merito la fondatezza della domanda giudiziale.

Chiamato all’udienza del 14 dicembre 2005, infine, il ricorso è stato ritenuto in decisione.

DIRITTO

1) Le ricorrenti – che agiscono in qualità di eredi di Lorenzo Circosta, Segretario generale del Comune di Torino dal 1° dicembre 1987 al 31 gennaio 1992 – chiedono che sia accertato il proprio diritto a percepire il saldo dei diritti di rogito relativi agli atti rogati dal funzionario per l’Ente nei mesi di dicembre 1987 e gennaio 1992.

Tali diritti furono liquidati all’avente diritto, con apposite deliberazioni della Giunta comunale, entro il limite di un terzo dello stipendio mensile effettivamente percepito.

Sostengono le ricorrenti, invece, che una corretta interpretazione della normativa di riferimento – articolo 41, comma 3, della legge 11 luglio 1980, n. 312 – impone di ragguagliare i diritti di rogito spettanti all’ufficiale rogante all’importo massimo di un terzo della retribuzione annua.

L’importo dovuto a saldo dal Comune di Torino, a seguito della riliquidazione dei diritti di rogito con il criterio suindicato, ammonterebbe a complessive lire 22.316.075 (di cui lire 20.061.154 per dicembre 1987 e lire 2.254.921 per gennaio 1992), oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

2) In via preliminare, il Comune di Torino eccepisce l’intervenuta prescrizione del diritto, limitatamente alla domanda riferita ai diritti spettanti per il mese di dicembre 1987.

Sostiene l’Amministrazione resistente che il diritto azionato in giudizio è soggetto a prescrizione quinquennale - ai sensi dell’art. 2948 cod. civ. e dell’art. 2, l. n. 428/1985 - trattandosi di competenze determinate direttamente dalla legge.

Ne conseguirebbe la tardività dell’istanza di riliquidazione delle spettanze in argomento, presentata dall’interessato solamente nel dicembre 1997, ben oltre la scadenza del termine quinquennale di prescrizione del credito.

L’eccezione è, ad avviso del Collegio, priva di pregio.

Non si applica la prescrizione breve (quinquennale, ex art. 2948 cod. civ.) nei casi in cui l’Amministrazione è chiamata ad adottare, in relazione al credito vantato dal pubblico dipendente, un atto formale che, pur non integrando un apprezzamento discrezionale, si fondi sull’accertamento della sua posizione giuridica in relazione ai presupposti stabiliti dalla legge (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 28 giugno 2004, n. 4593).

Nel caso di specie, la determinazione dei diritti di rogito spettanti al Segretario comunale rogante richiede un formale provvedimento di liquidazione, fondato sulla valutazione della posizione giuridica del pubblico dipendente in relazione ai presupposti definiti dalla legge.

Il relativo credito è soggetto, pertanto, all’ordinario termine decennale di prescrizione.

3) Nel merito, la quaestio iuris da risolvere nel presente giudizio concerne l’esatta interpretazione della disposizione che, all’epoca in cui è sorto il diritto azionato dai ricorrenti, disciplinava la corresponsione dei diritti di rogito in favore dei segretari comunali (e provinciali).

L’articolo 41, comma 3, della legge 11 luglio 1980, n. 312 (oggi non più in vigore, dopo che l’articolo 17, comma 74, della legge n. 127/1997 ha rimesso la materia alla contrattazione collettiva) prevedeva testualmente: “Dal 1° gennaio 1979, una quota del provento spettante al comune o alla provincia ai sensi dell’art. 30, secondo comma, della legge 15 novembre 1973, n. 734, per gli atti di cui ai numeri 1, 2, 3, 4 e 5 della tabella D allegata alla legge 8 giugno 1962, n. 604, è attribuita al segretario comunale e provinciale rogante, in misura pari al 75 per cento e fino ad un massimo di un terzo dello stipendio in godimento”.

Le difficoltà interpretative, che hanno dato luogo a difformi orientamenti giurisprudenziali, sono legate all’esatta accezione di significato della locuzione “stipendio in godimento” cui è ragguagliato il limite massimo della quota spettante al segretario rogante.

La relativa indeterminatezza della terminologia legislativa pare consentire, infatti, due opzioni interpretative: la prima considera lo stipendio in godimento quale retribuzione effettivamente percepita dal dipendente, con la conseguenza che il computo dei diritti di rogito deve riferirsi allo stipendio mensile e ragguagliata all’effettivo periodo di servizio; la seconda, più favorevole al creditore, interpreta la locuzione “stipendio in godimento” quale retribuzione annua teoricamente spettante al dipendente e fa riferimento, quindi, allo stipendio tabellare annuo.

3) Si fonda su quest’ultima interpretazione la decisione del Consiglio di Stato, Sez. V, n. 441 del 18 aprile 1996, espressamente richiamata dai ricorrenti a sostegno delle proprie tesi, condivisa anche da successive pronunce dei giudici di prima istanza (cfr., ad esempio, T.A.R. Liguria, 22 luglio 2000, n. 836; T.A.R. Lombardia, Milano, 25 maggio 2001, n. 4011; T.A.R Emilia Romagna, Bologna, 9 maggio 2002, n. 700).

Secondo la decisione citata, per la determinazione del limite di un terzo dello stipendio in godimento deve farsi riferimento allo stipendio tabellare annuo e non a quello mensile, a nulla rilevando l’effettivo periodo di permanenza del segretario comunale in una determinata sede.

Tale interpretazione considera riduttivo il riferimento allo stipendio mensile del funzionario, limite non previsto dalla legge che, se lo avesse voluto, avrebbe dovuto espressamente specificarlo.

Inoltre, l’articolo 41 della legge n. 312/1980 non contiene più alcun riferimento alla retribuzione in dodicesimi percepita dal dipendente in relazione al servizio effettivamente prestato, mentre tale limitazione sussisteva in base al previgente articolo 41 della legge 8 giugno 1962, n. 604.

Il Collegio condivide la suesposta interpretazione che appare più aderente, rispetto a precedenti pronunce del giudice amministrativo, al tenore letterale della disposizione in esame, nella quale non compare alcun riferimento testuale allo stipendio mensile del funzionario.

L’espressione “stipendio in godimento” deve riferirsi, quindi, alla retribuzione teorica spettante al segretario comunale, non a quella effettivamente percepita e ragguagliata al periodo di servizio prestato.

Alla stregua di tali principi, pertanto, la pretesa del ricorrente si rivela fondata.

4) Per quanto concerne il quantum, il Comune di Torino non contesta il calcolo delle somme vantate dalle ricorrenti.

Il relativo credito, ammontante a complessive £ 22.316.075, da convertirsi opportunamente in valuta corrente, dovrà essere maggiorato di interessi legali e rivalutazione monetaria.

Sussistono giusti motivi, in ragione del carattere interpretativo della controversia, per compensare integralmente tra le parti le spese del grado di giudizio.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, condanna il Comune di Torino a corrispondere alle ricorrenti le somme indicate in parte motiva.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Torino il 14 dicembre 2005.

    IL PRESIDENTE      L’ESTENSORE

f.to. A. Gomez de Ayala     F.to R. Goso

il Direttore di segreteria

f.to M. Luisa Cerrato Soave

Depositata in segreteria a sensi di legge

il 19 icembre 2005

il Direttore di segreteria

f.to M. Luisa Cerrato Soave

R.G. 788/98