Ric. n. 466/03
R.G.R. N.478/2005 Reg. Sent.
repubblica italiana
in nome del popolo italiano
Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, nelle persone dei magistrati:
Enzo Di Sciascio – Presidente f.f.
Oria Settesoldi - Consigliere
Vincenzo Farina – Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
s e n t e n z a
sul ricorso n. 466/03 proposto da STENER Italico, rappresentato e difeso dagli avv. Libero Coslovich, Antonella Coslovich e Alessandro Predonzani, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi, in Trieste,via Battisti n. 26;
c o n t r o
il Comune di Muggia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Gabriella Coslovich, con domicilio eletto presso lo studio della medesima, in Trieste, Piazza Giotti n. 8;
per l’annullamento
del provvedimento dell’11.6.2003, con il quale il Sindaco di Muggia ha disposto la revoca della nomina ad assessore comunale del ricorrente ai sensi dell’art. 46 del D. Lgs. n. 267 del 2000, nonché di ogni atto preordinato, collegato e/o consequenziale;
Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria generale con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti di causa;
Data per letta alla pubblica udienza del 5.5.2005 la relazione del consigliere Vincenzo Farina ed uditi i difensori delle parti costituite;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
f a t t o E D I R I T T O
Il gravame mira alla caducazione del provvedimento dell’11.6.2003, con il quale il Sindaco di Muggia ha disposto la revoca della nomina ad assessore comunale del ricorrente ai sensi dell’art. 46 del D. Lgs. n. 267 del 2000, nonché di ogni atto preordinato, collegato e/o consequenziale.
Il ricorrente ha dedotto due mezzi, con i quali ha denunciato i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere.
Si è costituito in giudizio l’intimato Comune, chiedendo il rigetto del gravame.
Quest’ultimo è stato introitato dal Collegio ed è passato in decisione nella pubblica udienza del 5.5.2005.
In rito, va disattesa la eccezione comunale di inammissibilità del ricorso per mancata notifica ai controinteressati, individuati nei Sigg. Carbonera, Vascotto e Grison, “nominati dal Sindaco di Muggia rispettivamente, assessore comunale in materia di cultura, manifestazioni e pari opportunità in sostituzione del dott. Italico Stener, come risulta dal verbale di deliberazione giuntale n. 65 dd. 22.09.2003”.
Va, all’uopo, ricordato che nel processo amministrativo assume la veste di controinteressato, ai sensi dell’art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ora sostituito dall’art. 1, comma 1 della legge 21 luglio 2000, n. 205, colui il quale sia nominativamente indicato nell’atto impugnato, o, comunque, sia ugualmente individuabile in base ad esso, e che abbia tratto in via diretta e immediata dall’atto stesso un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento, di natura uguale e contraria a quella del ricorrente (Cfr., T.A.R.Lazio, III,13 maggio 1997, n. 1077).
Nel caso di cui alla presente controversia, i Sigg. Carbonera, Vascotto e Grison non solo non risultano nominativamente indicati nell’atto impugnato, né, tampoco, risultano ugualmente individuabili in base ad esso, ma non hanno neppure tratto in via diretta e immediata dall’atto stesso un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento, di natura uguale e contraria a quella del ricorrente.
All’epoca della gravata revoca non esisteva, in realtà, alcun controinteressato: eppertanto non si rendeva necessaria la evocazione in giudizio dei Sigg. Carbonera, Vascotto e Grison; costoro – va puntualizzato - non erano portatori neppure di un interesse di mero fatto.
Non sembra inutile, comunque, puntualizzare che con la deliberazione giuntale n. 65 dd. 22.09.2003, di cui si è detto sopra, le nuove deleghe risultano diverse da quelle indicate dal Comune resistente.
Sgombrato il campo dalla eccezione comunale, ed entrando nel merito del ricorso, il Collegio rileva che coglie nel segno il primo motivo, nella parte in cui è stata dedotta la violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, perché il provvedimento impugnato non è stato preceduto dalla comunicazione dell'inizio del procedimento.
Va osservato, preliminarmente, che, in base ai principi garantistici introdotti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, prima dell'adozione di un provvedimento amministrativo incidente sulle posizioni soggettive di altri soggetti, non solo deve essere dato ingresso al contraddittorio con i destinatari dell'atto, salvo sussistano particolari esigenze di celerità delle quali il provvedimento deve dare contezza, ma deve essere anche compiuta apposita istruttoria, delle cui risultanze va dato atto nella motivazione del provvedimento medesimo, insieme ai presupposti ed alle ragioni giuridiche che lo determinano(Cfr., T.A.R. Toscana, 14 marzo 1992, n.118).
Il ricorrente, oltre a lamentare il difetto di motivazione, deduce la violazione dell’ art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, perché il provvedimento impugnato non è stato preceduto dalla comunicazione dell'inizio del procedimento.
L’art. 7 testè cennato così recita:” 1. Ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l'avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall'articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l'amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell'inizio del procedimento”.
L'art. 7 legge n. 241 del 1990 – come si vede agevolmente - ha inteso attuare una democratizzazione ed una trasparenza nell'esercizio della attività pubblica, al fine di consentire, attraverso il principio del contraddittorio, una efficace tutela delle ragioni del cittadino e contestualmente di apprestare a vantaggio della P.A. elementi di conoscenza utili nell'esercizio dei poteri discrezionali.
Gli artt. 7 e 8, in sostanza, hanno pariteticamente recuperato, accanto al fine della efficienza dell'azione amministrativa, quello della garanzia delle posizioni soggettive.
In relazione alla censura in parola, ossia a quella relativa alla violazione degli artt. 7 e 8 della L. 7 agosto 1990, n. 241, per non essere stato il provvedimento impugnato preceduto dalla comunicazione all'interessato dell'inizio del procedimento – censura che ha carattere logicamente preliminare - il ricorso è fondato.
Come si è appena visto, l'art. 7 della legge n. 241 al comma 1 prescrive la comunicazione all'interessato dell'avvio del procedimento «ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento » stesso.
La giurisprudenza ha precisato la portata della norma, chiarendo, in particolare, che l'obbligo di comunicare l'inizio del procedimento non ha natura formale, nel senso che non sussiste la violazione tutte le volte che, in concreto, l'interessato abbia comunque avuto notizia del procedimento o abbia comunque avuto modo di parteciparvi, evidenziando i fatti e gli argomenti che ritenga di addurre a suo favore (Cfr. Cons. St., V Sez., 6 settembre 1995, n. 1364 e IV Sez. 2 gennaio 1996, n. 3;T.R.G.A., Bolzano, 30 dicembre 1996, n.378;T.A.R. Campania, Salerno, 10 marzo 1999, n.57), ovvero quando si tratti di provvedimenti interamente vincolati anche nei presupposti di fatto (Cfr. Cons. St., V Sez., 11 ottobre 1996, n. 1223).
Va, subito precisato che non si tratta – de plano – di ipotesi riferibili alla fattispecie per cui è causa.
La prescrizione dell’art. 7, per contro, quanto ad ambito di applicazione, ha carattere generale, nel senso che non appare esclusa per determinate categorie di atti o per determinate ragioni. Solo in alcune ipotesi eccezionali, infatti, la giurisprudenza ha ravvisato la non riferibilità dell'obbligo in questione a una tipologia procedimentale in quanto tale (segnatamente, al procedimento elettorale, contrassegnato - come è noto - da una scansione predeterminata per legge delle varie fasi: cfr. Cons.St., V Sez., 29 gennaio 1996, n. 112).
Il Collegio non esclude che ad analoga conclusione – nel senso di una inapplicabilità a priori dell’obbligo della comunicazione - possa pervenirsi anche in relazione ad altre tipologie procedimentali caratterizzate da una intrinseca esigenza di celerità del procedimento: basti pensare ai provvedimenti contingibili e urgenti, in cui, però, l'elemento dell'urgenza costituisce elemento costitutivo della fattispecie provvedimentale.
A diversa conclusione deve invece pervenirsi con riferimento alla fattispecie in esame. Qui l'urgenza non costituisce in senso tecnico elemento costitutivo, e perciò indefettibile, della fattispecie provvedimentale, sì da poter configurare – ripetesi - l'intrinseca esigenza di celerità del procedimento. Questa poteva – in astratto - sussistere, ma in questo caso andava, secondo i principi, adeguatamente rappresentata dall'Amministrazione procedente, la quale doveva, pertanto, esplicitare nel provvedimento le concrete ragioni che l'avevano indotta, per esigenze di celerità rapportate alla tutela del bene, a omettere, nel caso specifico, la comunicazione di inizio del procedimento (Cfr. Cons. St.,Comm. Spec., 12 gennaio 1998, n.1404).
L'urgenza che caratterizza il procedimento – è stato ulteriormente avvertito dalla giurisprudenza - deve essere qualificata ed emergere dal provvedimento conclusivo dello stesso (Cfr., Cons.St.,IV, 19 gennaio 2000, n. 248;V, 2 febbraio 1996, n. 132; V, 26 settembre 1995,n.1364;T.A.R. Lazio,III, 10 agosto 1998, n.2007).
Nel caso di cui alla attuale controversia, il provvedimento impugnato non è stato preceduto dalla comunicazione all'interessato dell'inizio del procedimento.
Non solo.
Il Sindaco non ha neppure esplicitato nel provvedimento le concrete ragioni che l'hanno indotto, per esigenze di celerità, ad omettere la comunicazione di inizio del procedimento.
Né, tampoco, l'urgenza emerge dal provvedimento stesso.
Al ricorrente è stata – sic et simpliciter – revocata la sua nomina ad assessore comunale (con annesse deleghe).
L’interessato non è stato, dunque, posto in grado di far conoscere il proprio punto di vista all'Autorità procedente, al fine di permettere a quest'ultima di meglio effettuare una ponderata comparazione degli interessi coinvolti, e quindi di consentire, in definitiva, una più efficacie valutazione circa la migliore soddisfazione dell'interesse pubblico principale a fronte degli altri interessi - pubblici e privati - eventualmente coesistenti.
Sotto questo aspetto non si vede come si possa negare – contrariamente a quanto sostiene il Comune resistente – la “utilità” della comunicazione di avvio, e, in astratto, la possibilità che il provvedimento non fosse poi adottato.
Considerata la particolarità del caso, con i riflessi illustrati, nella fattispecie in esame (cfr. Cons. St., V, 8 marzo 2005, n. 944; T.AR. Puglia, Lecce, 14 luglio 2003, n. 4740; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia, 23 gennaio 2004, n. 47) non si poteva prescindere dall'obbligo di una previa comunicazione in forma esaustiva ed entro un ragionevole termine.
Contrariamente a quanto opina il resistente Comune, se fosse stato ritualmente e tempestivamente notiziato in ordine all'avvio del procedimento, l’interessato avrebbe potuto, ad esempio, oltre che sostenere, per tempo ed in forma scritta, la fondatezza delle proprie tesi, esigere anche chiarimenti sugli elementi fattuali e normativi posti a base del procedimento, contestando, altresì, se del caso, la legittimità di tali presupposti, con l'obbligo, in ogni caso, per l’Autorità procedente di valutare, in sede di adozione del provvedimento finale, le osservazioni presentate dall'interessato (cfr. Csi 1 ottobre 1996, n. 269, nonchè la decisione Cons. Stato, V Sez., 2 febbraio 1996, n. 132 ivi richiamata).
In conclusione – assorbiti gli altri profili – attesa la assorbente fondatezza della censura testè esaminata, il ricorso va accolto e l’impugnato provvedimento va caducato.
Le spese del giudizio – secondo la regola generale - seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
p. q. m.
il Tribunale amministrativo regionale del Friuli - Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo
accoglie, e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato, meglio specificato in epigrafe.
Condanna l’amministrazione intimata al rimborso delle spese e competenze giudiziali nei confronti del ricorrente, che liquida in complessivi euro 2600 (duemilaseicento).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste, in camera di consiglio, il 5.5.2005.
f.to Enzo Di Sciascio – Presidente f.f.
f.to Vincenzo Farina - Estensore
f.to Rita Muto - Segretario
Depositata nella segreteria del Tribunale
il 20 maggio 2005
f.to Rita Muto.