Ric. n. 360/04 R.G.R.                                         N.634/2005 Reg. Sent.

repubblica italiana

in nome del popolo italiano

Il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, nelle persone dei magistrati:

Vincenzo Borea – Presidente

Enzo Di Sciascio – Consigliere, relatore

Vincenzo Farina - Consigliere

ha pronunciato la seguente

s e n t e n z a

sul ricorso n. 360/04 proposto dalla SNUA s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Renato Fusco, con domicilio eletto presso di lui in Trieste, via di Donota 3, come da mandato a margine del ricorso;

c o n t r o

il Comune di Azzano Decimo, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giuseppe Caia e Alberto Pasino, con domicilio eletto presso il secondo in Trieste, via S. Nicolò 19; come da deliberazione giuntale n.  dd.  e da mandato a margine dell’atto di costituzione;

e nei confronti

della  Ambiente Servizi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano Colombari e Alberto Pasino, con domicilio eletto presso il secondo in Trieste, via S. Nicolò 19, come da mandato a margine dell’atto di costituzione;

per l’annullamento

della deliberazione consiliare n. 13 dd. 30.3.2004, con cui si è disposta l’adesione del Comune alla Ambiente Servizi s.p.a. e l’affidamento diretto ad essa della gestione del servizio pubblico di raccolta, trasporto e avvio allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a far data dall’1.4.2004;

della presupposta determinazione n. 865 dd. 9.12.2003 e di quella consequenziale n. 211 dd. 2.4.2004 n. 211 del responsabile del servizio competente, rispettivamente di sospensione e di revoca del procedimento a evidenza pubblica in precedenza indetto per la gestione del medesimo servizio;

     Visto il ricorso, ritualmente notificato e depositato presso la Segreteria generale con i relativi allegati;

     Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata e della controinteressata;

     Visti gli atti tutti di causa;

     Data per letta alla pubblica udienza del 30 giugno 2005 la relazione del consigliere Enzo Di Sciascio ed uditi altresì i difensori presenti delle parti costituite;

     Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

f a t t o

     La ricorrente rappresenta di aver partecipato a una gara, indetta dal Comune intimato, per l’affidamento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti solidi urbani (RSU) per il triennio 2004 – 2006, essendo in scadenza il precedente rapporto con essa stessa instaurato.

     Oltre alla sua offerta perveniva anche quella della Ecoverde s.n.c.

     Con la prima delle determinazioni impugnate il procedimento è stato inopinatamente sospeso, adducendo il Comune la necessità di valutare la convenienza dell’affidamento diretto del servizio stesso, a norma dell’art. 14 della L. 24.11.2003 n. 326, modificativa dell’art. 113, 5° comma, lett. c) del D. Lgs. 18.8.2000 n. 267, che consente il conferimento della titolarità dei servizi pubblici a rilevanza economica a società di capitale interamente pubblico, a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino su di essa un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che essa eserciti la parte più importante della sua attività con gli enti pubblici che la controllano.

     Con  la  successiva  deliberazione consiliare n. 13 dd. 30.3.2004 premesso che è stata bandita la più volte menzionata procedura ad evidenza pubblica, che è sopravvenuta la ricordata modificazione della disciplina in materia di servizi pubblici locali, che di conseguenza si è decisa, con il ricordato provvedimento del responsabile del servizio, adottato previa deliberazione giuntale di indirizzo n. 257 dd. 4.12.2003, la sua sospensione, divenuta efficace dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte.

     Con successiva determinazione – ricorda il citato provvedimento - è stato dato incarico alla ditta PM8 Consulenze s.r.l. di Pordenone di predisporre una relazione economico finanziaria, che dimostrerebbe la convenienza per l’amministrazione di gestire in house il servizio oggetto di gara.

     Si rileva inoltre che la Ambiente Servizi s.p.a., società che ha come soci numerosi Comuni vicini, si è dichiara disposta a svolgere il servizio in questione a condizioni giudicate migliorative rispetto a quelle di attuale svolgimento e che il suo statuto consente ad ogni Comune socio, indipendentemente dal numero di azioni detenuto, di esercitare sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, come richiesto dall’art. 113, 5° comma, lett. c) del D. Lgs. n. 267/00.

     Di conseguenza la citata deliberazione consiliare dispone l’adesione del Comune intimato ad Ambiente Servizi s.p.a., determinando la quota di capitale e il numero di azioni da acquisire, e l’affidamento, a far data dal 1.4.2005, alla stessa del servizio qui controverso, dando mandato agli organi competenti di disporre la definitiva revoca della gara già sospesa.

     Ne  è conseguita la pure impugnata determinazione di revoca, di cui in epigrafe.

     Si  chiede  l’annullamento  degli  atti ivi indicati, in quanto ritenuti illegittimi per:

1) Violazione dell’art. 42, 2° comma, del D. Lgs. 18.8.2000 n. 267. Incompetenza.

     La deliberazione consiliare impugnata sarebbe viziata da violazione di legge e incompetenza, in quanto la norma in rubrica consente al Consiglio comunale di deliberare in ordine:

     - all’organizzazione dei pubblici servizi;

     - alla costituzione di istituzioni e aziende speciali;

     - alla concessione di pubblici servizi;

     - alla partecipazione dell’ente locale a società di capitali;

     - all’affidamento di attività o servizi mediante convenzione;

     Peraltro, se è vero che esso può deliberare in ordine alla concessione di pubblici servizi o all’affidamento di attività o servizi mediante convenzione, l’effettivo affidamento del servizio spetterebbe alla Giunta, trattandosi di attività esecutiva.

     Pertanto  il disposto affidamento diretto alla controinteressata da parte del Consiglio comunale sarebbe illegittimo per le ragioni sopra esposte.

2) Violazione ed errata applicazione dell’art. 113 del D. Lgs. n. 267/00. Eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, violazione dei principi in materia di procedimenti a evidenza pubblica

     La deliberazione consiliare impugnata, nella parte in cui affida direttamente alla società controinteressata il servizio pubblico locale di raccolta e smaltimento dei rifiuti, contestualmente disponendo la sottoscrizione di una quota minimale del suo capitale (8% circa) violerebbe la norma in rubrica, dal momento che difetterebbe il presupposto da essa previsto per tale affidamento, consistente nell’esercizio sulla società affidataria di un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, che non potrebbe prescindere da una partecipazione azionaria maggioritaria.

     Mancherebbe pertanto il vincolo di dipendenza finanziaria, amministrativa e gestionale fra pubblica amministrazione e soggetto affidatario che solo consentirebbe di derogare alla disciplina comunitaria sui pubblici appalti.

     La  pretesa possibilità di controllo della società controinteressata da parte di ogni Comune socio, a prescindere dalla sua quota di partecipazione azionaria, addotta come motivazione nell’atto consiliare oggetto di gravame, costituirebbe affermazione illogica, indimostrata, non certo desumibile, come vorrebbe il Consiglio, dallo statuto sociale né dalla convenzione intercomunale, dove essa è affermata all’art. 4, in linea di principio, ma smentita dall’immediatamente successivo rilievo che, nell’Assemblea, il rappresentante di ciascun Comune ha diritto di voto pari alla quota di partecipazione.

     Essa pertanto non sussisterebbe e le affermazioni in contrario non sarebbero corrispondenti al vero.

3) Violazione degli artt. 12, 45, 49 e 86 del Trattato costitutivo dell’Unione Europea, della Direttiva 92/50/CEE

     L’impugnata deliberazione consiliare si porrebbe in contrasto con le norme in rubrica del Trattato costitutivo dell’Unione Europea, ed inoltre delle sue disposizioni che riguardano la libertà di concorrenza in ambito comunitario, con la direttiva n. 92/50/CEE dd. 18.6.1992 in materia di appalti di servizi e con il D. Lgs. 17.3.1995 n. 157, che ad essa dà attuazione.

     Tale prospettazione sarebbe confermata dall’ordinanza 22 aprile n. 2316 della V Sezione del Consiglio di Stato, che ha rimesso alla Corte di Giustizia delle Comunità europee la questione della compatibilità col diritto comunitario dell’affidamento diretto, da parte degli enti locali, a società controllata (c.d. in house providing) dei servizi pubblici.

4) Illegittimità derivata

     In conseguenza dell’illegittimità della deliberazione consiliare n. 13 dd. 30.3.2004, risultano pure illegittime, in via derivata, le determinazioni n. 865 dd. 9.12.2003 di sospensione della già avviata gara per l’affidamento del servizio controverso e n. 211 dd. 2.4.2004 di revoca della stessa, in quanto trovano il loro fondamento nel provvedimento impugnato.

     Si sono costituiti in giudizio l’amministrazione intimata e la controinteressata, controdeducendo.

     Con successive memorie le parti hanno esposto più ampiamente le rispettive tesi.

d i r i t t o

     Il ricorso è infondato.

     Innanzitutto non può essere condiviso il vizio di incompetenza, dedotto con il primo motivo.

     Dal momento che l’art. 42, 2° comma, lett. e), del D. Lgs. 18.8.2000 n. 267 affida al Consiglio comunale, che nella specie l’ha esercitata, la competenza in materia di “organizzazione dei pubblici servizi … concessione dei pubblici servizi, partecipazione dell’ente locale a società di capitali, affidamento di attività e servizi mediante convenzione” non si vede perché sia necessaria, come sostiene la ricorrente, un’ulteriore deliberazione della Giunta municipale per l’approvazione della convenzione tra i Comuni soci di Ambiente Servizi s.p.a., della sottoscrizione pro quota del capitale di detta società per azioni e dell’affidamento ad essa del servizio pubblico di raccolta, trasporto ed avvio allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, oggetto dell’atto consiliare impugnato.

     Del pari infondato è il secondo motivo.

     Invero è un fuor d’opera richiamarsi alla scarsa consistenza del pacchetto azionario, sottoscritto dal Comune intimato (attorno all’8%) e della pari consistenza dei diritti di voto ad esso spettanti per dedurne l’assenza, da parte di esso, di un controllo sulla società affidataria analogo a quello esercitato sui propri servizi, condizione questa indispensabile per conferire la titolarità di un servizio pubblico a società a capitale interamente pubblico, come la controinteressata.

     Tale presupposto è, infatti, previsto dall’art. 113, 5° comma, lett. c) del D. Lgs. n. 267/00 che, testualmente, consente l’affidamento di un servizio pubblico a società a capitale interamente pubblico “a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi”.

     Lo  stesso concetto si rinviene nel precedente 4° comma, lett. a) del medesimo art. 113, che disciplina l’affidamento della gestione delle  reti  e degli impianti, qualora separata dall’erogazione del servizio a società di capitali con capitale interamente pubblico “a condizione che gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla  società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi”.

     In altri termini si è voluto consentire l’affidamento a detto soggetto pubblico anche nel caso di un controllo in comune di più enti sulla società, cui viene conferita la titolarità di un servizio pubblico e ciò, ritiene il Collegio, in considerazione del caso molto frequente di costituzione in forma societaria non solo di aziende di singoli Comuni o Province, ma anche di quelle di consorzi di enti locali, o comunque di altri enti pubblici.

     E’ questo il caso che si presenta nella specie, dove la controinteressata Ambiente Servizi s.p.a. è succeduta al C.I.S.E.S., un precedente consorzio intercomunale, con l’adesione anche di altri soggetti pubblici.

     In  concreto, con l’impugnata deliberazione consiliare, si è altresì approvata la convenzione, ai sensi dell’art. 30 del D. Lgs. n. 267/00, fra i Comuni soci in Ambiente Servizi s.p.a. (recepita nello Statuto, come risulta dall’art. 18 bis, introdotto con atto di data 23.2.2004) che prevede, all’art. 4, che “l’esercizio da parte degli enti locali di un controllo nei confronti di Ambiente Servizi s.p.a., analogo a quello esercitato sui propri servizi … viene effettuato attraverso l’Assemblea di coordinamento intercomunale, costituita dai legali rappresentanti o loro delegati di ciascun ente locale, ognuno con responsabilità e diritto di voto pari alla quota di partecipazione”.

     Che, in tale modo, si sia raggiunto l’obiettivo di consentire agli enti locali il controllo previsto dal citato art. 113 non pare dubbio al Collegio, né colgono, a suo avviso, nel segno le censure di illogicità e contraddittorietà proposte nel medesimo secondo motivo di gravame.

     Tale organo, infatti, provvede:

     - alla consultazione tra gli enti locali circa la gestione dei servizi pubblici svolti dalla società e circa il suo andamento generale, con audizione, almeno una volta l’anno, del Presidente e del Direttore generale;

     - all’approvazione, su delega degli enti locali, del bilancio di esercizio, del piano industriale e degli altri documenti programmatici che, per Statuto, la società è tenuta a trasmettere;

     - alla modifica degli schemi tipo dei contratti di servizio, all’approvazione di nuovi eventuali schemi tipo, alle modifiche dello Statuto della società, previo invio ai singoli enti locali per gli adempimenti di competenza;

     - al consenso all’eventuale esercizio in qualsiasi forma di attività, rientranti nel suo oggetto sociale, che integrino servizi pubblici pertinenti agli enti locali soci o alle loro forme associative, su delega degli stessi;

     - al controllo, mediante una Commissione di tre membri da essa nominata, dello stato di attuazione degli obiettivi, anche sotto il profilo dell’efficacia, efficienza ed economicità, con successiva relazione all’Assemblea stessa;

     Va tenuto conto che l’organo in parola, oltre che su iniziativa del suo Presidente, si riunisce su richiesta di un numero di enti locali, che rappresentino almeno il 20% del capitale pubblico locale e, comunque, prima delle assemblee straordinarie della società controllata e di quelle che abbiano per oggetto l’approvazione dei bilanci e la nomina di amministratori o sindaci.

     Si tratta pertanto di una forma penetrante di controllo, che investe non solo gli atti di gestione straordinaria, ma anche, in parte rilevante, la gestione ordinaria e gli organi stessi di Ambiente Servizi s.p.a., che la curano, e che è esercitata dai soli enti locali soci, non essendone partecipi gli altri enti pubblici, pur anch’essi in possesso di quote della società.

     Se inoltre si aggiunge che, ai sensi dell’art. 18 bis dello Statuto, né il bilancio, né il piano industriale, né gli altri documenti programmatici possono essere approvati dagli organi di Ambiente Servizi s.p.a. prima che siano stati esaminati dall’Assemblea di coordinamento intercomunale, che ciascun ente locale può chiedere informazioni in merito alla gestione dei servizi pubblici da esso affidati alla società e che detti servizi vanno svolti secondo disciplinari approvati dagli enti locali, in modo da consentire il completo controllo da parte di ciascun ente di ognuno dei servizi da esso conferiti, non pare dubbio al Collegio che, nei confronti della società gli enti locali abbiano un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi, come prescrive il citato art. 113, 5° comma, lett. c).

     Per completezza si aggiunge che sussiste, né è messo in dubbio in causa, anche l’altro requisito previsto dalla norma appena citata per consentire l’affidamento diretto di servizi pubblici, cioè che la società affidataria realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti pubblici, che la controllano.

     I due requisiti citati costituiscono applicazione diretta della sentenza  della Corte di Giustizia in causa C-107/98 dd. 18.11.1999 Teckal contro Comune di Viano, essendovi, sia pur incidentalmente, espressamente enunciati come indice, ritiene il Collegio, del fatto che, ove essi ricorrano, l’amministrazione aggiudicatrice e l’affidataria non sono soggetti realmente distinti e quindi non intercorre tra loro un contratto, presupposto per l’applicazione delle norme comunitarie in materia di appalti (nella specie di forniture).

     A  queste conclusioni nulla aggiunge il terzo motivo, che si fonda sull’ordinanza n. 2316 dd. 28 giugno 2004 della V Sezione del Consiglio di Stato di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia di alcune norme della Regione Trentino Alto Adige, che consentono l’affidamento diretto di un servizio pubblico a società di capitali in cui vi sia “influenza dominante pubblica”, in quanto ritiene che esse non siano compatibili con diverse disposizioni del Trattato dell’Unione Europea, che prevedono il divieto di discriminazione, la libera concorrenza, la libera prestazione dei servizi pubblici, in quanto, nella prospettazione  attorea, dimostrerebbero l’incompatibilità con il Trattato dell’intero sistema dell’in house providing.

     Ritiene invero il Collegio che la soluzione, quale che essa sia, della questione, non abbia rilevanza per la soluzione del presente ricorso.

     Invero la fattispecie, che anche la Corte dovrà prendere in considerazione, è molto diversa da quella qui in esame, sia in fatto che in diritto.

     Nel  caso  indicato si controverte su una concessione di pubblico servizio (l’affidamento di un parcheggio a pagamento) caratterizzata dal fatto che la controprestazione dell’affidatario è ottenuta, almeno in parte, dagli utenti del servizio stesso, onde è esposta a rischio d’impresa, e non su di un appalto di servizi, in cui essa è comunque assicurata dall’amministrazione aggiudicatrice, e quindi  secondo  la giurisprudenza comunitaria (v. p. es. sentenza 7.12.2000 in causa C-324/98) non si applica a tale fattispecie la direttiva 92/50/CEE, come richiesto invece nel presente ricorso (v. al riguardo le conclusioni dell’Avvocato generale nella causa C-458/03 Parking Brixen Gmbh c. Comune di Bressanone, su una vicenda analoga).

     Inoltre  la  legislazione nazionale, della cui conformità al Trattato si dubita, non è la stessa qui in discussione, trattandosi di normativa applicabile alla sola Regione Trentino Alto Adige e, per giunta, fondata su un presupposto diverso, cioè la possibilità di affidare direttamente pubblici servizi a società con influenza dominante pubblica, qui non in discussione.

     Anche se viene chiamato in causa l’art. 113, 5° comma, lett. c) del D. Lgs. n. 267/00 ciò non toglie che tale norma non disciplini direttamente la materia del contendere.

     Infine  l’ordinanza  di  rimessione  si fonda, principalmente, su una dettagliata analisi del tipo di controllo dell’amministrazione nel caso di specie, per sostenere che non sarebbe ivi applicabile la già citata sentenza Teckal, non essendo al riguardo sufficiente  il possesso dell’intero capitale della società controllata da parte dell’ente locale.

     Anche in questo caso si potrà osservare come il controllo sia stato  ravvisato, nella fattispecie, in base a disposizioni e indici del tutto diversi, non ricorrenti nella vicenda all’esame del giudice d’appello.

     A conferma di quanto finora affermato, dev’essere rilevato che, in pronunce coeve la stessa Sezione abbia ritenuto perfettamente applicabile il citato art. 113 (cfr. CDS V Sez. 19.2.2004 n. 679; 26.6.2007 n. 4771) e, successivamente, ne ha fatto applicazione altra Sezione (cfr.CDS VI Sez. 25.1.2005 n. 679) pur in casi caratterizzati da ampia applicazione del diritto comunitario, essendo in esame vicende dalle caratteristiche non comparabili a quella che ha dato luogo al rinvio pregiudiziale.

     Non può quindi da esso automaticamente dedursi l’illegittimità dell’atto principalmente impugnato.

     Dall’infondatezza dei motivi rivolti contro di essi discende il rigetto dell’ulteriore censura di illegittimità derivata contro l’atto ad esso preparatorio e quello ad esso consequenziale.

     In conclusione il ricorso dev’essere rigettato.

     Sussistono motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

p. q. m.

il Tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunziando sul ricorso in premessa, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, lo rigetta.

     Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

     Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

     Così deciso in Trieste, in camera di consiglio, il 30 giugno 2005.

f.to Vincenzo Borea - Presidente

f.to Enzo Di Sciascio - Estensore

f.to Rita Muto - Segretario

Depositata nella segreteria del Tribunale

il 15 luglio 2005

f.to Rita Muto - Segretario