Ric. n. 1671/95    Sent. n. 3806/2001

R E P U B B L I C A  I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, costituito da:

      Stefano Baccarini  Presidente

      Angelo De Zotti  Consigliere, relatore

      Angelo Gabbricci  Consigliere

      ha pronunziato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 1671/95, proposto da Bay Piero Giuseppe, rappresentato e difeso dagli avv.ti Silvio Marzari, Maria Gabriella Maggiora, Ivone Cacciavillani, Franco Dalla Mura ed Eliana Bertagnolli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Venezia, S. Marco 3481, come da mandato in calce al ricorso;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello stato di Venezia;

e nei confronti

del Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento del Ministero dell'interno, direzione generale dell'amministrazione civile, n. 9501176 del 6.2.1995, con il quale è stata respinta l’istanza del ricorrente, diretta ad ottenere, ai  sensi dell'art.  13 della L.  23.12.1994 n. 724,  la revoca della propria domanda di collocamento a riposo.

      Visto il ricorso, notificato il 9 maggio 1995 e depositato nella segreteria il 26 maggio 1995 con i relativi allegati;

      visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, depositato in segreteria il 10 giugno 1995 con i relativi allegati;

visti gli atti tutti della causa;

      udito alla pubblica udienza del 10 maggio (relatore il Consigliere De Zotti) l'avv. Codognato per la ricorrente;

      ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

Fatto

     Il  dr. Piero Giuseppe  Bay,  segretario  generale  del  comune di Verona, in data 22 giugno 1994, chiedeva  al Ministero dell'interno di  essere collocato a riposo con decorrenza  dall’8 agosto 1994, avendo egli maturato il diritto alla pensione.

     Successivamente, a seguito della entrata in vigore della L. n. 724/1994, con istanza del 27 gennaio 1995, il ricorrente chiedeva  che  la  propria  domanda  di  pensionamento  venisse considerata revocata, in applicazione dell'art. 13, ottavo comma, di detta legge.

     Il  Ministero  dell'interno, con  il  provvedimento impugnato, respingeva la domanda del dr. Bay, affermando che la disposizione dallo stesso invocata non poteva trovare applicazione nel caso concreto.

     Ritenendo tale provvedimento illegittimo, il ricorrente lo impugna e ne chiede l’annullamento per il seguente motivo:

     1) violazione  ed  errata  applicazione dell'art. 13 della  L. 23.12.1994  n. 724; eccesso  di   potere   per   erronea valutazione  della situazione di fatto e  di  diritto e per difetto di motivazione.

     Si sostiene: che l’amministrazione ha rigettato la domanda del ricorrente nel convincimento erroneo che la norma invocata non fosse al medesimo applicabile, in quanto riguarda soltanto i dipendenti cessati dal servizio a partire dal 28.9.1994 e presuppone la costanza del rapporto di pubblico impiego; che per contro l’art. 13 della legge n. 724/94 riconosce a tutti i dipendenti delle  pubbliche  amministrazioni la facoltà di revocare le proprie domande  di  pensionamento,  ancorché accettate  dall'ente  di appartenenza, entro il termine di trenta giorni dall'entrata in  vigore  della legge  stessa; che la norma è di carattere speciale, in quanto deroga al generale principio, secondo il quale il dipendente pubblico non può revocare le proprie dimissioni una volta che l'amministrazione le abbia  accettate, e ciò al  chiaro  scopo  di ridurre  le  spese  relative  ai  trattamenti pensionistici per il  tempo necessario al riordino dei sistemi previdenziali; che in considerazione delle finalità perseguite dal legislatore, e della assoluta mancanza di specifiche esclusioni o di (pretese) condizioni di applicazione, deve ritenersi che la facoltà di revocare la domanda di  pensionamento  prevista  dalla  disposizione  in  esame è stata riconosciuta a tutti i dipendenti pubblici che non avessero ancora raggiunto il limite di età stabilito dalla legge per il collocamento a riposo e, di  conseguenza, in tutti i  casi  in  cui  il dipendente  non avesse maturato il diritto alla pensione di vecchiaia; che tale interpretazione è conforme alla circolare n. 13 del 7 febbraio 1995 dell’I.N.P.D.A.P.; che, infine, il provvedimento impugnato è privo di motivazione.

     L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio a mezzo dell’Avvocatura dello Stato ed ha controdedotto chiedendo la reiezione del ricorso con vittoria di spese.

     Alla pubblica udienza del 10 maggio 2001, previa audizione dei difensori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Diritto

      1. Con un unico motivo di ricorso, che compendia tutte le censure dedotte e che può essere trattato unitariamente, il ricorrente sostiene che l’istanza di revoca della domanda di collocamento a riposo da lui prodotta ai sensi dell’art. 13 comma 8^ della legge n. 724/1994 è stata illegittimamente respinta, giacchè “in considerazione delle finalità perseguite dal legislatore, e della assoluta mancanza di specifiche esclusioni o di (pretese) condizioni di applicazione, la facoltà di revocare la domanda di  pensionamento, prevista dalla suddetta disposizione, deve ritenersi riconosciuta a tutti i dipendenti pubblici che non abbiano ancora raggiunto il limite di età stabilito dalla legge per il collocamento a riposo e, pertanto, in tutti i casi in  cui  il dipendente  non abbia maturato il diritto alla pensione di vecchiaia”.

  Ne consegue  che, trovandosi in tale posizione, egli aveva il diritto di revocare la richiesta di pensionamento, a nulla rilevando la circostanza che la domanda presentata il 22 giugno 1994 fosse anteriore al D.L. 654/1994 e che essa fosse stata accolta prima (il 27 giugno 1994) e con decorrenza anteriore (8 agosto 1994) al 27 settembre 1994, data nelle quale il suo rapporto di lavoro con l’amministrazione di appartenenza è cessato.

         2. La tesi del ricorrente non può essere condivisa.

Il  Collegio ritiene, infatti, che il dott. Bay, in virtù del tempo nel quale ha operato la scelta di essere collocato in pensione e del regime pensionistico che gli è stato applicato al momento di accettazione della domanda (26 luglio 1994), non rientrava tra i soggetti ai quali le norme successive, ed in particolare i decreti legislativi n. 553/94 e 654/94 prima e l’art. 13 della legge n. 724/1994, poi, hanno consentito, per le ragioni che verranno chiarite in appresso, la facoltà di revoca della domanda ovvero la riammissione in servizio per i dipendenti cessati.

  2.1 Per spiegare il perché di tale conclusione è necessario un breve excursus delle norme soprarichiamate che hanno interessato, a partire dall’anno 1994, la materia pensionistica e di cui si deduce l’erronea applicazione.

  Com’è noto, con il decreto  legge  28 settembre 1994 n. 553,  intitolato: "Sospensione temporanea dell'efficacia delle domande di  pensionamento  anticipato  nel  settore  pubblico  e privato",  il legislatore, nell’intento di arginare il fenomeno delle c.d. pensioni baby e di mettere mano al riordinamento organico dei sistemi previdenziali privato e pubblico e della loro omogeneizzazione, dispose che a partire dalla  data  di  entrata in vigore  dello stesso decreto,  cioè dal  28.9.1994  e fino  al  10  Febbraio  1995, era sospesa l’applicazione di ogni disposizione di  legge, di regolamento e di accordi collettivi che prevedeva il diritto a trattamenti pensionistici anticipati rispetto all’età stabilita per la pensione di vecchiaia (per i segretari comunali e provinciali 65 anni di età) ovvero per il collocamento a riposo d’ufficio in base ai singoli ordinamenti.

  Tale disposizione valeva per le domande che avessero decorrenza di pensionamento successiva al 28 settembre 1994, anche se accettate prima di tale data.

     Il decreto legge prevedeva inoltre all' art. 1,  comma  3^,  la facoltà per il dipendente pubblico che si trovasse nella condizione di cui al suindicato art. 1, comma 10, e che avesse presentato domanda  di  dimissioni  successivamente  al 1^ luglio 1994  e fino al 28 settembre 1994 di revocarla.

     La norma riguardava quindi i dipendenti che avessero chiesto di essere collocati a riposo anticipatamente con domanda presentata fino alla data del 28.9.1994 e con decorrenza del pensionamento successiva alla stessa data.

     In ogni caso, va chiarito che il ricorrente non ha presentato domanda di revoca ai sensi del suddetto decreto-legge.

     Il D.L. n.  553/1994, alla sua scadenza è stato reiterato  con  il D.L. 654/1994, il quale non solo ha ribadito il blocco della corresponsione dei trattamenti pensionistici anticipati,  ma ha anche previsto, per i dipendenti pubblici, due possibilità: 1) di revocare entro 30 giorni la domanda, anche se accettata, se  non  fossero  già cessati  dal  servizio; 2) di chiedere la riammissione, con domanda da presentare entro il  28  dicembre  1994, se cessati dal servizio.

     Il ricorrente, anche ipotizzando che ne avesse titolo, non ha presentato alcuna domanda di riammissione neanche ai sensi del citato decreto-legge.

   Il D.L. n. 654/1994 è stato, infine,  abrogato  e  sostituito dall'art. 13 della legge n. 724/1994.

   Il primo comma del succitato articolo stabilisce, ancora una volta, che a decorrere dall’ 1 gennaio 1995, nei confronti dei dipendenti pubblici e privati, nonchè dei lavoratori autonomi, sono sospese fino all' entrata  in vigore di  apposita  legge  di riordino del sistema previdenziale e comunque non oltre il 30 giugno 1995 le disposizioni sul pensionamento anticipato.

   Il successivo comma 8^ prevede che per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni è fatta salva  la  possibilità  di  revocare,  entro  30  giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge, cioè entro il 30.1.1995, la domanda di pensionamento ancorchè accettata dall’ente di  appartenenza; mentre, nei  casi  di domande di riammissione presentate ai sensi dei decreti legge 28.9.1994 n. 553 e 26.1.1994 n. 654 da coloro che siano cessati dal servizio dalla data del 28.9.1994, la riammissione avviene secondo le  modalità  indicate nel decreto legge n. 654/1994.

   3. Ora, dalla lettura  sistematica  ed organica  dell'art.  13 della legge n. 724/1994 e dei decreti-legge n. 553/1994 e 654/1994 che lo hanno preceduto, si evince chiaramente che il legislatore non ha inteso consentire a coloro i quali fossero già regolarmente in pensione, in virtù di provvedimenti non soggetti alla sospensione dei regimi di pensionamento anticipato e di anzianità, di rientrare in servizio a loro piacimento, anche a distanza di mesi e in realtà senza limiti di tempo (visto che l’art. 13 non ne pone). quanto evitare che coloro i quali erano rimasti “vittime” della sospensione degli istituti di pensionamento anticipato si trovassero, senza alternativa, nella condizione di non poter rientrare in servizio ovvero di non percepire il trattamento pensionistico sino alla data del riordinamento organico della materia restando assoggettati ad una disciplina non conosciuta e non prevista all’atto della domanda.

   Tanto è vero che alla sospensione degli istituti pensionistici a partire dalla data del 28 settembre 1994 si accompagnava la sospensione delle domande di pensionamento (ancorché accettate da parte degli enti di appartenenza) “presentate fino alla data del 28 settembre 1994 e con decorrenza dalla medesima data”.

   Ai dipendenti veniva inoltre concesso, come detto, di revocare la richiesta se ancora in servizio e se cessati dalla data del 28 settembre 1994 di essere riammessi a domanda da presentare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge n. 654/94 e cioè entro il 30 dicembre 1994.

   4. Le norme di blocco non riguardano perciò i dipendenti che alla data del 28 settembre 1994 erano già in godimento della pensione e che non erano interessati dalle norme sopravvenute, avendo acquisito in precedenza il diritto al pensionamento anticipato in forza del regime non sospeso (in questo senso anche la circolare n. 13 del febbraio 1995 dell’INPDAP).

   4.1 Né sarebbe possibile una diversa interpretazione delle anzidette disposizioni, ed in particolare quella che tutti i dipendenti in pensione alla data del 28 settembre 1994 potevano revocare le domande di collocamento a riposo già accolte, perché anche a prescindere dagli effetti che una norma di questo genere avrebbe potuto determinare sull’organizzazione delle amministrazioni che avessero già coperto i posti occupati dai dipendenti cessati, sul piano giuridico mentre la revoca aveva un senso per le domande la cui efficacia era stata sospesa ex lege, per quelle non sospese, in quanto non soggette al blocco dei regimi anticipati si sarebbe trattato non già di ammettere la “revoca” della domanda ma di sancire un vero e proprio diritto generalizzato alla riammissione a favore dei soggetti cessati dal servizio prima del 28 settembre 1994.

   Senonchè, a differenza della formula generica usata per la revoca delle domande, la legge n. 724/1994 non prevede affatto un’ipotesi di riammissione in servizio estesa a tutti i dipendenti che lo chiedano, ma richiama quella contemplata dal D.L. 654/94 e dunque conferma che (anche) per la riammissione  deve trattarsi di soggetti cessati dal servizio dopo il 28 settembre 1994 (incisi dal regime normativo sopravvenuto) che abbiano presentato domanda di riammissione entro il 30 dicembre 1994 (art. 1 comma 3^).

   Il ricorrente non si trovava in tale situazione, in quanto cessato prima del 28 settembre e, comunque, non aveva presentato domanda di riammissione in servizio entro il 30 dicembre 1994.

   Nèl caso del ricorrente mancava quindi  sia la norma sia la ragione per la quale, nella veste di dipendente collocato in servizio da sei mesi su domanda e con diritto pieno al trattamento pensionistico accordatogli dalle norme vigenti al tempo della domanda di pensionamento e non sospese, gli si potesse accordare un diritto (quello di revoca della domanda di pensionamento) introdotto in via eccezionale a favore di una categoria di soggetti particolari (i lavoratori inclusi nel blocco del trattamento pensionistico anticipato) che rischiavano per effetto del suddetto blocco di non percepire più lo stipendio e neppure la pensione.

   Il rigetto della domanda era quindi giustificato ed adeguatamente motivato.

     Per tali ragioni il ricorso è infondato e va respinto.

     5. Le spese e le competenze di causa possono essere nondimeno compensate per ragioni di equità.

P.Q.M.

      Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, respinge il ricorso in epigrafe.

      Spese e competenze di causa compensate.

      Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

      Così deciso in Venezia, addì 10 maggio 2001.

Il Presidente       L’Estensore 

  Il Segretario