Ricorso n. 1780 del 2004     Sent. n.  2025 del 2005

R E P U B B L I C A  I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, con l’intervento dei magistrati:

      Bruno Amoroso   -Presidente

      Angelo De Zotti   -Consigliere

      Marco Buricelli   -Consigliere, rel. ed est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso e sull’atto di motivi aggiunti rubricati al n. 1780 del 2004  proposti da Venezia Servizi Territoriali Ambientali –VESTA s.p.a. (in seguito VESTA), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentato e difeso dall’avv. Franco Stivanello Gussoni, con elezione di domicilio presso lo studio dello stesso in Venezia, Dorsoduro, 3593;

contro

l’Università Ca’ Foscari di Venezia, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso  dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge in Piazza San Marco, 63; 

e nei confronti

di Tecnologie Ecologiche Venezia –TEV s.r.l. (in prosieguo TEV), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappr. e dif. dall’avv. Pier Vettor Grimani ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Venezia, Piazzale Roma, 466/G;

per l'annullamento

     -della nota dell’Università Ca’ Foscari di Venezia –Divisione Servizi Tecnici, del 7 maggio 2004, che ha disposto l’esclusione di VESTA s.p.a. dalla gara  a licitazione privata per la gestione tecnica e manutentiva degli impianti di depurazione, delle stazioni di sollevamento e delle fosse settiche degli immobili dell’Università Ca’ Foscari; nonché

      -di ogni altro atto annesso e connesso, antecedente  e conseguente e, segnatamente, della nota 11 maggio 2004 del dirigente Div. Serv. Tec. di conferma dell’esclusione e del verbale della Commissione 13 maggio 2004, all’esito del quale la gara è stata provvisoriamente aggiudicata a favore di TEV; e dell’aggiudicazione definitiva di cui alla comunicazione 17 maggio 2004;

      visto il ricorso, notificato il 18 giugno 2004 e depositato in Segreteria il 25 giugno 2004,  con i relativi allegati;

      visto l'atto di motivi aggiunti, con i relativi allegati;

  visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per l’Università Ca’ Foscari di Venezia e di TEV,  con i relativi allegati;

      viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive  difese; 

      visti gli atti tutti della causa;

      uditi, all’udienza del 28 aprile 2005 (relatore il consigliere Marco Buricelli), gli avvocati Stivanello Gussoni per VESTA, Cerillo per la P. A. e Grimani per TEV; 

      ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

      1.-Nel marzo del 2004 l’Università Ca’ Foscari di Venezia ha indetto una licitazione privata ai sensi dell’art. 23, comma 1, lettera b) del d. lgs. n. 157 del 1995, vale a dire secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la gestione tecnica e manutentiva degli impianti di depurazione, delle stazioni di sollevamento e delle fosse settiche degli immobili universitari.

      La società VESTA operante, tra l’altro,  nel settore della depurazione e del trattamento dei reflui, ha chiesto di essere invitata alla licitazione.

      Con nota 19 aprile 2004 l’Università ha invitato VESTA a presentare la propria offerta precisando peraltro che “si è preso atto che VESTA s.p.a. è società interamente partecipata da enti pubblici territoriali, il cui oggetto sociale concerne la assunzione e la gestione di servizi pubblici, e che conseguentemente essa assume la veste di organismo di diritto pubblico e quindi di amministrazione aggiudicatrice di appalti pubblici di servizi e non già di assuntore degli stessi. Pertanto, il presente invito deve intendersi inoltrato con riserva di una più approfondita valutazione in ordine alla sua ammissibilità…”.

      Con nota 7 maggio 2004 l’Università ha sciolto negativamente la riserva e ha deciso di non ammettere VESTA alla gara perché, “con riferimento alle direttive CEE 92/50 e 93/37 nonché al d. lgs. n. 157/95 e l. 109/94, VESTA s.p.a. è stata costituita con lo scopo precipuo di svolgere servizi pubblici e assume i connotati di organismo di diritto pubblico: come tale è amministrazione aggiudicatrice e non invece impresa in senso stretto, né l’attività da svolgere nel caso di specie è riferibile alla gestione di un servizio pubblico”.

      VESTA ha motivatamente chiesto all’Università di riconsiderare la propria posizione, ma con nota 11 maggio 2004 l’Università ha confermato la non ammissione di VESTA alla gara e successivamente l’appalto è stato aggiudicato alla società TEV, unica concorrente ammessa.

      VESTA ha chiesto al Tar di annullare esclusione dalla gara e aggiudicazione del servizio a TEV.

      Due le censure dedotte, concernenti violazione di direttive CEE e di leggi statali ed eccesso di potere sotto svariati profili. In particolare, con il primo motivo si sostiene che è vero che VESTA, tra i propri scopi sociali, ha anche quello di svolgere servizi pubblici, e che in tale qualità assume i connotati di organismo di diritto pubblico e di amministrazione aggiudicatrice. Nella specie però l’attività da svolgere attiene non alla gestione di un servizio pubblico ma alla prestazione di un servizio a favore –direttamente ed esclusivamente- dell’Università senza che, d’altra parte, l’attività in questione sia estranea agli interessi della collettività locale di riferimento. Né varrebbe la preclusione di cui all’art. 113, comma 6, del d. lgs. n. 267 del 2000 in relazione alla previsione di cui al comma 5 del medesimo articolo. Con il secondo motivo VESTA ha evidenziato che l’illegittimità dell’esclusione si riflette sull’aggiudicazione. Con atto di motivi aggiunti notificato il 6 luglio 2004  e tempestivamente depositato in Segreteria la ricorrente, alla luce della documentazione prodotta dall’Università nella fase cautelare, ha sostenuto che TEV andava esclusa in applicazione dell’art. 4, lettera a), del bando.

      Resistono Università e TEV.

      2.-La questione principale sottoposta al collegio consiste nello stabilire se VESTA, società per azioni a capitale interamente pubblico, gestrice in Venezia di servizi pubblici locali in materia di territorio e ambiente, possa ugualmente, nonostante la sua qualifica di organismo di diritto pubblico –amministrazione aggiudicatrice, partecipare a una licitazione privata indetta dall’Università Ca’ Foscari di Venezia  per la gestione tecnica e manutentiva degli impianti di depurazione, delle stazioni di sollevamento e delle fosse settiche degli immobili universitari.

      Va premesso che Università e TEV obiettano che VESTA, società interamente partecipata da enti territoriali, ha il privilegio di essere affidataria diretta di servizi pubblici degli enti stessi e che, come tale, essa non potrebbe porsi sul mercato per partecipare a gare indette da altri enti: VESTA non sarebbe una impresa qualunque e se le fosse consentito di porsi sul mercato in concorrenza con le imprese “vere” ciò costituirebbe una anomalia e una violazione dei principi di tutela della concorrenza e di parità di condizioni tra i soggetti interessati.

      Al quesito su esposto si ritiene che possa essere data risposta affermativa.

      Come il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5843 del 2004, alla quale si fa rinvio anche ai sensi dell’art. 9 della l. n. 205 del 2000, ha riconosciuto, a favore delle società a capitale misto pubblico –privato, la possibilità di svolgere attività imprenditoriali extraterritoriali e di assumere il ruolo di esecutrici di appalti pubblici indetti da altre stazioni appaltanti pubbliche, diverse dagli enti locali che hanno dato vita alle società miste, a condizione che non vi sia incompatibilità tra l’espletamento dell’attività e gli interessi della collettività locale di riferimento (nel senso che non potrebbe ammettersi lo svolgimento di un’attività tale da comportare una distrazione di risorse  e di mezzi effettivamente apprezzabile e realisticamente in grado di arrecare pregiudizio allo svolgimento del servizio pubblico locale); così, analogamente, si ritiene che nella specie possa essere riconosciuta a VESTA, società a capitale interamente pubblico, la possibilità, perlomeno in astratto, di partecipare a una licitazione privata, di vedersi dichiarata aggiudicataria e di svolgere un servizio come quello in argomento, considerando anche che l’esercizio di attività come quella “de qua”, poiché inerisce all’àmbito territoriale del Comune di Venezia, sembra collegato –e comunque tutt’altro che incompatibile- con gli interessi della collettività locale di riferimento e, almeno a quanto consta, non risulta idoneo a distrarre risorse e mezzi in misura tale da arrecare pregiudizio ai servizi pubblici locali gestiti da VESTA.

      In questa prospettiva appare erroneo l’avere motivato il rifiuto di fare partecipare VESTA alla licitazione privata mediante il richiamo al fatto che VESTA è “organismo di diritto pubblico” e “come tale è amministrazione aggiudicatrice”: ad avviso del collegio la sopra trascritta motivazione dell’atto di esclusione è scorretta poiché la suddetta qualificazione di VESTA non implica un divieto assoluto di partecipare a licitazioni private come quella indetta nel caso in esame.  Non sussiste, in altre parole, incompatibilità tra l’essere stazione appaltante e l’essere soggetto affidatario di un appalto.

      Opinare diversamente, vale a dire riconoscere l’esistenza di un divieto assoluto di cumulo, in un medesimo soggetto, dei ruoli di amministrazione aggiudicatrice e di soggetto esecutore di un servizio condurrebbe all’illogico risultato secondo cui un soggetto che rientra nella categoria dei soggetti aggiudicatori non potrebbe mai essere esecutore di un appalto indetto da altri soggetti aggiudicatori, il che si tradurrebbe in una incapacità giuridica a contrarre, in contrasto con la generale capacità di diritto privato che va riconosciuta sia ai soggetti privati, sia ai soggetti solo formalmente privati (società a capitale pubblico), sia alle pubbliche amministrazioni (conf. Cons. St. , sent. n. 5843/04 cit.).

      Né pare improprio richiamare Cons. St. n. 6325 del 2004.  In merito alla eccepita valorizzazione dello stato giuridico differenziato delle società a capitale prevalentemente pubblico, condizione giuridica asseritamente idonea a favorire le società suddette nel confronto con le imprese private sì da escludere la possibilità stessa, per le prime, di partecipare a gare pubbliche, il giudice d’appello:

  -ha dapprima affermato che la società mista pubblico –privata è innanzitutto un soggetto imprenditoriale che rientra nello schema organizzativo gestionale proprio delle società di capitali (nella specie, dall’esame degli atti di causa la caratterizzazione imprenditoriale di VESTA appare fuori discussione n. d. est. -v. anche “infra”) e pertanto si tratta di un soggetto che “non è sottoposto alle limitazioni di attività cui soggiacciono le aziende speciali; (e che) alla luce di tale ricostruzione l’ordinamento giuridico non pone, in linea di principio, alcun limite all’assunzione, da parte delle società miste, di compiti ultronei alla missione istituzionale assegnata dall’ente locale”; e

  -ha quindi sottolineato che il Trattato di Roma e la direttiva CEE 92/50 prevedono che le società pubbliche possano agire in regime di parità di trattamento con le imprese private e che tra i prestatori di servizi siano inclusi i soggetti pubblici che forniscono servizi, con il che è esclusa ogni limitazione alla facoltà dei soggetti pubblici suddetti di partecipare alle gare pubbliche. Il Consiglio di Stato ha poi ricordato che la CGCE ha stabilito che gli organismi che beneficiano di sovvenzioni pubbliche sono ammessi al confronto concorrenziale secondo le regole comunitarie senza che vi sia alterazione della regola della parità di trattamento: non sussiste cioè discriminazione tra offerente sovvenzionato e offerente non sovvenzionato.

      Va inoltre segnalato che la terza sezione del Tar del Lazio, con sent. n. 2691 del 2003, nel giudicare sulla legittimità del diniego, opposto dall’AVLP, a rilasciare proprio a VESTA l’attestazione di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici della categoria fino a due miliardi di lire, diniego motivato con l’argomento che la qualità di ente aggiudicatore precluderebbe la possibilità di partecipare a gare d’appalto indette da soggetti terzi; il Tar Lazio, si diceva, con motivazione che si condivide, ha chiarito che “l’esistenza nell’ordinamento del divieto, in capo alle società che gestiscono un servizio pubblico locale, di assunzione diretta dei lavori connessi al servizio stesso, può produrre effetti inibitori ma non quello addotto di impedire la partecipazione delle società stesse a licitazioni indette da una distinta stazione appaltante” , per precisare poi che in presenza di un soggetto costituito in forma di s.p.a. “la possibile funzione di stazione appaltante (di VESTA) non può essere di ostacolo, allorché essa partecipa a gare indette da soggetti terzi”.

      Non pare fuori luogo aggiungere che l’Autorità di vigilanza per i lavori pubblici, con deliberazione n. 325/02, ha affermato che le società miste, costituite da comuni e province per la gestione di servizi pubblici locali, possono conseguire l’attestazione di qualificazione. Attestazione che legittima l’impresa a eseguire lavori pubblici e che assegna una qualificazione di idoneità ai fini della partecipazione ad appalti pubblici (fattispecie relativa alla attestazione rilasciata ad ACEA s.p.a.).

      Correttamente la difesa della ricorrente aggiunge che:

      -il riconoscimento a VESTA della qualifica di organismo di diritto pubblico rileva esclusivamente con riguardo ai casi nei quali la società è stazione appaltante, nel senso che dalla assunzione di detta qualifica deriva l’assoggettamento della società alle regole dell’evidenza pubblica per ciò che attiene alla scelta del contraente;

      -a sostegno della tesi secondo cui la gestione degli impianti di depurazione e quant’altro è attività non riferibile alla gestione di un servizio pubblico va richiamata la sentenza n. 312 del 2004 della seconda sezione del Tar Liguria secondo la quale per servizio pubblico deve intendersi “il servizio di cui la legge riconosce l’utilità sociale reso da enti pubblici o da privati concessionari o comunque gestori autorizzati nei confronti della collettività indistinta o comunque di una certa massa di utenti: quindi nel caso in cui non sia una pubblica amministrazione la diretta erogatrice vi deve essere un rapporto trilaterale tra P.A. che pone le regole o che affida il servizio, soggetto che lo gestisce ed infine  utenti.  Nel caso di specie (relativo alla impugnazione di un’aggiudicazione di un appalto di un servizio di pulizia, aggiudicazione disposta dalla Regione Liguria a favore di una s.p.a. mista a capitale pubblico, la Catania Multiservizi –n. d. est. il Tar ha proseguito affermando che) non vi è alcunché di tutto questo. Si è infatti in presenza dell’aggiudicazione di un servizio, ovverosia della prestazione che deve essere resa da un imprenditore nei confronti dell’amministrazione pubblica ai fini del funzionamento interno della propria macchina operativa e non allo scopo diretto di fornire utilità ai cittadini”. Analogamente, nella fattispecie odierna non può affermarsi la ricorrenza di un servizio pubblico dato che la prestazione oggetto della gara si concreta in un servizio (gestione degli impianti di depurazione) reso direttamente a favore dell’Università, anche se non nell’interesse esclusivo dell’Amministrazione universitaria, non sussistendo inconciliabilità tra l’espletamento del servizio in questione e l’interesse della collettività locale. Né potrebbe farsi riferimento alle preclusioni di cui all’art. 113, comma 6, in relazione al disposto di cui al comma 5, trattandosi di norma che riguarda servizi pubblici gestiti dagli enti locali;

      -inoltre, se si può concordare con la P. A. sul fatto che lo “scopo precipuo” per il quale è stata costituita VESTA attiene all’espletamento di servizi pubblici locali concernenti territorio e ambiente, il collegio ritiene che dalla lettura di statuto e atti prodotti si possa ricavare che VESTA può gestire impianti di depurazione anche al di fuori, per dir così, dello svolgimento di attività connesse ai servizi pubblici locali che le sono stati affidati. 

      In conclusione, la normativa vigente non sembra precludere, a una s.p.a. a capitale interamente pubblico, gestrice di servizi pubblici locali, la partecipazione a una licitazione privata indetta da un ente pubblico operante nel medesimo ambito territoriale, licitazione avente a oggetto la prestazione di un servizio che appare rientrante nell’oggetto sociale della società medesima.

      La partecipazione suddetta, in generale e ferme le condizioni sopra specificate, non risulta ostacolata dalla applicazione diretta di principi di concorrenza e di “par condicio” propri delle procedure di evidenza pubblica.

      La soluzione data al tema dibattuto appare corretta anche nella prospettiva di una graduale equiparazione tra società miste e privati.

      Assorbita ogni altra censura il ricorso va pertanto accolto e gli atti impugnati annullati

      Tuttavia, data la dubbiezza della questione posta,  concorrono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.

P. Q. M.

il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, definitivamente decidendo sul ricorso in premessa lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

      Spese compensate.

      La presente sentenza verrà eseguita dall'autorità amministrativa.

      Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio del 28 aprile 2005. 

Il Presidente    L'Estensore 

Il Segretario 
 

     SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

il……………..…n.………

Il Direttore della Prima Sezione

T.A.R. Veneto – I^ Sezione n.r.g. 1780/2004