Ricorso n. 1921/2005 Sent. n. 3663/05
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, con l’intervento dei magistrati
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della L. 27 aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Bruno Amoroso - Presidente
Angelo De Zotti Consigliere
Rita De Piero - Consigliere, rel. ed est.
SENTENZA
sul ricorso n. 1921/2005, proposto da SCHINDLER S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Piero D’Amelio e Giorgio Orsoni, con elezione di domicilio presso lo studio dell’ultimo in Venezia, Santa Croce n. 205;
contro
AER TRE – AEROPORTO di TREVISO S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Vittorio Domenichelli, Guido Zago e Franco Zambelli, con elezione di domicilio presso lo studio del terzo in Venezia Mestre, Via Cavallotti 22,
per l'annullamento
del provvedimento 23 giugno 2005, prot. n. 2771 con il quale la stazione appaltante resistente ha disposto l’esclusione dalla gara della ricorrente, del verbale della “commissione consultiva appalti” del 17.6.2005; nonché di ogni atto annesso, connesso o presupposto.
Visto il ricorso, notificato l’11.8.2005 e depositato presso la Segreteria il 29.8.2005, con i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio di Aer Tre – Aeroporto di Treviso S.p.a.;
visti gli atti tutti di causa;
uditi all’udienza camerale del 28 settembre 2005 (relatore il Consigliere Rita De Piero), gli avvocati: D’Amelio per la parte ricorrente e Domenichelli per l’Aeroporto di Treviso S.p.a.;
considerato
che, per il combinato disposto dell’art. 23, XI comma, e dell’ art. 26, IV e V comma, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare, il Collegio, accertata la completezza del contraddittorio, verificato che non v’è necessità di procedere ad adempimenti istruttori e sentite sul punto le parti presenti, può definire il giudizio con sentenza succintamente motivata;
che, nel corso dell’udienza camerale fissata nel giudizio in epigrafe, il Collegio ha comunicato alle parti presenti come, all’esito, avrebbe potuto essere emessa decisione in forma semplificata, e queste non hanno espresso rilievi o riserve;
che sussistono i presupposti per pronunciare tale sentenza nella presente controversia.
Considerato in fatto e in diritto:
Il disciplinare di gara prevedeva – per quanto qui rileva – che all’interno della busta A dovesse essere contenuta (tra gli altri documenti) anche una “dichiarazione sostitutiva ai sensi del D.P.R. 445/2000 sull’assenza di cause di esclusione alla partecipazione alla gara previste dall’art. 11 del D.Lg. 358/92 e seg. e l’insussistenza delle cause di esclusione di cui alla vigente normativa di lotta alla delinquenza mafiosa”. Il disciplinare prevedeva altresì che tale dichiarazione (di cui al punto 9) doveva essere redatta “in conformità ai modelli allegati” ed essere – al pari di altre – “sottoscritta dal legale rappresentante e, in caso di imprese riunite o associate, prodotte da ciascun partecipante all’associazione o al consorzio”. Il mancato rispetto delle prescrizioni era espressamente sanzionato con l’esclusione.
Il “modello allegato al presente disciplinare”, in conformità del quale le dichiarazioni dovevano essere rese, stabiliva, peraltro, con prescrizione riportata a caratteri particolarmente evidenti, che questa particolare dichiarazione doveva essere corredata da fotocopia non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore e doveva essere presentata - nel caso di società non in nome collettivo o accomandita semplice - “dagli amministratori muniti di potere di rappresentanza e dal direttore tecnico”.
La Commissione di gara riteneva la difformità dalla prescrizione, tuttavia ammetteva, “allo stato”, la ricorrente alla gara e consentiva la produzione di documentazione integrativa.
Con l’atto presentemente opposto, tuttavia, la escludeva dalla gara.
L’istante era stata ammessa alla regolarizzazione ed era, alla fine, risultava aggiudicataria.
Il “contraius actus” avrebbe dovuto essere emesso dalla stessa Commissione (e non da altri uffici “commissione consultiva appalti”), e con le medesime modalità (in seduta pubblica).
Inoltre, doveva essere dato preavviso di provvedimento negativo a tenore dell’art. 10 bis della L: 241/90;
L’integrazione documentale ammessa, in un primo tempo, dalla Commissione di gara è legittima, sia per la mancanza di chiarezza del disciplinare, che ha indotto in errore la Società ricorrente, sia perché le ulteriori prescrizioni contenute nel “modello allegato” non erano espressamente previste a pena di esclusione.
Quanto al primo motivo, va osservato che, nella specie, non si è in presenza di un procedimento di autotutela, ma semplicemente, allo scioglimento di una riserva (ancorchè non formulata in termini sacramentali); infatti la Commissione aveva ammesso la ricorrente ad integrare la documentazione – e, di conseguenza, alle successive fasi della gara che l’aveva vista prima graduata (ancorchè non propriamente “aggiudicataria”, in quanto tale status si raggiunge solo dopo la formale chiusura della gara) – “allo stato”, cioè con riserva di verifica.
Non essendo stato posto in essere alcun atto di autotutela, invocare l’applicazione delle regole connesse a tali procedimenti è del tutto ultroneo.
Il primo motivo va quindi respinto.
Parimenti infondato è il secondo motivo.
Come risulta dalla documentazione in atti, la Commissione – e non altri – nella seduta del 17.6.05 (cfr. relativo verbale) ha ripreso in esame l’ammissione alla gara (si ribadisce, disposta “allo stato”) della ricorrente e ne ha disposto l’esclusione avendo ritenuto inammissibile l’integrazione documentale precedentemente disposta. E ciò, trattandosi semplicemente di mera risoluzione di un problema di diritto insorto in sede di gara, ben poteva essere fatto in seduta non pubblica.
Né, ad avviso del Collegio, può invocarsi il disposto dell’art. 10 bis o dell’art. 7 della L. 241/90; il primo per l’espressa previsione di non applicazione “alle procedure concorsuali” genericamente intese; e il secondo perché l’ammissione “allo stato”, indicava con chiarezza che la Commissione avrebbe riesaminato la questione per la definitiva delibazione del problema, con ciò svolgendo di fatto la funzione di rendere palese la non definitività della statuizione;
Ne consegue che le dichiarazioni ivi previste dovevano essere redatte come prescritto nel modello che, giova sottolinearlo, pone in grande evidenza tali modalità, proprio perché non omogenee con quelle generali previste per le altre autocertificazioni ammesse.
Né può esservi dubbio quanto al fatto che le modalità di formulazione della dichiarazione fossero prescritte a pena di esclusione.
Infatti il disciplinare - a chiusura delle disposizioni in tema di documentazione - stabilisce espressamente che “le prescrizioni documentali sopra indicate (tra cui vi è quella che stabilisce che la dichiarazione di cui al punto 9 va redatta in conformità al modello allegato) devono essere rispettate a pena di esclusione”.
Ne consegue che l’esclusione della ricorrente è stata legittimamente disposta. Ciò vale, a maggior ragione, ove si consideri che – come precisa la resistente AER TRE S.p.a. – anche la documentazione integrativa risulta comunque carente di una delle prescritte dichiarazioni.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Compensa integralmente le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 28 settembre 2005.
Il
Presidente l’Estensore
Il Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Prima
Sezione
T.A.R. per il Veneto – I Sezione n.r.g. 1921/05