Ric. n. 1095/03, 1196/03 e 1291/03 Sent. 3847/05
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Avviso di Deposito
del
a norma dell’art. 55
della L. 27 aprile
1982 n. 186
Il Direttore di Sezione
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei magistrati:
Angelo De Zotti Presidente f.f. relatore
Italo Franco Consigliere
Marco Buricelli Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi riuniti n. 1095/03, n. 1196/03, proposti da ORMENESE COSTRUZIONI s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Pavan ed elettivamente domiciliata presso la segreteria del T.A.R. ai sensi dell’art. 35 del R.D. 1054/1924;
contro
il COMUNE di DOLO in persona del suo Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Mauro Ferruzzi ed elettivamente domiciliato presso il suo studio legale in Venezia Mestre via S. Pio n. 1;
la REGIONE del VENETO in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roano Morra, Francesco Zanlucchi e Francesco Magris;
l’arch. FRANCO OPERTI nella sua qualità di Commissario ad acta; non costituito in giudizio;
e sul ricorso n. 1291/03, (principale e per motivi aggiunti) proposto dal COMUNE di DOLO in persona del suo Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Mauro Ferruzzi ed elettivamente domiciliato presso il suo studio legale in Venezia Mestre via S. Pio n. 1;
contro
la REGIONE del VENETO in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Roano Morra, Francesco Zanlucchi e Francesco Magris;
l’arch. FRANCO OPERTI nella sua qualità di Commissario ad acta; non costituito in giudizio;
e nei confronti
di ORMENESE COSTRUZIONI S.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. Massimo Pavan ed elettivamente domiciliata presso la segreteria del T.A.R. ai sensi dell’art. 35 del R.D. 1054/1924;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 1095/03:
della delibera del Consiglio Comunale di Dolo, approvata in data 14 aprile 2003, con la quale il Comune di Dolo ha deliberato di non approvare il piano di lottizzazione presentato in data 21/10/2002 dalla società ricorrente nonostante l'intervenuto insediamento del Commissario ad acta, nominato dalla Regione Veneto in data 24 marzo 2003, nonché di ogni ulteriore atto connesso e presupposto;
quanto al ricorso n. 1196/03:
del decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 352 del 24 marzo 2003, nella parte in cui ha dato atto “che l’amministrazione comunale è competente ad emanare gli atti relativi alla lottizzazione sino a quando il commissario ad acta non ha provveduto alla relativa approvazione”.
e quanto al ricorso n. 1291/03:
del decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 352 del 24 marzo 2003 (ricorso principale);
e del decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 291 del 16 luglio 2004, di annullamento parziale del decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 352 del 24 marzo 2003 (ricorso per motivi aggiunti);
visti i ricorsi n. 1095/03 e 1196/03 notificati il rispettivamente il 14 e 26 maggio 2003 e depositati il 20 e 30 maggio 2003 presso la segreteria con i relativi allegati;
visto il ricorso n. 1291/03 (principale e per motivi aggiunti) notificato il 28 maggio 2003 e l’11 novembre 2004 e depositato l’11 giugno 2003 ed il 19 novembre 2004 presso la segreteria con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Dolo, della ditta Ormenese e della Regione Veneto depositati in segreteria con i relativi allegati;
visti gli atti tutti delle cause;
uditi all'udienza pubblica del 23 giugno 2005 (relatore il consigliere Angelo De Zotti) l'avv. Pavan per la ricorrente Ormenese, l’avvocato Ferruzzi per il Comune di Dolo e l’avv. Zanlucchi in sostituzione dell’avv. Morra per la Regione Veneto;
ritenuto in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO
Con domanda protocollata in data 21 ottobre 2002, la società Ormenese Costruzioni S.r.l. presentava al Comune di Dolo, per l'approvazione, un piano di lottizzazione avente ad oggetto una vasta area posta nel capoluogo, interamente ricompresa nel cd. Progetto Norma n. 15 della variante al PRG approvata a suo tempo dalla Regione del Veneto.
Il Comune di Dolo dava corso all'iter istruttorio della pratica, dimostrando, tuttavia, secondo parte ricorrente, l'intenzione esplicita di non voler procedere all'approvazione dello strumento.
Ed invero, con nota del 20 novembre 2002 la responsabile del settore urbanistica comunicava alla ditta Ormenese che il PTP adottato dalla Provincia di Venezia, aveva individuato parte dell'area interessata dalla lottizzazione come "zona condizionata per penalità" sottoposta a rischio idraulico, avvertendo che l'esame del Piano doveva intendersi sospeso in applicazione delle norme di salvaguardia correlate al vincolo di inedificabilità sino all'individuazione degli interventi idonei a superare tale penalità.
Ritenendo ingiustificata tale determinazione la società Ormenese diffidava l'amministrazione comunale a concludere l'istruttoria ed a sottoporre il piano al Consiglio per l'approvazione.
Ormenese deduceva che poiché la variante al PRG di Dolo era successiva all'adozione del PTP fosse plausibile ritenere che in sede di pianificazione del futuro sviluppo urbanistico del proprio territorio l’amministrazione avesse tenuto conto dei vincoli e delle prescrizioni imposte dal medesimo PTP.
Il fatto, quindi, che il Comune non avesse esitato a destinare come zona di espansione un'area sino a quel momento agricola, deponeva certamente nel senso di considerare superati i vincoli previsti dallo strumento sovraordinato che, non a caso, viene richiamato tra la normativa di riferimento nel preambolo delle NTA della variante approvata.
Rilevava inoltre la ditta Ormenese che essa aveva previsto nel progetto di lottizzazione gli interventi idonei ad eliminare il rischio idraulico, ottenendo, ed allegando alla domanda, il parere favorevole del competente consorzio di bonifica, donde l’insussistenza di ragioni ostative all’approvazione del piano.
Nonostante le richieste di sollecita definizione dell’istanza, l'amministrazione comunale permaneva nello stato di denunciata inerzia e ciò induceva la ricorrente, spirati i termini di cui all’art. 22 della legge n. 136/1999, ad avanzare alla Regione Veneto istanza di nomina di un commissario ad acta perché assumesse, in luogo dell’amministrazione inadempiente, il provvedimento conclusivo sulla domanda di approvazione del piano.
L'istanza veniva presentata in data 29 gennaio 2003.
L’amministrazione regionale, dopo aver disposto un’istruttoria al riguardo, richiesti ed ottenuti chiarimenti da parte del Comune di Dolo, nominava commissario ad acta l'arch. Ignazio Operti, funzionario regionale presso la direzione urbanistica, con il compito di provvedere in ordine alla domanda di approvazione del piano di lottizzazione presentato dalla ditta Ormenese.
Il decreto di nomina, datato 24 marzo 2003, veniva comunicato al Comune di Dolo e alla ricorrente, che ne acquisivano conoscenza nei giorni successivi.
Il commissario ad acta prendeva, indi, possesso delle sue funzioni acquisendo la documentazione e richiedendo una dettagliata relazione all'Ufficio Urbanistica del Comune di Dolo: relazione che veniva predisposta in data 10 aprile 2003.
In seguito, tuttavia, in “rapida sequenza”, l'amministrazione comunale di Dolo, prima che il commissario ad acta provvedesse, convocava la commissione consiliare urbanistica, poneva all'ordine del giorno il progetto di lottizzazione della ditta Ormenese e nella seduta del 14 aprile 2003 deliberava con proprio provvedimento il rigetto della domanda di lottizzazione.
Il commissario ad acta non adottava, quindi, alcun ulteriore provvedimento cessando, di fatto, dalla propria funzione.
Così riassunti i fatti, con il primo dei ricorsi in epigrafe la società Ormenese impugna la delibera comunale di reiezione del piano di lottizzazione e ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi:
1) violazione dell'art. 22 l. 30.4.1999 n. 136; eccesso di potere per sviamento; incompetenza.
La norma in epigrafe impone alle amministrazioni comunali chiamate ad approvare gli strumenti urbanistici attuativi di iniziativa privata di provvedere entro termini perentori e prevede che il decorso inutile dei suddetti termini consenta al proponente la richiesta di intervento sostitutivo ad opera di un commissario ad acta con oneri a carico del Comune inadempiente; che nella specie sussistevano le condizioni previste dalla legge per il ricorso al commissariamento richiesto; che a partire dalla data di comunicazione della nomina del commissario ad acta l'amministrazione surrogata perde il potere di deliberare in ordine all'istanza che ha dato luogo all’attivazione del potere sostitutivo; che pertanto l'amministrazione comunale non poteva più adottare alcun provvedimento in ordine alla domanda di approvazione della lottizzazione Ormenese e che la delibera impugnata, assunta mentre il commissario era già insediato e procedeva all’istruttoria della pratica è illegittima per difetto di attribuzione e di legittimazione a provvedere.
2) eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà con precedenti determinazioni; violazione dell'art. 7 l. 241/90, eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di istruttoria.
Si sostiene che il comune di Dolo, che per il tramite del responsabile del settore urbanistica aveva, in un primo tempo, comunicato la decisione di sospendere ogni determinazione in ordine alla domanda di lottizzazione, onde valutare il rilievo del presunto vincolo di inedificabilità conseguente alle disposizioni dettate dall'art. 23 del PTP, avrebbe dovuto impugnare, a pena di decadenza, il provvedimento di nomina del commissario ad acta nella parte in cui ha ritenuto sussistente l’inadempimento dell’amministrazione sanzionato con l’esercizio del potere sostitutivo; che il comportamento dell’amministrazione è viziato da illogicità e contraddittorietà, atteso che un procedimento amministrativo sospeso non può portare all'emanazione di alcun provvedimento, sia positivo che negativo laddove l'amministrazione comunale ha deciso, illegittimamente, di attivarsi senza previa comunicazione al diretto interessato, al solo scopo, sviato, di non subire l'emanazione del provvedimento commissariale; che per fare tutto ciò il consiglio comunale ha proceduto all’esame istruttorio della pratica in maniera frettolosa e superficiale, travisandone i fatti e ignorando le ragioni che giustificavano l’accoglimento dell’istanza; che l’agire affrettato del consiglio comunale induce a ritenere sul piano sintomatico, che i componenti del collegio non fossero a conoscenza della proposta di lottizzazione nel suo dettaglio ovvero che l’abbiano conosciuta solo poco prima della seduta; che trattandosi di strumento particolarmente complesso non si ritiene possibile che i consiglieri abbiano potuto esaminare con la dovuta cura i documenti e farsi un'idea precisa della situazione di fatto e delle problematiche di carattere giuridico e normative ad essa sottese; che la delibera impugnata è pertanto viziata da eccesso di potere in quanto approvata a fini sviati senza il necessario approfondimento che la complessità dell'intervento richiedeva.
3) violazione e falsa applicazione dell'art. 23 delle n.t.a dell'adottato PTP della provincia di Venezia e disapplicazione delle NTA del vigente PRG; eccesso di potere per contraddittorietà e travisamento dei fatti.
Si sostiene che dalla comunicazione del responsabile del settore urbanistica menzionata in fatto emerge che il motivo principale della reiezione della lottizzazione consiste nel preteso contrasto del piano con l’art. 23 del P.T.P. adottato, che classifica l'area in questione come "zona condizionata per penalità"; che tuttavia, fraintendendo il significato della suddetta qualificazione, l'amministrazione comunale ha fondato il provvedimento di diniego su una norma che, tuttalpiù, avrebbe potuto motivare la sospensione del procedimento amministrativo e non la reiezione della domanda; che l'amministrazione, peraltro, ha anche errato nell'applicare la disposizione contenuta nel piano provinciale, che con riguardo alle zone “condizionate per penalità” impone ai Comuni di adeguare i propri strumenti al PTP, nella specie approfondendo le conoscenze sullo stato delle arginature; che l’art. 23 del PTP non introduce, come erroneamente ritenuto dall’amministrazione comunale un vincolo di inedificabilità assoluta, ma “relativa”, dal quale consegue che la trasformazione urbanistica delle aree è attuabile solo se sia prevista la messa in sicurezza del sito, che è quanto la ricorrente ha fatto prevedendo un adeguato sistema di smaltimento delle acque meteoriche conformemente al parere dell’autorità competente autorità (il consorzio di bonifica sinistra medio brenta); che la delibera di adozione del PTP è anteriore alla variante generale al PRG di Dolo e dunque che in sede di adozione della variante generale i progettisti hanno tenuto conto di tutte le problematiche di carattere idraulico imposte dal PTP, come si evince chiaramente dalla lettura della relazione accompagnatoria.
L’amministrazione comunale intimata resiste a questo primo ricorso contrastandone i motivi e chiedendone la reiezione con vittoria di spese.
Con successivo ricorso recante il numero 1196/03 la società Ormenese ha impugnato il decreto del Presidente della Giunta Regionale n. 352 del 24 marzo 2003, con il quale è stato nominato il commissario ad acta, nella parte in cui (punto 3) viene dato atto “che l’amministrazione comunale è competente ad emanare gli atti relativi alla lottizzazione sino a quando il commissario ad acta non ha provveduto alla relativa approvazione” deducendo, la violazione dell’art. 22 della legge 136/1999, nonché eccesso di potere per illogicità e sviamento.
Con ulteriore ricorso, recante il n. 1291/03 e che viene riunito per ragioni di connessione anche il Comune di Dolo impugna il D.P.G.R. n. 352 del 24 marzo 2003, deducendo esso pure, per motivi simmetricamente opposti, la violazione dell’art. 22 della legge 136/99, nonché l’omessa applicazione dell’art. 69 della l.r. 61/85 ed il vizio di incompetenza.
Nel corso del giudizio, con decreto n. 291 del 16 luglio 2004 il Presidente della Giunta Regionale ha disposto l’annullamento in autotutela del proprio precedente decreto n. 352 limitatamente al punto 3, già oggetto di gravame nel ricorso 1196/03.
Avverso tale provvedimento il Comune di Dolo propone “motivi aggiunti”, con i quali deduce la violazione degli art. 3 e 7 della legge 241/90 ed il vizio di eccesso di potere sotto svariati ed ulteriori profili.
Nella causa n. 1196/03 si sono costituiti in giudizio per resistere il Comune di Dolo e la Regione Veneto, ambedue concludendo per la reiezione del gravame.
Nella causa n. 1291/03 si sono costituiti in giudizio la Ditta Ormenese e la Regione Veneto, ambedue chiedendo la reiezione del ricorso principale e per motivi aggiunti, con vittoria di spese.
Alla pubblica udienza del 23 giugno 2005, previa audizione dei difensori delle parti, i ricorsi sono stati introitati per la decisione.
DIRITTO
I tre ricorsi in epigrafe vanno previamente riuniti in quanto soggettivamente ed oggettivamente connessi: il secondo ed il terzo riguardano, inoltre, sia pure a parti invertite, lo stesso provvedimento.
Come esposto nella premessa di fatto, oggetto del primo gravame è il provvedimento con cui il consiglio comunale di Dolo ha respinto il piano di lottizzazione presentato dalla società Ormenese, dopo l'intervenuto insediamento del commissario ad acta, nominato dalla presidente della giunta regionale ai sensi dell’art. 22 della legge 136/99 su reclamo della stessa Ormenese; oggetto del secondo è il provvedimento di nomina del predetto commissario ad acta, nella parte della decretazione in cui (punto 3) viene dato atto “che l’amministrazione comunale è competente ad emanare gli atti relativi alla lottizzazione sino a quando il commissario ad acta non ha provveduto alla relativa approvazione”; e, infine, del terzo, proposto dal comune di Dolo, lo stesso provvedimento di nomina del commissario e quello successivo (D.P.G.R. n. 291 del 16 luglio 2004), con cui l’autorità emanante, in sede di autotutela, ha annullato l’anzidetta statuizione del punto 3.
Ciò premesso onde chiarire il rapporto tra i diversi giudizi, il Collegio ritiene pregiudiziale, nell’ordine logico delle questioni da delibare, l’esame del secondo e del terzo ricorso, ambedue aventi ad oggetto il decreto di nomina del commissario ad acta e precisamente la ricordata statuizione (recata dal punto 3) con cui si “dà atto che l’amministrazione comunale è competente ad emanare gli atti relativi alla lottizzazione sino a quando il commissario ad acta non ha provveduto alla relativa approvazione”.
Tale approccio è motivato dal fatto che le parti, agendo per l’annullamento della clausola (ric. 1196/03) ovvero contro il suo annullamento (ric. 1291/03) sembrano implicitamente ritenere che è dalla legittimità di tale clausola, ovvero dal suo annullamento, che dipende, in via derivata, la sorte del provvedimento comunale oggetto del primo ricorso ed impugnato sotto il dedotto ed assorbente profilo del difetto di competenza dell’amministrazione comunale, per avere questa provveduto sulla domanda della ditta Ormenese nonostante il relativo potere fosse già stato assegnato in via sostitutiva al commissario ad acta, insediato ed operante in forza del decreto del presidente della giunta regionale n. 352 del 14 aprile 2003 emesso ai sensi dell’art. 22 della legge 136/1999.
In questa comune prospettiva la clausola che “dà atto” del potere dell’amministrazione comunale di provvedere sull’istanza “sino a quando il commissario ad acta non abbia deliberato” è stata impugnata dalla ditta Ormenese, che ne deduce l’illegittimità e, in quanto tale, la giuridica inidoneità ad attribuire all’amministrazione inadempiente il preteso potere di provvedere sulla domanda di approvazione del piano di lottizzazione anche dopo la nomina del commissario ad acta e, per converso, specularmente difesa dall’amministrazione comunale, che in forza d’essa ritiene di avere legittimamente esercitato le proprie attribuzioni, sino a quel momento integre, per non avere il commissario ancora azionato i poteri sostitutivi e che, per tale ragione, ha impugnato il provvedimento di annullamento in autotutela della stessa clausola.
E poiché l’amministrazione ha deliberato sulla domanda della ditta Ormenese, respingendola, mentre il commissario ad acta, già nominato nella persona dell’arch. Ignazio Operti, si accingeva all’istruttoria della pratica, per ambedue le parti sarebbe decisivo, in via pregiudiziale, stabilire, decidendo con priorità il ricorso per motivi aggiunti, se il presidente della giunta regionale abbia legittimamente esercitato il potere di autotutela rimuovendo detta clausola e quindi, ove essa venga ripristinata, se questa sia, a sua volta, legittima e se essa abbia o meno il potere di attribuire all’amministrazione (con evidenti riflessi sugli atti da questa adottati medio tempore) la competenza a provvedere, mantenendo le proprie attribuzioni, anche successivamente alla nomina del commissario ad acta, “sino a quando non fosse stato esercitato il potere sostitutivo”.
Ebbene, il Collegio ritiene che tale impostazione non meriti di essere condivisa, in quanto essa presuppone ciò che il Collegio stesso reputa invece di dover escludere: e cioè il fatto che la clausola impugnata abbia “natura ed efficacia costitutiva del potere” esercitato dall’amministrazione comunale surrogata ed inoltre che sia in base ad essa, ovvero, detto altrimenti, che da essa dipenda, il legittimo esercizio del potere dell’amministrazione stessa di decidere sulla domanda di lottizzazione già deferita al commissario ad acta, dopo che la nomina di questi era divenuta operante.
Ritiene infatti il Collegio, innanzitutto, che dal tenore della clausola, invero giuridicamente anodina, non si evince affatto che questa contenga un’attribuzione formale di competenza e non piuttosto un’enunciazione meramente assertiva e ricognitiva riferita al rapporto tra i poteri concorrenti del commissario ad acta e dell’amministrazione surrogata, la cui fonte, ancorché non esplicitata ma intuibile, è rappresentata dal sottostante convincimento, poi venuto meno, dell’autorità regionale, di recepire a mezzo d’essa l’indirizzo giurisprudenziale prevalente e di assumerlo come indicazione di orientamento valida per i destinatari del provvedimento e dunque come regola alla quale attenersi nella fase di esercizio del potere sostitutivo.
La clausola di “presa d’atto”, in seguito rimossa, non avrebbe perciò, diversamente da quanto ritengono le parti, valore di statuizione fondante la competenza dell’amministrazione surrogata a provvedere “anche dopo la nomina del commissario”, ma di enunciazione ricognitiva dei principi sul riparto delle reciproche attribuzioni, nel senso sopra chiarito.
Come tale essa non conterrebbe alcuna prescrizione autoritativa di contenuto concretamente lesivo, per i soggetti destinatari (la ditta ricorrente e l’amministrazione comunale) che per ragioni opposte, presumibilmente tuzioristiche l’hanno impugnata, ovvero agiscono per la sua conservazione, putativamente ritenendola tale.
Né d’altronde, ritiene il Collegio, sarebbe possibile attribuire un significato provvedimentale e prescrittivo alla clausola in questione, nel senso del conferimento, ex actu, all’amministrazione, del contestato potere di provvedere anche dopo l’attivazione del potere sostitutivo, atteso che la norma che lo prevede (l’art. 22 citato) non attribuisce al suo titolare altra funzione se non quella di valutare, a seguito di reclamo, la sussistenza dei presupposti per il ricorso all’intervento sostitutivo ed alla nomina del commissario, con ciò escludendo che tale soggetto possa interferire sia sui poteri conferiti al commissario ad acta (che sono implicitamente definiti dalla norma) vuoi in senso ampliativo che riduttivo, sia, a fortiori, ed in qualunque modo, su quelli dell’amministrazione surrogata.
Ditalchè, anche ammesso che un siffatto esorbitante potere venga arbitrariamente esercitato, deve escludersi che lo stesso, comunque abbia preteso di regolare l’assetto delle sottostanti attribuzioni, ne possa costituire la fonte regolatrice (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 27 aprile 2004, n. 2520).
Ciò implica e sottintende la conclusione che qualunque significato si intenda assegnare alla clausola in questione - alla cui ultronea presenza si deve il contenzioso ozioso che essa ha inutilmente generato - non è da detta clausola che dipende l’assetto dei poteri asseritamene concorrenti (del commissario ad acta e dell’amministrazione sostituita) ma dall’applicazione delle norme e dei principi che disciplinano la funzione sostitutiva dei poteri e su cui peraltro, il Collegio è chiamato a pronunciarsi nel primo ricorso, senza per certo essere condizionato dalla statuizione sulla competenza della cui legittimità qui si controverte.
Ne consegue che il ricorso per motivi aggiunti proposto dal Comune di Dolo contro il decreto di annullamento in autotutela del disposto di cui al punto 3) va dichiarato inammissibile per difetto di interesse, in quanto non è dal ripristino di detta clausola che dipende l’assetto dei poteri virtualmente concorrenti (del commissario ad acta e dell’amministrazione sostituita) da cui l’amministrazione fa erroneamente derivare il proprio potere.
E ciò anche in considerazione del fatto quel potere oggi contestato è stato già esercitato dall’amministrazione e che esso è sub iudice in quanto ritenuto insussistente e non perché illegittimamente conferito.
Per la stessa speculare, ragione va dichiarato inammissibile per difetto di interesse (e in ogni caso per cessazione della materia del contendere) il ricorso n. 1196/03 proposto dalla ditta Ormenese e volto anch’esso a far dichiarare l’illegittimità del punto 3, mentre resta ammissibile il ricorso (principale) n. 1291/03 che mira all’annullamento del decreto di nomina del commissario ad acta per difetto di presupposti, atteso che con esso non si fa questione (irrilevante) del legittimo esercizio del potere dell’amministrazione comunale “nella fase che precede l’utilizzo dei poteri del commissario” ma della ritenuta radicale insussistenza dei presupposti per l’attivazione della funzione sostitutiva nei confronti dell’amministrazione comunale pretesamente inadempiente.
Sgombrato il campo dalle questioni preliminari occorre dunque passare all’esame dei motivi del ricorso principale n. 1291/03, con cui l’amministrazione comunale di Dolo nega la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 22 della l. 136/99 deducendo, in prima istanza, l’incompetenza del presidente della giunta regionale, ed in subordine l’esistenza dei presupposti, sia in fatto che in diritto, per accogliere il reclamo della ditta Ormenese e per dar corso all’attivazione nei propri confronti dei poteri sostitutivi.
Sul punto relativo alla competenza, l’amministrazione comunale nega la titolarità del potere sostitutivo, assumendo che la norma “virtualmente” applicabile alla fattispecie non è l’art. 22 della legge 136/99 ma, semmai, l’art. 69 della l.r. 61/85, che prevede anch’esso un analogo potere di surroga delle amministrazioni inadempienti, in materia di approvazione degli strumenti urbanistici, assegnandone, tuttavia, la titolarità al presidente della provincia.
L’assunto trae conferma, secondo parte ricorrente, dall’ultimo comma dell’art. 22 della l. 136/99 per il quale “sono fatte salve le diverse scadenze e modalità previste dalle leggi regionali”.
La censura è plausibile ma nondimeno infondata.
Infatti, trascurando l’eccezione, pervero alquanto debole, che la norma regionale non sia applicabile in quanto essa riguarda agli atti di sola pianificazione (adozione, rielaborazione e variante del P.R.G.) laddove l’art. 22 della l. 136/1999 si riferisce specificamente agli strumenti attuativi, è noto che l’art. 69 della l.r. 61/85 non è mai divenuto in parte qua efficace, in quanto la normativa transitoria (art. 108 della l.r. 61/85) ha posticipato, e di fatto rinviato, l’applicazione di tale disposizione fino al momento dell’attribuzione alle amministrazioni provinciali delle funzioni regionali in materia urbanistica; ciò che si è verificato solo a seguito della legge 11/2004, dove è prevista una fase transitoria ancora in corso di maturazione.
Va anche soggiunto, ad ulteriore conferma, che l’art. 1 della l.r. 10/2002, attuativa della legge regionale n. 11/2001 (c.d. Bassanini regionale), ha stabilito espressamente che fino al termine del 31 dicembre 2002, poi prorogato al 31 luglio 2003 (l.r. 35/2002) ed al 15 febbraio 2004, “le funzioni attribuite al presidente della provincia sono esercitate dal presidente della giunta regionale”.
Ne consegue, che all’atto dell’esercizio dei poteri sostitutivi contestati dall’amministrazione ricorrente la competenza del presidente della giunta regionale sussisteva e dunque che la norma è stata sul punto correttamente applicata.
Il motivo va quindi respinto.
Infondato è anche il secondo mezzo di censura con cui, in subordine, l’amministrazione comunale nega che nella specie sussistessero i presupposti giuridico-fattuali per la nomina del commissario ad acta ed in particolare: che fosse trascorso il termine di 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza corredata dagli elaborati previsti; che il parere del consorzio di bonifica “sinistra medio brenta” fosse favorevole all’approvazione del piano e, in ultimo, che il ritardo nell’approvazione del progetto di lottizzazione fosse imputabile al consiglio comunale, “alla cui attenzione il piano non era stato mai posto”.
Ebbene, sul primo punto il Collegio osserva che in realtà, come si evince dagli atti di causa, la domanda della ditta Ormenese risulta essere stata presentata il 21 ottobre 2002 (e seguita dal parere favorevole del consorzio in data 24 ottobre 2002); che, pertanto, alla data della richiesta di nomina del commissario (29 gennaio 2003) il termine di novanta giorni previsto dall’art. 22 per pronunciarsi sull’istanza era effettivamente scaduto e comunque è rilevabile che l’inerzia dell’amministrazione era ancora in essere alla data del 24 marzo 2003, nella quale è stato emanato il provvedimento di nomina del commissario ad acta.
Nè appare, al riguardo, conferente l’eccezione dell’amministrazione comunale, secondo cui il parere del consorzio di bonifica “sinistra medio brenta” non poteva ritenersi favorevole e che, pertanto, sarebbe mancato “un parere o nulla osta” essenziale per la definizione dell’istanza, posto che quand’anche ciò fosse esatto, posto che il punto è oggetto di specifica contestazione, anche in tale ipotesi l’amministrazione aveva l’obbligo giuridico di pronunciarsi sull’istanza e non già di sospendere, come ha fatto, il relativo procedimento, donde la chiara sussistenza del secondo dei presupposti a torto contestati per l’attivazione del potere sostitutivo.
Quanto al terzo è parimenti evidente per il Collegio che si tratta di un ulteriore argomento inconferente, in quanto la circostanza che il consiglio comunale non avesse provveduto nei termini “perché l’affare non era stato sottoposto alla sua attenzione” è irrilevante ai fini della decorrenza del termine per provvedere, trattandosi di inerzia comunque imputabile alla stessa amministrazione, per avere questa sospeso e di fatto surrettiziamente rinviato la definizione dell’iter procedimentale per motivi che la norma considera irrilevanti, con ciò impedendo che essa giungesse a definizione nei tempi tassativamente previsti.
Quanto ai restanti motivi, il Collegio ritiene di poter prescindere dalla loro analitica confutazione sia perché manifestamente inconferenti: tale il motivo sub 3, che censura il comportamento della ditta Ormenese, per avere scelto di attivare il procedimento ex art. 22 anziché impugnare il provvedimento di sospensione del procedimento amministrativo; ovvero ripetitivi ed implicitamente disattesi: tali i motivi sub 4 e sub 5, che ripropongono la tesi dell'impossibilità per l’amministrazione di concludere il procedimento; sia ed infine perché manifestamente irrilevanti: tale il motivo sub 6 con il quale l’amministrazione deduce l’omessa applicazione dell’art. 3 della legge 241/90, per la mancata indicazione dei termini e dell’autorità cui ricorrere, laddove è noto, per giurisprudenza pacifica (per tutte C.d.S. sez. 6^ 22 ottobre 2002 n. 5812) che l’unica conseguenza, processualmente rilevante dell’accertata violazione di detta norma può consistere nell’eventuale rimessione in termini, per errore scusabile, della parte incorsa nella decadenza.
Situazione che, nella specie, in punto di fatto non sussiste e che alcuno ha eccepito.
Il ricorso (principale) n. 1291/03 va quindi respinto.
Il Collegio può quindi passare all’esame del primo ricorso, che verte sulla illegittimità del provvedimento di rigetto dell’istanza di lottizzazione adottato dall’amministrazione con la delibera consiliare n. 73 del 14 aprile 2003, quando il provvedimento di nomina del commissario ad acta era stato già emanato e portato a conoscenza dell’amministrazione surrogata.
Circostanza, questa, sulla quale la ditta Ormenese fa leva per dedurre, con il primo e con parte del secondo motivo, il vizio di incompetenza, ovvero di difetto di attribuzione dell’amministrazione comunale, anche sotto il concorrente profilo della violazione dell’art. 22 della legge 136/1999.
Sostiene, in particolare, la ricorrente che nel momento in cui l’amministrazione comunale ha deliberato sull’istanza, rigettandola. essa non disponeva più del potere di provvedere sulla domanda, on quanto la relativa attribuzione rientrava ormai nella competenza esclusiva del commissario ad acta, che, come è pacifico tra le parti, aveva già assunto i poteri sostitutivi e richiesto la documentazione necessaria per l’avvio della relativa istruttoria.
L’amministrazione replica che i poteri del soggetto surrogante e di quello surrogato sono virtualmente concorrenti e che, come chiarito nel provvedimento di nomina del commissario ad acta, l’amministrazione “non perde il potere sino a quando il commissario non eserciti quello sostitutivo”: tesi che anche la giurisprudenza segnalata condivide.
Il motivo è invece fondato.
Il Collegio non ignora che sul punto relativo alla controversa titolarità dei poteri virtualmente concorrenti dell’amministrazione surrogata e del commissario ad acta, nella fase che precede l’esercizio concreto del potere sostitutivo, la giurisprudenza non è, come le parti hanno evidenziato, attestata su posizioni univoche.
Secondo un primo indirizzo (cfr. T.A.R. Puglia sez. 2^ Bari 14 agosto 2002 n. 3580; T.A.R. Lazio Roma sez. 2^ bis 26 giugno 2002 n. 5887) pervero assai poco motivato, l’amministrazione inadempiente assoggettata al potere sostitutivo del commissario ad acta non perde il potere di provvedere, in quanto, l’istituto della surroga configura un fenomeno di concorrente attribuzione del potere, che viene meno con l’assunzione della determinazione da parte di uno dei due organi investiti dell’attribuzione stessa (sostituto o sostituito) atteso che l’adozione della determinazione realizza il fine della norma che prevede l’obbligo della conclusione del procedimento.
Per un secondo e diverso indirizzo (C.d.S. sez. 5^ 6 ottobre 1999 n. 1332; id. C.d.S. sez. 4^ 26 gennaio 1998 n. 71; T.A.R. Emilia Romagna Bologna sez. 2^ 4 giugno 1999 n. 280) il potere sostitutivo implica, invece, a partire dall’investitura, la surroga ex lege dell’amministrazione inadempiente ad opera del commissario ad acta, il quale acquisisce la natura di organo straordinario della stessa amministrazione e quindi di titolare esclusivo dell’attribuzione.
Ne consegue che una volta adottato e comunicato il provvedimento di nomina del commissario all’amministrazione, quest’ultima non può più esercitare, essendone privata, il potere che costituisce oggetto dell’intervento sostitutivo e del conferimento in via esclusiva al commissario ad acta.
Il Collegio ritiene di seguire e fare proprio l’indirizzo che sostiene tale ultima tesi, escludendo peraltro di porsi in contraddizione con la propria pregressa giurisprudenza, posto che diversamente da quanto si sostiene, le sentenze richiamate dall’amministrazione resistente (T.A.R. Veneto sez. 2^ n. 53/2001 e n. 1213/2005) si riferiscono a provvedimenti adottati dall’amministrazione prima della nomina del commissario ad acta ovvero della notifica del relativo provvedimento.
La teoria della concorrenza dei poteri infatti non solo nega la funzione dell’istituto dei poteri sostitutivi ma trascura il principio di carattere generale per cui una stessa attribuzione di potere non può essere conferita ed appartenere, nello stesso momento, a due organi diversi e distinti dell’amministrazione, siano essi legati da rapporto interorganico, ovvero, ed a fortiori, da rapporto intersoggettivo.
Questo perché il principio di legalità esige che il titolare del potere sia quello, e quello soltanto, individuato dalla norma: tanto è vero che quando i poteri sono definiti “concorrenti” è, e deve essere, la stessa norma a stabilire attraverso quale modulo procedurale il potere condiviso vada esercitato (concerto, intesa, accordo etc.).
Nel caso dell’attivazione della funzione sostitutiva di cui all’art. 22 della legge 196/1999 è evidente, che i poteri (quello ordinario dell’amministrazione inadempiente e quello straordinario del commissario ad acta) non concorrono, ma si escludono necessariamente poiché il commissario ad acta, una volta nominato ed investito del potere sostitutivo, non si aggiunge né si pone in concorrenza o, ancor meno, in subordine agli organi ordinari dell’amministrazione surrogata, ma ne assume i poteri e ne diviene titolare esclusivo, come organo straordinario, in via del tutto eccezionale e per tutto il tempo in cui il mandato gli è stato conferito.
E poiché il rapporto che lega il commissario ad acta con l’amministrazione surrogata è di carattere interorganico, nel senso che il primo diviene ed agisce come organo straordinario dell’amministrazione non è possibile concepire che operino, nello stesso tempo e con identiche attribuzioni, gli organi ordinari e quelli straordinari della stessa amministrazione.
In tal caso sussisterebbe peraltro la possibilità concreta dell’assunzione, anche conflittuale, del potere ad opera di più soggetti che potrebbero esercitarla in reciproca contraddizione e comunque in duplice forma ponendo in essere provvedimenti diversi con effetti incerti anche per i destinatari degli stessi, i quali potrebbero quindi ritrovarsi non più al cospetto dell’unico titolare dell’attribuzione ma di fronte ad una pluralità di soggetti che ne rivendichino l’esclusiva titolarità in virtù di criteri aleatori ed empirici come quello della prevenzione.
Ciò conferma che il potere non può che essere unico e che una volta attribuito al commissario, l’amministrazione surrogata non può più esercitare tale attribuzione sino a quando non cessino le funzioni del commissario ad acta e questi non abbia, in tale veste, già esercitato la funzione sostitutiva.
Ritiene quindi il Collegio, applicando il cennato indirizzo, che nella specie con la nomina del commissario ad acta effettuata a mezzo del decreto del presidente della giunta regionale del 24 marzo 2003 il consiglio comunale di Dolo non potesse più esercitare il potere di pronunciarsi sulla domanda di lottizzazione della ditta Ormenese, rispetto alla quale si era formata l’inadempienza sanzionata con l’intervento sostitutivo.
Ne consegue che la delibera di reiezione adottata dopo la nomina del commissario e mentre costui istruiva l’affare di sua competenza è illegittima per difetto di attribuzione e che essa va per tale ragione annullata.
Per tale motivo assorbente il primo ricorso va accolto e per l’effetto, previo annullamento della delibera impugnata, va dichiarato che l’obbligo di pronunciarsi sulla domanda di lottizzazione della ditta Ormenese deve essere ripristinato in capo al commissario ad acta, che quale dovrà riassumere il relativo potere al quale ha abdicato in seguito alla intervenuta delibera comunale e pronunciarsi ora per allora sulla domanda di lottizzazione, tenendo conto anche della decisione intervenuta in pari data su ricorso (2144/03) che inerisce alla medesima questione e che riguarda uno degli elementi (la disciplina del piano norma sul punto della riserva del 40% della superficie ad ERP) delibati dall’amministrazione comunale e tratti a motivo della reiezione della domanda della ditta Ormenese.
Quanto alle spese ed alle competenze di causa esse meritano di seguire la soccombenza e vengono poste a carico dell’amministrazione comunale e di quella regionale, nella misura di cui al dispositivo.
P. Q. M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione prima, previa riunione accoglie il primo dei ricorsi in epigrafe, dichiara inammissibile il secondo e respinge in parte (ricorso principale) e in parte dichiara inammissibile (ricorso per motivi aggiunti) il terzo.
Condanna il Comune di Dolo, in ragione di tre quarti, e la Regione Veneto, in ragione del residuo quarto, al pagamento nei confronti della ditta Ormenese delle spese e delle competenze di causa, che liquida complessivamente in € 6000,00 (seimila/00) oltre ad iva e c.p.a..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia, in camera di consiglio addì 23 giugno 2005
Il Presidente f.f.
estensore
Il
Segretario
SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il……………..…n.………
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
Il Direttore della Prima Sezione
T.A.R. per il Veneto – I Sezione n.r.g. 1095/03, 1196/03, 1291/03