REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano
LA CORTE DEI CONTI
Dott. Giacinto
Dammicco Consigliere
ha pronunciato la
seguente
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero
15614 E.L. del Registro di segreteria, proposto dal Sostituto Procuratore generale, dottor Massimo Perin,
nei confronti dei signori Giorgio De
Luca, nato a Manoppello il 9.5.1960 e
Pietro Di Ruzza, nato a Roccasecca (FR ) il 6.11.1931,
rappresentati e difesi dagli avvocati Giuliano Mila e Mirco D'Alicandro, ed
elettivamente domiciliati presso lo studio dell'avvocato Francesco Silvestri in
L'Aquila, via Verdi 9,
Uditi nella pubblica Udienza del
14 dicembre 2005, il Relatore Cons. Silvio Benvenuto, il Procuratore regionale, professor Giuseppe
Palumbi, non rappresentati i convenuti.
Esaminati gli
atti e i documenti della causa.
FATTO
Il presente
giudizio trae origine dai seguenti fatti, quali risultano dalla citazione e dagli altri atti di causa.
Il signor Giorgio
De Luca, già sindaco del Comune di Manoppello,
e
il signor Pietro
Di Ruzza, già segretario particolare del medesimo, sono stati sottoposti a un
procedimento penale (n. 2232/00 del R.G.N.R. e n. 8740/00 del R.G.G.I.P.) per i delitti p. e p. dagli artt. 110,
323 e 314 del c.p., per aver utilizzato lavoratori socialmente utili in
servizio presso il Comune di Manoppello al fine di imbustare materiale di
propaganda elettorale per le elezioni regionali del 16.4.2000, dove si
presentava come candidato il signor Giorgio De Luca.
Il signor Pietro
Di Ruzza, nella qualità di segretario particolare dell'allora sindaco signor
Giorgio De Luca, aveva ordinato ai lavoratori socialmente utili Antonietta Di
Renzo , Sandra Paola Maggi, Gina Di Matteo e Giovannino Di Biase di effettuare
le operazioni di imbustamento del materiale elettorale.
Il Sindaco De
Luca, come risulta dagli atti penali, avrebbe utilizzato le utenze telefoniche
comunali 085/8590003, 085/8590004, 085/8590005 e 085/590006 per informare un
numero imprecisato di elettori dei comizi elettorali che avrebbe svolto.
Il Comune di
Manoppello, con la delibera di Giunta n. 90 del 22.3.2000, aveva disposto
l'integrazione dei lavoratori impegnati in progetti di L.S.U., prevedendo una
spesa complessiva di £. 5.288.200, pari a €. 2.731,44.
In relazione a
quanto sopra , la Procura regionale, ravvisata l'esistenza di profili di
responsabilità a carico dell'amministratore pubblico e del suo segretario
particolare, ha emesso, nei loro
confronti, l'invito ex art. 5 del D.L. 15.11.1993, n. 453, convertito con
modificazioni nella legge 14.1.1994, n. 19, debitamente notificato ai medesimi.
Entro il termine
fissato dall'atto in parola, i presunti responsabili
hanno fatto
pervenire deduzioni scritte, con l'assistenza legale dell'avv. Giuliano Milia e
dell'avv. Mirco D'Alicandro del Foro di Pescara e non hanno chiesto di essere
ascoltati personalmente.
La difesa degli
incolpati, in via preliminare, ha messo in evidenza che il procedimento penale
avviato a carico dei medesimi dinanzi al Tribunale di Pescara (al n. 2232/00
r.g.n.r - n. 8740/00 r.g. GIP, per i delitti p. e p. dagli artt. 110,323 e 314
del c.p.) era ancora pendente e
versava, al momento, nella fase
dell'istruttoria dibattimentale, conseguentemente le condotte oggetto di
imputazione dovevano ritenersi ancora in corso d'accertamento, quindi, non
ascrivibili ai medesimi stante il principio dell'art. 27, comma secondo, della
Carta fondamentale.
In ogni caso, la
difesa degli incolpati non ignorava l'autonomia della giurisdizione contabile
rispetto ai diversi procedimenti diretti ad accertare, per altri fini, condotte
ritenute illegittime.
Conseguentemente,
il principio di autonomia del processo contabile consente lo scrutinio delle
condotte anche laddove l'accertamento dell'effettiva rilevanza penale sia sub iudice.
Tuttavia, per
essere avviato il procedimento di responsabilità amministrativa la parte
pubblica doveva farsi carico della concreta dimostrazione della materialità dei
fatti che si assumevano commessi dai presunti responsabili.
Alla luce di
questa impostazione non sarebbe dimostrato, in relazione a quanto supposto
dall'Inquirente penale, che le condotte
ipotizzate come
foriere di pregiudizio erariale fossero state poste in
essere nei
termini specificati nell'atto d'invito.
Dalle risultanze
probatorie, acquisite al processo penale emergerebbe che: « Di Matteo Gina e Di Biase Giovannino non erano, al tempo
dei fatti per cui è giudizio, “lavoratori socialmente utili”, ossia soggetti
assunti dall'amministrazione in virtù del d.lgs. 468/1997 e succ. modif., bensì
erano soggetti assunti direttamente dalla cooperativa Progetto Lavoro di
Manoppello, persona giuridica propria (cfr. deposizioni Di Matteo Gina e Di
Biase Giovannino, ud. 21/06/2004);
erano, invece, “lavoratori socialmente utili” Di Renzo Antonietta e
Maggi Sandra Paola; l'orario di lavoro
previsto per i sigg.ri Di Matteo Gina e Di Biase Giovannino era esclusivamente
antimeridiano, orientativamente dalle nove alle tredici, dal lunedì al venerdì
(cfr. deposizioni Di Matteo Gina e Di Biase Giovannino, ud. 21/06/2004); l'attività di imbustamento in oggetto
sarebbe avvenuta, secondo l'Inquirente penale e secondo la Procura della Corte
dei conti, intorno alle ore 17,00 del 30/03/2000; nessuno dei testi d'accusa
escussi nel processo penale avrebbe riferito di aver visto le sigg.re Di Renzo
Antonietta e Maggi Sandra Paola intente ad operare l'attività di imbustamento:
esse stesse , per prime, hanno escluso di averlo fatto, chiarendo di essersi
recate nella stanza in cui sedevano i sigg.ri Di Matteo Gina e Di Biase
Giovannino soltanto in un momento di riposo, per scambiare un breve colloquio;
le medesime circostanze sarebbero state confermate dai sigg.ri Di Matteo Gina e
Di Biase Giovannino, anch'essi testi d'Accusa (cfr. deposizione del
21/06/2004)».
Alla luce di
queste risultanze probatorie la difesa degli incolpati
concludeva nel
senso che «che se attività di imbustamento del materiale elettorale del De Luca
vi è stata, essa è stata compiuta esclusivamente dai sigg.ri Di Matteo Gina e
Di Biase Giovannino, soci della Cooperativa Progetto Lavoro (e non “lavoratori
socialmente utili” alle dipendenze del Comune) ed in orario comunque estraneo a
quello di servizio per la Cooperativa.».
In base a questi
elementi non avrebbero ricevuto alcun danno sia l'amministrazione comunale, sia
la Cooperativa, perché erano state svolte attività di imbustamento modeste e
limitate e al di fuori dell'orario di lavoro, peraltro, per spirito amichevole
e spontaneo, con la conseguenza che doveva essere esclusa una illegittima
distrazione della risorsa produttiva rappresentata dai sig.ri Di Matteo Gina e
Di Biase Giovannino.
Per quanto
riguarda poi la specifica posizione del sindaco, signor De Luca in relazione al preteso uso
personale delle utenze telefoniche del Comune, l'istruttoria dibattimentale non
avrebbe consentito l'acquisizione di alcun elemento obiettivo dal quale poter
trarre il convincimento che fossero state effettuate telefonate personali nei
termini configurati dall'inquirente penale.
Anzi, dagli atti
emergerebbe che le telefonate sarebbero
state effettuate in occasione della visita nel Comune di Manoppello da parte
del deputato Giovanni Pace (allora Presidente della Commissione Finanze della
Camera dei deputati e candidato alla
Presidenza della
Giunta regionale dell'Abruzzo) e nell'occasione le
eventuali
telefonate non contrasterebbero con l'interesse pubblico.
Alla luce di
queste considerazioni la difesa dei convenuti afferma che è impossibile rinvenire nelle condotte contestate
un concreto ed effettivo nocumento patrimoniale dell'amministrazione per la
declaratoria di qualsiasi obbligo risarcitorio nei confronti dell'Erario
comunale.
Per ogni altra
considerazione e valutazione si rinviava alla memoria difensiva presentata dai
convenuti ex art. 5 del d.l. 15.11.19993, n. 453, e depositata presso la
Procura regionale in data 28 aprile 2005.
Peraltro a
giudizio della Procura regionale, emergeva, nella vicenda in parola, una
responsabilità amministrativa delle persone convenute con il presente atto (il
Sindaco pro tempore Giorgio De Luca e il segretario particolare Pietro
Di Ruzza ) che non consentiva l'archiviazione del presente procedimento.
L'esposizione dei
fatti darebbe fondamento alla pretesa di risarcimento, attivata con il presente
atto, sussistendo tutti gli elementi per l'imputazione della responsabilità
amministrativa.
Innanzi tutto, è
manifesta sia l'esistenza di un rapporto di servizio con l'ente danneggiato,
essendo, all'epoca dei fatti, gli odierni convenuti Sindaco del Comune di
Manoppello e segretario
particolare del
medesimo, sia il nesso di causalità tra la loro
condotta e
l'evento dannoso, consistente nell'utilizzazione per scopi
non istituzionali
(la campagna elettorale del Sindaco) personale e
strutture dell'ente
locale.
Altrettanto
evidente è l'elemento psicologico, sotto il profilo della colpa di rilevante
gravità, per non essere stati in grado i convenuti di tenere separate le
attività pubbliche e istituzionali da quelle personali e private legate a una competizione
elettorale.
Da quanto sopra
esposto, emergerebbe un danno erariale
per il Comune di Manoppello da porre in relazione con il comportamento dei
predetti amministratori pubblici i quali, in ragione dei loro compiti di
servizio, avevano il dovere di non utilizzare personale in rapporto di servizio
con l'amministrazione per compiti estranei all'azione amministrativa, quali
sono quelli di una competizione elettorale, dove vige il principio della parità
di accesso, di confronto e di concorso tra i contendenti per il regolare
svolgimento dell'elezione.
Questi principi
sono rafforzati dai doveri di comportamento che ricadono sugli amministratori
locali ai sensi dell'art. 78 del T.U. degli Enti locali (D.lgs. n. 267 del
18.8.2000), i quali devono essere improntati all'imparzialità e al principio di
buona amministrazione.
Infatti, nella
vicenda in parola non deve essere trascurato il fatto che il comportamento
contestato ai convenuti, oltre a produrre un pregiudizio finanziario, contrasta
con l'esigenza di assicurare la corretta partecipazione alla formazione degli
organi elettivi delle autonomie locali (espressione del modello costituzionale
della democrazia rappresentativa), nella quale deve essere garantita la
trasparenza, nonché la correttezza e la regolarità della competizione
elettorale, evitando che qualcuno dei contendenti si
avvantaggi
ingiustificatamente della posizione ricoperta
nell'amministrazione.
Invero, occorre
evidenziare - sottolinea l'atto di citazione - che in materia di elezioni è
richiesta la piena trasparenza per le spese inerenti la campagna elettorale tra
le quali rientrano anche quelle relative ai locali per le sedi elettorali e
quelle per il personale utilizzato per ogni prestazione e servizio inerente la
campagna elettorale (a tal proposito cfr. legge 23 febbraio 1995, n. 43 che ha
introdotto “Nuove norme per l'elezione dei Consiglio delle Regioni a Statuto
ordinario”, con riferimento all'art. 5, comma 2 e 3, nonché alle norme ivi
richiamate).
Tali principi,
ancorché dettati per lo svolgimento di tornate elettorali di carattere politico
appaiono validi anche per le elezioni amministrative, stante la valenza anche
per quest'ultime, come per tutti i casi di appello ai cittadini elettori,
dell'obbligo di non falsare le condizioni di partecipazione dei candidati,
attraverso il ricorso surrettizio e privilegiato a forme di alterazione della par
condicio, rappresentate da indebite acquisizioni di beni e servizi a carico
della collettività e, nella specie, della comunità rappresentata.
Ebbene, dal
materiale istruttorio acquisito presso l'Ufficio del giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Pescara (che in questa sede non interessa ai fini
della possibile declaratoria di una responsabilità penale da parte di altra
giurisdizione, ma solo per valutare l'esistenza di un pregiudizio finanziario
addebitabile ai convenuti a titolo di colpa grave) emergerebbe una serie di
circostanze che rilevano lo svolgimento all'interno degli uffici comunali di
un'attività di imbustamento del materiale elettorale propagandistico del
Sindaco signor Giorgio De Luca .
Infatti, il
Consigliere comunale di minoranza - sig. Gennaro Di Bartolomeo - ha indicato,
in modo circostanziato (cfr. le s.i.t. rese innanzi alla Stazione C.C. di
Manoppello in data 31.3.2000), che verso le ore 17 del 30.3.2000 alcuni
dipendenti comunali erano intenti a mettere nelle buste dei facsimili relativi
alla propaganda elettorale del Sindaco De Luca.
Sempre dalle
sommarie informazioni rese ai Carabinieri il sig. Mario Blasioli, il sig.
Pompilio Di Donato, la sig.ra Emanuela Montanari e il sig. Gennaro Di
Bartolomeo hanno dichiarato che sia nella stanza del sindaco De Luca Giorgio,
sia nella stanza del suo segretario erano stati affissi manifesti di propaganda
elettorale relativa al predetto candidato, oltre al fatto che alcune persone
erano intente ad imbustare materiale elettorale.
Dalla relazione
trasmessa alla Procura della Repubblica Pescara da parte della Stazione C.C. di
Manoppello, emerge che la sig.ra Di Gina Matteo , quale lavoratrice della
Cooperativa “Progetto lavoro” di Pescara, impegnata in attività lavorativa con
l'ente locale ha partecipato, unitamente ai dipendenti Di Biase Giovannino, Di
Renzo Antonietta e Maggi
Sandra Paola, ad
attività di
imbustamento di
materiale propagandistico del Sindaco signor
Giorgio De Luca.
Queste attività
sarebbero state svolte su disposizione impartite dal
segretario del
Sindaco, signor Pietro Di Ruzza.
A giudizio della
Procura regionale anche dal materiale depositato dai convenuti, con riferimento
alle risultanze probatorie del processo penale (n. 2232/00 r.g.n.r. e n.
8740/00 r.g. G.I.P.), emergerebbero circostanze che depongono per
l'utilizzazione sia dei locali del Comune, sia del personale per attività di
propaganda elettorale del Sindaco De Luca Giorgio.
Infatti, la teste
Antonietta Di Renzo (pag. 79 dei verbali depositati dai convenuti) ha affermato
che il quel periodo « … era sotto campagna elettorale e ci stavano delle cose
da fare per il sindaco.», e ancora, riferendosi al Sindaco «… logicamente lui
aveva chiesto di aiutarlo un po' nella campagna elettorale», l'aiuto
consisteva, appunto, nel piegare dei facsimili per imbustarli (pag. 80).
La teste Gina Di
Matteo ha affermato (cfr. pag. 36) «diciamo che quel giorno, siccome ci stavano
le votazioni, noi dovevamo aiutare un po' il sindaco a imbucare delle buste,
diciamo. Però non è che siamo stati obbligati, diciamo. Ce lo ha chiesto
cortesemente e noi gli abbiamo detto di sì», poi per quanto riguarda i
facsimili «a noi ce li aveva dati il segretario del sindaco».
Il teste
Giovannino Di Biase ha affermato (cfr. pag.59) «il pomeriggio … come devo dire?
Il sig. Giorgio De Luca mi ha chiesto gentilmente se potevano … se avevo voglia
di dare … di aiutare, di
imbustamento di
materiale propagandistico del Sindaco signor
imbustare certe …
i cosi, i volantini».
Ebbene dalla
lettura della documentazione dibattimentale
depositata dai
convenuti e non solo dagli stralci di essa richiamati in
questo atto
emerge che il Sindaco De Luca abbia svolto un'attività inerente alla propaganda
elettorale all'interno del Comune.
Questi fatti non
sembrano essere del tutto smentiti nella memoria difensiva, la quale esclude
che possa essere derivato un danno per l'amministrazione, ma non esclude che
siano state svolte modeste e limitate operazioni di imbustamento al di fuori
dell'orario di lavoro e per spirito amichevole e spontaneo.
Orbene, i fatti
contestati con la presente iniziativa, avrebbero avuto piena liceità e
legittimità qualora fossero stati svolti al di fuori di una sede istituzionale,
ma non quando spiegati all'interno dei locali comunali, ordinariamente adibiti
ad uffici, utilizzando, nell'occasione, beni appartenenti a tutta la collettività.
Non appare poi
risolutiva, ai fini della negazione della responsabilità amministrativa, la
circostanza che le attività di imbustamento svolte dai sig.ri Gina Di Matteo e
Giovannino Di Biase , all'epoca dei fatti, non erano state effettuate nella
qualità di lavoratori socialmente utili, ma solo come soci della Cooperativa
Progetto Lavoro.
Infatti, a
giudizio della Procura regionale il rapporto tra la Cooperativa e il Comune,
cosi come emerge dagli atti, comprese le risultanze dibattimentali, dimostrano
che il personale in parola doveva svolgere comunque ed esclusivamente compiti
nell'interesse dell'ente locale.
Ebbene, per quel
che in questa sede interessa, si ritiene che il
comportamento
complessivo dei convenuti, oltre ad essere
criticabile,
sotto il profilo dello svolgimento nei locali del Comune di
Manoppello di
attività di supporto alla propaganda elettorale del Sindaco De Luca Giorgio,
integri gli estremi della colpa grave per mancanza della minima diligenza
nell'esplicazione dei fatti di cui in narrativa, che avrebbero richiesto una
maggiore ponderazione e valutazione della circostanza che le attività di
propaganda elettorale debbono svolgersi in ambienti esterni a quelli comunali,
per assicurare non solo la parità tra i contendenti politici, ma anche il buon
andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, principi questi che sono
concreti elementi necessari per
valutare sia la legittimità, sia la liceità dei provvedimenti e delle condotte
amministrative.
La gravità della
colpa, a giudizio della Procura regionale, nella presente vicenda, deve essere
individuata in comportamenti contrari a regole deontologiche elementari ovvero
improntati alla massima negligenza o imprudenza, con particolare noncuranza dei
pubblici interessi, così come affermato dalla prevalente giurisprudenza (Corte
dei conti, Sezione Veneto, n. 266 del 16 novembre 1994; Sezione Lombardia, n.
391 del 5 maggio 1995; Sezione Sardegna, n. 436 del 27 luglio 1995).
Per quanto sopra,
costituisce danno erariale per il Comune di Manoppello avere utilizzato
lavoratori dell'ente pubblico per finalità non istituzionali, nonché di avere
svolto attività di supporto alla propaganda elettorale nella sede comunale.
Attività queste che hanno arrecato sicuramente disservizio per l'amministrazione,
essendo state svolte in violazione, oltrechè dai principi sanciti dall'art. 97
della Costituzione ed in particolare dell'obbligo di imparzialità, dei principi
e valori affermati dall'art. 51 della Costituzione, il cui richiamo va ricondotto,
implicitamente e riassuntivamente al dovere di osservanza del principio di
legalità di cui all'art. 1 della legge n. 241 del 1990.
Il pregiudizio di
cui trattasi, da determinarsi in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226 c.c.,
può essere ragionevolmente ragguagliato con riferimento alla somma indicata
nella delibera di giunta n. 90 del 2000.
La somma in
parola, è quantificata dalla Procura regionale nell'atto di citazione in €.
2.731,44.
In relazione a
quanto sopra l'atto di citazione chiede che i convenuti siano condannati al
pagamento a favore dell'Erario comunale, della somma di €. 2.731,44 nella
misura del 70% al Sindaco e del 30% per il segretario particolare o di quella
diversa somma che risultasse in corso di causa, aumentata della rivalutazione
monetaria, degli interessi legali, dalla pubblicazione della sentenza fino al
soddisfo e con le spese del giudizio in favore dello Stato.
Poiché l'importo
del danno erariale, tenuto conto della ripartizione prospettata con il presente
atto d'iniziativa, l'atto di citazione osservava che tale importo potrebbe
rientrare nei limiti di cui all'art. 55 del testo unico delle leggi sulla Corte
dei Conti, approvato con r.d. n. 1214 del 1934, ai fini della valutazione del
Presidente della
Sezione
giurisdizionale circa la sussistenza delle
condizioni per
attivare lo
speciale procedimento monitorio.
Con memoria
depositata il 24 novembre 2005, i convenuti si sono
costituiti con
mandato di rappresentanza e difesa agli avvocati Giuliano Milia e Mirco
D'Alicandro, con elezione di domicilio presso lo studio dell'avvocato Francesco
Silvestri, in L'Aquila, Via Verdi 9.
In tale memoria
si ripropongono sostanzialmente le tesi difensive già esposte ed argomentate
nella fase di audizione presso la Procura regionale, sottolineando, in
particolare, per quanto concerne le telefonate effettuate il giorno 6.4.2000,
che esse, come risulterebbe anche dalla testimonianza resa presso il GIP del
procedimento penale dal teste d'accusa, signor Venturino Febbo, furono
effettuate in occasione della visita nella cittadina di Manoppello dal deputato
Giovanni Pace ed in ossequio ad un'indicazione emersa in Consiglio Comunale “
ove si era affermata la necessità di reperire il maggior numero di cittadini in
segno di apprezzamento della figura istituzionale invitata dalla cittadinanza e
come forma di cortesia e rispetto; “ e solo in tal senso, il sindaco aveva
invitato sia i Consiglieri comunali che i collaboratori a procurare la presenza
del maggior numero di persone all'intervento dell'on.le Pace “.
La comparsa di
costituzione conclude chiedendo che la domanda svolta dalla Procura regionale
con l'atto di citazione sia dichiarata inammissibile, improcedibile, nulla e,
comunque, infondata.
In via
istruttoria chiede di dare atto della
produzione dei documenti
citati nel corpo
della comparsa di risposta, come riepilogati ed offerti in comunicazione
nell'indice del fascicolo di parte; di ammettere prova per testi sulle
circostanze di fatto di cui alla stessa comparsa di risposta ed integrare nei
modi e termini di rito, a mezzo dei signori Gina Di Matteo, Giovannino Di
Biase, Antonietta Di Renzo, Sandra Paola Maggi, Venturino Febbo.
Il Collegio si ritira, quindi, in Camera di
Consiglio per la decisione del caso.
Ripresa la pubblica udienza, il Presidente
dà lettura della seguente ordinanza adottata in Camera di consiglio. “ Il
Collegio, sentito il Pubblico Ministero che si è opposto al rinvio, risultando
i fatti già provati allo stato del giudizio, ed alla luce del principio di
autonomia del presente giudizio rispetto a quello penale, rigetta la domanda di
rinvio sulla base del principio dei autonomia dei giudizi amministrativi e
penale, atteso che la illiceità eventualmente ravvisabile si pone su un diverso
piano di apprezzamento”.
Il Presidente invita, quindi, il relatore,
Consigliere Silvio Benvenuto, a riferire sui fatti di causa.
Al termine, il Procuratore regionale si
richiama agli atti del giudizio insistendo per l'accoglimento delle domande di
cui all'atto di citazione, osservando, in particolare, che, i fatti contestati
risultano provati e che, al di là dei meri costi materiali ( per consumo di
luce, uso delle utenze telefoniche, eccetera ), il danno emblematico dei
comportamenti tenuti dai convenuti, risalta soprattutto per le conseguenze
derivate all'immagine del Comune di Manoppello.
A una richiesta di chiarimento del Collegio,
precisa che il sindaco e il suo segretario particolare sono stati chiamati
insieme ed autonomamente a rispondere delle conseguenze dei loro comportamenti.
E', peraltro, evidente che il beneficiario di questi comportamenti è stato il sindaco. Il signor Di Ruzza risultava
alla Procura regionale dipendente del Comune e, comunque, aveva con l'ente un
rapporto di servizio ed era coinvolto nelle attività contestate. Ma dagli atti
non emerge con chiarezza quale fosse il suo ruolo presso il Comune. Insiste
comunque per il riconoscimento della responsabilità del sindaco.
DIRITTO
La circostanza che i fatti , su
cui si fonda la richiesta di condanna per danno erariale avanzata dalla Procura
regionale con il presente atto di citazione,
siano stati oggetto di
valutazione anche in sede penale , non
preclude a questo Giudice l'autonomo giudizio che ha ad oggetto , secondo il
prudente apprezzamento probatorio che è demandato a questa Corte, i fatti e le
circostanze allegati e la loro rilevanza sotto il profilo dei presupposti della
responsabilità amministrativa ( e, quindi, anche della configurabilità come
fatti produttivi di danno erariale ).
Del resto si tratta di principi
ormai acquisiti sia legislativamente, sia in sede giurisprudenziale, come
riconosce lo stesso atto difensivo di costituzione , che, infatti, invoca la
necessità che il processo contabile avviato in aggio di tale autonomia deve
farsi carico della
materialità dei fatti che si
assumono commessi dai pretesi
responsabili.
E, in questa direzione, si muove
per l'appunto il Collegio decidente, il cui compito preliminare ed
essenziale è , pertanto, di accertare,
sulla base delle obiettive
risultanze agli atti, i fatti che sono rilevanti
ai meri fini del presente
giudizio di responsabilità.
Circa la contestazione sollevata
dalla Procura regionale a proposito delle telefonate effettuate dal sindaco,
signor De Luca, attraverso l'utenza telefonica del Comune di Manoppello, per informare un numero imprecisato di
elettori dei comizi elettorali che avrebbe svolto, da parte difensiva non si
contesta la materialità del fatto, ma si valuta del tutto lecita e legittima
tale attività per le ragioni che sono state esposte in narrativa.
Orbene è estranea
al presente giudizio, si ribadisce, qualsiasi valutazione circa una rilevanza
penale dei fatti in parola.
Dal punto di
vista del comportamento amministrativo e della conseguente analoga
responsabilità, questo Collegio ritiene, però,
che proprio le ragioni esposte dalla difesa costituiscano prova
dell'illiceità di tale comportamento.
Infatti la
presenza, nell'occasione, del deputato
, del tutto estraneo alle questioni di cui si discute e invocato dalla difesa
come destinatario di un atto di “cortesia” ( non si sa se conosciuto o gradito,
per le sue modalità , dall'interessato, che
potrebbe anche ritenere inopportuno il riferimento alla sua persona nel
presente giudizio ), non avveniva nell'esercizio di una funzione
istituzionale
( come, ad
esempio, sarebbe potuta essere l'inaugurazione di un opera pubblica ), ma per
un supporto ( ovviamente di per sé del
tutto lecito e legittimo ) alla
campagna elettorale del sindaco. Cosa che non avrebbe dato luogo ad alcun
rilievo, se non fosse stato per il fatto che, per realizzare il vantaggio di
immagine che la presenza del deputato poteva assicurare, il signor De Luca non
si fosse avvalso illecitamente degli strumenti di comunicazione del Comune che
non ha di certo fra i suoi compiti
istituzionali quello di favorire la presenza dei cittadini ai comizi
elettorali, quale che sia la parte politica del candidato e, quali che siano le
persone autorevoli presenti, anche se titolari di rilevanza istituzionale in
altro ambito e per altre finalità.
Anche per quanto
concerne l'attività di imbustamento di materiale elettorale nei locali del
Comune, la difesa non contesta la materialità del fatto, ma si limita ad
osservare che tale attività sarebbe avvenuta esclusivamente ad opera di persone
socie della Cooperativa “ Progetto di lavoro “ ( i signori Gina Di Matteo e
Giovannino Di Biase, non qualificabili, come afferma l'atto di citazione, “
lavoratori socialmente utili “ ) ed in orario comunque estraneo a quello di
servizio , talché - sostiene sempre la difesa -
“ si impone di ritenere che per tali attività
non solo l'Amministrazione comunale (per quel che interessa in questa
sede), ma neppure la Cooperativa
abbiano ricevuto danno alcuno, proprio perché l'aver svolto ( modeste e
limitate ) operazioni di imbustamento al di fuori dell'orario di lavoro (
peraltro, per spirito amichevole e spontaneo ) esclude una illegittima
distrazione della
risorsa
produttiva rappresentata dai signori Gina Di Matteo e
Giovannino Di
Biase, tanto con riguardo all'Ente locale presso il
quale essi erano
distaccati a svolgere concrete mansioni, quanto
con riguardo
all'ente datore di lavoro effettivo ( la Cooperativa ) “.
Ora questa
ricostruzione riduttiva dei fatti trova soltanto parziale conferma negli atti
di causa.
Ad esempio
risulta da una precisa deposizione (
pag. 79 dei verbali depositati dai convenuti ) che anche la signora Renzo
D'Antonietta che rivestiva la qualifica di “ lavoratore socialmente utile “
aveva partecipato alle operazioni di imbustamento.
Va ancora
osservato che il fatto che le persone coinvolte nell'attività elettorale del sindaco ( materialmente,
attraverso l'imbustamento di materiale di propaganda ) non fossero persone qualificabili
“ lavoratori
socialmente utili “ , ma di soci della Cooperativa Progetto di lavoro,non muta
la rilevanza dell'uso illecito dei servizi di tale persone, atteso il rapporto
di uso strumentale che la predetta Cooperativa doveva assicurare a beneficio
del comune.
Si aggiunga
ancora che, per quanto concerne
l'orario in cui l'attività di imbustamento venne esercitata, c'è un preciso riferimento nella testimonianza oculare del signor
Gennaro Di Bartolomeo
( v.sopra ), ma
nelle deposizioni delle persone coinvolte in tale attività non vi sono
affermazioni che possano far ritenere che essa si svolgesse esclusivamente
fuori del normale orario di lavoro.
Comunque,
quand'anche i fatti si fossero svolti nella maniera riduttiva affermata dalla
difesa , rimane incontestata la circostanza che una sede istituzionale era
stata utilizzata per finalità di propaganda elettorale di parte.
Certamente non si
è in presenza di un danno di rilevante entità,
inteso nella sua
mera materialità, anche se questa
circostanza non è tale da poter affermare che il danno materiale era stato
completamente inesistente.
Ma oltre il danno
materiale, è ben più rilevante il danno di immagine che ne è derivata
all'istituzione comunale, che, pur avendo la funzione di essere al servizio
esclusivo e imparziale di tutta la comunità amministrata, è stata utilizzata
per finalità politiche di parte, per giunta in relazione al momento più
delicato e importante della vita democratica del cittadino, quello della
competizione elettorale.
Tale danno
risulta evidente solo se si considera che i fatti esposti hanno portato a un
procedimento penale( non influente in questa sede la circostanza che il giudice
competente non li abbia considerati rilevanti ai fini penali, stando a quanto
affermato dalla difesa nella richiesta di rinvio, dal momento che la
materialità dei fatti non può essere messa in discussione ). E tali fatti, in
una comunità ristretta come quella di un Comune di ridotte dimensioni, non
potevano passare inosservati, senza
suscitare turbamento nei cittadini e disdoro nella considerazione delle
finalità istituzionali del Comune.
Come
affermato dalle Sezioni
Riunite di questa
Corte
( n.10/2003/QM ),
la tutela dell'immagine delle pubbliche amministrazioni si fonda sull'art. 97
della Costituzione.
Se il
comportamento del pubblico funzionario lede l'interesse tutelato dalla norma in
parola, ciò si traduce in un'alterazione dell'identità dell' amministrazione e,
più ancora, nell'apparire di una sua immagine negativa. Dal che ne deriva, per
l'appunto, un danno d'immagine
rientrante nella valutazione della Corte dei conti.
Ed all'art. 97
della Costituzione si richiama esplicitamente l'atto di citazione che
sottolinea come le attività oggetto di contestazione
“ hanno arrecato
sicuramente disservizio per l'amministrazione,
essendo state
svolte in violazione, oltre che dei principi sanciti e dei valori affermati
dall'art. 97 della Costituzione ed in particolare dell'obbligo di imparzialità,
dei principi e valori affermati dall'art. 51 della Costituzione, il cui richiamo va ricondotto,
implicitamente e riassuntivamente al dovere di osservanza del principio di
legalità di cui all'art. 1 della legge n. 241 del 1990 “.
Giova in
proposito sottolineare che, come risulta dal rapporto dei Carabinieri del
4.4.2000 agli atti, l'indagine che aveva poi portato all'imputazione penale,
non traeva origine da una denuncia individuale, bensì da voci che circolavano
da giorni in Manoppello e per le quali gli stessi Carabinieri provvidero ad acquisire le deposizioni di
numerose persone e da tali deposizioni ( cfr. in particolare il verbale sopra
citato ) risulta evidente l'eco che i fatti avevano avuto nella comunità di
Manoppello, non solo fra i dipendenti del Comune, ma anche al di là di questa
cerchia di persone.
Per quanto
riguarda l'elemento soggettivo, questo
Collegio ritiene che il comportamento del sindaco, signor De Luca, non possa
non essere connotato da colpa grave,
atteso che egli rivestiva una carica politica e non poteva non conoscere le
regole fondamentali della corretta competizione elettorale ( dalle
testimonianze agli atti risulta anche che nella stanza del segretario del
sindaco erano stati
affissi manifesti
di propaganda elettorale
a sostegno della
candidatura di
quest'ultimo ).
Per quanto
concerne, invece,il segretario del sindaco, signor Pietro
di Ruzza, questo
Collegio ritiene che non risulta provato il suo rapporto di servizio con il
Comune ( del resto improbabile, atteso che alla data dei fatti contestati il
signor Di Ruzza aveva, stando ai dati riportati nell'atto di citazione, 69 anni
).
D'altronde il
signor Di Ruzza aveva svolto attività per conto e in base alle direttive del
sindaco signor De Luca, che anche di tali attività non può non essere chiamato a rispondere personalmente.
Di conseguenza il
signor Di Ruzza, a differenza del signor De Luca, va mandato assolto dalla
domanda attrice.
Per quanto
concerne la quantificazione del danno, nel senso sopra precisato, questo Collegio
ritiene che esso debba essere quantificato in via equitativa, a norma dell'art.
1226 del codice civile, in un 'importo pari a 1.500 ( millecinquecento euro ),
comprensivi della rivalutazione monetaria.
P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
Sezione
giurisdizionale per la Regione Abruzzo
MANDA ASSOLTO
Il signor Pietro
Di Ruzza dalla domanda attrice
CONDANNA
Il signor Giorgio De Luca, come sopra identificato, al
pagamento, a favore del Comune di
Manoppello, di € 1.500 (
millecinquecento ) comprensivi della rivalutazione monetaria.
Sulla somma sopra indicata sono dovuti gli interessi legali dalla
presente pronuncia all'effettivo soddisfo.
Le spese seguono la soccombenza e, pertanto,il signor Giorgio De Luca
è altresì condannato al pagamento delle
spese di giustizia che, sino alla pubblicazione della sentenza, si liquidano in
euro
422,47 ( quattrocentoventidue/47 ).
Così deciso in L'Aquila nella Camera di consiglio
del 14 dicembre 2005.
Il Relatore Estensore Il
Presidente
( Cons. Silvio Benvenuto ) ( dott. Vito Minerva
)
Depositata
in Segreteria il
Il Direttore della segreteria.