REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

N.555/2006

Reg.Dec.

N.  8610 Reg.Ric.

ANNO   2005

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 8610/2005, proposto dal CODACONS, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Carlo Rienzi, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio, in Roma viale G. Mazzini, n. 73;

contro

il Ministero della giustizia, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici per legge domicilia, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

e nei confronti di

Autorità garante della concorrenza e del mercato, Autorità per la protezione dei dati personali, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

Poste italiane s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Andrea Sandulli, dall’avv. Marco Filippetto e dall’avv. Marcello Molé, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via delle Quattro Fontane, n. 15; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Lazio – Roma, sez. I, 3 settembre 2004, n. 8325, resa tra le parti.

     Visto il ricorso con i relativi allegati;

     visti gli atti di costituzione in giudizio della parte appellata e delle altre parti evocate in giudizio;

     visti gli scritti difensivi;

     visti tutti gli atti della causa;

     relatore all’udienza in camera di consiglio del 22 novembre 2005 il consigliere Rosanna De Nictolis e udito l'avvocato Rienzi per l’appellante, l’avvocato dello Stato Tortora per il Ministero della giustizia, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, e l’Autorità per la protezione dei dati personali, e l’avv. Molé per Poste italiane s.p.a.;

     ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO E DIRITTO

       1. Il CODACONS presentava domanda di accesso, in data 16 marzo 2004, rivolta al Ministero della giustizia, al procuratore generale della Corte dei conti, all’Autorità per la protezione dei dati personali, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, alle Poste italiane s.p.a., e per conoscenza alla Procura della Repubblica di Roma, volta ad avere atti e notizie relativi ad una probabile convenzione intercorsa tra il Ministero della giustizia e Poste italiane, in ordine al servizio di notifica degli atti giudiziari.

       1.1. Nessuna amministrazione destinataria della richiesta rispondeva e, pertanto, il Codacons adiva il T.a.r. del Lazio avverso il silenzio – rigetto.

       1.2. Il T.ar. adito, con la sentenza in epigrafe, respingeva il ricorso, osservando che:

- quanto agli atti preparatori della convenzione, l’istanza di accesso non sarebbe sorretta da un interesse attuale, in quanto la convenzione non era ancora venuta in essere, sicché non vi sarebbe alcuna prova della sua potenziale lesività per gli interessi dei consumatori;

- quanto alle altre notizie oggetto della domanda di accesso, l’istanza non avrebbe ad oggetto atti puntuali, ma presupporrebbe un’attività di elaborazione di dati da parte dell’amministrazione;

- scopo reale della domanda di accesso sarebbe quello di effettuare un inammissibile monitoraggio complessivo sull’attività di Poste italiane s.p.a.

       2. Avverso tale sentenza, non notificata, il Codacons ha proposto appello, notificato alle altre parti evocate nel giudizio di primo grado entro il termine lungo annuale, in date 17 e 18 ottobre 2005.

       Con l’unico motivo di appello, articolato in sette paragrafi, si lamenta che:

- sussisterebbe l’interesse all’accesso da parte del Codacons, quale associazione di tutela dei diritti dei consumatori, in quanto la convenzione tra Ministero della giustizia e Poste italiane s.p.a., avente ad oggetto il servizio di notificazione degli atti giudiziari, comporterebbe un aumento delle tariffe di notifica;

- successivamente alla pubblicazione della sentenza impugnata, e in particolare in data 15 luglio 2004, è intervenuta la stipulazione della convenzione, il che renderebbe attuale e fondata la domanda di accesso formulata dal Codacons;

- sussisterebbe l’interesse all’accesso anche prima della stipula della convenzione;

- il Codacons avrebbe un potere esplorativo e di vigilanza sull’attività dell’amministrazione preparatoria di provvedimenti potenzialmente lesivi dei diritti dei consumatori;

- l’accesso è consentito non solo a tutela di diritti soggettivi e interessi legittimi, ma più in generale a tutela di situazioni giuridicamente tutelate, e tale sarebbe l’interesse di un’associazione di tutela dei consumatori a conoscere tempestivamente di iniziative in corso, lesive dei diritti dei consumatori.

       3. L’appello è infondato.

       3.1. In punto di diritto, giova premettere che, secondo gli orientamenti espressi dalla giurisprudenza di questo Consesso, e ora codificati anche dalla l. n. 15/2005 che, benché inapplicabile alla fattispecie in esame ratione temporis, assume valore di canone interpretativo della disciplina vigente all’epoca della domanda di accesso proposta in data 16 marzo 2004:

- non si può in astratto negare la legittimazione del Codacons ad impugnare provvedimenti che fissano tariffe relative a servizi pubblici (argomenta da C. Stato, VI, n. 3166/2003; C. Stato, VI, n. 4098/2002; C. Stato, VI, n. 565/2002, e, a contrario, da C. Stato, VI, n. 3876/2003), fermo restando che essendo i provvedimenti tariffari atti generali, il Codacons può spontaneamente intervenire nel relativo procedimento, ma non ha titolo ad avere avviso di avvio del medesimo (C. Stato, VI, n. 565/2002);

- la domanda di accesso deve avere un oggetto determinato o quanto meno determinabile, e non può essere generica;

- la domanda di accesso deve riferirsi a specifici documenti e non può pertanto comportare la necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta (C. Stato, sez. VI, 20-05-2004, n. 3271; C. Stato, sez. VI, 10-04-2003, n. 1925; C. Stato, sez. V, 01-06-1998, n. 718);

- la domanda di accesso deve essere finalizzata alla tutela di uno specifico interesse giuridico di cui il richiedente è portatore (C. Stato, sez. VI, 30-09-1998, n. 1346);

- la domanda di accesso non può essere uno strumento di controllo generalizzato dell’operato della pubblica amministrazione ovvero del gestore di pubblico servizio nei cui confronti l’accesso viene esercitato (C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283; C. Stato, sez. VI, 17-03-2000, n. 1414, resa sulla domanda di accesso esercitata da CONDACONS per ottenere dalla OMNITEL la documentazione relativa alla collocazione e potenza degli impianti fissi della rete di telefonia mobile della città di Bologna);

- la domanda di accesso non può essere un mezzo per compiere una indagine o un controllo ispettivo, cui sono ordinariamente preposti organi pubblici, perché in tal caso nella domanda di accesso è assente un diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti (C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283; T.a.r. Lazio, sez. II, 22-07-1998, n. 1201, resa sulla domanda di accesso del CONDACONS mirante a prendere conoscenza di tutto il materiale - reclami, denunce, provvedimenti disciplinari, spese per risarcimento - inerente a casi di smarrimento o furto verificatisi in occasione di spedizioni postali nell’arco di più anni);

- alle associazioni a tutela dei consumatori, quale è il Codacons, l’ordinamento non riconosce un diritto di accesso diverso da quello attribuito in generale dalla l. n. 241/1990 (ex plurimis, v. C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283).

       3.2. Quanto, in particolare, a quest’ultimo profilo, giova considerare che non può disconoscersi, in astratto, la legittimazione di un’associazione di tutela dei consumatori ad esercitare il diritto di accesso ai documenti dell'amministrazione o di gestori di servizi pubblici in relazione ad interessi che pervengono ai consumatori e utenti di pubblici servizi, come ha già avuto occasione di ritenere la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. sul punto, tra le tante, C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283; C. Stato, sez. IV, 26-11-1993, n. 1036 e C. Stato, sez. VI, 27-03-1992, n. 193).

       Ma anche alle associazioni di tutela dei consumatori si applica l’art. 22, l. n. 241/1990, che consente l’accesso non come forma di azione popolare, bensì a tutela di “situazioni giuridicamente rilevanti”, e dunque anche per dette associazioni occorre verificare la sussistenza di un interesse concreto e attuale all’accesso (C. Stato, sez. IV, 6-10-2001, n. 5291, resa sulla domanda di accesso esercitata dal CONDACONS in relazione agli atti inerenti lo svolgimento della lotteria Italia 1999, collegata alla trasmissione televisiva «Carramba che fortuna».).

       Vero è, come questo Consesso ha già osservato (C. Stato, sez. V, 16-01-2004, n. 127, resa sulla domanda di accesso esercitata dal CODACONS in relazione agli atti della gara espletata dalla ATAC s.p.a. per la realizzazione di tessere elettroniche a microprocessore), che l’interesse che legittima la richiesta di accesso ai documenti amministrativi va considerato in termini particolarmente ampi tutte le volte in cui esso risulta funzionale alla tutela di vaste categorie di soggetti, coinvolti nell’esercizio di funzioni amministrative o nell’espletamento di servizi pubblici; questa esigenza di una lettura estesa della posizione legittimante l’accesso si manifesta, in particolare, quando la richiesta di accesso è proposta per la tutela di interessi diffusi, direttamente connessi alla pretesa collettiva alla trasparenza ed efficienza (nonché sicurezza) dei servizi pubblici (v. ora art. 2, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, codice del consumo, in relazione ai diritti dei consumatori e utenti, e loro associazioni)

       Tuttavia, pur così delineato nei suoi ampi confini, il diritto di accesso non si configura mai come un’azione popolare (fatta eccezione per il peculiare settore dell’accesso ambientale), ma postula sempre un accertamento concreto dell’esistenza di un interesse differenziato della parte che richiede i documenti.La titolarità (o la rappresentatività) degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di tutti i documenti riferiti all’attività del gestore del servizio e non collegati alla prestazione dei servizi all’utenza, ma solo un più limitato diritto alla conoscenza di atti, relativi a servizi rivolti ai consumatori, che incidono in via diretta e immediata, e non in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi dei consumatori.

       L’interesse alla conoscenza, d’altro canto, non può essere negato a priori, ma va provato, di volta in volta, considerando accuratamente tutti i concreti profili della richiesta di accesso.

       Pertanto, anche se il diritto di accesso è volto ad assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e a favorirne lo svolgimento imparziale (come recita l'art. 22, l. n. 241/1990), rimane fermo che l'accesso è consentito soltanto a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente si rivolgono, e che se ne possano eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva; la quale, anche se non deve assumere necessariamente la consistenza del diritto soggettivo o dell'interesse legittimo, deve essere però giuridicamente tutelata non potendo identificarsi con il generico ed indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell' attività amministrativa.

       3.3. Né dalla normativa in materia di tutela dei consumatori di cui alla l. 30 luglio 1998, n. 281 (in vigore all’epoca della domanda di accesso, e ora trasfusa nel codice del consumo, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206) si può desumere che le associazioni di tutela dei consumatori sarebbero portatrici di una situazione giuridicamente qualificata ad esser edotti delle cause determinanti l'inefficienza e l'inefficacia dei servizi pubblici.

       In proposito giova rilevare che, se è vero che la l. n. 281/1998 riconosce e garantisce “i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti”, ciò avviene (e può avvenire) ai soli fini e nelle sole forme previste dalla legge: in particolare gli artt. 1 e 3, nel disciplinare le modalità di tutela degli interessi collettivi dei consumatori ed utenti, non contempla un generale potere di accesso a fini ispettivi, ma esplicitamente limita la tutela (per la quale sono legittimate ad agire le associazioni) ad ipotesi specifiche e cioè:

- alla “inibitoria” giudiziale degli atti e comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti (lett. a);

- alla adozione di « misure idonee » a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate (lett. b);

- alla pubblicazione del provvedimento su quotidiani nazionali o locali (lett. c) (C. Stato, sez. VI, 01-03-2000, n. 1122).

       Invece, la legge a tutela dei consumatori non attribuisce alle associazioni dei consumatori un potere di vigilanza a tutto campo da esercitare a mezzo del diritto all’acquisizione conoscitiva di atti e documenti che consentano le necessarie verifiche al fine di stabilire se l’esercizio del servizio pubblico possa ritenersi svolto secondo le prescritte regole di efficienza.

       Siffatto potere di controllo, generale e preliminare, è del tutto ultroneo alla norma sull’accesso, che non conferisce ai singoli funzioni di vigilanza, ma solo la pretesa individuale a conoscere dei documenti collegati a situazioni giuridiche soggettive. L’associazione non è titolare di una situazione soggettiva che valga a conferirle un potere di vigilanza sull’ente che offre il pubblico servizio, ma solo della legittimazione ad agire perché vengano inibiti comportamenti od atti che siano effettivamente lesivi.

       Immaginare un «potere esplorativo» significa non solo eccedere la dimensione comunque soggettiva del diritto di accesso, aprendo gli orizzonti a fenomeni di giurisdizione di diritto oggettivo, ma soprattutto trascurare gli equilibri sottesi alla disposizione dell’art. 22; ciò perché l’interesse alla conoscenza dei documenti amministrativi è destinato alla comparazione con altri interessi rilevanti, tra i quali anche l’interesse dell’amministrazione a non subire eccessivi intralci nella propria azione gestoria, che, nei limiti del predetto equilibrio tra valori, trova rispondenza anche nel catalogo dei principî costituzionali, in particolare quelli previsti dagli artt. 41 e 97 Cost.

       La disciplina sull’accesso tutela solo l’interesse alla conoscenza e non l’interesse ad effettuare un controllo sull’impresa o sull’amministrazione, allo scopo di verificare eventuali (e non ancora definite) forme di lesione all’interesse dei consumatori (C. Stato, sez. IV, 6-10-2001, n. 5291).

       4. Ciò premesso in diritto, si deve osservare, in punto di fatto, che la richiesta di accesso, per come formulata, non meritava accoglimento.

       4.1. Nella parte relativa agli atti preparatori della convenzione tra Poste e Ministero della giustizia, l’istanza di accesso deve essere ritenuta non sorretta da un interesse concreto e attuale.

       Da un lato, all’epoca della domanda di accesso, la convenzione non era ancora venuta in essere, sicché non vi era alcuna prova della sua portata lesiva per i diritti dei consumatori.

       Non è rilevante che la convenzione è poi stata effettivamente stipulata, dopo la pubblicazione della sentenza di primo grado, in quanto la fondatezza o meno di una domanda di accesso va valutata avuto riguardo al momento in cui è formulata.

       Dall’altro lato, se è vero che il Codacons ha legittimazione ad impugnare i provvedimenti tariffari relativi a servizi pubblici, e che dunque non si può negare un <<accesso tariffario>> volto a conoscere gli atti del procedimento  che sfocia nella adozione delle tariffe, tuttavia nel caso di specie il procedimento che è sfociato nella convenzione non può essere considerato un procedimento tariffario in senso tecnico.

       Si tratta invece di un procedimento contrattuale, assimilabile ad un appalto di servizi, in cui Poste gestisce il servizio di notificazioni nei confronti del Ministero della giustizia, in relazione alle notificazioni di ufficio. Solo in via eventuale, il servizio è estensibile alle notificazioni a istanza di parte (articolo 6 della convenzione).

       In tale procedimento non è stata pertanto fissata una tariffa direttamente operante nei confronti degli utenti, bensì un prezzo a carico del Ministero della giustizia.

       Pertanto, la domanda di accesso non risulta finalizzata alla tutela dell’interesse, giuridicamente rilevante, di Codacons alla economicità ed equità delle tariffe dei servizi pubblici, bensì, più genericamente ed inammissibilmente, a conoscere i costi delle prestazioni che una pubblica amministrazione acquisisce mediante contratti, in funzione di un generico e indistinto interesse al contenimento della spesa pubblica e della imposizione fiscale.

       Non rientra tra i diritti specifici dei consumatori (il cui catalogo è ora recato dall’art. 2, codice del consumo approvato con d.lgs. n. 206/2005) anche l’interesse generale – che è indistintamente dell’intera collettività, e che allo stato non è tutelabile su iniziativa dei singoli cittadini o di loro associazioni – alla economicità dei contratti della pubblica amministrazione, e al contenimento della spesa pubblica e dell’imposizione fiscale.

       5. La restante parte dell’originaria istanza di accesso mira a conoscere:

- <<se è stato richiesto il parere dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali (…)>>;

- <<quale tipo di attività istruttoria è stato svolto al fine di verificare la capacità tecnica ad eseguire il delicato compito che sarebbe stato affidato a Poste italiane (…)>>, e in particolare a conoscere se Poste abbia il possesso de requisiti di capacità tecnica ordinariamente richiesti ai prestatori di servizi (elenco dei principali servizi nell’ultimo triennio, elenco dei titoli di studio e professionali, descrizione delle attrezzature tecniche, ettc.);

- ulteriori dati relativi alla convenzione, quali il tipo di controllo successivo, le modalità di esecuzione e i subappalti, i dati dell’attività di sperimentazione già realizzata presso il Tribunale di Roma;

- <<quali siano i rapporti e/o contratti intercorrenti tra Mediolanum Banca e Poste italiane>>, sul presupposto che secondo articoli di stampa sarebbe stata annunciata una convenzione tra Mediolanum, banca on line priva di sportelli, e di proprietà del Premier, e Poste italiane, in virtù della quale la banca utilizzerebbe gli sportelli di Poste italiane, e dunque ne potrebbe conseguire un conflitto di interessi nella vicenda della convenzione Ministero giustizia – Poste italiane.

       5.1. Quanto alla richiesta contenuta nella originaria domanda di accesso, volta a conoscere se è stato chiesto il parere dell’Autorità per la protezione dei dati personali, la stessa è inammissibile perché non ha per oggetto la richiesta di un documento, bensì è volta a conoscere se è stata espletata un’attività istruttoria (la richiesta di un parere).

       Nel ricorso di primo grado, l’associazione odierna appellante ha modificato la originaria richiesta, perché nel riprodurre il contenuto della domanda di accesso, ha chiesto di prendere visione del parere dell’Autorità per la protezione dei dati personali (e non semplicemente di conoscere se tale parere fosse stato acquisito).

       Il T.a.r., senza valutare se tale istanza fosse o meno ammissibile, perché formulata per la prima volta in giudizio, la ha respinta.

       Sul punto, nell’atto di appello non viene formulato alcun motivo di ricorso (sia il ricorso di primo grado che l’appello sono essenzialmente incentrati sulla legittimazione del Codacons all’accesso <<tariffario>> e sulla potenziale lesività della convenzione sotto il profilo della tariffa del servizio notificazioni).

       Solo in sede di discussione orale davanti a questo Collegio, il Codacons ha formulato argomenti a sostegno del proprio interesse a visionare il parere dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, sotto il profilo della potenziale lesività che possono arrecare alla privacy le notificazioni (specie in materia penale) affidate a Poste Italiane.

       A prescindere dalla inammissibilità della richiesta, perché formulata per la prima volta in sede di discussione orale davanti al giudice di appello, il Collegio deve rilevare come la stessa sia infondata per difetto di legittimazione e di interesse.

       Va anzitutto rilevato che la privacy è un diritto inviolabile riconosciuto a chiunque, ma, proprio perché si tratta di privacy, limitatamente a fatti, dati e notizie che riguardano in via immediata e diretta il soggetto.

       Il codice della protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196) dispone che chiunque ha diritto alla protezione dei dati personali che lo riguardano (art. 1), e tale diritto può essere esercitato o in prima persona, o tramite terzi soggetti (ivi compresi enti o associazioni), purché muniti di specifica delega o procura scritta (art. 7).

       Il codice citato detta inoltre specifiche disposizioni relative al trattamento dei dati personali giudiziari (artt. 20, 21, 22).

       Coerentemente, lo statuto dei consumatori non riconosce ai consumatori in quanto tali, né a loro associazioni, il diritto alla privacy (art. 2 codice del consumo approvato con d.lgs. n. 206/2005), proprio perché si tratta di diritto individuale del soggetto (persona fisica o anche ente giuridico), insuscettibile di una azione di categoria, e dunque di una azione da parte del Codacons, in difetto di specifica delega o procura scritta da parte degli interessati.

       Pertanto, nel caso di specie, Codacons non ha legittimazione ad agire a tutela di un interesse alla privacy dei consumatori, né a tutela di un proprio interesse alla privacy, in quanto:

- non ha dimostrato di avere specifica procura scritta da parte di soggetti singoli;

- non ha evidenziato in che modo la convenzione Ministero giustizia – Poste violerebbe un interesse alla privacy del Codacons in quanto tale.

       Deve inoltre rimarcarsi che il codice della privacy ha modificato la disciplina delle notificazioni a mezzo del servizio postale, imponendo che l’atto da notificare sia inserito in plico chiuso, su cui non possono essere apposti segni o indicazioni di alcun genere dai quali possa desumersi il contenuto dell'atto (art. 1, l. 20 novembre 1982, n. 890, come modificato dal d.lgs. n. 196/2003).

       In conclusione su tale questione, dagli artt. 1 e 7 d.lgs. n. 196 del 2003 (codice della privacy) e dall’art. 2, d.lgs. n. 206/2005 (codice del consumo) si desume che le associazioni di tutela dei consumatori non possono agire a tutela della privacy indifferenziata dei consumatori, ma solo: a tutela di un proprio specifico interesse alla privacy, o a tutela della privacy di soggetti determinati da cui abbiano ricevuto specifica procura scritta.

       5.2. Per le restanti richieste, l’istanza di accesso è inammissibile perché:

a) ha un oggetto generico e indeterminato;

b) è finalizzata ad un controllo generalizzato sull’operato dei destinatari dell’istanza;

c) per taluni profili non riguarda documenti esistenti, ma postula una attività di elaborazione di dati;

d) per buona parte del suo oggetto, non evidenzia uno specifico interesse in relazione a reali o probabili lesioni degli interessi dei consumatori, ma mira, in una logica di sospetto, a ottenere dati per verificare la possibilità di violazioni;

e) mira ad un controllo di tipo investigativo – preventivo.

       Invero la domanda di accesso non riguarda atti specifici, ma mira ad acquisire notizie che:

- in parte presuppongono un’attività di elaborazione dati da parte dell’amministrazione (laddove si chiede conto del tipo di iter procedimentale che si sta seguendo);

- in parte sono rivolte, in una logica di sospetto, prima ancora che di monitoraggio generalizzato e preventivo, a controllare l’idoneità tecnica di Poste italiane e la sussistenza di un potenziale conflitto di interessi, in via di mera ipotesi ricadente sulla specifica convenzione in virtù di un'altra vicenda, non dimostrata, e dedotta nell’istanza solo come ipotetica (l’utilizzo degli sportelli di Poste italiane da parte di una Banca on line di proprietà del Presidente del Consiglio dei Ministri).

       Si deve invece ribadire che il diritto di accesso non è uno strumento di controllo generalizzato sull’attività del soggetto destinatario dell’accesso, bensì uno strumento per acquisire atti e documenti puntuali.

       Il Codacons è tenuto pur sempre, da un lato, a indicare gli specifici interessi, nell’ambito di quelli generalissimi della efficienza e economicità dei servizi pubblici, a tutela dei quali esercita la richiesta di accesso e, dall’altro lato, a indicare con ragionevoli confini gli atti e documenti in relazione ai quali si paventa la lesione, in atto o in potenza, degli interessi di cui è portatore.

       In tal senso, la giurisprudenza di questo Consesso ha già affermato, in una vicenda che vedeva il Codacons protagonista di una richiesta di accesso nei confronti della Società Autostrade, che <<L'interesse che muove l'appellante Codacons ad esercitare il diritto di accesso nei confronti della Società Autostrade non è quello di conoscere singoli atti, afferenti ad uno specifico procedimento che abbia destinatari ben individuati ma, come si evince dall'oggetto della richiesta di esibizione, quella di acquisire una serie di informazioni su un particolare settore (quello autostradale) allo scopo di valutarne l'efficienza e di assumere iniziative (anche d'ordine giudiziario) a tutela degli utenti del servizio.

       Una simile finalità, in quanto mira a trasformare il diritto di accesso in uno strumento di ispezione « popolare » sull'efficienza del servizio - con il quale il Codacons finirebbe per sostituirsi agli organi deputati dall'ordinamento ad effettuare i previsti controlli interni - non concreta quella “situazione giuridicamente rilevante” che ai sensi dell'art. 22 legge n. 241/1990 legittima l'esercizio del diritto di accesso>> (C. Stato, sez. IV, 29-04-2002, n. 2283).

       6. Quanto, infine, agli argomenti dedotti nell’atto di appello, a sostegno della richiesta di accesso, che fanno leva sulla l. n. 15/2005, gli stessi non possono essere presi in considerazione, (ammesso che la l. n. 15/2005 abbia realmente portata innovativa in tema di legittimazione e interesse all’accesso, e non di mera codificazione del diritto vivente), in quanto la l. n. 15/2005 non è applicabile al caso di specie, svoltosi anteriormente. Da un lato tale legge non è retroattiva nel suo complesso, e dall’altro lato proprio l’efficacia delle disposizioni da essa dettate in materia di accesso è stata differita sino alla data di entrata in vigore del nuovo regolamento governativo sull’accesso.

       7. Per quanto esposto, l’appello va respinto.

       La complessità e (parziale) novità delle questioni giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

     Spese compensate.

     Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

     Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 novembre 2005 con la partecipazione di:

Mario Egidio Schinaia - Presidente

Sabino Luce - Consigliere

Giuseppe Romeo - Consigliere

Lanfranco Balucani - Consigliere

Rosanna De Nictolis - Cons. rel. ed est. 

Presidente

MARIO EGIDIO SCHINAIA

Consigliere       Segretario

ROSANNA DE NICTOLIS    VITTORIO ZOFFOLI 
 
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA 

il...10/02/2006

(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)

Il Direttore della Sezione

MARIA RITA OLIVA 
 

CONSIGLIO DI STATO

In Sede Giurisdizionale (Sezione Sesta) 

Addì...................................copia conforme alla presente è stata trasmessa  

al Ministero.............................................................................................. 

a norma dell'art. 87 del Regolamento di Procedura 17 agosto 1907 n.642 

                                    Il Direttore della Segreteria

 

N.R.G. 8610/2005


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