REPUBBLICA ITALIANA    N.640/06 REG.DEC.

         IN NOME DEL POPOLO ITALIANO    N. 3356 REG.RIC.

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,   Quinta  Sezione           ANNO 2005

ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso in appello n. 3356/2005, proposto dai Sigg. Lorenzo Repetto, Adele Massone, Alessandro Grosso, Monica Bertania, Giuseppe Bianchi, Paolo Cazzulo, Andrea Gamondo, Giovanni Massone, Claudio Oreda, rappresentati e difesi dall’Avv. Claudio Rossano e dall’Avv.ssa Alessandro Carozzo ed elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Roma, Via Vittorio Veneto, n. 108,

CONTRO

il Comune di Castelletto d’Orba, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Lorenzo Acquarone e Giovan Candido Di Gioia ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, Piazza G. Mazzini, n. 27,

e nei confronti

dei Sigg. Federico Fornaro, Valter Musso, Guido Gandino, Armando Montobbio, Anna Tacchino, Pier Gianni Giraudi Mauro Azzi e Danilo Ghiglione, non costituiti,

del Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio eletto in Via dei portoghesi, n. 12,

per la riforma della sentenza del T.A.R. del Piemonte, II Sezione, del 18.3.2005, n. 611;

Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;

Visti gli atti tutti di causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 26.7.2005, il Consigliere Claudio Marchitiello;

Uditi gli avvocati Rossano, Di Gioia ed Acquarone, come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

I Sigg. Lorenzo Repetto, Adele Massone, Alessandro Grosso, Monica Bertania, Giuseppe Bianchi, Paolo Cazzulo, Andrea Gamondo, Giovanni Massone, Claudio Oreda hanno impugnato davanti al T.A.R. del Piemonte: 1) gli avvisi di convocazione del Consiglio comunale di Castelletto d’Orba del 17.11.2004 e del 20.11.2004; la deliberazione del Consiglio comunale del 21.11.2004, n. 18, con la quale si è proceduto alla convalida di cinque consiglieri comunali eletti nella consultazione elettorale del 12 e 13.6.2004 e si è preso atto del giuramento del Sindaco; 3) le deliberazioni del 21.11.2004, nn. 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 25, con le quali si è proceduto alla surroga dei consiglieri comunali dimessisi; 4) l’avviso di convocazione del Consiglio comunale del 25.11.2004; 5) le deliberazioni del Consiglio comunale del 30.11.2004 nn 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33 e 34 di conferma di precedenti deliberazioni del 29.6.2004 e del 30.9.2004 nonché delle deliberazioni di pari data nn. 1, 35, 36, 37, 38 e 39; ogni altro atto preordinato connesso e consequenziale, tra cui, ove occorra, le deliberazioni del Consiglio comunale del 30.9.2004 e la relativa convocazione del Consiglio comunale, l’avviso di convocazione del 26.10.2004 per le sedute del 29.10.2004 e del 1.11.2004 andate deserte, la nota del Prefetto di Alessandria dell’8.11.2004, n. 212, la nota del Ministero dell’Interno, Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali del 4.11.2004, n. 15902/49.

Il Comune di Castelletto d’Orba, il Ministero dell’Interno e il Prefetto della provincia di Alessandria si sono costituiti in giudizio opponendosi all’accoglimento del ricorso.

Il Sig. Federico Fornaro e i Sigg.  Valter Musso, Guido Gandino, Armando Montobbio, Anna Tacchino, Pier Gianni Giraudi Mauro Azzi e Danilo Ghiglione, nei cui confronti l’impugnativa è stata proposta, il primo in quanto Sindaco del Comune di Castelletto d’Orba, gli altri come componenti del Consiglio comunale, non si sono costituiti.

Il T.A.R. del Piemonte, II Sezione, con la sentenza del 18.3.2005, n. 611, pronunciandosi sul ricorso ai sensi dell’art. 9 della legge 21.7.2000, n. 205: a) lo ha dichiarato inammissibile per difetto d’interesse per quanto concerne la impugnativa degli avvisi di convocazione del 23.9.2004, del 26.10.2004, del 30.10.2004, del 17.11.2004 e del 20.11.2004; b) lo ha dichiarato in parte inammissibile e in parte lo ha rigettato quanto alla impugnativa delle deliberazioni adottate dal Consiglio comunale il 21.11.2004; c) lo ha rigettato relativamente alla impugnativa delle deliberazioni del Consiglio comunale del 30.11.2004; d) lo ha dichiarato inammissibile per genericità nella parte diretta all’annullamento delle deliberazioni del Consiglio comunale nn. 17, 18 e 19 del 30.11.2004, della nota del Ministero dell’Interno del 4.11.2004, n. 15902/49, e della nota prefettizia dell’8.11.2004, n. 212/Area II A.C.

I Sigg. Lorenzo Repetto, Adele Massone, Alessandro Grosso, Monica Bertania, Giuseppe Bianchi, Paolo Cazzulo, Andrea Gamondo, Giovanni Massone, Claudio Oreda hanno appellato la sentenza deducendone la erroneità e domandandone la riforma.

Il Comune di Castelletto d’Orba, il Ministero dell’Interno e il Prefetto della provincia di Alessandria resistono all’appello chiedendo la conferma della sentenza appellata.

I Sigg. Federico Fornaro, Valter Musso, Guido Gandino, Armando Montobbio, Anna Tacchino, Pier Gianni Giraudi Mauro Azzi e Danilo Ghiglione non si sono costituiti neppure in grado di appello.

Alla pubblica udienza del 26.7.2005 il 26.7.2005 il ricorso in appello è stato ritenuto per la decisione.

DIRITTO

1. - Giova premettere all’esame dell’appello proposto dai Sigg. Lorenzo Repetto, Adele Massone, Alessandro Grosso, Monica Bertania, Giuseppe Bianchi, Paolo Cazzulo, Andrea Gamondo, Giovanni Massone, Claudio Oreda avverso la sentenza della II Sezione del T.A.R. del Piemonte del 18.3.2005, n. 611, una sintetica ricostruzione dei fatti relativi alla controversia.

2. - A seguito della consultazione  elettorale svoltasi il 12 e il 13.6.2004 per il rinnovo del Sindaco e del Consiglio comunale di Castelletto d’Orba, il Sig. Federico Fornaro, eletto alla carica di Sindaco, con avviso del 22.6.2004, convocò il Consiglio comunale per la prima seduta da tenersi il 29.6.2004, in prima convocazione, e il 30.6.2004, in seconda convocazione, con all’ordine del giorno: la convalida degli eletti alla carica di Sindaco e di consigliere comunale e la verifica delle loro condizioni di eleggibilità e di compatibilità,  il giuramento del Sindaco, le comunicazioni del Sindaco in ordine alla composizione della giunta comunale e agli indirizzi generali di governo, la designazione dei componenti del consiglio comunale in alcune commissioni in rappresentanza del Comune.

In data 28.6.2004, peraltro, il Sindaco integrò, con un nuovo avviso di convocazione, l’ordine del giorno della seduta già fissata, in prima convocazione, per il 29.6.2004, inserendo tra gli argomenti da trattare anche la surroga di quattro consiglieri comunali di maggioranza, dimessisi, nel frattempo, il 22.6.2004.

Il 29.6.2004, con la deliberazione n. 8, il consiglio comunale, con la presenza di quattro consiglieri più il Sindaco e tre dei candidati non eletti della lista di maggioranza aspiranti alla surroga, procedette alla convalida dei consiglieri eletti, alla surroga dei consiglieri dimissionari e al giuramento del Sindaco. Con altre deliberazioni (dalla n. 9 alla 14), il consiglio comunale adottò gli ulteriori provvedimenti in ordine agli altri argomenti posti all’ordine del giorno.

Con la sentenza del 16.10.2004, n. 2470, il T.A.R. del Piemonte, adito da alcuni consiglieri comunali dimissionari ed elettori del Comune di Castelletto d’Orba, annullò l’avviso del 28.6.2004, con il quale era stato integrato l’ordine del giorno del 22.6.2004 e la deliberazione del consiglio comunale del 29.6.2004, n.8, nel profilo concernente la convalida degli eletti e la surroga dei quattro consiglieri comunali dimissionari.

La sentenza è stata confermata da questa Sezione con la decisione del 3.2.2005, n. 2004.

Successivamente, in data 22.10.2004, rassegnarono le dimissioni tre consiglieri di minoranza.

Questi e gli attuali appellanti chiesero al Prefetto di Alessandria l’avvio della procedura per lo scioglimento del consiglio comunale, sul rilievo che il numero dei consiglieri comunali si era ridotto al di sotto di quello necessario per il funzionamento dell’organo.

Il Prefetto di Alessandria, peraltro, con la nota dell’8.11.2004, n. 212/Area II A.C., sulla scorta del parere reso dal Ministero dell’Interno dell’8.11.2004, n. 212/Area II A.C., con la nota del 4.11.2004, n. 15902/49, invitò il Sindaco a convocare il consiglio comunale, nel termine di dieci giorni, per procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari e per rinnovare gli adempimenti venuti meno con l’annullamento della deliberazione n. 8.

Il Sindaco, conformandosi a tale invito, con avvisi del 17.11.2004 e del 21.11.2004, convocò il consiglio comunale rispettivamente per le sedute del 18.11.2004, in prima convocazione, e del 21.11.2004, in seconda convocazione.

Nella seduta di seconda convocazione, il consiglio comunale, con la deliberazione n. 18, procedette alla convalida degli eletti e al giuramento del Sindaco e, con le deliberazioni dalla n. 19 alla n. 25, alla surroga dei consiglieri dimissionari (dei quattro consiglieri dimessisi il 22.6.2004 e dei tre di minoranza dimessisi il 22.10.2004).

Nella successiva seduta del 30.11.2004, il consiglio comunale confermò le determinazioni già assunte con le deliberazioni del 29.6.2004.

Tutti gli atti fin qui indicati, successivi alla deliberazione n. 8 annullata a seguito del giudizio conclusosi con la decisione di questa Sezione del 3.2.2005, n. 2004, sono stati impugnati dagli attuali appellanti.

La sentenza della II Sezione del T.A.R. del Piemonte, del 18.3.2005, n. 611, alla quale si è già fatto riferimento, che ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile, in parte infondato, è quindi oggetto del presente appello.

3.- Nell’esame dell’appello, la Sezione ritiene di potersi esimere dal controllare la fondatezza delle eccezioni in rito sollevate dal resistente Comune di Castelletto d’Orba, concernenti sia il ricorso originario che il ricorso in appello, nonché dal verificare d’ufficio la legittimazione di tutti gli appellanti alla instaurazione della controversia in esame, stante la infondatezza nel merito della impugnativa.

4.- E’ privo di fondamento, infatti, il primo motivo di appello.

Con un primo profilo di tale motivo, che rappresenta la tesi centrale sostenuta dagli appellanti, presupposta a tutte le successive censure, viene denunciata la violazione dell’art. 40, comma 1, del D.Lgs 18.8.2000, n. 267.

Sostengono gli appellanti che, con l’annullamento della deliberazione n. 8, per l’illegittimità dell’avviso di convocazione del consiglio comunale, il potere del Sindaco di convocare il consiglio comunale per rinnovare gli adempimenti da effettuare nella prima seduta successiva al rinnovo di tale organo, si sarebbe “consumato” giacché tale convocazione deve essere effettuata, in base al citato art. 40, comma 1, del D.Lgs n. 267 del 2000, necessariamente nel termine perentorio di dieci giorni dalla proclamazione degli eletti.

Ne conseguirebbe la invalidità dei successivi avvisi di convocazione e di tutte le correlate  deliberazioni del consiglio comunale e, in primis, quelle dirette a rinnovare, dopo l’annullamento giurisdizionale della deliberazione n. 8, gli adempimenti preliminari previsti dall’art. 41 e 38, comma 8, del D.Lgs n. 267 del 2000, e a provvedere alla surrogazione dei consiglieri dimissionari.

L’art. 40 del D.Lgs n. 267 del 2000, inoltre, sarebbe stato violato, secondo gli appellanti, anche per il superamento del termine di dieci giorni per la prima adunanza del consiglio comunale.

Sarebbe stato violato, infine, anche l’art. 38, comma 8, del D.Lgs n. 267 del 2000 per il profilo che disciplina la surrogazione dei consiglieri comunali dimissionari.

La Sezione, come si è anticipato, ritiene infondate tali censure.

La nuova convocazione dell’organo deliberante da parte del Sindaco di Castelletto d’Orba, dopo l’annullamento della deliberazione n. 8, non è la convocazione prevista dall’art. 40, comma 1, del D.Lgs. n. 267 del 2000, per la prima seduta del consiglio comunale, ma l’indizione di una nuova seduta occorrente per procedere alla rinnovazione della deliberazione annullata, emendata dai vizi che ne hanno determinato l’annullamento in sede giurisdizionale.

Si attaglia perfettamente alla questione prospettata dagli appellanti il principio di portata generale, già affermato dalla Sezione, per il quale poiché  l’art. 26 della legge 6.12.1971, n. 1034, assegna all’amministrazione soccombente la facoltà di emanare i “provvedimenti ulteriori” dopo l’annullamento dei provvedimenti impugnati, è sempre consentita la rinnovazione dell’atto – cioè, senza limiti di tempo - anche quando l’atto annullato doveva essere adottato in un termine perentorio, salvo, ovviamente, che la legge non disponga altrimenti o che l’atto originario sia stato annullato proprio per avere superato il termine perentorio (Cons. St., Sez. V, 16.10.1997, n. 1145).

Nella specie, il Prefetto di Alessandria, dopo la sentenza del T.A.R. di annullamento della deliberazione n. 8, ha assegnato un termine di dieci giorni per convocare il consiglio comunale. Tale termine deve  intendersi come una sollecitazione a rinnovare in tempi brevi gli adempimenti coinvolti e posti nel nulla dal predetto annullamento e, pertanto, non è quello di cui all’art. 40, comma 1, del D.Lgs. n. 267 del 2000.

Deve aggiungersi, infine, che il termine di dieci giorni stabilito dall’art. 40, comma 1, del D.Lgs n. 267 del 2000 per la prima seduta del consiglio comunale dopo la sua elezione, contrariamente all’assunto degli appellanti che hanno denunciato questo ulteriore profilo di illegittimità delle deliberazioni di convalida degli eletti (e di surroga dei consiglieri dimissionari), non è perentorio ma è chiaramente è solo acceleratorio, rivolto com’è a far effettuare, con la maggiore sollecitudine possibile, i primi adempimenti del consiglio comunale, stabiliti dall’art. 41 del D.lgs. n. 267 del 2000, perché questo possa entrare quanto prima nel pieno delle sue funzioni (anche attraverso le commissioni consiliari da nominare nella prima seduta). L’art. 40, comma 1, non conferisce espressamente carattere di perentorietà al termine in questione né tale carattere può desumersi in via d’interpretazione, giacché, a parte la considerazione ora espressa, è  evidente che la norma impone incombenze ineludibili e quindi da ottemperare anche oltre il predetto termine (salvo che non si voglia determinare lo scioglimento del consiglio comunale).

E’ infondato anche il secondo motivo di appello, con il quale gli appellanti hanno denunciato la violazione del termine stabilito per la surrogazione dei consiglieri dimissionari dall’art. 38, comma 8, del D.Lgs n. 267 del 2000. Neppure tale termine, infatti, ha natura perentoria, come già affermato dalla Sezione, in relazione all’art. 31, comma 2 bis, della legge n. 142 del 1990  (riprodotto nel decreto legislativo n. 267 del 2000), non essendo collegato alla sua eventuale inosservanza alcun effetto sanzionatorio (Cons. St., Sez. V, 23.4.1998, n. 476).

Le deduzioni tratte dagli appellanti dal testo dell’art. 38, comma 8, del D.Lgs. n. 267 del 2000 (riportata dall’art 31, 2 bis, della legge 8.6.1990, n. 142, come modificato dall’art. 9 della legge 17.5.1997, n. 127), per il quale il consiglio deve procedere alla surroga “entro e non oltre dieci giorni”, non ha affatto reso perentorio il predetto termine, rispetto alla diversa espressione contenuta nell’art. 31 come modificato dall’art. 7 della legge 15.10.1993, n. 415, per il quale la surroga doveva “avvenire entro venti giorni dalla data di presentazione delle dimissioni”.

Anche la nuova formulazione della norma, infatti, non ha collegato alcun effetto all’eventuale superamento del termine (ridotto peraltro  a dieci giorni) ma ha solo accentuato il suo carattere acceleratorio.

Del resto, è appena il caso di rilevarlo,  l’espressione “entro” già pone il limite “non oltre”, per cui dalla nuova formulazione della norma, contrariamente a quanto assumono gli appellanti, non può inferirsi una trasformazione del termine da accelleratorio a perentorio.

Possono valere, infine, per quanto concerne le ulteriori deduzioni in ordine all’eccessivo lasso di tempo trascorso fra le dimissioni dei consiglieri comunali e la loro surroga (cinque mesi, con riferimento alle dimissioni dei primi quattro consiglieri, trenta giorni dalle altre tre dimissioni), le considerazioni già svolte in precedenza in ordine alla incidenza del tempo occorrente allo svolgimento del giudizio amministrativo intervenuto nella fattispecie.

Da respingere è anche il terzo motivo di appello.

Gli appellanti rilevano che, in data 22.10,2004, anche tre consiglieri comunali della minoranza hanno rassegnato le dimissioni e che, pertanto, tali dimissioni si sono aggiunte a quelle presentate il 28.6.2004 dai quattro consiglieri di maggioranza non surrogati per effetto della sentenza di annullamento della deliberazione n. 8. Ciò avrebbe determinato l’effetto di ridurre il numero dei componenti dell’organo collegiale al di sotto di quello necessario per la sua esistenza, con la conseguenza di realizzare i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale   ai sensi dell’art. 141, comma 1, n. 4 del D.Lgs. n. 267 del 2000 (su iniziativa del Prefetto della provincia).

Gli appellanti non tengono conto che dopo l’annullamento della deliberazione n. 8,  era nella facoltà del consiglio comunale, sia pure in formazione ridotta, ma sufficiente ai sensi dell’art. 141 del D.Lgs. n. 267 del 2000, per procedere alla reintegrazione dell’organo, deliberando la surroga di tutti i dimissionari.

Il numero dei consiglieri comunali rimasti in carica (oltre al Sindaco) era infatti sufficiente a procedere a tale surroga.

Va rilevato, infine, per confutare altro rilievo appena accennato dagli appellanti, che le surrogazioni dei consiglieri comunali dimissionari sono state deliberate con successive e separate deliberazioni.

Va rigettato anche il quarto motivo di appello.

Gli appellanti hanno dedotto che, per le dimissioni dei tre consiglieri comunali di minoranza, che avevano ridotto il numero dei consiglieri in carica a 5 su 12, non poteva essere adottata alcuna deliberazione valida neppure in seconda convocazione.

Secondo gli appellanti, non potendosi svolgere il consiglio comunale in una seduta di prima convocazione, per la quale era richiesta, ai sensi dell’art. 21 del Regolamento del consiglio comunale di Castelletto d’Orba, la presenza di “almeno la metà dei consiglieri assegnati”, non era possibile tenere neppure la seduta di seconda convocazione.

Osserva la Sezione che, in base al successivo comma dello stesso art. 21, per la validità delle sedute in seconda convocazione  è sufficiente la presenza di 4 consiglieri “assegnati” al comune (disposizione in linea con l’art. 38, comma 2, del D.Lgs n. 267 del 2000 che rinvia al regolamento comunale la fissazione del numero dei consiglieri comunali necessario per la validità delle sedute, disponendo peraltro che tale testo normativo debba prevedere, in ogni caso, “la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il Sindaco”) .

Riferendosi sia l’art. 21, secondo comma,  del Regolamento del Comune di Castelletto d’Orba che l’art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 267 del 2000 citato ai consiglieri “assegnati” al comune, e non a quelli in carica, deve ritenersi indifferente per la validità delle deliberazioni, che risultino adottate in seconda convocazione, con la presenza di un terzo dei consiglieri assegnati al comune, conoscere le ragioni del mancato raggiungimento del numero legale in prima convocazione.

La seconda convocazione di un collegio deliberante ha lo scopo di ridurre il quorum strutturale necessario per la validità delle deliberazioni, onde evitare, in base ad un principio di efficienza dell’organo collegiale, la paralisi di questo. In relazione a tale finalità sono irrilevanti le ragioni per le quali non si è potuta tenere l’adunanza in prima convocazione, qualunque ne possa essere la ragione.

La deliberazione n. 18 del 21.11.2004, concernente la convalida degli eletti  e il giuramento del Sindaco, e la deliberazione n. 19, di pari data, relativa alla surroga di uno dei consiglieri dimissionari (del primo gruppo) sono state adottate con il numero minimo di consiglieri comunali assegnati al comune, secondo quanto consentito dall’art. 38, comma 2, del D.Lgs. n. 267 del 2000. Le successive deliberazioni sono poi state adottate con un numero crescente di consiglieri comunali man mano che il consiglio ha proceduto alla surroga dei dimissionari. Tutte le  deliberazioni adottate dal consiglio comunale a seguito dell’annullamento della deliberazione n. 8, sono quindi immuni dai vizi denunciati dagli appellanti.

Si rivela condivisibile anche il rilievo formulato dal Comune resistente specificamente in ordine alla validità delle deliberazioni con le quali si è proceduto alla surroga dei consiglieri dimissionari.

La giurisprudenza della Sezione, argomentando dall’art. 141, comma 1, n. 4, D.Lgs. n. 267, già citato, in base al quale il consiglio comunale deve essere sciolto “quando si riduce alla metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il Sindaco” ha affermato che, in caso di dimissioni (non contestuali) dei consiglieri comunali, il consiglio comunale può provvedere alla surroga anche con la metà meno uno dei consiglieri.

Deriva dalle considerazioni che precedono, che deve ritenersi immune da ogni censura anche la nota del Prefetto di Alessandria dell’8.11.2004, n. 212/Area II A.C. (e l’avviso del Ministero dell’Interno del 4.11.2004, n. 15902/49 sul quale la nota prefettizia è conformata) che, dopo l’annullamento giurisdizionale della deliberazione n. 8, ha invitato il Sindaco a convocare il consiglio comunale per procedere alla convalida degli eletti e agli altri adempimenti già operati con il provvedimento annullato.

La nota prefettizia, invero, per le ragioni già esposte a proposito del primo motivo di appello, non configura, contrariamente a quanto assumono gli appellanti, una indebita remissione del Sindaco nei termini ormai scaduti per la prima convocazione del consiglio comunale.

E’ con tutta evidenza inconcludente, infine, per le considerazioni fin qui espresse, anche l’ulteriore rilievo degli appellanti, secondo cui il Prefetto di Alessandria, invece di sollecitare il Sindaco a riunire il consiglio comunale, avrebbe dovuto dare inizio alla procedura di scioglimento del comune, essendo venuta meno la possibilità di reintegrazione dell’organo, per “l’esaurimento” del potere del Sindaco di convocare la prima seduta del consiglio comunale, per gli adempimenti preliminari di cui all’art. 41, comma 1, del D.Lgs. n. 267 del 2000, con la conseguente  illegittimità della convalida  degli eletti e dei provvedimenti di surroga.

4. - Le ulteriori deduzioni degli appellanti (da pag. 16 a pag. 20 dell’atto di appello) sono meramente reiterative dei motivi di appello  fin qui esaminati.

La Sezione non ritiene, pertanto, di doverle nuovamente fare oggetto di specifiche, aggiuntive confutazioni.

5.- Per tutte le considerazioni che precedono, in conclusione, l’appello va rigettato.

6. – Le spese del secondo grado del giudizio sono poste a carico degli appellanti soccombenti nella misura liquidata nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione, rigetta l’appello.

Condanna gli appellanti al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio in favore degli appellati e del Comune di Castelletto d’Orba che liquida in Euro 4.000,00 (quattromila,00) per ciascuna delle due parti.

Così deciso in Roma, in Camera di Consiglio, il 26.7.2005, con l'intervento dei signori:

Raffaele Iannotta            Presidente

Giuseppe Farina             Consigliere

Paolo Buonvino              Consigliere

Cesare Lamberti             Consigliere

Claudio Marchitiello       Consigliere Est.  
 

    L'ESTENSORE    IL PRESIDENTE

    Claudio Marchitiello      Raffaele Iannotta 

    IL SEGRETARIO

    Gaetano Navarra 

    DEPOSITATA IN SEGRETERIA

    Il 17 febbraio 2006

    (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

    PER IL  DIRIGENTE

                                        f.to Livia Patroni Griffi

  N°. RIC. 3356/05

cdp