REPUBBLICA ITALIANA N.134/06 Reg. Sent.       
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

           Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Terza, con l'intervento dei signori magistrati:

- Nicolò Monteleone,   Presidente;

- Giovanni Tulumello, Referendario, estensore;

- Mara Bertagnolli,       Referendario;

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

N. 1133-1134    Reg. Gen.

ANNO   2005

 

Sui ricorsi riuniti n. 1133 e 1134 del 2005, sezione III, proposti:

quanto al ricorso n. 1133 del 2005

dalla s.r.l. Impresa Fratelli Bonanno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv.to Salvatore Giacalone ed elettivamente domiciliato in Palermo, via F. Ferrara n. 8, presso lo studio dell’avv. Francesco Greco ;

quanto al ricorso n. 1134 del 2005:

dall’Impresa Bonanno Luigi, in persona dell’omonimo titolare e legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv.to Salvatore Giacalone ed elettivamente domiciliato in Palermo, via F. Ferrara n. 8, presso lo studio dell’avv. Francesco Greco ;

contro

non costituiti in giudizio

e nei confronti

dell’impresa Sabbia d’Oro – piccola società cooperativa a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio

per l'annullamento, previa sospensione

     Visti i ricorsi, con i relativi allegati;

     Viste le ordinanze cautelari nn. 583 e 584 del 2005;

     Viste le memorie depositate il 27 dicembre 2005 dal difensore delle parti ricorrenti;

     Letti ed esaminati gli scritti difensivi ed i documenti prodotti dalle parti ricorrenti;

     Relatore alla pubblica udienza del 10 gennaio 2006 il Referendario Giovanni Tulumello;

     Uditi il procuratore delle ricorrenti come da verbale ;

     Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

     Con ricorsi entrambi notificati il 10 maggio 2005, e depositati il successivo 18 maggio, le imprese ricorrenti impugnavano i provvedimenti in epigrafe indicati, deducendone l’illegittimità.

     In particolare, entrambi i ricorsi risultano affidati alle seguenti censure:

     L’amministrazione aggiudicatrice e l’impresa controinteressata, ritualmente intimate, non si sono costituite in giudizio.

     Con ordinanze n. 583 e n. 584 del 2005, è stata respinta, per difetto del requisito del periculum in mora, la domanda cautelare di sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati, attesa la natura dell’atto impugnato, e in particolare avuto riguardo alla circostanza che “la mera segnalazione all’Autorità di vigilanza non preclude la partecipazione, in attesa delle determinazioni discrezionali che detta Autorità dovrà operare a seguito di apposita istruttoria, sull’esistenza o meno del collegamento fra le imprese”.

     La difesa delle parti ricorrenti ha quindi depositato memorie in prossimità dell’udienza di discussione del merito del ricorso.

     I ricorsi sono stati definitivamente trattenuti in decisione all’udienza pubblica del 10 gennaio 2006.

DIRITTO

1. Preliminarmente i ricorsi devono essere riuniti, per connessione oggettiva e, in parte, soggettiva.

2. Come si precisa nei ricorsi, gli stessi sono diretti nei confronti del provvedimento di esclusione dalla gara, non già allo scopo di ottenere l’aggiudicazione della stessa, ma per rimuovere il presupposto del provvedimento, pure impugnato, di segnalazione all’Autorità di vigilanza di settore.

     Vanno allora scrutinate le censure proposte, in entrambi i ricorsi, avuto riguardo principalmente al primo dei provvedimenti impugnati.

     Questo (verbale del seggio di gara del 19 gennaio 2005) ha disposto l’esclusione delle imprese ricorrenti dalla gara d’appalto per cui è causa, con la seguente motivazione: “Esclude la ditta “Luigi Bonanno segnata al n. 42 dell’elenco e la ditta “F.lli Bonanno s.r.l.” segnata al n. 43 dell’elenco ai sensi delle sentenze succitate in quanto riscontra elementi che fanno supporre collegamenti sostanziali tra gli stessi.  In particolare tali elementi sono 1) i plichi di entrambe le ditte sono pervenute con le stesse modalità (a mano) stesso giorno e stessa ora. 2) I titolari di entrambe le ditte hanno lo stesso cognome. 3) Entrambi i plichi sono sigillati con ceralacca sulla quale è apposto del nastro adesivo trasparente. 4) Le istanze-dichiarazioni presentano notevolissimi elmenti di similitudine. 5) L’impegno fideiussore è stato emesso dalla stessa Compagnia e dalla stessa Agenzia lo stesso giorno”.

3. Le imprese ricorrenti lamentano innanzitutto che il disciplinare di gara, al punto 3), prevedeva esclusivamente l’obbligo di dichiarare situazioni di controllo rilevanti ai sensi dell’art. 2359 cod. civ., e non anche altre situazioni di collegamento sostanziale.

     La censura è fondata su una sovrapposizione di piani concettuali disomogenei.

     L’obbligo di rendere la dichiarazione circa l’esistenza di collegamenti rilevanti ai sensi del citato art. 2359 cod. civ., è cosa diversa dal potere di esclusione dalla gara di imprese che siano collegate da un punto di vista sostanziale.

     L’esercizio di detto potere, che all’amministrazione è direttamente attribuito dall’ art. 10, comma 1-bis, l. 109/1994, va scrutinato alla stregua del parametro normativo, e non della specifica disciplina della lex specialis riguardante non già le cause di esclusione, ma gli oneri dichiarativi incombenti sulle imprese partecipanti.

      L’esclusione in esame non è stata, infatti, dettata come sanzione di un inesatto o incompleto assolvimento dell’onere dichiaratorio di cui sopra, ma come conseguenza della scoperta, aliunde, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, dell’esistenza di un collegamento sostanziale legittimante l’esclusione.

4. Si tratta allora di valutare se il ridetto potere di esclusione sia stato legittimamente esercitato avuto riguardo alle emergenze di fatto e al citato parametro normativo (come dedotto – in entrambi i ricorsi - nella seconda parte del primo motivo, e nel secondo motivo).

     Le coordinate ermeneutiche della fattispecie sono state tracciate da un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato.

     Il Consiglio di Stato, sez. V, nella decisione 3362/2001 ha affermato che “Nelle procedure ad evidenza pubblica nelle quali la media delle offerte rileva ai fini dell'aggiudicazione, attraverso detta media s’intende, com’è noto, ricreare le condizioni del mercato relativo alla prestazione in gara, e ciò allo scopo d’individuare l'ambito entro il quale le offerte formulate possono considerarsi serie e, in conseguenza - previa, ove prevista, l’esclusione dei concorrenti che hanno proposto ribassi non compatibili con la situazione del mercato così evidenziata - al fine di prescegliere l'offerta più vantaggiosa tra quelle che nel suddetto ambito rientrano. E’ evidente, pertanto, che l'esistenza di una situazione di collegamento fra alcuni partecipanti, siccome incompatibile con un’effettiva concorrenza fra di loro ed idonea a favorire la produzione di offerte concordate in modo da influenzare la media, incide sulla parità di condizione tra i concorrenti e vizia il risultato al quale il sistema è preordinato, rendendo illegittimo ogni ulteriore atto della procedura e, in particolare, quello conclusivo costituito dall’aggiudicazione. Poiché, per altro, sul corretto svolgimento della gara può incidere anche il collegamento indiretto fra imprese, rappresentando questo uno strumento di facile elusione del divieto di partecipazione in argomento, è privo di consistenza il rilievo dato, nella specie, a tale carattere del rapporto intercorrente tra le imprese sopra menzionate”.

     Se, dunque, anche il collegamento indiretto fra imprese legittima l’esercizio del potere di esclusione de quo, va ulteriormente precisato che il richiamo - contenuto nel citato art. 10, comma 1-bis, l. 109/1994 – all’art. 2359 cod. civ., ha la funzione di individuare una presunzione, senza che possa escludersi che possano esistere altre forme di collegamento o controllo, societario od imprenditoriale, atti ad alterare il corretto svolgimento – secondo logiche puramente concorrenziali – di una gara d’appalto (in questo senso Consiglio di Stato, sez. IV, decisione 6424/2001, che si segnala per la precisazione secondo la quale anche prescindendo dai rigidi criteri previsti dall’art. 2359 cod. civ., le offerte provenienti da più imprese giuridicamente diverse vanno comunque considerate lesive della concorrenza quando, nella sostanza, siano riconducibili allo stesso centro di interessi, e per l’affermazione della non necessarietà della indicazione, nel bando di gara, dell’elenco dei casi specifici di presunto collegamento fra imprese, giacché l’art. 10, comma 1-bis, della citata l. 109/1994 è norma di ordine pubblico, applicabile indipendentemente da un espresso richiamo nella lex specialis).

     Conseguentemente, oltre all’ipotesi di controllo societario ex art. 2359 cod. civ., rilevante ex se ai sensi dell’art. 10, comma 1-bis, della legge 109/1994, legittimamente l’amministrazione commina l’esclusione anche nei riguardi di altri fenomeni (comunanza di soci od amministratori) che, le appaiano tali da vulnerare la par condicio, purché con il limite della ragionevolezza e della logicità (in questo senso Consiglio di Stato, sez. IV, decisione 949/2002).

     Del resto, se si interpretasse diversamente il rinvio all’art. 2359 cod. civ., contenuto nel citato art. 10, comma 1-bis, quest’ultima disposizione opererebbe solo in presenza di un controllo societario diretto fra imprese partecipanti alla gara, laddove invece “Il riferimento alle imprese, anziché alle sole società che la norma del codice contempla, consente di ritenere che si deve aver riguardo agli effetti delle situazioni che la stessa disposizione definisce per individuare i rapporti di controllo. La possibilità di applicare a qualsiasi impresa la verifica di una situazione di controllo, e perciò anche ad altre società di capitali, alle società di persone o agli imprenditori individuali, non già alle sole società cui specificamente ha riguardo l’art. 2359, fa giustificatamente concludere che quel che la legge n. 109/1994 prende in considerazione è il fatto che, in virtù degli incroci di partecipazione e di interessi sussistenti, si rilevi l’esistenza di un unico centro decisionale, corrispondente a quello, che con la maggioranza dei voti, con l’influenza dominante o con particolari vincoli contrattuali, si avvera nelle predette società. Le forme e le misure di possesso di azioni, di quote o di partecipazioni in genere, l’esistenza di patti parasociali, la collocazione di soggetti negli organi di amministrazione possono essere le più varie. Quel che assume rilievo, ai fini della partecipazione alle suddette procedure, è che non vi sia riferibilità ad una medesima persona, ad un medesimo gruppo di persone o ad una medesima società delle decisioni formalmente attribuibili ad entità diverse” (Consiglio di Stato, sez. V, decisione 3601/2002).

5. Date le superiori premesse relative all’esegesi della disposizione attributiva del potere-dovere di cui si discute (il citato art. 10, comma 1-bis),  va rilevato che le censure in esame si risolvono in giudizi di valore sui singoli elementi sintomatici che il seggio di gara ha valutato quali espressione di un collegamento sostanziale.

      In particolare, tali censure muovono una contestazione analitica a ciascun fattore ritenuto dall’amministrazione sintomatico del collegamento.

      Così condotta l’analisi, non può non convenirsi con la difesa delle parti ricorrenti sulla portata neutra, in assoluto, di alcuni di tali elementi: così, potrebbe essere di per sé irrilevante la partecipazione alla gara di due imprese riconducibili a soggetti portanti lo stesso cognome, o comunque aventi rapporti di parentela; ovvero la presentazione dell’offerta con le stesse modalità e nello stesso giorno (specie quando, come nel caso in esame, si tratti del giorno precedente la scadenza del termine).

      Il vizio di fondo delle censure in esame risiede però nel fatto che il seggio di gara, nel provvedimento impugnato, non ha operato una valutazione analitica di tali elementi, ma unitaria.

      La logicità e la ragionevolezza di tale modus operandi avrebbero dovuto essere censurate avuto riguardo alla reale espressione della motivazione del provvedimento.

      Così, ci si chiede nei ricorsi – nel contestare la valenza indiziaria del deposito dell’offerta lo stesso giorno e con le stesse modalità – se devono ritenersi collegate anche le altre ventidue imprese che hanno presentato la propria offerta nella medesima giornata.

     La risposta a tale interrogativo è già nella motivazione del provvedimento impugnato: evidentemente no, perché negli altri ventidue casi difettano tutti gli altri indici sintomatici del collegamento.

     L’interrogativo sarebbe stato correttamente posto se riferito ad altre (ipotetiche) ventidue imprese che avessero presentato l’offerta nello stesso giorno, con le stesse modalità, da imprenditori aventi lo stesso cognome, in buste sigillate nello stesso identico modo, con impegno fideiussorio reso dalla stessa compagnia e dalla stessa agenzia nello stesso giorno.

     Le censure in esame, basate sulla individuazione di un tertium comparationis non idoneo a supportare il riferito giudizio relazionale, sono dunque infondate.

      Il provvedimento gravato appare invero esente da critiche in punto di ragionevolezza o logicità: è proprio la valutazione congiunta dei plurimi elementi indizianti, ciascuno dei quali assume valore inferenziale proprio in quanto correlato agli altri (quae singola non prosunt, collecta iuvant), a fondare l’esercizio del potere di esclusione sul parametro normativo regolante la fattispecie, e a legittimare dunque la congruità di tale esercizio.

     Ferma restando la ragionevolezza della causa di esclusione individuata dal provvedimento impugnato, e la logicità della motivazione di questo, gli elementi indicati in detta motivazione dimostrano, al di là della rappresentazione di una mera “messa in pericolo” (Consiglio di Stato, IV, 6424/2001, cit.) del bene giuridico tutelato dalla più volte citata disposizione legislativa,  “l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti atti ad evidenziare l’esistenza di un disegno preordinato ad indirizzare l’assegnazione della gara” (Consiglio di Stato, sez. V, decisione 5839/2001), o comunque la riconducibilità delle due offerte al medesimo centro sostanziale di interessi.

    Il ricorso è pertanto infondato e come tale va rigettato.

      Non essendosi costituite le parti intimate, nulla va disposto in merito alle spese processuali.

P.Q.M.

     Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione terza:------------------------------------------------------------

     Rigetta il ricorso.

     Nulla per le spese.

     Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.------------------------------------------------------------

     Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 10 gennaio 2006.  
 

Il Presidente________________________________ 

L’estensore_________________________________ 
 

Il Segretario_________________________________ 
 

Depositata in Segreteria  19 gennaio 2006

Il Segretario