REPUBBLICA ITALIANA

            IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

      IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

                    PER IL LAZIO – SEZIONE III

Composto dai signori

Stefano BACCARINI  PRESIDENTE

Maria Luisa DE LEONI  COMPONENTE

Alessandro TOMASSETTI        COMPONENTE

Ha pronunciato la seguente sentenza

                              S E N T E N Z A

sul ricorso n. 9067 del 2005/Reg.gen., proposto dalla Società semplice VIVAIO dei MOLINI Azienda Agricola PORRO SAVOLDI s.s.                       rappresentata e difesa dagli avv.ti Oberdan Epicoco,  Divide Epicoco ed Alessandro Pallottino, con domicilio eletto in Roma, Via Oslavia, n. 12;

C O N T R O

L’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato;

                        e, nei confronti

della Società S.O.A. C.Q.O.P. Costruttori Qualificati Opere Pubbliche s.p.a., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Arturo Cancrini e Claudio De Portu, con domicilio eletto in Roma, Via Giuseppe Percalli, n. 13;

per l’annullamento

del comunicato diretto alle SOA n. 42 del 24.11.2004, nella parte in cui l’Autorità per la Vigilanza sui LL.PP. ha negato la possibilità di rilasciare attestazioni di qualificazione alle società semplici di cui agli artt. 2251 e segg. del cod. civ.; dell’invito del 3.8.2005 n. 31689/05/ISP, con il quale l’Autorità per la Vigilanza sui LL.PP. ha richiesto alla SOA C.Q.O.P. s.p.a. “le ragioni per cui ha rilasciato l’attestazione di qualificazione in oggetto in assenza della forma giuridica richiesta”, nonché della conseguente revoca dell’attestazione, operata dalla SOA C.Q.O.P. spa il 9.9.2005, n. RC/0304/05;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata e della S.O.A. C.Q.O.P. spa;

Visti gli atti tutti della causa;

Udita, alla pubblica udienza del 25 gennaio 2006  la relazione del Cons. Maria Luisa De Leoni e uditi, altresì, gli avvocati come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

F A T T O

      Con ricorso notificato il 10 ottobre 2005, la Soc. Vivaio dei Molini Azienda Agricola Porro Savoldi s.s. impugna gli atti indicati in epigrafe, con cui, in ottemperanza all’invito dell’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici a ritirare l’attestazione rilasciata alla ricorrente ed alla comunicazione n. 42 del 24.11.2005 della stessa Autorità, è stata revocata l’attestazione SOA n. 307/10/00.

     Premette, la ricorrente, di essere un’azienda per la coltura e vendita di piante con 19 dipendenti  nella forma della società semplice con un volume di affari di circa 1.600.000 euro, dei quali il 10-12% riconducibile ad opere pubbliche. Di essere stata iscritta all’Albo Costruttori dal 26.6.1995 per la ctg. S1 per un importo di 1.500 milioni ed di aver sempre partecipato a gare per l’esecuzione di OO.PP.

     A seguito dell’evoluzione normativa, ha ottenuto il 20.7.2001 l’attestazione n. 307/10/00 di qualificazione alla esecuzione di LL.PP. dalla SOA CQOP per la ctg. S24, classifica II, verificata il 17 giugno 2004, (con il  n. 4357/10/00) e scadente il 19.7.2006.

Deduce:

1)- violazione degli artt. 2082 e ss. 2135, 2249, 2251 e ss. c.c.; art. 10, comma 1, lett. a) della legge n. 109/1994; art. 95 e ss. del d.P.R. n. 554 del 1999; artt. 1, 3, 35 Cost.; artt. 3, 10, 49, e ss Trattato CE; artt. 15 e 16 della Carta dei diritti fondamentali U.E.; art. 4 Dir. CEE 2004/18/CE; art. 24 e segg. Dir. CEE 93/37/CE; nonché l’eccesso di potere per disparità di trattamento; sviamento dell’interesse pubblico e contraddizione con precedenti provvedimenti.

      Assume la ricorrente che l’Autorità confonde tra attività commerciale e attività d’impresa, giungendo ad escludere che la società semplice possa essere imprenditore. L’art. 2249, secondo comma, c.c. prevede, infatti, che le società che abbiano oggetto diverso dall’attività commerciale siano regolate dalle disposizioni sulle società semplici. Per cui la società semplice è, per definizione, imprenditore, nel senso che esercita imprenditorialmente attività agricola, con le connesse attività, anche commerciali(art. 2135, terzo comma, cod. civ.). Essendo, quindi, la Società semplice  imprenditore, cade il presupposto posto a fondamento dall’Autorità. Anche se l’art. 10 della legge n. 109 del 1994 non menziona le società semplici tra i soggetti che possono partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici, tuttavia, il riferimento è diretto sempre all’impresa ed all’imprenditore, a prescindere dalla veste giuridica.

      Il comma 1, lett. a) dell’art. 10 citato consente la partecipazione alle “imprese individuali, anche artigiane”, con ciò ritenendo rilevante “l’attività imprenditoriale”. E ciò appare chiaro se si tiene conto che l’interesse del legislatore è rivolto all’impresa e non alla veste giuridica assunta per l’esercizio di impresa.

     Sottolinea la ricorrente che qualsiasi limitazione alle gare per l’affidamento di opere pubbliche in ragione della forma o veste giuridica assunta dal soggetto che intenda partecipare sarebbe in contrasto non solo con i principi sanciti  dal Trattato istitutivo della Comunità Europea e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, ma anche con la normativa comunitaria di settore, la quale contempla sempre la figura dell’imprenditore a prescindere dalla forma giuridica che assume, tanto che la società semplice ben può partecipare alla compagine del G.E.I.E..

     Sotto tale profilo, la ricorrente ravvisa il contrasto della norma de qua con la disciplina comunitaria,  particolare con gli artt. 43 e segg., 49 e segg. Trattato CE; 16 Carta dei diritti fondamentali U.E., nonché, se in quanto applicabili, 4 Dir. CEE 2004/18/CE e  24 e segg. Dir. CEE 93/37/CE - e, quindi, chiede che la questione venga sottoposta ex art. 234 C.E. alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

           L’eccesso di potere viene, infine, ravvisato, sotto il profilo della disparità di trattamento, di sviamento dell’interesse pubblico e contraddizione con precedenti provvedimenti, poiché viene violato il principio della massima partecipazione alle gare e perché, nel quadro normativo previgente, il riferimento veniva operato in relazione alle imprese, tanto che la ricorrente aveva ottenuto l’iscrizione all’Albo Nazionale Costruttori, limitatamente alla categoria S1.

           Conclude per l’accoglimento del ricorso, con ogni consequenziale statuizione in ordine alle spese ed onorari di giudizio.

           L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, conclude per il rigetto del ricorso.

           Anche la controinteressata SOA C.Q.O.P. si è costituita, sottolineando la correttezza del proprio operato, in particolare,  in relazione al potere di vigilanza istituzionalmente assegnato all’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici.

           All’Udienza del 25 gennaio 2006 la causa è stata ritenuta in decisione.

D I R I T T O

      Il ricorso non merita accoglimento.

      Come esposto in fatto, la ricorrente lamenta l’avvenuta revoca dell’attestazione di qualificazione , determinata dal comunicato dell’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici, che indicava i soggetti ammessi alle gare, in base all’art. 10 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nell’ambito dei quali non era compresa la “società semplice”.

      Osserva il Collegio che l’art. 10 della citata legge n. 109 del 1994 individua, tra i soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici,  le società commerciali, le quali, ai sensi del 1° comma dell’art. 2249 cod. civ., devono costituirsi secondo uno dei tipi regolati nei Capi III e seguiti del Titolo V del codice civile.

      La società semplice non è, pertanto, compresa tra i soggetti che possono partecipare alle gare pubbliche. Come è noto, infatti, detta società è organizzata su base personale e il termine “società” è espressione sintetica per indicare la collettività dei soci ed i rapporti rimangono, sia all’interno che nei confronti di terzi, legati da un diritto di comunione sul patrimonio sociale. La società semplice non è soggetta ad alcuna forma di pubblicità legale e proprio alla deficienza di una pubblicità legale sono connesse differenze sostanziali nella sua disciplina giuridica.

      Per quanto riguarda l’oggetto dell’attività sociale, esso non può essere l’esercizio di una attività commerciale, poiché le società che hanno per oggetto detto tipo di attività, secondo quanto disposto dall’art. 2249 cod. civ., devono costituirsi in uno dei tipi regolati nei capi III e seguenti del Titolo V del codice civile.

      Ora è chiaro che la realizzazione di lavori pubblici dev’essere effettuata in forma imprenditoriale. L’attività imprenditoriale, tuttavia, è soggetta  alle disposizioni che fanno riferimento alle attività ed alle imprese commerciali (2° comma dell’art. 2195 cod. civ.).

      Ne consegue che quanto dedotto dalla ricorrente, secondo cui il legislatore ha inteso dare rilievo esclusivo  all’attività imprenditoriale e non alla forma assunta, non è esaustivo della fattispecie, poiché trascura il riferimento contenuto nel 2° comma dell’art. 2195 cod. civ. che esige che le imprese che svolgono attività imprenditoriale siano soggette alle disposizioni dettate per le imprese commerciali. Quindi, anche l’impresa individuale, indicata dalla ricorrente quale indice di rilievo per sostenere la propria tesi, nella propria attività imprenditoriale deve osservare le regole dettate per le imprese commerciali e, conseguentemente, trasformarsi in uno dei modelli dettati dal Capo III del titolo V del codice civile (art. 2249 cod. civ.).

      L’incongruenza, rilevata dalla ricorrente, del diritto interno, alla luce della considerazione che la società semplice possa partecipare all’associazione nel Gruppo Europeo di Interesse Economico, rispetto al diritto comunitario di settore e al Trattato istitutivo della Comunità Europea e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE, non può essere condiviso.

     Giova ricordare che il G.E.I.E. ha fini mutualistici e, quindi, non lo scopo di realizzare profitti per se stesso; la natura del soggetto imprenditoriale non costituisce requisito essenziale ai fini della partecipazione al Gruppo, potendo aderire ad esso i più svariati tipi di soggetti. Non è richiesta la creazione di un fondo patrimoniale comune e sussiste la responsabilità illimitata e solidale dei membri per tutte le obbligazioni contratte dal Gruppo.

     In sede di gara, tuttavia, il G.E.I.E. deve esplicitare quali siano le imprese interessate all’esecuzione dell’opera, poiché i requisiti richiesti per la partecipazione alle gare devono sempre sussistere in capo alle imprese aggiudicatarie. Il Gruppo, infatti, non può sostituirsi ai suoi membri e non può, quindi, assumere la veste di appaltatore dei lavori. Il suo ruolo nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice è solo quello di coordinare ed organizzare le prestazioni richieste, rappresentandole nei confronti del soggetto appaltante.

     Appare chiaro, in conclusione, che la società semplice, pur potendo partecipare al G.E.I.E., non può, tuttavia, essere soggetto esecutore dell’opera in carenza dei requisiti richiesti. D’altro canto, l’art. 10 nel contemplare anche il G.E.I.E. tra i soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento di lavori pubblici, fa esplicito riferimento alla necessità di applicare a tale istituto le disposizioni di cui all’art. 13 della legge n. 109 del 1994.

     E’ sufficiente, infine, sottolineare che discende dalla libera opzione del privato la scelta dello schema associativo più idoneo per esercitare l’attività imprenditoriale.

           Per le argomentazioni che precedono il ricorso va, pertanto, respinto.

           Le spese, tuttavia, possono essere compensate.

P.  Q.  M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione III, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

      Spese compensate.

     Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 25 gennaio 2006.

Stefano BACCARINI  PRESIDENTE

Maria Luisa DE LEONI  ESTENSORE