Ricorso n. 2377/2002       Sent. n. 619/06

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

  Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione, con l’intervento dei magistrati:

Avviso di Deposito

del

a norma dell’art. 55

della   L.   27  aprile

1982 n. 186

Il Direttore di Sezione

    Bruno Amoroso  Presidente

    Angelo De Zotti  Consigliere, relatore

    Rita De Piero   Consigliere

  ha pronunciato la seguente

SENTENZA

   sul ricorso n. 2377/2002 proposto dall’arch. Maurizio Striolo, in proprio e quale socio dell'Associazione di Professionisti Striolo, Fochesato e Partners, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Dal Prà ed elettivamente domiciliato presso la segreteria del T.A.R. ai sensi dell’art. 35 del R.D. 1054/1024, come da mandato a margine del ricorso;

   contro

   il Comune di Noventa Padovana, in persona del Sindaco in carica, resistente, rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Fornasiero ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Franco Zambelli in Mestre via Cavallotti n. 22;

   e nei confronti

    dell'arch. Gianni Grassetto in proprio e quale capogruppo del costituendo R.T.P, non costituito in giudizio;

   per l'annullamento

   del verbale n. 6 in data 03.09.2002 di aggiudicazione provvisoria dell'incarico professionale avente ad oggetto la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva dei lavori di ristrutturazione e completamento della Residenza sanitaria per anziani di Noventa Padovana, lo stralcio, la direzione, l'assistenza e la contabilità di tali lavori e la redazione del piano di sicurezza, nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale ivi i compreso il provvedimento di aggiudicazione definitiva, non noto ai ricorrenti.

         Visto il ricorso, notificato il 5.11.2002 e depositato presso la Segreteria il 15.11.2002, con i relativi allegati;

         visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Noventa Padovana, depositato in segreteria il 23.11.2002 con i relativi allegati;

         viste le memorie prodotte dalle parti;

         visti gli atti tutti della causa;

         uditi, all'udienza pubblica del 15 dicembre 2005 (relatore il consigliere De Zotti) l'avv.  Dal Prà per la parte ricorrente e Zambelli, in sostituzione di Fornasiero, per il Comune di Noventa Padovana;

   ritenuto in fatto e in diritto;

   FATTO

   Con bando del 15.01.2002 il Comune di Noventa Padovana indiceva una licitazione privata per l'affidamento di un incarico professionale - di importo inferiore a 200.000 D.P.S. - avente ad oggetto la progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva dei lavori di ristrutturazione e completamento della residenza per anziani di Noventa Padovana, nonché per la direzione, l'assistenza, la contabilità di tali lavori e la redazione del relativo piano di sicurezza.

   A fronte di un importo complessivo dell'intervento stimato in € 877.976,73, il corrispettivo presunto per l’incarico veniva indicato in € 97.093,89 con riguardo alla progettazione e alla direzione dei lavori, e in € 36.151,98 per la redazione del piano di sicurezza, con la precisazione che "le percentuali finali per il rimborso spese sono pari al 30% degli onorari".

   Il disciplinare di gara, all'art. 9, dettava, inoltre, i criteri di valutazione dell'offerta e individuava come fattori  ponderali:

a) professionalità desunta dalla documentazione grafica, fotografica e descrittiva: punti fino a 40; b) caratteristiche qualitative e metodologiche dell'offerta desunte dall’illustrazione delle modalità di svolgimento delle prestazioni oggetto dell'incarico e dei curricula dei profèssionisti che svolgeranno il servizio: punti fino a 40; c) ribasso percentuale indicato nell'offerta economica: punti fino a 10; d) riduzione percentuale indicata nell'offerta economica con riferimento al tempo: punti fino a 10".

   La successiva lettera d'invito, dopo aver riprodotto tale norma del bando, provvedeva a dettare le modalità di presentazione dell'offerta, e con riguardo all'offerta tecnica. specificava che essa doveva constare, in primo luogo, di un massimo di tre progetti, relativi ad interventi affini a quello oggetto di gara, sulla base dei quali sarebbe stato attribuito il punteggio inerente la professionalità.

    Veniva precisato anche che per ciascun progetto poteva essere presentato un massimo di cinque schede formato A3, di cui almeno una dedicata alla documentazione descrittiva dell'opera; almeno due dedicate alla documentazione grafica; non più di una dedicata alla documentazione fotografica.

   Da ultimo l’offerta tecnica doveva essere corredata dai curricula dei professionisti, dall’indicazione dei servizi resi da ciascuno e la specificazione delle rispettive qualifiche professionali nonché l’indicazione del professionista incaricato dell'integrazione delle prestazioni specialistiche.

    La lettera d'invito specificava infine le modalità di redazione dell'offerta. economica prevedendo che nella stessa dovesse essere indicato il ribasso percentuale da applicare "a) alla percentuale per rimborso spesa; b) agli importi per le prestazioni accessorie; c) alla riduzione percentuale prevista dalla legge per le prestazioni rese in favore di amministrazioni ed enti pubblici", nonchè il ribasso percentuale da applicare al tempo fissato dal bando per l'espletamento di ciascuna fase progettuale.

   Dopo l'apertura delle offerte economiche, avvenuta nella seduta del 3 settembre 2002, l'incanto veniva provvisoriamente aggiudicato al costituendo raggruppamento di professionisti capeggiato dall'arch. Gianni Grassetto.

   Il Raggruppamento ricorrente, collocato al secondo posto della graduatoria, rilevava tuttavia, in tale sede, che l'offerta economica dell'aggiudicatario, contenente un ribasso percentuale del 100%  del rimborso spese e dei corrispettivi per le prestazioni accessorie, ed indicante pertanto € 0,00 per tali attività, si poneva in contrasto con le norme che fissano i minimi tariffari inderogabili (art. 17, commi 14 bis e seguenti e dell'art. 3 del D.M. 4 aprile 2001) e che, pertanto, essa avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, con conseguente aggiudicazione dell'incanto al raggruppamento ricorrente.

   Rimasto inutile tale reclamo, il raggruppamento ricorrente impugna l'aggiudicazione provvisoria, nonché l'eventuale provvedimento di approvazione definitiva della stessa, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

   1) violazione e falsa applicazione dell’art. 17, commi 14 bis e seguenti, della legge n. 109 del 1994, dell'art. 3 del D.M. 4 aprile 2001, nonché dell'art. 4, comma 12 bis, del d.l. n. 65 del 1989, convertito, con modificazioni, in legge n. 155/1989.

   L'offerta economica del raggruppamento controinteressato che riporta un ribasso del 100% sulla percentuale di rimborso spese e un ribasso del 100% sugli importi dovuti per prestazioni accessorie doveva essere esclusa, atteso che il comma 14 quater, dell'art. 17, della Legge n. 109 del 1994 statuisce che i corrispettivi determinati dal D.M. 4 aprile 2001 costituiscono minimi inderogabili e che "ogni patto contrario è nullo", fatta salva la facoltà di riduzione dei minimi di tariffa sino al massimo del 20% per le prestazioni rese dai professionisti allo Stato e agli altri Enti Pubblici con riguardo alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità.

   2) violazione della par condicio dei concorrenti; violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara in relazione a quanto stabilito dall'art. 91 del D.P.R. 554 del 1999; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della illogicità manifesta.

   Si sostiene che dalla documentazione di gara si evince che neppure le modalità di redazione dell'offerta tecnica sono state dall’aggiudicatario rispettate; che in particolare la lettera di invito (art. 8, b), specificava che gli offerenti avrebbero potuto presentare un numero massimo di tre progetti, ciascuno dei quali doveva essere composto da un massimo di cinque schede formato A3; che per contro il raggruppamento Grassetto ha prodotto tre fascicoli relativi ad altrettanti progetti, uno dei quali rappresentava sulla copertina che racchiudeva le 5 schede in formato A3, un ulteriore disegno, utilizzando, così, un foglio aggiuntivo rispetto a quelli ammessi dal bando e rappresentando il proprio progetto in modo più completo rispetto agli altri concorrenti; che in un altro dei progetti dimessi dal gruppo contro interessato, l'arch. Clementi, componente di quel raggruppamento, ha dichiarato l’integrale paternità dell'opera laddove in realtà l’opera era stata oggetto di coprogettazione preliminare con altro professionista (l’arch. Striolo); che il punteggio attribuito ai controinteressati sulla base di quella scheda, non era corretto e doveva quanto meno essere dimezzato, atteso che solo parte dell'attività relativa a quel progetto era stata concretamente svolta dall'arch. Clementi.

   Si è costituita in giudizio l’amministrazione comunale appaltante, la quale ha contestato preliminarmente l’ammissibilità del ricorso e nel merito la sua fondatezza, chiedendone la reiezione con vittoria di spese.

   All’udienza pubblica del 15 dicembre 2005 la causa è stata posta in decisione.

   DIRITTO

   Vanno esaminate innanzitutto le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità opposte dall’amministrazione appaltante.

   Tali eccezioni muovono dal rilievo che ambedue i motivi di censura dedotti dai ricorrenti si riferiscono a violazione di regole di gara che né il bando né la lettera d’invito ponevano espressamente e, pertanto, che in assenza di tempestivo gravame avverso la lex concorsualis, i motivi anzidetti sono inammissibili poiché postulano l’annullamento ovvero la disapplicazione di atti presupposti non impugnati.

   L’eccezione appare infondata in relazione ad ambedue i motivi.

   Infatti, quanto al primo, è vero che il bando nulla prevedeva in ordine all’offerta se non che fosse formulata in termini di ribasso percentuale, e che la lettera d’invito si limitava ad indicare il criterio di formulazione del ribasso con riferimento alle diverse voci che componevano la prestazione, tuttavia ciò che i ricorrenti adducono a sostegno dei motivi non sono le prescrizioni della lex concorsualis in quanto poste dal bando e dalla lettera d’invito,  quanto e bensì le norme imperative che in funzione eterointegratrice del bando fissano i c.d. minimi tariffari inderogabili ai sensi del combinato disposto degli artt. 17 commi 14 bis e seguenti della legge 109/1994 e dell’art. 3 del D.M. 4 aprile 2001.

   E proprio con riguardo al rapporto tra bando di gara e norme imperative esterne la giurisprudenza ha chiarito (si veda anche in materia di omessa dichiarazione dell’osservanza dell’art. 17 della legge dell’art. 17 L. n. 68/99, C.d.S. sez. 5^ n. 7555/2004) che nel caso in cui siano state violate, in ipotesi, norme inderogabili per legge, applicabili alla procedura di gara, l’esclusione dell’offerta va disposta anche in assenza di una puntuale sanzione espulsiva inserita nella lex specialis di gara, allorché si tratti di norme cogenti e di stretta interpretazione (cfr. C.d.S. sez. 5^ 15 aprile 2004 n. 2160).

   Ne consegue che i ricorrenti non erano tenuti ad impugnare il bando e la lettera d’invito nella parte in cui esso non prevedeva il richiamo espresso alle norme sui minimi tariffari, poiché gli stessi non ne chiedono l’annullamento in parte qua ma l’eterointegrazione sotto forma di applicazione cogente delle norme esterne che stabiliscono limiti in ordine alla valida formulazione dell’offerta, indipendentemente dal loro richiamo espresso nella lex concorsualis.

   Quanto al secondo motivo l’eccezione è parimenti infondata, anche se per altre ragioni, giacchè il fatto che alle prescrizioni contestate non fosse correlata espressamente la sanzione dell’esclusione dell’offerta, invocata dai ricorrenti, non è causa di inammissibilità del motivo, ma eventualmente di infondatezza, nel merito, del motivo stesso, nella parte in cui deduce la necessità dell’esclusione dell’offerta che ha violato tali prescrizioni.

   Ciò premesso e passando al merito,  il Collegio osserva innanzitutto che è pacifico che la lex concorsualis non solo non richiamava l’art. 17 cit, nella parte in cui fissa l’obbligo della inderogabilità dei minimi tariffari, ma non indicava neppure se il ribasso dovesse essere espresso in forma di media ponderata, onde tener conto della diversa incidenza delle sue componenti (onorari e rimborsi spese) e del limite massimo del 20%  riferito all’insieme dei corrispettivi, ovvero in forma di ribasso assoluto, non soggetto a limite massimo.

   In concreto tutti i concorrenti hanno inteso che il ribasso fosse da riferire in percentuale distinta alle tre voci che compongono il corrispettivo, salvo intendere diversamente il limite del minimo di tariffa, nel senso che solo alcuni (due) lo hanno riferito alla voce c) ossia alla “riduzione percentuale prevista dalla legge per le prestazioni rese in favore di amministrazioni ed enti pubblici”, mentre gli altri all’intera prestazione e quindi anche alle voci a) “percentuale rimborso spese” e b)  importi per le prestazioni accessorie).

   Ciò implica, peraltro,  che in realtà la questione sottesa al motivo non riguarda tanto l’applicazione o meno dell’art. 17 bis  e seguenti della legge 109/1994, e cioè l’esistenza del limite del ribasso riferito ai minimi di tariffa, ma l’interpretazione della norma e precisamente se essa vada intesa ed applicata nel senso che il c.d. minimo di tariffa riguardi, appunto, solo la tariffa e non le voci relative al rimborso spese ed alle prestazioni accessorie, ovvero  se anche queste componenti rientrino nel minimo inderogabile non suscettibile di riduzione una volta che la percentuale di riduzione ammessa (20%) sia stata raggiunta.

   Sul punto il Collegio, come già chiarito in analogo precedente (cfr. T.A.R. Veneto sez. 1^ n. 3655 del 2005), ritiene di confermare la tesi che il legislatore abbia voluto consapevolmente distinguere la voce soggetta al limite di ribasso  del 20% (non ulteriormente rinunciabile) da quella del rimborso spese e per le prestazioni accessorie, proprio perché non ha ritenuto che queste ultime fossero soggette allo stesso limite di irrinunciabilità stabilito per la tariffa (ed infatti solo per la voce c) ha previsto che la percentuale di ribasso si applichi alla percentuale di riduzione massima (20%) prevista dalla legge per le prestazioni rese in favore di amministrazioni ed enti pubblici, mentre per le altre voci ha previsto che l’indicazione del ribasso si riferisce al rimborso spese (che è pari al 30% del costo della prestazione) ovvero agli importi per prestazioni accessorie: è evidente, infatti, che se i ribassi fossero stati tutti soggetti alla percentuale di riduzione massima ammessa (il 20%) non avrebbe avuto senso distinguere, ai fini dell’offerta, le tre voci che compongono la prestazione e si sarebbe evitata l’incongruenza rappresentata dal fatto di richiedere ai concorrenti l’indicazione di tre percentuali di ribasso tra loro disomogenee (posto che  la percentuale di ribasso applicata alla voce c) si parametra sul 20% interamente rinunciabile [e dunque al ribasso del 100% corrisponde la rinuncia al 20%, il 50% implica la rinuncia al 10% e così via] mentre la stessa percentuale di ribasso riferita alle voci a) e b) si parametra su dati diversi e cioè sul 30% del corrispettivo, per le spese, e sul valore delle prestazioni accessorie [tale per cui questa seconda percentuale esprime un rapporto diverso da quello espresso dalla prima e richiede il calcolo di una ulteriore media ponderata per stabilire se il 20% del ribasso ammesso sia stato o meno superato].

   Nel merito il Collegio ritiene quindi, confermando il proprio precedente indirizzo, (cfr. T.A.R. Veneto  sez. 1^ n. 3655 del 2005) che il motivo di ricorso che attiene all’interpretazione della norma che fissa l’inderogabilità dei minimi tariffari, e che fa salva la possibilità di riduzione entro il 20% massimo per le prestazioni rese nei confronti delle amministrazioni pubbliche, sia  infondato laddove sostiene che il predetto ribasso massimo (del 20%) riguarda non solo la componente degli onorari (nella specie, il corrispettivo del servizio indicato all’art. 4 primo comma della lettera d’invito in euro 97.093,89) ma anche il  rimborso spese di cui al secondo comma ed alle prestazioni speciali indicate nel terzo in presuntivi euro 31.131,98.

   Il Collegio non ignora, in realtà, che anche a sostegno della tesi opposta sussistono argomenti apprezzabili: nessuno di essi appare tuttavia persuasivo né, soprattutto coerente con il dato testuale.

   Al riguardo va osservato, innanzitutto, che nessun argomento a favore della tesi del ricorrente si ricava sia dal bando di gara che dalla legge 155/1989 (che converte l’art. 4 comma 12 bis del d.l. 65/1989) la quale, nel ribadire la prevista ed eccezionale riduzione del 20% per le prestazioni rese dai professionisti allo Stato e agli altri enti pubblici, la riferisce espressamente “ai minimi di tariffa” e non all’intero corrispettivo

   In questo senso depone anche il D.M. 4.4.2001 attuativo dell’art. 17 co. 4^ della legge 109/94, che all’art. 1 distingue tra i corrispettivi, che sono quelli di cui alle tabelle A, B, B1, B2, B3, B5 e B6 allegate al decreto, gli onorari di cui alla tabella A  e i rimborsi spese ed i compensi accessori relativi agli onorari; è dunque evidente che minimi di tariffa sono solo gli onorari di cui alla tabella A ed i corrispettivi di cui alle tabelle anzidette e non i rimborsi spese che sono una componente del compenso, peraltro determinata forfetariamente, e non soggetta a minimo.

   Né varrebbe obiettare che il limite del 20% esteso al rimborso spese si giustifica sul piano logico, se non su quello strettamente letterale, con la necessità di evitare che la rinuncia al rimborso spese in qualunque misura attuato, si sostanzi e si risolva nella erosione del corrispettivo percepito dal professionista a titolo di onorario, perché la norma che stabilisce l’inderogabilità dei minimi tariffari non è stata posta a garanzia del fatto che il professionista percepisca per intero l’onorario, tanto che ne è prevista una parziale rinuncia, quanto per assicurare che la prestazione professionale non venga comunque offerta e remunerata sulla base di valori inferiori a quelli previsti dalle tabelle.

   Né la portata della norma, di per sé sufficientemente chiara, può essere dilatata al fine di assicurare una maggior tutela all’amministrazione, assumendo che il ribasso che comporta la rinuncia al rimborso spese implica che l’offerta non è remunerativa e quindi anomala perché a questo fine l’amministrazione dispone comunque del potere di verificare l’anomalia dell’offerta.

   Ne consegue che il motivo che si fonda sulla totale irrinunciabilità del rimborso spese e delle prestazioni accessorie è quindi infondato e va respinto, atteso che l’unico limite invalicabile di ribasso è rappresentato, a giudizio del Collegio, dal c.d. minimo di tariffa applicabile agli enti pubblici.

    Parimenti infondato appare il secondo motivo con cui si deduce che l’offerta del raggruppamento aggiudicatario avrebbe dovuto essere esclusa per aver violato le norme del disciplinare; ciò che sarebbe avvenuto per aver prodotto un numero maggiore di pagine illustrative del progetto rispetto a quelle previste dal suddetto disciplinare.

   In realtà, anche a prescindere dal fatto che la prescrizione contenuta nella lettera d’invito non prevedeva, diversamente dalle ipotesi ricomprese nell’art. 10, alcuna sanzione espulsiva per tale tipologia di violazione, sembra evidente al Collegio che la prescrizione secondo cui ai fini dell’attribuzione del punteggio di professionalità il numero massimo delle schede in formato A3 per ciascun progetto “non potrà essere superiore a cinque” implicasse solo che ai concorrenti non era richiesta una documentazione che andasse oltre a quella indicata dal bando e ripartita nelle voci a), b) e c).

   In ogni caso, il fatto che il concorrente aggiudicatario abbia incorporato nella copertina del fascicolo illustrativo del progetto una planimetria del progetto stesso, utilizzando surrettiziamente un foglio descrittivo in più del consentito appare elemento di manifesta irrilevanza sul risultato della gara, considerato che la presenza in copertina di una planimetria progettuale già deducibile da altri elaborati non sembra poter integrare una produzione aggiuntiva ai sensi della norma di gara, non potendo la planimetria anzidetta aggiungere alcunché di rilevante alla valutazione di un progetto per la cui illustrazione si richiedeva comunque una scheda “dedicata alla documentazione descrittiva dell’opera” due almeno dedicate “alla documentazione grafica” e una alla “documentazione fotografica”.

   Né, ammesso che tale produzione documentale  aggiuntiva potesse avere un eventuale rilievo sull’attribuzione del punteggio tecnico, i ricorrenti indicano quale incidenza determinante la stessa avrebbe potuto esplicare sull’esito della gara, tenuto conto della differenza di punteggio che distanzia i due concorrenti, sia in assoluto (14 punti) sia per quanto attiene alla valutazione del titolo specifico (6 punti).

   Il motivo va quindi respinto.

   Anche il secondo profilo della censura appare al Collegio, per analoghe ragioni, irrilevante, in quanto anche se l’arch. Clementi avesse dichiarato la paternità integrale di uno dei progetti dimessi barrando la casella relativa al progetto preliminare, definitivo ed alla direzione dei lavori, mentre è stato dimostrato che il (solo) progetto preliminare era stato redatto in forza di incarico di coprogettazione, il Collegio non ritiene che ciò potesse giustificare, come sostengono i ricorrenti, l’esclusione dell’offerta del raggruppamento aggiudicatario, e neppure lo stralcio del progetto ai fini del punteggio, atteso che nulla la scheda specificava in ordine all’eventuale compartecipazione di altri professionisti e comunque che la semplice coprogettazione preliminare dell’opera, seguita dalla progettazione esecutiva (esclusiva) e dall’incarico di direzione dei lavori (anch’esso esclusivo) non avrebbe potuto ragionevolmente escludere l’attribuzione della c.d. paternità assolutamente prevalente del progetto in capo all’arch. Clementi e dunque la sua piena valutazione.

   Né, comunque, è dimostrato che la minima riduzione di punteggio prospettata dai ricorrenti come conseguenza della “coprogettazione preliminare” avrebbe potuto modificare in maniera determinante l’esito della gara.

   Il ricorso va quindi respinto.

   Le spese e le competenze di causa possono essere nondimeno  compensate tra le parti, ricorrendone i presupposti equitativi.

   P.Q.M.

   Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, prima Sezione,  definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in epigrafe.

   Compensa tra le parti spese e competenze di causa.

   Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

   Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 15 dicembre 2005.

   Il Presidente      L’Estensore 

Il Segretario 
 

   SENTENZA DEPOSITATA IN SEGRETERIA

   il……………..…n.………

   (Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

   Il Direttore della Prima Sezione 
 

T.A.R. per il Veneto – I Sezione n.r.g. 2377/02