Si invia, per la pubblicazione sul Portale Istituzionale dell'Unione dei
Segretari il documento in allegato, quale contributo all'appello del Dott.
Giovanni MANOPPELLA SEGRETARIO GENERALE del Comune di AGNONE.
Cordialità.
Angelo Vincenzo GRASSO
Segretario comunale di RIOFREDDO-VIVAROROMANO-PERCILE.
Al "licenziamento di un Segretario comunale" risponde Angelo Vincenzo
Grasso*
*pubblicista in erba.
SALVIAMO LA VECCHIETTA MA BUTTATE VIA L'ACQUA SPORCA
Uno degli aspetti più inquietanti che ha attanagliato la categoria in questi
ultimi tempi, oggetto di ampie e attente indagini degli analisti, è la
rivendicazione del ruolo unico.
Esercitato, di fatto, da quasi tutti i SS.CC., anche senza particolari
indennità, ma non ancora riconosciuto istituzionalmente, ci fa ancora
riflettere non solo sulle necessità delle buone intenzioni di saper essere
manager al posto giusto e al momento opportuno, ma d'essere capaci di
sviluppare un percorso di garanzia, per evitare di essere trafitti dalle
nostre stesse armi.
Nel mondo degli Enti Locali e, non solo, dove imperversa in tutta la sua
portata, la piena autonomia, non piace più a nessuno la teoria del capo con
l'ordine delle gerarchie, proprio per l'avulsione non ai poteri costituiti,
ma a quelle forme organizzative involutive e verticistiche caratterizzanti
negli schieramenti bellici, ove prevale la dottrina punitiva, soppiantata da
"un ordine cavalleresco" nella quale emerge invece la figura del
Leader nei
suoi compiti istituzionali del "laisser faire e laisser passer".
Nel confronto delle idee, le "pretese di comando" sono fuori d'ogni
logica
innovativa e avvalorarle, nuoce fortemente alla salute organizzativa, per
diversi ordini di motivi.
Anzitutto, quando si è alla presenza d'ordini impartiti dall'alto, anche la
migliore organizzazione, come quella militare o paramilitare, essendo
assente qualunque genere di motivazione, l'unico deterrente ai necessari
obblighi d'asservimento è la sanzione, che se applicata alla "normale
P.A.".
costituisce un rimedio peggiore del male, poiché allontana i soggetti dal
lavoro in team e, li rende refrattari a collaborare, provocando sacrifici
inutili ed alla lunga anche inefficienze.
Occorre insistere invece nell'azione comunicativa efficace che è quella di
rivendicare la "mission" dell'Ente, quale cultura e valori
dell'impresa, per
sviluppare qualità dei prodotti e servizi offerti, favorendo visibilità e
ritorno d'immagine, sia all'interno sia all'esterno di tutta
l'organizzazione, delle sue attività, delle sue politiche e, dei cambiamenti
in corso.
Sviluppare la trasparenza aziendale significa anche affrontarne i pericoli,
rendendo espliciti i valori guida, intesi come clienti, amministratori e
loro collaboratori, la loro visione dell'azienda, il personale, i fornitori,
la collettività nei suoi principi etici d'aspettativa della qualità e
sicurezza, non solo dei prodotti e servizi scaturiti nell'ambiente di
lavoro, ma anche del territorio circostante, nella cultura d'impresa intesa
come tradizione a cui fa riferimento l'azienda, ma anche cultura aziendale
vera e propria, ove i criteri organizzativi si conciliano con il tipo
d'organizzazione adottata, nei processi della gestione e produttivi
d'efficienza, efficacia, economicità ed equità dell'organizzazione interna
che è il riflesso del cittadino.
Saper costruire una rete di relazioni, significa anche rinvigorire un
sistema di significati condivisi, come occasione d'arricchimento del gruppo
e condizione necessaria di comunicabilità, per garantire negoziabilità e
legittimazione alle attività intraprese nell'organizzazione, atte a
conservare paradigmi, linguaggi e culture comuni e realizzare competitività,
allontanando conflitti.
Fare emergere, verificare e migliorare le nostre rappresentazioni interne di
come il mondo imprenditoriale funziona, è il modo che può agevolare lo
sviluppo degli apprendimenti, con lo strumento del dialogo, nel processo
delle profonde strutturazioni del pensiero, con modelli mentali utili a
gestire le differenze.
Da un lato bisogna oltremodo contemperare gli interessi precostituiti e,
dall'altro non ci si può esimere di trattare "gli Azionisti del
Comune", non
come schiavi, ma parte integrante di un sistema di valori che tende a
soddisfare l'interesse generale, nell'esercizio delle attività non
d'autoreferenzialità, ma di responsabilità operativa, negli intenti di
realizzare servizi qualitativi in un terziario avanzato, ove "l'information
technology" svolge la sua parte da leone nel raggiungere obiettivi
tangibili, anche in assenza di precise indicazioni autoritarie.
Nella competenza, maturità e professionalità d'attribuzione e d'espletamento
degli incarichi fiduciari, con un'adeguata motivazione, si può star certi
che anche nella manovalanza dei mestieri ci si può esimere dal comando
strategico e, nell'autorevolezza delle decisioni si possono individuare
benefici e coinvolgere maestranze oltremodo ostiche a qualunque formazione.
Nella necessità di evitare "cure mediche" troppo costose
all'organizzazione,
ma coinvolti nel raggiungimento degli obiettivi, i lavoratori coscienziosi
comprendono che assenze scarsamente giustificate dal lavoro d'equipe,
generano detrimento al loro patrimonio individuale, poiché l'incomprensibile
ed irrecuperabile tempo perduto è causa di disaffezione ed alimento ai mali
atavici del pubblico impiego.
Nelle soluzioni possibili emerge fortemente la tentazione di attenuare "la
sicurezza del posto di lavoro" quale rimostranza del capo verso i
subalterni, che richiamati, col procedere delle attività, possono macchiarsi
d'atroci delitti, come il non saper ubbidire alla "sana e consapevole
libidine" del datore di lavoro inferocito dalla "mancata visibile
produttività" che alimenta il costume della ragionevolezza, allontanando
ansiosità.
Ciò può seriamente ostacolare i sani propositi di cura delle carenze
formative che nel ripudio della cultura del cambiamento pongono le loro
radici possenti nell'insidia delle ramificazioni deleterie dello "Status
Quo", ritenendoli troppo onerosi, defatiganti o addirittura infernali, per
chi è abituato a lavorare sodo nell'ordinaria amministrazione.
Da tali considerazioni, il tocco magico di propensione al "benessere
organizzativo" che ne può derivare, ci serve allora per alimentare "i
meriti", abilitandoci alla partecipazione pubblica che segna
immancabilmente
ed inesorabilmente il destino di tutti noi.
Essere Leader significa saper affrontare con cognizione un mestiere sempre
più difficile di coordinamento a 360 gradi, con compiti d'amministrazione
delegata, senza fallimenti e, che comporta decisioni a volte dure e
sofferte, ma equilibrate, nel mantenere un "feeling favorevole della
struttura", per il buon fine del mandato ricevuto, non solo nella gestione
delle risorse umane.
Nel suono della campanella dei segnali di malessere, sono i valori pubblici
quelli che devono essere rinvigoriti, quali il senso d'appartenenza, se si
vogliono eliminare o quantomeno attenuare le patologie, nella soddisfazione
comune di veder realizzate opere e non cartastraccia.
La leadership non può mettere a repentaglio la sua azione incisiva di
coinvolgimento dei buoni propositi modellati ad arte, o peggio rischiare di
danneggiarli, scendendo o sbilanciandosi "nei compromessi poco
onorevoli"
che oscurano non solo la convivenza civile, ma anche la faticosissima scala
di costruzione delle idee e degli ideali organizzativi dell'azienda pubblica
e il lavoro integrato dei cittadini, i quali se non adeguatamente ascoltati
possono diventare dei tiranni e generare catastrofi.
Il principio del buon senso che ha sempre contraddistinto i cattivi dai
mansueti, c'impone di buttare via tutta l'acqua sporca incamerata dagli
incarichi fiduciari, a volte male assortiti e quindi non assolti e, nel dare
a Cesare quel che proviene da Cesare, possiamo solo augurarci un legislatore
magnanimo e più propenso ad accollarsi la grazia della sopravvivenza, nella
fede della pubblica funzione, quale utilità per le Autonomie, non estrema ma
funzionale, che genera valore aggiunto, in un cammino non solo
meritocratico.
L'estrema attenzione va indirizzata alla valorizzazione con perspicacia
delle adeguate risposte alle proposte che partono dal territorio e, che
rilanciando, nel coraggio delle decisioni, nuove strategie di sviluppo,
sanno andare "oltre il sapere giuridico".