Un
momento decisivo per il futuro della categoria
Avrei preferito evitare questo intervento ma, considerando che i due prodi duellanti sono componenti della mia segreteria regionale e che numerosi sono stati gli interventi di colleghe e colleghi che lavorano in Lombardia, ho sostanzialmente ritenuto un dovere quello di dire qualcosa che, sia ben chiaro subito, serva a dirimere la controversia e non ad alimentare ulteriormente le polemiche.
Va anzitutto precisato che il caldo è il vero protagonista di questa vicenda: se i due contendenti si fossero quanto meno chiariti per telefono, questo pasticcio non si sarebbe prodotto; e parlo di innocente pasticcio (non di pagliacciata, per carità, perché è giusto dire la propria su argomenti di questa importanza) perché conosco da anni i nostri combattenti: sono persone sin troppo “passionali”, che maturano ragionamenti di alto profilo, che credono in quello che dicono, che sono estremamente determinate nei loro discorsi, che non cadono mai nella sterile polemica, che però - purtroppo e malgrado tutto - si è successivamente determinata. Vorrà dire che il buco dell’ozono ha colpito ancora e che ben presto (ultima data utile l’8 Luglio) i due valorosi riporranno le sciabole nei propri foderi.
Ma
si tratta di colleghi che non fanno discorsi a vanvera e che, anzi, offrono
spunti di riflessione importanti. E’ vero: se chi è istituzionalmente
deputato al coordinamento dei dirigenti guadagna meno dei dirigenti stessi
(anche sulla base di un prospetto formale, ovvero senza considerare tutte le
ipotesi di retribuzione aggiuntiva non strettamente collegate al trattamento
economico ed alla posizione, quindi lasciando da parte, direzione generale,
diritti di rogito e protesti cambiari), si determina inevitabilmente una
circostanza anomala che produce imbarazzo anche nei rapporti interpersonali
perché, purtroppo, questa è una società che assegna delle posizioni anche in
base a questo: è come se il presidente del consiglio di amministrazione della
Rai prendesse una indennità inferiore rispetto agli altri componenti del
medesimo c.d.a.; come se Mancini (allenatore dell’Inter) prendesse meno di
Oriali, Mazzola, ecc., cioè degli altri dirigenti della società. Un sistema di
tal fatta comprometterebbe, almeno in parte, la possibilità di conservare una
certa autorevolezza.
Ma
è altrettanto vero che la categoria vive un momento di particolare criticità:
la legge finanziaria del 2005 ha non solo dimezzato il periodo di disponibilità,
ma ha anche (cosa ancora più grave) decretato il blocco delle assunzioni di
nuovi colleghi nel contesto di una manovra che nulla aveva a che vedere con il
famigerato “taglio dei 75.000”. Mi spiego meglio: il blocco delle assunzioni
nel prossimo triennio è una misura introdotta da questo governo per ridurre di
75.000 unità i posti di lavoro statali e trovare dunque le risorse utili a
finanziare i modesti tagli fiscali partiti all’inizio di quest’anno. Ebbene,
il blocco dei segretari comunali non c’azzecca nulla con tutto ciò,
visto che il nostro trattamento economico è finanziato dalle casse delle
autonomie locali e non da quelle dello Stato. E non si dica che tutto ciò
rientra nel generale sforzo di contenimento della spesa pubblica che tutte le
amministrazione sarebbero tenute a fare: perché ci si dovrebbe domandare come
mai, ohibò, non venga prescritta alcuna limitazione rispetto alla nomina di
nuovi city manager (che anzi è incoraggiata), né tanto meno venga stabilito
alcunché in relazione alla loro indennità (anzi qualcosa è stato deciso visto
che la legge finanziaria dello scorso anno prevedeva che essa non fosse
conteggiata tra le spese del personale). A ciò si aggiungano le norme che,
guarda caso proprio con riferimento ai segretari comunali, si preoccupano di
ricordarci un principio già generalmente riconosciuto dal nostro ordinamento
giuridico: e cioè che, se siamo d’accordo, possiamo transitare in mobilità
verso un’altra amministrazione anche rinunciando alla qualifica dirigenziale
(per carità, sempre con il nostro consenso, ma sembra quasi un invito!); nonché
le disposizioni che, in un punto o nell’altro, stabiliscono vincoli e paletti
rispetto alla attività dell’agenzia (“… La chiamavano autonoma..”): ad
esempio, l’organo potrà bandire nuove procedure concorsuali per
l’assunzione di segretari, solo previa emanazione di apposito decreto da parte
del presidente del consiglio dei ministri.
E
vi è di più: la bozza di testo unico, recentemente approntata dai consulenti
tecnici del governo, relega la categoria ad un ruolo di serie B, dando la
possibilità di nominare un direttore generale esterno anche nei comuni con meno
di 15.000 abitanti e attribuendo ai sindaci la facoltà di procedere ad
investire di tali funzioni, anche un dirigente interno all’ente (che poi
diventerà, giustamente, nella interpretazione evolutiva, un funzionario, magari
quello che ha tirato la campagna elettorale del sindaco). Personalmente,
se fossi un sindaco, avrei la forte tentazione di adeguarmi alle possibilità
offerte dalla proposta di testo unico, leccandomi pure le dita.
Ecco,
molto semplicemente, la drammaticità della nostra situazione: nel momento in
cui i sindaci incontreranno (e già accade in molte zone del Nord) una
particolare difficoltà nel trovare un segretario a causa del blocco delle
assunzioni che determinerà una paradossale situazione di stallo; nel momento in
cui saranno costretti a stipulare convenzioni con una molteciplicità di enti
per adempiere all’obbligo di coprire per forza la sede; nel momento in cui
tutti i comuni e le province d’Italia (o quasi) avranno un direttore generale
esterno che sarà, di volta in volta ed a seconda delle opportunità politiche,
l’ex sindaco che non può candidarsi per la terza volta, il mancato assessore
che non ha potuto partecipare alla spartizione, il mancato consigliere risultato
primo dei non eletti, il capo della segreteria provinciale o cittadina del
partito che ha vinto le elezioni, il dirigente
o il funzionario che si sono particolarmente distinti nel corso della campagna
elettorale, il manager privato con i cosiddetti attributi che deve mettere a
posto questa banda di lavativi che mangia le tasse dei cittadini; ebbene, in
quel preciso momento, a cosa servirà il segretario comunale e provinciale? A
rogitare i contratti, ad elevare i protesti cambiari, a fornire consigli legali
negli enti che hanno già attribuito un incarico legale esterno per ogni settore
(quelli più piccoli) o che hanno un ufficio specializzato interno (quelli più
grandi)? A cosa servirà investire tante risorse per la formazione e il
mantenimento di una figura che (a prescindere dallo stipendio inferiore, uguale
o superiore a quello dei dirigenti, oramai non avrebbe più importanza) non
sarebbe in grado di garantire neppure la propria presenza sul territorio? A cosa
servirà impiegare altrettante risorse per mantenere in vita un organo – come
l’agenzia – che non sarebbe in grado di garantire neppure la copertura delle
sedi?
E
dietro queste simpatiche innovazioni legislative (alcune già passate,
come la finanziarie; altre in gestazione, come il nuovo TUEL) ci sarà un
disegno preciso o come sostiene un
mio caro amico e collega tutto sommato chi ci governa è talmente ignorante
che ignora persino che i segretari vengano pagati dai comuni?
Io,
sinceramente, come cittadino mi auguro che così non sia; e come segretario,
penso anche che ci sia una strategia, finalizzata ad ingenerare il convincimento
che questa categoria sia incapace di garantire la propria presenza sul
territorio, impossibilitata ad espletare funzioni davvero fondamentali per
l’ente, inopportunamente considerata necessaria per l’ente, esageratamente
dispendiosa rispetto a quello che fa e, quindi, in definitiva, per dirla tutta,
non meritevole di continuare ad esistere nel nostro ordinamento giuridico.
La
confusione messa in mostra nel corso del nostro convegno sull’alta dirigenza a
Rimini non fa sperare in nulla di buono. Le nostalgie di un ritorno al
passato centralistico manifestate da un noto esponente del governo presente
ad Euro- PA ci dà il segnale che dobbiamo preoccuparci davvero (ma non avevano
proposto, proprio per quel motivo nel 1996 un referendum abrogativo?).
E,
in un momento come questo, ha molto senso preoccuparsi o polemizzare sulla
maggiore importanza della parte economica o della parte giuridica del prossimo
contratto? Che, tra l’altro, non avrà tempi brevi e che rischia dunque di
essere travolto dagli eventi.
Una
continua riforma spezzatino sta frammentando come un piatto rotto la
categoria, sta facendo terra bruciata attorno al nostro lavoro, nonostante
l’impegno delle organizzazioni sindacali; in un minuto, dico un minuto, un
ammortizzatore sociale come quello della disponibilità è stato dimezzato,
rompendo un patto permanente che all’epoca della riforma era stato stipulato,
senza che nessuno ne fosse informato, senza che nessuno avesse attivato la più
stupida delle concertazioni. Niente, a testa bassa, come un ariete per sventrare
la categoria.
E’
un momento in cui mettere a disposizione le nostre energie; un momento ideale
per cercare di alzare il di dietro dalle poltrone e guardarsi in faccia; qualcun
altro, a questo punto, avrebbe detto: “Non chiedetevi cosa lo Stato possa
fare per voi, ma chiedetevi, piuttosto, cosa potete fare voi per lo Stato”.
Occorre mettere in campo proposte, idee, scrivere ai giornali, comunicare che il
segretario dei nostri tempi non è l’occhialuto funzionario curvo sulle carte
dell’amministrazione, intento a consultare impolverati libroni, dedito a
rimproverare severamente i suoi sottoposti, ma un dirigente che vuole innovare i
processi dell’azione amministrativa, un dirigente che vuole applicare i
principi dell’art. 1 della legge n. 241/1990, un dirigente che si sente parte
dell’ente locale, che è funzionale al senso di autonomia locale; un dirigente
che è orientato all’attività dinamica dell’ente e non alla pratica
dell’atto burocratico (evitando, per quanto possibile, di utilizzare
espressioni idiote, come manager o criteri aziendalistici).
L’Unione
regionale della Lombardia sta aprendo un “cantiere”: un raccoglitore di idee
e proposte per costruire una figura di alta dirigenza che possa davvero
risultare indispensabile rispetto alle esigenze dell’ente locale, che sviluppi
la c.d “funzione di direzione complessiva” e che si ponga in una in una
linea di omogeneità rispetto ai profili di alta professionalità presenti nelle
autonomie locali. Nel periodo compreso tra Settembre e Ottobre, organizzeremo a
tal fine un convegno a Milano; in quella occasione, ci prenderemo la
responsabilità di affrontare un altro problema, che ha dei contorni vergognosi,
e cioè la situazione dei giovani iscritti al corso COA 2 che sono, in questo
momento ingiustamente e – a nostro modesto avviso – illegittimamente,
privati di un posto di lavoro. Affronteremo il problema del funzionamento
dell’Agenzia e della Scuola e, naturalmente, parleremo di una contrattazione
collettiva che sembra non esistere più.
Penso
che le regole vadano concertate, che i soggetti sociali vadano ascoltati, che le
norme vadano scritte dopo aver sentito come la pensano i principali protagonisti
della vicenda, cioè i comuni e la categoria, i sindaci e i segretari; anzi,
penso che le regole le dobbiamo scrivere noi, perché siamo noi a subirle, siamo
noi a metterle in pratica, ogni giorno. La norma calata dall’alto appartiene
ad un’altra epoca, ad un’altra tradizione giuridica, ad un’altra cultura
politica. Non alla nostra.
E’
una sfida, lo so. So anche che è una sfida difficile perché molti sono i
nemici e pochi sono gli amici. Ma è nostro dovere affrontarla. La vita è
una sfida, accettala, ha detto un’altra Grande dei nostri straordinari e
formidabili tempi.
Ecco
perché, carissimi Antonio e Roberto, le vostre energie devono continuare ad
essere – come finora è stato – al servizio della categoria, perché
continuano ad essere indispensabili.
Ma
questo è solo un invito rivolto a tutti e non certo un rimprovero rimosso a
voi.
Mi
scuso per essermi dilungato e saluto tutte e tutti con affetto.
Salvatore
Maurizio Moscara
(segretario
regionale Unione Lombardia – unscp)