In merito al documento adottato dal Consiglio nazionale il 24 ottobre scorso, ho redatto queste sommarie considerazioni critiche che spero vorrete inserire nel forum aperto sul tema.
“l’Unione ritiene
che il segretario comunale e provinciale debba configurarsi come il soggetto che
presidia una funzione unitaria di direzione complessiva degli
enti, garantendo la distinzione ed il raccordo
tra gli organi politici e l’amministrazione, attraverso il coordinamento
unitario del complesso delle attività poste in essere dall’ente al fine di
assicurare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa
ed affermare, nel contempo, la regolarità e la trasparenza di
essa.”.
Così afferma perentoriamente il documento del Consiglio nazionale del 24 ottobre scorso nel suo passaggio “centrale”.
C’è da rimanere
trasecolati. Se non siamo alla parodia del mito di Atlante poco ci manca. Di
questo enfatico enunciato non si sa se contestare più la tronfia vanità o la
folle assurdità. Se le parole hanno un senso, il segretario sarebbe l’unico,
imprescindibile crocevia delle realtà locali, con buona pace di Sindaco, Giunta,
Consiglio – che pure sono organi di governo con rilevanza costituzionale ex art.
117, comma 2, lett. p), cost. - e dirigenti, tutti ridotti ad un ruolo meno che
ancillare. Verrebbe da dire - parafrasando Luigi XIV, “le roi soleil” – "la
mairie c’est moi"! Dal che si ricava plasticamente il profilo surreale di quella
insensata prospettazione.
O non ci si rende conto
di quello che si scrive o veramente si attribuiscono alle parole significati
oscuri.
Analizziamolo allora
più da vicino questo enunciato grondante di inutile e pericolosa retorica. In
effetti anche la terminologia usata appare eccessiva a partire da quel
“presidia” che evoca rigori “militari” quasi grotteschi per una figura la cui
stessa sopravvivenza resta, invece, sempre drammaticamente appesa ad un
filo.
Cosa c’è da presidiare?
Nientepopodimenoché: “una funzione unitaria di direzione complessiva degli
enti”. Anche qui ridondanza a piene mani. Non basta che la funzione di direzione
degli enti sia “unitaria”, cioè in mano ad uno solo, ma, non soddisfatti, si
chiede che sia anche “complessiva”, per il timore che qualcosa sfugga.
Complessiva perché nessuno vi si sottragga, ovviamente.
Incredibile ma vero! Visto che l’intera locuzione così recita: “direzione complessiva dell’ente”. Capito? “Direzione complessiva dell’ente” nell’italiano corrente significa che il segretario esercita funzione di direzione nei confronti di tutti gli organi comunali o provinciali, siano essi politici che burocratici. Questa è una novità veramente inaudita. Ve lo immaginate un rapporto di “direzione” tra segretario e sindaco, con il primo che detta direttive al secondo?
Naturalmente coerente
con questo "assunto" anche la successiva proposizione modale subordinata di
primo grado di questo interminabile periodo e cioè quel: “garantendo la distinzione ed il raccordo tra
gli organi politici e l’amministrazione”, dal quale si trae conferma di
questa condizione di irrealistica "preminenza" che vuole attribuirsi al
segretario. Se così non fosse, come potrebbe egli “garantire” la “distinzione” ed il “raccordo” tra organi di natura ed
estrazione diversa?
Due sono le alternative
che pongono previsioni così “estremistiche”. O si tratta di enunciati meramente
autoesaltatori, vuoti di ogni significato giuridico, o invece sono destinati ad
incidere realmente nell’ordinamento degli EE.LL. ed allora siamo di fronte ad
una rivoluzione copernicana. Ma in entrambi i casi si tratta di scelte folli.
Nel primo perché si
proporrebbe di “appiccicare” gratuitamente ma anche pericolosamente in capo ai
segretari un’etichetta molto appariscente ma altrettanto insidiosa, in quanto
atta a produrre una ingiustificata “sovraesposizione” sul versante della
responsabilità. Ricaduta questa particolarmente grave ed allarmante nel
quadro di enti che già registrano elevati tassi di litigiosità interna e di
deferimenti alla giustizia penale e contabile.
Nella seconda ipotesi,
e cioè se tutto quel roboante enunciato fosse realmente traducibile in pratica,
si registrerebbe un drammatico scontro frontale con gli apparati politici e
burocratici locali; scontro dal quale è facilissimo intuire chi uscirebbe con le
ossa rotte.
Concentriamoci un po’
su quel “raccordo” di cui si parla nel documento UNSCP. Sino ad oggi ne manca
una definizione giuridica. Si conosce la funzione di “coordinamento”, intorno
alla quale con grande fatica si è applicata, nei decenni, la dottrina. In
assenza di altre indicazioni ed in attesa di specifiche ulteriori dobbiamo
assumere quel concetto comunque come significativo. E l’unico senso in cui
possiamo assumerlo è come sinonimico di coordinamento oppure come una sua
versione “attenuata”. In pratica si tratterebbe di un classico rapporto di
specie (raccordo) a genere (coordinamento). Questo, almeno secondo l’italiano
corrente ed il buon senso.
Se così è, non può non
venirci in mente l’insegnamento dello studioso che più si applicò alla
sistematizzazione della funzione di coordinamento. Ebbene: quest’ultima si
qualifica come “un modello organizzativo, almeno
tendenzialmente, di sovraordinazione, predisposto per realizzare l’unità di
indirizzo di uffici o enti dotati di autonomia” (V. Bachelet, coordinamento,
in Enc. Diritto, vol. X, p. 630). Capito? Un modello (tendenzialmente) di
“sovraordinazione”! E ritorniamo sempre allo stesso punto. Anche qui l’idea di
una “sovraordinazione”, lo capite bene, rischia di comportare un autentico
rovesciamento di rapporti già tra sindaco e
segretario!
Del resto, se così non fosse in cosa dovrebbe
consistere questa fantomatica funzione di “raccordo”? Che fa quel poveraccio su
cui incombe questa sin’ora sconosciuta competenza? Organizza conviviali per
favorire l’amalgama e la coesione tra le diverse componenti dell’ente? Tiene
sedute di training che vede coinvolti “politici” e rappresentanti di questa
“amministrazione” che abbiamo scoperta essere “separata”? Fa il passacarte tra
gli uffici dell’amministrazione e quelli degli organi politici, come l’“usciere”
di una volta? Si limita ad una generica azione di moral suasion, invitando le parti a
collaborare?
Siamo seri, in queste proposte le parole usate devono
avere un loro preciso ed univoco significato. Quando si pretende poi di
intervenire su assetti organizzativi rilevanti come quelli degli EE.LL. le
funzioni e le competenze devono essere chiaramente individuate e ripartite, per
capire bene “chi fa cosa”.
E poi poniamoci anche un’ulteriore domanda. Questa
funzione di “raccordo” non dovrebbe essere già implicita in quel potere di
generale rappresentanza dell’ente (nelle sue due componenti: politica ed
amministrativa), che da sempre è coniugato con quella generale funzione di
“sovrintendenza” su uffici e servizi che naturalmente competono al Sindaco (per
tradizione inveterata, confermata nell’attuale TUEL ed inevitabilmente anche nel
decaduto DDL Lanzillotta)?
Sulla base
di premesse così manifestamente esagerate seguono obiettivi anch’essi esagerati,
che vanno ben oltre l’ambizioso, sfociando nella pura megalomania.
Assicurare “l’efficacia, l’efficienza e
l’economicità dell’azione amministrativa ed affermare, nel contempo, la
regolarità e la trasparenza di essa”,
secondo UNSCP non è più l’obiettivo generalissimo dell’intero plesso
amministrativo ma una specifica competenza del Segretario. Quanto sia aberrante
una siffatta impostazione appare evidente. Quei principi, mutuati direttamente
dall’art. 97 della cost. e dalla L. 241/1990, sono appunto principi generali che
devono ispirare l’intera azione amministrativa di tutta
Non si possono usare
principi come clave, né giocarvi così incautamente. Mi fermo qui, per il
momento. C’è molto da dire anche sulla questione segretari comunali titolari di
comuni infra 5.000 abitanti, ma quelle qui poste sono questioni preliminari che
meritano di essere affrontate con particolare e specifica attenzione. Ad un
successivo intervento rinvio approfondimenti ulteriori su una materia così
calda.