Lo stimato Collega Napoletani chiede qualche risposta in merito ai suoi più che legittimi e condivisibili interrogativi, ma CHI potrà mai darla, se non …. il tempo?
Il Collega è fautore della “linea dura”, si intuisce, e d’istinto, caratterialmente, non si può che ammirarlo ed essere invogliati a seguirlo, però…..un grande però si staglia dinanzi a questa prospettiva.
Non rivelerò sicuramente alcuna novità se ricordo che “l’unicità” del Segretario in ciascuna sede, il suo “isolamento” rispetto agli altri Colleghi (fisiologico per ragioni di distanze e di impegni lavorativi), la “peculiarità e specialità” delle sue funzioni, cui da ultimo (ma ne avremmo fatto volentieri a meno…) si è aggiunta una forma di, diciamo così, “concorrenza” (non sempre leale, peraltro) per l’occupazione delle sedi, non possono non ostacolare quella che il Collega chiama unità “senza divisioni (anche sindacali) e distinguo”, che costituisce indispensabile presupposto rispetto all’efficacia di una “linea dura” di azione.
Si dice: la posta in gioco è troppo alta per ritenere che si voglia far prevalere i personalismi anche in questa occasione. Me lo auguro, me lo auguro con tutto il cuore, tuttavia si tratta sempre di una bella scommessa e non di una ragionevole certezza, rispetto ad una situazione in cui il fallimento della linea dura vorrebbe dire “morte” (in senso figurato) per la categoria. Allora, dato che non siamo degli avventurieri, né dei giocatori di poker di professione, bisognerebbe essere in grado di valutare se questo jolly della “linea dura” (che potrebbe poi anche tramutarsi in un grande bluff) debba essere giocato in questo momento; secondo me il momento in cui calare tutti gli assi e prendere tutti i rischi è quello della “ultima spiaggia”, quando non si ha veramente nulla più da perdere. Siamo arrivati a questo punto? Forse sì, ma FORSE….io non sono in grado di dire di più.
Però, ecco un altro grande però: qualcuno di noi, che ha i poteri, l’investitura e le responsabilità per sedere ai tavoli delle trattative può saperlo con maggiore certezza, DEVE saperlo e, se il momento è giunto, DEVE dare con chiarezza l’allarme, senza mezzi termini, senza usare il politichese o il sindacalese, ma con fermezza e senso di responsabilità.
Ecco sino ad oggi questo, a mio modo di vedere, non è avvenuto: mezze parole, mezzi allarmi, fiducia nel dialogo, mezze minacce di “dure azioni di lotta”, richieste di incontri, preoccupazioni, ma fiducia nel futuro, ecc. Continuando così non avremo mai quella “scossa” che può far nascere in tutti i Colleghi la consapevolezza di DOVER combattere la battaglia decisiva, con tutti i mezzi leciti; anzi, in molte occasioni, sembra che non si voglia affatto uno scontro con la controparte, cui ci si rivolge timidamente, come se avessimo qualcosa da farci perdonare.
Se si rimuovesse questa ambiguità, questo equivoco, caro Roberto, forse potremmo cominciare a parlare di “linea dura”, ma non oggi, non così. Potremmo solo (e irrimediabilmente) fallire.
Un caro saluto
Massimo Salvemini