R E P U B B L I C A I T A L I A N A
N.216/2005
Reg. Dec.
N. 4283 Reg. Ric.
Anno 2002
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso iscritto al NRG 4283\2002, proposto da Piero Giuseppe Bay, rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Iaria e Mauro Montini ed elettivamente domiciliato presso lo studio del dott. Gian Marco Grez in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46;
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato ex lege domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
e nei confronti di
Comune di Verona, in persona del sindaco pro tempore, non costituito.
per l'annullamento
Visto il ricorso in appello;
visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese e considerata irrilevante la memoria conclusionale della difesa erariale tardivamente depositata;
visti gli atti tutti della causa;
data per letta alla pubblica udienza del 18 novembre 2004 la relazione del consigliere Vito Poli, udito l'avv. Pizzuti su delega dell'avv. Iaria e l'Avvocato dello Stato Elefante;
ritenuto e considerato quanto segue:
FATTO
1. Con ricorso notificato il 22 e 23 maggio 2002, e depositato il successivo 29 maggio, Piero Giuseppe Bay, già segretario generale del comune di Verona, proponeva appello avverso la sentenza del T.A.R. Veneto, sezione prima, n. 3806 del 14 novembre 2002, che aveva respinto le censure mosse avverso la nota del Ministero dell’interno - prot. n. 9501176 datata 6 febbraio 1995 – recante il diniego della revoca del precedente decreto ministeriale n. 17200.6014 del 26 luglio 1994, che aveva accolto la domanda di dimissioni dall’impiego.
2. Si costituiva il Ministero dell’interno deducendo l'infondatezza del gravame in fatto e diritto.
3. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 18 novembre 2004.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e deve essere respinto.
2. Per una migliore comprensione della vicenda che occupa, in fatto, giova premettere quanto segue.
3. L’art. 13, comma 8, l. n. 724 del 1994 così recita: <<Per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni, è fatta salva la possibilità di revocare, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le domande di pensionamento ancorché accettate dagli enti di appartenenza. Nei casi di domande di riammissione presentate ai sensi dei decreti di cui al comma 9 da coloro che siano cessati dal servizio dalla data del 28 settembre 1994 la riammissione avviene con la qualifica rivestita e con l'anzianità di servizio maturata all'atto del collocamento a riposo e con esclusione di ogni beneficio economico e di carriera eventualmente attribuito in connessione al collocamento a riposo. Il periodo di interruzione per cessazione dal servizio non ha effetti sulla continuità del rapporto di impiego e viene considerato, ai fini del trattamento economico, equivalente a quello spettante nelle posizioni di congedo straordinario o in licenza speciale o ad altro analogo istituto previsto dalle norme dei singoli ordinamenti>>.
3.1. Dalla lettura sistematica ed organica dell' art. 13, comma 8, l. 23 dicembre 1994 n. 724 e dei dd.ll. 28 settembre 1994 n. 553 e 26 novembre 1994 n. 654, che lo hanno preceduto, si evince chiaramente che il legislatore non ha inteso consentire a coloro i quali fossero già regolarmente in pensione, in virtù di provvedimenti non soggetti alla sospensione dei regimi di pensionamento anticipato e di anzianità, di rientrare in servizio a loro piacimento, anche a distanza di mesi e in realtà senza limiti di tempo, quanto evitare che coloro i quali erano rimasti vittime della sospensione degli istituti di pensionamento anticipato si trovassero, senza alternativa, nella condizione di non poter rientrare in servizio ovvero di non percepire il trattamento pensionistico sino alla data del riordinamento organico della materia, restando assoggettati ad una disciplina non conosciuta e non prevista all' atto della domanda.
3.2. L’art. 13, comma 8, cit. introduce una norma di carattere eccezionale rispetto ai principi che governano la revoca della domanda di dimissioni volontarie presentate dai pubblici impiegati.
L’estinzione del rapporto di impiego per dimissioni volontarie si verifica, infatti, in virtù del provvedimento che le accetta, pertanto, la facoltà di revoca di queste ultime non è più esercitabile quando tale atto – come nel caso di specie - sia stato già emanato o comunque comunicato (cfr. ex plurimis, sez. V, 14 maggio 2003, n. 2574 sez. IV, 15 dicembre 2003, n. 8220).
Anche la giurisprudenza meno rigorosa che consente – nell’interesse pubblico o privato - all’amministrazione di revocare la propria accettazione alla domanda di dimissioni (e il conseguente provvedimento di collocamento a riposo), individua un limite insormontabile nella effettiva cessazione del servizio (cfr. sez. VI, 15 marzo 2004, n. 1311; sez. V, 5 marzo 2002, n. 1299 concernente una ipotesi di revoca della accettazione per ritiro delle dimissioni volontarie).
Sicché, cessato in concreto il servizio per l’intervenuto collocamento a riposo, non vi è più spazio per interventi di autotutela, rimanendo aperta esclusivamente la strada della procedura di riammissione secondo l’archetipo fissato dall’art. 132 t.u. imp. Civ. St., ovvero in base alla disciplina di settore per particolari categorie di pubblici impiegati.
3.3. Seguendo questa impostazione il Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sul più volte menzionato comma 8, ha ritenuto, restrittivamente, che la disposizione abbia natura dichiarativa e debba intendersi riferita alle sole domande di pensionamento già presentate alla data di entrata in vigore della norma medesima (sez. VI, 19 settembre 2000, n. 4878).
3.4. Alla luce del dato testuale della norma, è inaccoglibile, pertanto, la tesi prospettata dal ricorrente, secondo cui l’art. 13, comma 8, non avrebbe configurato un vero e proprio diritto soggettivo, bensì una mera posizione di interesse legittimo essendo riconducibile al genus della riammissione in servizio divisata dall’art. 132, t.u. imp. Civ. St., donde la necessità che l’amministrazione spiegasse per quale ragione non fosse possibile la riammissione in servizio del dipendente.
4. In conclusione l’appello deve essere respinto.
Il collegio ravvisa giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
- respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;
- dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 novembre 2004, con la partecipazione di:
Filippo Patroni Griffi - Presidente f.f.
Antonino Anastasi - Consigliere
Aldo Scola - Consigliere
Vito Poli Rel. Estensore - Consigliere
Salvatore Cacace - Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Vito P oli Filippo Patroni
Griffi
IL SEGRETARIO
Rosario Giorgio
Carnabuci
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
31/01/2005
(art. 55, L. 27.4.1982, 186)
per Il Dirigente
dott. Giuseppe
Testa
Massime
1) L’estinzione del rapporto di impiego per dimissioni volontarie si verifica in virtù del provvedimento che le accetta, pertanto la facoltà di revoca di queste ultime non è più esercitabile quando tale atto sia stato già emanato o comunque comunicato.
2) L’art. 13, comma 8, l. 23 dicembre 1994 n. 724, ha carattere di norma eccezionale di contenuto dichiarativo, e deve intendersi riferita alle sole domande di pensionamento già presentate alla data di entrata in vigore della norma medesima.
3) Dalla lettura sistematica ed organica dell' art. 13, comma 8, l. 23 dicembre 1994 n. 724 e dei dd.ll. 28 settembre 1994 n. 553 e 26 novembre 1994 n. 654, che lo hanno preceduto, si evince chiaramente che il Legislatore non ha inteso consentire a coloro i quali fossero già regolarmente in pensione, in virtù di provvedimenti non soggetti alla sospensione dei regimi di pensionamento anticipato e di anzianità, di rientrare in servizio a loro piacimento, anche a distanza di mesi e in realtà senza limiti di tempo, quanto evitare che coloro i quali erano rimasti vittime della sospensione degli istituti di pensionamento anticipato si trovassero, senza alternativa, nella condizione di non poter rientrare in servizio ovvero di non percepire il trattamento pensionistico sino alla data del riordinamento organico della materia, restando assoggettati ad una disciplina non conosciuta e non prevista all'atto della domanda.
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N.R.G. 4283/2002
rl