Notiziario dell'Unione Nazionale Segretari Comunali e Provinciali - 12 febbraio 2013 - numero 4

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Nuovi (ulteriori) compiti in vista per i Segretari comunali e provinciali?

di Antonio Le Donne

A ottobre 2012 avevamo aperto il secondo numero di Unionecomunica richiamando l’adozione, da parte del Governo, del decreto legge 174 del 10 ottobre 2012 (poi divenuto legge 7 dicembre 2012 n. 213) che statuiva nuovi controlli nell'ambito della attività degli enti locali. Dicevamo, in quella occasione, che “il  decreto individua nuovi e qualificanti compiti per il Segretario comunale e provinciale e dimostra ancora una volta che il nostro ruolo, dopo il punto più basso raggiunto nell'ottobre del 2010, sta percettibilmente riprendendo quota”.

            Di questa ripresa di quota, di questa lenta ma inesorabile risalita del nostro ruolo nella consapevolezza degli attori istituzionali, sono altresì fondamento i delicati poteri sostitutivi nei confronti dei dirigenti inadempienti di cui al DL 5/2012, convertito con Legge 35/2012 e la legge Anticorruzione n. 190/2012 che ha assegnato ai Segretari comunali e provinciali compiti importanti, pur se con elementi di criticità.

            Questa triade di argomenti è stata al centro di un “giro d’Italia” che abbiamo effettuato in questi mesi realizzando quattro convegni (nel 2012: Firenze 16 novembre e Napoli 14 dicembre; nel 2013: Milano 25 gennaio e tra pochi giorni Macerata, il 15 febbraio – si veda il programma in questo Notiziario).

            A tal proposito, l’articolo di fondo di questo numero di Unionecomunica ripropone le conclusioni tenute dal nostro segretario nazionale Alfredo Ricciardi al convegno di Milano; in tale intervento viene messo in risalto un passaggio fondamentale che da tempo poniamo all’attenzione degli addetti ai lavori: il ruolo rafforzato del Segretario comunale e provinciale, come emerge dai tre corpi normativi del 2012 prima citati, conferma la sua collocazione nell’ambito della amministrazione attiva interna, non di asettico controllo esterno; conferma, altresì, una differenza radicale rispetto a una funzione (inesistente) di terzietà, che non è del Segretario, e che invece è quella del giudice (il quale NON partecipa all’attività amministrativa); laddove quella del Segretario è una funzione caratterizzata da imparzialità (nozione radicalmente diversa dalla terzietà) proprio come deve essere conformata tutta l’attività della pubblica amministrazione, non esclusa, anzi ancor più contrassegnata, quella attiva.

            Ebbene, poco prima che si svolgesse il convegno di Milano sulle novità del 2012, emergeva una notizia che potrebbe diventare certezza molto presto. Il Governo, nella seduta del 22 gennaio, ha approvato uno schema di decreto legislativo di complessivo riordino della normativa in materia di trasparenza della Pubblica Amministrazione. Ora la trasparenza è intesa come “accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche”. Essa “concorre ad attuare il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, di imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche, integrità e lealtà nel servizio alla nazione” . Insomma, pur senza giungere a configurare quella che in altri paesi è la disciplina sul controllo generalizzato sulla pubblica amministrazione (come lo statunitense Freedom of Information Act – con un acronimo “FOIA” che certo suona un po’ strano in italiano) purtuttavia è un passo avanti rispetto alla legge 241/1990 (peraltro la legge delega contenuta nella 190/2012 non consentiva, a rigore, di andare oltre, ma solo di sistematizzare e, al massimo, di valorizzare, non di innovare in senso proprio).

Ma chi garantirà il perseguimento di un diritto che riveste tale importanza da integrare l'individuazione, di rilievo costituzionale, “del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione”?

A tal proposito, l’art. 43 dello schema di decreto 22 gennaio 2013 rubricato “Responsabile della trasparenza” prevede espressamente che “all’interno di ogni amministrazione il Responsabile per la prevenzione della corruzione, di cui all’articolo 1, comma 7 della legge 6 novembre 2012, n. 190, svolge, di norma, le funzioni di Responsabile per la trasparenza”.

Poiché, come sappiamo, il Responsabile per la prevenzione della corruzione negli enti locali è “di norma” il Segretario dell’ente, ne consegue che, “di norma” il responsabile della trasparenza negli enti locali è (sarà) il Segretario. Di tale impostazione è testimone anche la recentissima circolare della Funzione pubblica n. 1 del 25 gennaio 2013 che affronta i primi adempimenti in materia di anticorruzione (della circolare se ne parlerà al convegno di Macerata il 15 febbraio).

Ebbene, quale ruolo svolgerà “di norma” il Segretario nella sua nuova e ulteriore qualità di responsabile della trasparenza?

L’attuale formulazione del decreto 22 gennaio 2013 prevede, tra l’altro, che egli effettuerà “stabilmente” una attività di controllo sull’adempimento da parte dell’amministrazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, assicurando la completezza, la chiarezza e l’aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all’organo di indirizzo politico, all’organismo indipendente di valutazione (OIV), all’Autorità nazionale anticorruzione e, nei casi più gravi, all’ufficio di disciplina i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione. Egli provvederà all’aggiornamento del Programma triennale per la trasparenza e l’integrità di cui all’art. 11 del d.lgs. 150/2009 (cd decreto Brunetta) all’interno del quale sono previste specifiche misure di monitoraggio sull’attuazione degli obblighi di trasparenza e ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza in rapporto con il Piano anticorruzione. Il Responsabile - e questo è un compito davvero essenziale - controllerà e assicurerà la regolare attuazione del cosiddetto “accesso civico”, nuovo e importantissimo istituto previsto dall’art. 5 del decreto 22 gennaio 2013 che contempla il diritto di chiunque di richiedere i documenti, i dati o le informazioni, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione obbligatoria.

Non meno importante appare precisare che, con non casuale coincidenza, l‘inversione dell’onere della prova, già introdotta nella normativa anticorruzione e posta a carico del responsabile/segretario viene ribadita anche nello schema di decreto a carico del responsabile della trasparenza il quale risponderà dell’inadempimento degli obblighi di pubblicazione imposti dalla normativa vigente, salvo che non provi che lo stesso è dipeso da causa a lui non imputabile (così come è tenuto a fare il responsabile dell’anticorruzione in caso di commissione di reato corruttivo nell’ambito dell’ente da egli controllato). La stessa logica sollecitatoria del controllo, dunque, fa convergere anticorruzione e trasparenza, tanto che il piano triennale della seconda è esplicitamente previsto quale sezione interna del piano della prima. E tenuto conto che questa (l’anticorruzione) è strettamente connessa, per esplicita previsione della stessa legge 190,  alla materia inerente i termini del procedimento e i connessi istituti preposti al loro rispetto (poteri sostitutivi innanzitutto) e tenuto altresì conto che tale rispetto è un elemento della più generale attività di controllo interno, ora sistematizzata con il DL 174 convertito in Legge 213/2012, ebbene, non può in tutto ciò non vedersi quel circolo, che si suppone virtuoso, finalizzato a garantire al contempo legalità dell’attività amministrativa e qualità dei servizi pubblici; circolo virtuoso al centro del quale, sotto il profilo gestionale direzionale degli enti locali, fa da perno attivo e imparziale il segretario comunale e provinciale.

Vedremo se e come si concluderà il cammino del decreto già sottoposto al vaglio della conferenza unificata e prossimamente della CiVIT. Appena sarà ufficializzato ne parleremo approfonditamente su Unionecomunica.

Di certo, se andrà in porto, non ci sottrarremo a questo che, se da un lato si prefigura come un ennesimo compito, dall’altro si configura quale ulteriore espressione della riconfermata centralità del ruolo segretariale negli enti locali.


 

 

 

 

Il testo che segue è la trascrizione delle conclusioni tenute dal segretario nazionale dell’Unione Alfredo Ricciardi al Convegno “Efficienza e qualità negli enti locali”I nuovi compiti dei segretari comunali e provinciali svoltosi a Milano il 25 gennaio 2013 presso lo Spazio Oberdan dell’Amministrazione Provinciale di Milano - Sala Merini

 

 

Voglio soffermarmi sul tema dei nuovi compiti assegnati ai segretari comunali e provinciali.

A noi singoli segretari che lavoriamo nei comuni, ciascuno col proprio vissuto e con la propria esperienza personale di lavoro, è toccato probabilmente vivere, leggere o percepire diverse condizioni di rispetto (o di mancato rispetto) del nostro lavoro, oltre che condizioni forse un po’ contrastate nello svolgimento del nostro ruolo, da parte dei funzionari, dei dirigenti o degli amministratori di ciascun Ente. A fronte di questo contesto, mi è capitato in qualche circostanza, non in questa sede, non in  questa sala, di sentir dire “sono troppe le responsabilità”, rischiamo di essere assegnatari di compiti solo quando è avvertita la necessità di un “capro espiatorio”. Anche nelle relazioni oggi ascoltate sono stati giustamente evidenziati aspetti di lacune registrati ora nella tecnica normativa del nostro legislatore (troppe leggi e spesso scritte male), ora nella logica e negli strumenti ideati da assegnare al Segretario comunale ed alla Pubblica Amministrazione per risolvere i problemi.

In breve: l’anticorruzione e l’esigenza di ritornare ad un livello di correttezza dell’attività amministrativa, in misura maggiore di quanto si sia avvertito negli ultimi anni, sono obiettivi e questioni vere sul tappeto. Il modo in cui sono state costruite la figura e le competenze “anticorruzione” si prestano a molte critiche. Analogamente sulle modalità in cui risultano ridisegnati i controlli di regolarità. Ricordiamoci, peraltro, che il testo inizialmente adottato approvato era ben altro: assegnava alla Corte dei conti perfino il controllo sul PEG.

Cosa dobbiamo fare in questo contesto? Dobbiamo lavorare come corpo professionale, come pezzo della dirigenza pubblica di questo Paese per far sì che questa norme imperfette si traducano il più possibile in prassi giuste, in regolamenti attuativi coerenti, capaci di leggere la realtà e di incidere positivamente su di essa.

Faccio un esempio. Più ancora che aver vigilato sulla corretta attuazione del piano anticorruzione quando questo piano viene approvato, quello che ci salva dalla eventualità – speriamo che non si verifichi – di ritrovarci paradossalmente sotto accusa per una verificata ipotesi di irregolarità è la reale aderenza dei nostri strumenti di controllo, oltre che alla modalità in cui esercitiamo questo controllo, alla realtà propria nell’Ente locale nel quale operiamo. Non dobbiamo disegnare modelli astratti, non dobbiamo considerare equivalenti comuni piccoli e comuni medio-grandi; se lavoriamo in una realtà da 50.000 abitanti dobbiamo avere l’onestà e il coraggio intellettuale di leggere i problemi veri del Comune di quella dimensione e chiamare i nostri collaboratori / dirigenti/ Responsabili / Amministratori ad assumersi anche loro con onestà e coraggio intellettuale la responsabilità di condividere il percorso di miglioramento ed essere incisivi nella risoluzione di questi seri problemi del Paese, rappresentati dalla corruzione e dalla perdita di autorevolezza del sistema amministrativo locale e nazionale.

A cosa ci deve servire Il controllo di regolarità? A fare il controllo dei singoli atti? O forse a fare un po’ tutti assieme mente locale su quale sia il diritto vivente nel Comune di Novate Milanese, Sesto San Giovanni, Varese, Reggio Calabria o altro comune anche di mille abitanti del Piemonte, o altro ancora di mille abitanti del Molise o della Calabria. Sono sicuro che non abbiamo tutti lo stesso diritto vivente. Sono sicuro che se si deve fare (ad esempio) un  affidamento diretto a cooperativa di tipo B, nel comune x si applica in un certo modo, nel comune y si applica in un altro modo, nel comune z non si applica. Si tratta di un problema astratto? O non è piuttosto di un problema che riguarda anche lo sviluppo e la crescita del Paese? Ebbene una diversa applicazione delle norme significa anche falsare le regole perfino della concorrenza. C’è il Comune dove la cooperativa cresce e si sviluppa a prescindere dalla concorrenza; il Comune dove la cooperativa non cresce  e non si sviluppa poiché evidentemente la cooperativa non funzionava; e c’è il Comune dove si attrezza e funziona meglio per rispondere meglio all’aspetto concorrenziale delle altre tipologia di offerta che ci sono sul mercato. Ecco, approfittiamo delle nuove regole sul controllo per affrontare questi problemi, per tornare ad una uniformità del diritto, che è anche uniformità e uguaglianza prima di tutto delle regole per lo sviluppo del Paese.

Pensavo che, a volte, per fare un passo avanti si deve fare un passo indietro. E’ ormai opinione comune che – per ciò che si è sviluppato nel paese – sul piano di presunte modernità ci si era spinti su retoriche vuote che hanno soltanto agevolato un’ulteriore debacle amministrativa ed economica del paese. Fare un passo indietro però non significa tornare al sistema amministrativo degli anni ’70. Ecco perché noi siamo chiamati ad  interpretare queste regole con la consapevolezza di dover tener conto delle esigenze dell’anno 2013, della storia amministrativa di questo Paese degli ultimi 20-30 anni e con l’idea di uno sviluppo e di un obiettivo futuro, che come Paese e come sistema amministrativo dobbiamo cercare di cogliere, ma anche come categoria e come Segretari dobbiamo cercare di cogliere.

Una cosa che gira tra di noi: l’imparzialità – terzietà del Segretario. Ecco, io su questo mi domando: perché affrontare sempre le questioni ricercando le soluzioni da un estremo all’altro? Perché non provare a valutare lo spazio tra i due “estremi” e trovare una sintesì? Operazione quasi mai riuscita. La terzietà è oggi la reazione esasperata allo spoils system esasperato che abbiamo avuto fino ad oggi. Si diventa Segretari comunali con la laurea in giurisprudenza, economia e commercio, scienze politiche o equipollenti. La maggior parte di noi, quindi, ha studiato all’Università diritto pubblico e diritto amministrativo. A chi appartiene la terzietà? A me pare che la terzietà appartenga alla funzione giudiziaria. Noi segretari comunali non siamo terzi. Esiste una posizione di immedesimazione organica; noi siamo lì per rappresentare l’amministrazione, che è “parte” ed è anche la modernità del diritto amministrativo odierno rispetto a quello di inizio novecento. E’ parte nei confronti del cittadino, che è parte anche lui. Quindi non c’è più, o meglio c’è ancora ma non c’è più solo l’”imperatività” e l’”autoritarietà” dell’atto amministrativo, che vedeva il cittadino solo come soggetto passivo. Oggi, come sappiamo, c’è un rapporto di partecipazione, diritto di accesso al procedimento, ecc. Non è la terzietà che dobbiamo rivendicare, ma l’imparzialità dell’azione amministrativa e conseguentemente l’imparzialità del funzionario che la rappresenta.

Perché lo sottolineo? Per farne una questione di lectio magistralis sulla terzietà e imparzialità? No. Lo sottolineo perché mi preoccupa che vi possa essere una parte di Istituzioni, anche nel Ministero dell’Interno, che quando parla di terzietà forse intende parlare del fatto che vuole usare i segretari per rimettere le mani sugli enti locali, usandoci come strumenti e non come soggetti attivi. Maria Concetta Giardina, intervenuta per l’Associazione “Vighenzi”, ma anche tanta parte della categoria, si aspetta che l’Unione agisca sul tema dello spoils system. L’Unione ha cercato, cerca e cercherà di agire. Vorrei dire che il Ministro Cancellieri all’Assemblea dell’ANCI ha parlato di spoils system meritocratico. Se qualcuno di voi ha la pazienza di andarsi a cercare l’audizione dell’Unione in Commissione Affari Costituzionali del Senato, troverà che l’Unione, nella persona che vi parla, parlò di spoils system meritocratico. Perché riferisco di questo? Non intendo adesso entrare nel merito del significato del termine o del “punto di caduta” del suo esatto significato. Dobbiamo cogliere il tema. Qual è ora il tema? Il tema è il merito professionale. Venti, trent’anni fa era il concorso lo strumento di verifica del merito. Si è poi detto: non è necessario il concorso, è sufficiente l’iscrizione ad un albo, quello sì con - criteri di accesso rigorosi, poi la scelta è fiduciaria, fingendo che l’Italia – si è fatto finta - sia un Paese dotato di  una cultura istituzionale solida, seria e matura in base alla quale chiunque venisse chiamato a svolgere la propria funzione alta di amministratore locale ed esercitare lo spoils system lo avrebbe fatto scegliendo il candidato ritenuto migliore a ricoprire la sede. Ma non è stato così, perché l’Italia purtroppo non è né la Scandinavia, né la Gran Bretagna , né gli U.S.A..

In questo contesto, così come dobbiamo dunque interpretare l’anticorruzione, i controlli di regolarità come l’esigenza di tornare a governare e a raggiungere gli obiettivi di efficienza e di qualità, ma nel rispetto dei criteri di fondo di regolarità dell’azione, di onestà e di  eticità   dell’agire pubblico; nello stesso modo quando poniamo il problema di come noi segretari arriviamo ad una sede di servizio, quanto tempo abbiamo titolo a starci, a quali condizioni possiamo essere mandati via, ce lo dobbiamo porre con lo stesso metodo, il metodo di fare un passo indietro rispetto a questo sistema di spoils system che non ha funzionato, perché in Italia non potrà funzionare mai fino a che non si faranno i passaggi intermedi. E’ l’assenza dei passaggi intermedi che a questo paese impedisce di maturare. Perché senza i passaggi intermedi continueranno a verificarsi le scelte discrezionali fine a se stesse.

E allora noi dobbiamo fare un passo indietro, ma non possiamo pensare che questo passo indietro sia la negazione di quello che oggi è conclamato, cioè che un sistema amministrativo non può ritornare a funzionare come quello degli anni settanta. Quindi io, non sono qui oggi per dire (non lo è nemmeno l’Unione) o per dare la soluzione. Ma per dire a noi stessi, da collega Alfredo Ricciardi, in mezzo a colleghi segretari comunali in che modo ci dobbiamo prendere la responsabilità di affrontare i problemi. Da quello di applicare l’anticorruzione a quello di garantire la regolarità amministrativa, a quello di come vivere e come lavorare alla riforma anche del nostro status professionale.

E’ stato detto più volte –  ed è la condizione  per la quale  noi possiamo


cercare di lavorare per raggiungere questi obiettivi – che l’anticorruzione ed il controllo di regolarità ci danno l’occasione per fare nuovamente cultura amministrativa. Appunto! Poiché possiamo riuscire a raggiungere gli obiettivi di cui ho detto prima (riuscire a interpretare questi strumenti in modo utile per il Paese e consentirgli di fare passi in avanti) se lavoriamo come un “corpo professionale”.  Un incontro come quello odierno deve produrre in noi colleghi un rinnovato desiderio di lavorare con lo spirito del confronto professionale e con l’attenzione allo studio serio degli strumenti per il funzionamento del sistema oltre che degli effetti di ogni loro diversa formulazione. Se non dovesse realizzarsi lo stimolo a moltiplicare le occasioni di incontro e confronto a livello provinciale e/o regionale, nel rispetto della  rispettiva cultura professionale, nella ricerca non di una impossibile omologazione di situazioni diverse, ma di un linguaggio e di uno sforzo comune, quale vantaggio produciamo per il Paese? Il vantaggio per il Paese non è quello di avere dei singoli bravi segretari, ma è quello di avere un corpo professionale che fa “sistema”, il vero valore aggiunto che ci distingue dai singoli direttori generali (ragionamento da cui capiamo a maggior ragione il danno, per converso, creato appunto al sistema dall’abolizione degli importanti cardini dell’Agenzia per la gestione dell’Albo e della SSPAL, la scuola superiore per la pubblica amministrazione locale).

Nostro compito e vocazione è continuare essere una componente attiva del sistema Paese, una componente della sua dirigenza pubblica. Questo ci consente di essere più forti ed autorevoli all’interno dei nostri Enti, più capaci di gestire il quotidiano, ad avere una prospettiva che ci renda soddisfatti del nostro lavoro di segretari comunali e provinciali.

 


 

 


 

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